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Autore: tempochepassa    08/12/2013    2 recensioni
-Mamma, mamma!- gridai, correndo, con un libro in mano.
Lei, seduta sulla sua poltrona davanti al caminetto, alzò gli occhi, sorridente.
-Sì, Grace?
Le misi il libro sulle ginocchia.
-Cosa c'è scritto qui?-chiesi indicando il titolo in lettere dorate, che per me erano segni incomprensibili.
-Beh... c'è scritto Biancaneve.
-E chi è Biancaneve, mamma?
-Lei è una bellissima principessa. Se vuoi, ti leggo questo libro, così saprai la sua storia.
-Sì! Però aspetta un attimo.- corsi in cucina, per poi tornare con una bella mela rossa in mano.
Qualsiasi bambina di cinque anni avrebbe preferito una brioches, o una fetta di torta al cioccolato. Ma io adoravo le mele. Erano il mio spuntino preferito, il mio frutto preferito, il mio colore preferito. Quelle che mi piacevano di più erano quelle rosse, come le mie labbra.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

  • Mamma, mamma!- gridai, correndo, con un libro in mano.

Lei, seduta sulla sua poltrona davanti al caminetto, alzò gli occhi, sorridente.

  • Sì, Grace?

Le misi il libro sulle ginocchia.

  • Cosa c'è scritto qui?-chiesi indicando il titolo in lettere dorate, che per me erano segni incomprensibili.

  • Beh... c'è scritto Biancaneve.

  • E chi è Biancaneve, mamma?

  • Lei è una bellissima principessa. Se vuoi, ti leggo questo libro, così saprai la sua storia.

  • Sì! Però aspetta un attimo.- corsi in cucina, per poi tornare con una bella mela rossa in mano.

Qualsiasi bambina di cinque anni avrebbe preferito una brioches, o una fetta di torta al cioccolato. Ma io adoravo le mele. Erano il mio spuntino preferito, il mio frutto preferito, il mio colore preferito. Quelle che mi piacevano di più erano quelle rosse, come le mie labbra.
Mi sedetti sulle ginocchia di mamma e, mentre si preparava per iniziare, osservavo lo scoppiettio del fuoco. Il fuoco. Un'altra cosa che mi piaceva molto. Rosso-arancio. Come i miei capelli. Ipnotico. Rilassante e pericoloso al tempo stesso. Come me.

Mamma aprì il libro e cominciò.

  • C'era una volta una bellissima regina, che viveva felice nel suo castello con il re. Un giorno, mentre cuciva, si punse con l'ago e tre gocce di sangue caddero sulla neve. La regina, allora, rapita da quei due colori contrastanti disse “Come vorrei avere una figlia con la pelle bianca come la neve, i capelli neri come l'ebano e le labbra rosse come il sangue...”
    Ascoltavo la storia, curiosa di sapere come sarebbe andata a finire. Mia madre sapeva leggere in un modo bellissimo. Rilassante, ma che ti incuriosiva sempre di più, ti rapiva. E quando finiva, sembrava di aver fatto un viaggio in un mondo lontano e ignoto.
    Nel momento in cui la regina malvagia avvelenò la mela, mi feci attentissima.In seguito- diceva mia madre- La regina si travestì da povera vecchina e mise tante mele in un cesto che portò con sé. Arrivata alla casetta dei nani, chiamò Biancaneve. Lei, che era gentile e buona, la ospitò in casa sua e le offrì da bere e da mangiare.

  • Ma non doveva! Quella è la regina cattiva! Perché l'ha fatta entrare?- esclamai, arrabbiata e confusa.

  • Grace, Neve non lo sa.

  • E allora che cosa succede?

Mamma tornò a leggere: - L'anziana signora prese la mela avvelenata dal suo cesto e la porse alla ragazza. “Non è molto” disse “ma è tutto quello che ho per sdebitarmi con te”.

Biancaneve la prese e ringraziò. “Mangiala, bambina” disse la strega.

  • No, Neve, non mangiarla!- dissi.

  • “Oh, signora, ora non ho molta fame” rispose lei. Ma visto che la vecchia insisteva, disse “Darò solo un morso”. E così fece. Ma non appena la mela le entrò in bocca, lei cadde a terra morta.

  • Ecco! Io l'avevo detto! Povera Biancaneve, è stata troppo gentile con quella brutta strega!- osservai la mia mela, che era ancora tutta intera, e la buttai a terra.- E se è avvelenata anche quella?

Mamma la raccolse sorridendo e me la mise in mano: - Tesoro, le mele non si possono davvero avvelenare. E, anche se così non fosse, nessuno avrebbe motivo di fare del male a una bambina brava e bella come te. Vuoi che vada avanti o no?

Annuii. Lei aprì la bocca per proseguire, ma la porta si spalancò ed entrò mio padre, seguito da una guardia, che si fermò fuori.

Papà si inginocchiò davanti a noi.

  • È tornata.- disse solamente.

  • Dovevamo aspettarcelo.

  • Chi è tornata?- chiesi io, ma non mi risposero.

Mamma chiuse il libro e si alzò. Papà mi prese in braccio.

Salimmo le scale e arrivammo nella loro stanza. Mamma tastò per un po' nel muro, poi si fermò e aprì una porta di cui non sapevo niente. Non l'avevo mai vista, tanto era mimetizzata con il muