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Autore: RubyChubb    09/05/2008    7 recensioni
Inserì cinquanta centesimi di euro nella macchinetta e, dopo aver capito come quel coso funzionasse, premette alcuni pulsanti e la canzone da lui scelta ‘Little Joanna’, suonò a basso volume nel locale. “Hai scelto una bella canzone!”, gli disse poi lei, “Mi piacciono molto i McFly!” Rise sornione. Sì, la sua vita stava nettamente migliorando! Aveva davanti a sé una loro fan, che stava sicuramente per chiedergli un autografo e… “Piacciono anche a te vero? Sono dei grandi!”, gli chiese lei, sorridendogli. No… La sua vita stava lentamente peggiorando. Lei non lo stava riconoscendo… --- Una città come le altre, una sosta dal lavoro. Quattro spigliati ragazzi inglese ed una cameriera timida... --- RubyChubb & McFly!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Four Guys in Her Hair & And That's How I Realize...' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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13. She Falls Asleep – Part One

  

Avevano iniziato a parlicchiare, lasciando lacrime ed imbarazzi, seduti ai lati opposti del piccolo divano. Joanna se ne stava a gambe incrociate e giocherellava con un filo che penzolava dall’orlo della tuta, mentre Dougie preferiva invece sorreggere la testa con la mano, mentre il braccio si appoggiava al bordo del divano. L’altra mano sostava sul ginocchio, piegato comodamente sulla seduta del sofa, mentre il piede ciondolava ritmicamente fuori da esso.
“L’altra sera, quando eravamo a casa tua,”, disse Dougie, “ho ficcanasato tra i nomi dei cantanti che c’erano nella libreria, ma non ne conoscevo nemmeno uno.”
“Sono i cd di Miki.”, lo informò Joanna, senza nascondere un sorriso divertito.
“Ah!”, esclamò Dougie, “Ho rischiato la pena capitale?”
Joanna rise, dandogli dello scemo.
“Comunque,”, disse poi lei, “a lui non piace tanto la musica straniera, preferisce quella italiana.”
“E tu invece, cosa ascolti?”, le domandò.
Joanna scosse la testa.
“Non soltanto voi McFly siete sincronizzati nei nomignoli con cui chiamare gli altri, ma anche sulle domande da fare!”, disse, mettendosi poi a ridere.
“E perchè?”, fece Dougie, non comprendendola.
“Perchè anche Danny, ieri, mi ha fatto la stessa domanda.”, disse Joanna.
Non seppe perchè, ma le venne da pentirsi di aver detto quella cosa.
“Ah sì?”, disse lui, “Lo facevo più originale.”
“Posso essere sincera? Anche io.”, disse Joanna, abbassando il tono in maniera ironica.
“E tu cosa gli hai risposto?”
Joanna riflettè.
“Beh, la cosa interessante non è stata la mia risposta, quanto quella di Danny.”
“Perchè?”, chiese Dougie, incuriosito.
“Perchè gli ho detto che mi piaceva abbastanza Avril Lavigne. E lui subito, di rimando,”, e cercò di imitarne la voce bassa e calda, “Se lo dicessi a Dougie ti salterebbe addosso!”
Nel mentre Joanna rideva nel ricordo dell’infelice battuta di Danny, Dougie avrebbe preferito sprofondare tra i tizzoni accesi del caminetto, limitandosi ad una smorfia abbozzata, un sorriso striminzito ed infastidito.  
“Poi ha continuato”, riprese Joanna, “dicendo che se avessi apprezzato Bruce Springsteen, allora sarebbe stato lui quello pronto a saltare addosso a me.”
“E a te piace? Intendo il Boss.”, le domandò.
“Sinceramente no, ma conosco solo le canzoni più famose, non posso giudicare.”, rispose lei, con tranquillità.
Sembrava quasi che la Joanna di qualche minuto prima, triste e spaventata, non fosse mai esistita. Era tornata quella che aveva conosciuto: solare, sorridente e simpatica.
“Cosa pensi di Danny?”, le chiese Dougie, a bruciapelo.
Joanna si prese qualche attimo per riflettere. Prima di quel momento, tutti i pensieri rivolti a lui erano rimasti, appunto, solo pensieri che non erano mai diventati parole parlate. Adesso si affollavano nella sua mente, senza che riuscisse a trovare il bandolo della matassa.
“Che dire...”, fece, bloccandosi, “E’... simpatico, è dolce. E’ un bel ragazzo.”
“Ti piace?”, continuò lui.
Joanna deviò altrove lo sguardo, prima posato senza malizia su di lui.
“Beh... sì, mi piace...”, balbettò, torturandosi le mani.
“Non credi che sia stato un po’ cattivo, da parte sua, non farsi sentire?”, riprese prontamente Dougie.
Joanna lo guardò stranita.
“Insomma, poteva anche essere arrabbiato quanto voleva... ”, perseverò il ragazzo, “Ma ti ha pur sempre baciato, avrebbe dovuto richiamarti!”
E Joanna continuava a fissarlo, con aria interrogativa.
“Beh...”, fece lei poi, “Ha avuto i suoi buoni motivi per farlo, non lo biasimo. E poi sicuramente si è spaventato... Di certo non solo per il comportamento di Miki.”
“In che senso?”, le domandò Dougie.
Joanna diventò lentamente paonazza e si fissò sui guizzi delle fiamme.
“E che...”, borbottò lei, “Non è che...”
“Che cosa?”, fece Dougie.
Joanna sbuffò e roteò gli occhi , prese un cuscino e, dopo averlo stropicciato tra le mani, lo posò all’incrocio delle gambe, affondandovi il viso.
“Non ho... molti... di lui.”, riuscì a capire Dougie dalla voce impastata ed ovattata di Joanna.
“Non hai molti cosa?”, le domandò di nuovo lui.
“Non ho baciato molti altri ragazzi prima di lui...”, disse Joanna, alzando il viso e facendosi finalmente capire.
Dougie la guardò malizioso.
“Ecco, ora che lo sai, ti dispiace premermi il cuscino sulla faccia? Non ce la faccio a soffocarmi da sola!”, disse Joanna, piagnucolando.
“Jonny! Non ci credo!”, sbottò il ragazzo, mettendosi a ridere e beccandosi una cuscinata dritta nei denti.
“E’ vero!”, esclamò Joanna, troppo divertita per essersi risentita dalle parole di Dougie, “Uno mi ha baciato dopo essersi fumato una canna. L’altro è un attore italiano che poi mi ha firmato un autografo... e il terzo è Danny.”
“Beh, molte ragazze vorrebbero essere al tuo posto.”, le fece Dougie, “Dovresti ritenerti fortunata, Danny non bacia la prima che passa.”
Joanna sorrise, si sistemò le trecce e soffocò uno sbadiglio.
“Forse hai ragione.”, gli fece, “Ma... non credo che la mia unica fortuna sia stata... insomma, baciare lui. In fondo, lui non è solo. E’ con i McFly al completo! Questa è vera fortuna!”
Anche Dougie sorrise, felice di sentire uno dei primi commenti da tipica fan che uscivano dalla bocca di Joanna.
“Fino ad una settimana fa, tu eri appeso alla porta di camera mia con gli altri tre... e ora sei davanti a me! Se allungo un dito posso toccarti!”
“Non qua che soffro il solletico!”, disse lui, scherzando, mentre si toccava la pancia.
“Anch’io!”, esclamò Joanna, mettendosi a ridere, “Tutti insieme siete come un uragano, ma con un potenziale distruttivo sicuramente superiore.”
“Dove passiamo noi non ricresce più l’erba, come disse Giulio Cesare.”, affermò Dougie, con orgoglio.
"Veramente era Attila...”, lo corresse lei, prima di mettersi a ridere.
“Cesare, Attila, fa lo stesso.”, disse l’altro, “Entrambi hanno combinato molti casini...”
Joanna sbadigliò di nuovo, quella volta più sonoramente dell’altra.
“Maledetto sonno...”, disse poi, asciugandosi le lacrime.
“E’ vero, si è fatto un po’ troppo tardi, sarà meglio che vada. Domani c’è lavoro per entrambi: tu sei al locale, noi sulla nostra musica. Dobbiamo metterci sotto a provare.”, disse Dougie, alzandosi.
“Già... venerdì c’è il concerto!”, fece l’altra, entusiasta, “Se riuscirò a farmi spazio, sarò in prima fila!”
“Oh non ti preoccupare, per quello non ci saranno problemi. Ti facciamo stare direttamente sul palco.”
“A fare cosa? L’allocco?”, sbuffò Joanna, “No, meglio tra la folla, niente favoritismi!”
“E dai! Le persone speciali come te devono avere dei posti speciali ai nostri concerti!”, disse Dougie.
Joanna rimase spiazzata. Le... persone speciali?
“Sì...”, fece Dougie, con gli occhi ballerini, “Speciali come... gli amici, ecco.”
Amici?
“Ho detto... qualcosa di male?”, chiese il ragazzo, vedendola sperduta.
“No.. no, no, no!”, disse Joanna, tutto d’un fiato.
“Beh... niente, come non detto!”, fece lui, grattandosi la fronte per togliere via il disagio.
Joanna sembrava però attendere una spiegazione ma Dougie, invece di accontentarla, si diresse velocemente verso la stanza attigua alla loro, per prendere il suo cappotto e la sciarpa. Nel mentre che li indossava, lei trovò una temporanea e diversiva occupazione nel riattizzare il caminetto di Arianna.
Poi, tra uno scoppiettio e un guizzo, tirò fuori le sue parole.
“Sai qual è la cosa più incredibile di tutta questa storia?”, chiese retoricamente a Dougie.
“No... qual è?”, fece lui.
“E’ che io... io, Joanna, abbia parlato di me... con te.”, disse, con espressione a lei stessa stupita.
“Perchè sarebbe incredibile?”, fece il ragazzo, perplesso, quasi deluso.
“Beh, te l’ho detto...”, rispose Joanna, alzando le spalle, “Non ho avuto amici a cui parlarne e, comunque, anche se ne avessi avuti non lo avrei fatto.”
“Lo hai fatto perchè siamo compagni di disgrazie, no?”, disse lui, sorridendole comprensivo.
“La verità è che...”, disse lei, sforzandosi, “L’ho fatto perchè sento che mi posso fidare di te... cosa che tra l’altro penso di poter dire... praticamente di quasi nessun altro su questa Terra.”
Dougie esitò, cercando di non dare a vedere la sua sorpresa
“Maledetto Poynter,”, esclamò poi Joanna, tornando a ridere, “Direi che sei sulla buona strada per diventare un bravo ragazzo!”
Allungò una mano e gli dette un piccolo pugno su una spalla.
“Se gli altri fossero stati qui,”, fece lui, mente il lieve rossore delle sue guance si affievoliva, “avrebbero riso così tanto che sarebbero morti come le faine di Chi ha incastrato Roger Rabbit.”
“Giusto!”, esclamò Joanna, ridendo, “Ti chiamo un taxi!”
“Grazie mille, Jonny.”, disse lui, sorridendole e dandole un lieve pizzico sulla spalla.
Joanna si frugò nelle tasche della tuta e compose il numero del servizio taxi della città, prenotandogli una macchina.
“Saranno qua a momenti.”, disse poi, una volta chiusa la chiamata, “Vengo fuori a farti compagnia.”
“Ma no!”, esclamò Dougie, “Fuori fa freddo, aspetterò da solo, cosa vuoi che sia.”
“Non ti posso lasciare sulla porta come un ospite indesiderato!”, affermò risoluta Joanna.
“E io non voglio che tu ti prenda un malanno, così sono sicuro che verrai al nostro concerto senza il raffreddore!”, le fece lui, ancora più deciso, sventolandole in faccia il classico indice comandante.
“Va bene...”, si piegò Joanna, “Lasciami almeno condurti alla porta.”
“Sì, questo si può fare.”, fece Dougie, sorridendole.
L’uno dietro all’altra si incamminarono verso l’uscita.
“Non so se domani avremo il tempo di venire al locale.”, le disse Dougie, prima che Joanna aprisse la porta, “Arriverà tutta la troupe, avremo un casino di cose da fare.”
“Allora non starò in pena nell’attesa, seduta su una sedia solitaria, guardando fuori dalle finestre del locale con espressione triste.”, fece Joanna, con tono fintamente malinconico.
“Cercherò comunque di combinare qualcosa per la serata. Ti va bene?”, le domandò.
“Certamente!”, annuì lei, mentre apriva la porta, “Grazie per la bella serata.”, gli disse.
“Beh, grazie a te!”, le rispose Dougie.
Le si avvicinò e le dette un bacio sulla fronte.
“E ora a letto!”, esclamò lui, facendola ridere di gusto, “Notte Jonny!”
“Buonanotte!”
E chiuse la porta.

 

Attese il taxi, appoggiato alla colonna del cancello, riparandosi al freddo nel calore della sua sciarpa. Con le mani nascoste dentro alle tasche del cappotto, riuscì a riassumere le due ore passate insieme a Joanna in un semplice gruppo di parole: semplicemente sorprendente. E c’era una piccolissima dose di positività in quelle parole, solitamente usate per descrivere un qualcosa di stupefacente.
Non era facile togliersi dalla testa quella lunga cicatrice che segnava il petto di Joanna. Era... impressionante: sottile, non del tutto rettilinea, dai contorni sfumati. Quanti punti le avevano messo per chiudere quella ferita? Non era giusto che fossero sempre le persone come Joanna a subire le peggiori prepotenze della vita. Era solo un luogo comune, ma quella cicatrice ne era la prova.
Era felice che lei gliene avesse parlato. Anche se era venuto proprio con quella intenzione, tra le altre, non aveva contato sul fatto che accadesse davvero. Era stato certo che Joanna avrebbe negato ogni parola al riguardo, dicendogli che non erano fatti suoi e che non era obbligata a parlarne. L’avrebbe compresa senza dubbio, ne avrebbe avute tutte le ragioni.
Ma Joanna si era fidata di lui, era stata quella la cosa incredibile. Che cosa aveva detto o fatto per farglielo credere? Niente! Era sempre stato il solito Dougie Poynter... Forse era stato più il fatto di avere qualcosa di spiacevole in comune a spingerla a fidarsi di lui, anche perchè non avrebbe saputo come spiegarselo meglio.
Ma era comunque contento, molto contento, e capiva anche tante cose.
La sua timidezza.
La sua riservatezza.
Il suo costante ritrarsi, come un riccio spaventato.
La pressante gelosia del fratello.
C’era stato tutto un motivo per quello, non era una semplice questione di carattere o di mancato rispetto verso di loro, come invece aveva sempre sostenuto Harry.

Le persone speciali come te devono avere dei posti speciali ai nostri concerti...
Le guance tornarono ad arrossire.
“Doug!”, si sentì chiamare, alle spalle.
Si voltò ed alzò gli occhi: da una finestra illuminata al secondo piano lo salutava Joanna. Fortuna che in lontananza non si sarebbe mai accorta del rossore.
“Stai attenta a non cadere di sotto, Giulietta!”, le disse.
“Hey, Romeo! Le manie suicide lasciamole alla fine della farsa!”, rispose lei, mettendosi le mani intorno alla bocca per amplificare la sua voce.
“Già...”, le fece, “Adesso però torna dentro o ti ammalerai!”
“Ok!”, disse Joanna, allungando di proposito la vocale dell’affermazione, “Sta arrivando il tuo taxi!”
“Buonanotte!”
“Notte! Fai buon ritorno!”
Le fece un cenno di mano e si voltò, tornando ad appoggiarsi alla colonna. Dopo pochi secondi, un’auto bianca si fermò davanti a lui e lo fece salire.

Cosa pensi di Danny?
Che dire... E’... simpatico, è dolce. E’ un bel ragazzo.
Ti piace?
Beh... sì, mi piace...

Era vero che, nella vita, non tutti i baci significavano il nascere di qualcosa in più. Quello che c’era stato tra Danny e Joanna era certamente, senza ombra di dubbio, uno di questi. Conosceva abbastanza bene Danny da poterlo affermare al posto suo.
Ma Joanna? Era sicuro di poter dire altrettanto di lei? E se, in quel momento, se ne stava in camera sua a pensare a quello che avrebbe potuto esserci tra lei e Danny? Incrociò le dita e sperò di no. Nessuna illusione per Joanna, non ne aveva bisogno.
Si morse la lingua e, per una volta, si trovò d’accordo con Harry.

La volete finire di prendere per il culo questa povera ragazza! Non se lo merita!
Ecco, bravo Harry, aveva avuto ragione fin dall’inizio e lo aveva realizzato solo in quel momento, quando ormai era diventato troppo tardi. Joanna non si meritava di essere presa in giro. Né da Danny, che l’aveva baciata creandole forse un’illusione... Né da lui stesso. L’aveva definita una persona speciale, cioè quello che lei era veramente: Joanna era una ragazza davvero speciale, in tutti i sensi possibili di quella parola. E quando lei si era dimostrata perplessa, aveva ripiegato sulla parola amici
Di nuovo, le parole taglienti di Harry gli rimbombarono in testa.

Non siamo suoi amici, non siamo nessuno, solo i McFly.
Non poteva offrirle la sua amicizia: non tanto perchè gli piaceva, perchè era attratto da lei, ma soprattutto perchè Joanna aveva davvero bisogno qualcuno che fosse presente per lei, nei suoi momenti più bui, e lui non poteva farlo, non poteva esserci per lei. Anche se avrebbe voluto con tutto il suo cuore, non poteva essere suo amico. Non voleva farle del male, lei aveva già sofferto abbastanza...
Dio, che cosa aveva combinato? 
Appena quella domanda gli si formulò in testa, la stanchezza della giornata gli cadde addosso in un momento. Mentre camminava verso l’ascensore dell’hotel, si stropicciò più volte gli occhi e, una volta uscito dall’abitacolo, al suo piano, si frugò stancamente nelle tasche in cerca della chiave magnetica.
Ma dove cavolo era finita...
“Poynter?”
Dougie fissò lo sguardo davanti a sè, sul legno insonorizzato della porta della sua camera.

Merda...

 

Chiuse la finestra ma, invece di sedersi sulla comoda sedia a dondolo, che dava un tocco retrò a quella stanza in stile moderno come il resto della casa, rimase appollaiata sull’ampio davanzale, ad accumulare il calore che emanava il termosifone sotto di esso. Le mani penzolavano sulle ginocchia unite, lo sguardo cadeva sui suoi piedi, nascosti in due comode pantofole spumose a forma di befana foruncolosa.
Provava una bellissima sensazione, totalmente sconosciuta. Non aveva mai saputo come ci si sentiva dopo aver confessato un fatto personale così grande e difficile. Leggera, molto leggera, come se avesse gettato dall’ultimo piano di un grattacielo altissimo un macigno più grosso di lei, sospinto con una fatica immane. Anche se tutto aveva iniziato ad affievolirsi lentamente, Joanna era comunque felice. Era orgogliosa di se stessa, aveva fatto una cosa che si era negata da sempre, imparando quanto fosse vero il detto mai dire mai.
Semplicemente stupefatta, Dougie era stato a sentirla con attenzione ed interesse. Era venuto per scusarsi, ma soprattutto per sapere, le aveva detto.
Incredibile.
Se fosse stata in camera sua, sicuramente, avrebbe passato le ore a fissare il loro poster, chiedendosi se tutto quello era la vita reale. Certo che lo era, anche se continuava ancora a sembrare un filmetto americano prodotto per adolescenti con problemi di acne e l’apparecchio sui denti storti.

Le persone speciali come te devono avere dei posti speciali ai nostri concerti!
Surreale. Incomprensibile e fuori dal mondo.
Speciali come.. gli  miei amici.
Amici...

“Amici...”, ripetè, sottovoce, come se fosse stata una parola magica di cui non si conosceva l’incantesimo che evocava.
Vicino a lei, nella parete di fronte, un lungo specchio fissato al muro che rifletteva la sua immagine stupita. Si fece la linguaccia, poi sorrise a se stessa.
La gente era amica degli altri, non di lei.

Dougie Poynter è tuo amico.
Quello che per gli altri era una banalità assurda, per lei non lo era affatto. Poteva sembrare stupido, tutti al mondo aveva un amico su cui contare, con cui uscire e confidarsi. Ma non lei.
Era così strano averne trovato uno. 
Le veniva da storcere il naso, ma era la realtà, Dougie Poynter era suo amico. Lo aveva detto lui stesso.
Era ancora tutto troppo fresco per riuscire a razionalizzare, avrebbe fatto meglio ad andarsene a letto ed ascoltare i consigli della notte. Si sedette su di esso, si tolse le pantofole ed entrò sotto al morbido piumone d’oca, che la riscaldò in un attimo.

 

 

Era lui.
“Doug?”, chiese ancora una volta.
Dougie sospirò e si voltò, a testa bassa.

 “Che fai?”, gli domandò.
“Beh... io...”, balbettò Dougie, “Sono sceso a prendere qualcosa da bere.”
Danny annuì.
“Vestito di tutto punto?”, fece, incredulo.
“Perchè no?”, ribattè Dougie.
“Tu... che sei sceso per tre mattine di fila a fare colazione in pigiama?!?”, continuò Danny, “Dove sei stato?”
Era certamente uscito, non aveva avuto nessun mal di pancia e stava tornando proprio in quel momento. Aveva mentito, lui se n’era andato per fatti suoi. Perchè?

Ah già...
“A fare un giro per fatti miei, dopo che mi è passato il mal di pancia.”, disse Dougie, con risoluzione, “Avevo bisogno d’aria e sono  uscito. Basta.”
Danny si grattò la testa. Non era un stupido, aveva capito che era stato da lei.
Ma perchè farlo di nascosto?
“Andiamo Doug, non dire cazzate.”, gli fece, mantenendo un tono basso per l’ora tarda e il rischio di svegliare qualche ospite.
Il suo amico sbuffò e scosse la testa.
“Senti, Danny, sono stanco, vorrei andare a letto.”, disse poi, infilando la sua tessera nella fessura della porta.
“Ok.”, gli rispose.
Girò sui tacchi e andò verso la sua stanza, a qualche metro da lì. Erano tornati circa dieci minuti prima, dopo un paio di birre in un locale squallido. Com’era possibile che in tutta quella città non ci fosse qualche posto carino in cui passare le serate? Forse erano loro che non erano stati capaci di scovarli? Decisamente sì, altrimenti sarebbe stato incredibile.
Se Doug non si fosse sentito male, avrebbe colto l’occasione per scusarsi con lui, fare pace e buttarsi quella cazzata alle spalle. Ora, invece, se ne stava sdraiato sul letto a chiedersi perchè aveva mentito a tutti loro. Era indubbio che a Dougie piacesse Joanna e fosse andato da lei di nascosto, o non avrebbe mai fatto una cosa del genere. La cosa non lo disturbava, se non un poco. Beh, anche a lui piaceva quella ragazza, ma mai sarebbe arrivato a fingersi malato per vederla.
Si tolse le scarpe, la camicia ed i pantaloni, rimanendo in boxer e t-shirt, faceva sempre dannatamente caldo in quella stanza d’albergo. Si buttò di nuovo a peso morto sul materasso, rimbalzando, e si mise le mani dietro la testa in riflessione.
Era fuori discussione, stavano dando troppa importanza ad una cosa che non ne aveva molta. Ok, avevano litigato ma era già successo moltissime altre volte e tutto si era sempre sistemato nel giro di poco tempo. Avrebbe voluto scendere dal letto ed andare e scusarsi in quel momento, in mutande, ma non lo avrebbe fatto. Perchè?
Perchè lui se n’era andato da lei senza dirglielo, ecco perchè! S’era nascosto come un cane, quando avrebbe potuto benissimo chiedergli se poteva farsi da parte perchè a lui, Dougie Poynter, evidentemente, Joanna piaceva molto di pìù rispetto a lui stesso, Danny Jones.
Sentì bussare alla porta, doveva essere Tom. Prima di entrare nelle loro rispettive stanze aveva farfugliato qualcosa ed capito solo ‘ci vediamo dopo.’
Si alzò ed andò ad aprire.
“Ah...”, fece, vedendo Doug a testa bassa, davanti a lui. E adesso cosa voleva da lui? Litigare a notte fonda?
“Senti...”, disse l’altro, “Devo dirti una cosa...”
Danny rimase per qualche secondo perplesso, ma si spostò dall’entrata e lo fece passare. L’amico si sedette a cavalcioni sull’angolo del letto, Danny liberò dai suoi vestiti la sedia che stava vicino allo specchio e si accomodò di fronte a lui.
“Cosa vuoi dirmi?”, gli fece. Mantenne la calma, lasciò i toni polemici al momento appropriato.
“Beh... uhm... dovresti chiamarla.”, disse Dougie, dopo una sonora grattata di testa e una certa incertezza.
Danny si fece ancora più incredulo.
“Cosa?”, esclamò.
Dougie appoggiò le braccia sulle gambe e strusciò le mani tra loro, annuendo.
“E... per quale motivo mi dici di farlo?”, gli chiese.
“Perchè... non se lo merita.”, rispose Dougie.
Non ci stava capendo più niente.
“Doug, non vedo il senso di tutto questo.”, gli disse.

 “Non se lo merita. Tutto qui.”, rispose l’altro.
Silenzio.
“Dan, non fare lo stronzo con lei.”, aggiunse ancora Dougie.
“Poynter, ascoltami, non ci sto capendo un cazzo.”, protestò Danny, “Lo so che a te Joanna piace... e molto più di quanto piaccia a me.”
“Non è vero.”, negò ancora.
“Piantala.”, lo seccò Danny, “Piantala di dire stronzate.”
“Jones, prendi quel cazzo di telefono e chiamala.”, disse poi, indicando un punto imprecisato dietro alle sue spalle, per esortarlo.
“Perchè hai mentito e sei andato da lei, senza dirci niente?”, gli domandò provocatoriamente

 “Non è questo quello che importa.”, disse lui, “Tu chiamala e chiedile scusa per quello che hai fatto... tutto quello che le hai fatto.”
“No.”, si oppose Danny, “Ora mi devi dire perchè sei andato da lei di nascosto.”
Dougie sbuffò.
“Chiamala.”, ripetè.
Era deciso, irremovibile.
Danny lasciò la sua sedia, scuotendo la testa contrariato, e frugò nelle tasche dei suoi pantaloni. Prese il telefono e, raccogliendo dalle dita di Dougie il solito foglietto sul quale stava ancora scritto il messaggio di Joanna, compose il suo numero.
Nell’attesa, passeggiò stancamente nella stanza finchè non si sedette. La chiamata si stabilitì quasi istantaneamente ma ancora Joanna non rispondeva. Era mezzanotte e mezza passata, sicuramente la stava trascinando via dal mondo dei sogni.
Il rumore della porta che si chiudeva attirò la sua attenzione. Dougie se n’era andato.
Maledetto Poynter.
Miki... cosa vuoi...”, disse un’italiana impastata, dall’altro capo della linea.

 “Joanna? Sei tu?”, le domandò. Sì che era lei, ma era tanto per accertarsene.
Ma... chi è...”, perseverò lei nella sua lingua madre.
Era nel pieno sonno.
“Ehm... sono io, Danny...”, le disse, mordendosi il labbro inferiore.

Danny...”, mormorò Joanna, “Ma è tardi...
“Sì, lo so, mancano esattamente...”, allontanò il cellulare dall’orecchio, “Dieci minuti all’una.”
Eh... stavo dormendo...”, e sbadigliò.
“Scusami, è che...”, si trattenne dal dare la colpa a Dougie.
Non...”, sbadigliò, “Un’altra volta?

 “Hai ragione, ma non avremo molto tempo nei prossimi due giorni... e sabato partiamo.”, le spiegò.
Uhm... ok...”, disse Joanna.
Che cosa doveva dirle? Che si scusava per il bacio, oppure per aver insistito nel volerle dare una mano quando lei ne aveva avuto bisogno? Perchè si doveva far perdonare da lei? Non lo aveva ancora afferrato.
Danny?”, lo chiamò lei.
“Oh sì, scusami.”, le disse, “E’ che... stavo pensando...”
Non sapeva cosa dirle.
Senti...”, lo anticipò Joanna, “So che ho sbagliato a trattarti in quel modo... ma tu non mi hai dato scelta.
“Joanna, io volevo solo aiutarti!”
Lo so!”, disse lei, “Lo so benissimo ma... non desideravo il tuo aiuto...
“Ah...”, riuscì a dire, “E... perchè?”
Perchè...”, disse Joanna, “E’ troppo complicato... da spiegare. E non voglio farlo adesso. Come faccio a fartelo capire...
“Beh... Non ti preoccupare, ti capisco...”
Allora era davvero lui che doveva farsi perdonare. Non lei...
“Ti chiedo scusa.”, le disse, “Pensavo che tu avessi avuto bisogno di me.”
Beh... io avevo bisogno di qualcuno, è vero... ma non di te...”, gli rispose Joanna, “Credimi Danny,”, sbadigliò ancora, “Ho apprezzato che tu ti sia offerto... Davvero...
“Mi consolerò con questo.”, le disse, con tono ironico. La sentì ridere piano. “Ehm... Devo scusarmi anche per non averti richiamato, non è stato carino da parte mia..”
Non ti... preoccupare.”, rispose Joanna, tra uno sospiro assonnato e l’altro.
“Non vorrei che tu pensassi che io sia... uno stronzo, ecco.”
Lascia stare...
“Insomma, non è da me comportarmi così.”, continuò a dirle, visto che ormai era entrato in argomento, “Forse penserai che sono il tipo che si diverte con le ragazze ma...”
Sì, si divertiva eccome, ed anche tanto, ma non era tanto un tipo da... una botta e via. Non disdegnava assolutamente questo genere di relazioni, ma non era il Don Giovanni che si credeva... e che lui aveva fatto credere. Prima di tutto, il rispetto verso il prossimo, era questo quello che aveva imparato davvero dalla vita.
“Se do un bacio, un motivo c’è sempre.”, disse, infine.
Dall’altra parte della chiamata, sentì un borbottio soffuso.
“Little Joanna?”, la chiamò, “Ci sei ancora?”
Niente, solo il suo respiro leggero.
Danny chiuse la chiamata sorridendo.

Si è addormentata.


Ok, parto subito con le scuse personali: rileggendolo, questo capitolo mi sa un po' di soap opera... Sì, non ne sono affatto soddisfatta. Per niente, ma ormai è venuto fuori così e, nonostante i taglia e cuci che ho fatto durante la correzione, non ne sono comunque contenta. Beh, spero che non mi ucciderete ^^

Date veramente un ascolto veloce alla canzone che dà il titolo a questo capitolo, cliccando sul titolo stesso... Questa canzone, She Falls Asleep, è realmente divisa in due parti: la prima, la suddetta, è la parte strumentale, di introduzione alla seconda... Ed infatti ci sarà un altro capitolo, molto più in là, che si intitolerà She Falls Asleep Part Two ^^ Coerenza fino in fondo!
Dicevo, date un ascolto... è veramente bella. Sarà che a me piace il pianoforte in tutte le salse, non a caso la mia 'canzone' preferita è la sonata al chiaro di luna di Beethoven. ^^
Ma presto con i ringraziamenti!


Kit2007: eheheh, spero che matematica non ti abbia sotterrato per la sua difficoltà ^^ e non ho chiamato la neuro stavolta, ma la prossima lo farò! Vediamo cosa mi dici di questo capitolo... sono proprio curiosa!

CowgirlSara: ti sei ripresa dalla storiaccia? Spero di sì, ho troppa voglia di fare una classifica per il tuo capitolo ^^ Non ti chiederò mai per quale coppia tifare perchè, come piace a me da sempre, fino alla fine della storia non si saprà mai cosa succede tra Joannina e il masculo di turno... Eheheh, vabbè che sto capitolo è un po' troppo risolutivo per certi aspetti... ma non ti credere che la mia mentaccia malefica non ribolla qualcosa... Ormai mi conosci!

Princess: Oh meine Liebe! Nella furia dei preparativi del nostro matrimonio, ho trovato il tempo per darti un nuovo capitolo! Spero non cambierai idea su di me, oh meine Liebe XDDDD E come sempre hai colto i momenti fondamentali della storia, non ne hai mancato nemmeno uno. Hai sottolineato tutto il sottolineabile, o meglio, tutto quello che nel capitolo è stato un indizio importante... E spero che il cambiamento di Dougie non sia stato così incomprensibile... ma soprattutto ingiustificabile. Prometto che la sua posizione si approfondità ulteriormente!

Ciribiricoccola: Altolà Passoide! So cosa stai pensando di Dougie, lo so, lo so. Adesso calmati, posa l'ascia di guerra e rifletti con me... Dougie è tanto dolce e caro, Dougie è tanto dolce e caro...

Picchia: Baciamo... So già che sarai perplessa dopo questo capitolo... Avanti, esponimi tutti i tuo dubbi!

Lady Vibeke: MS! Hai capito tante cose rimaste in sordina alle altre... come sempre, tu e l'altra Paola mi stupite nelle vostre recensioni! Mi raccomando, non ti far sotterrare dagli impegni, torna ogni tanto su msn! Ci manchi!!!

   
 
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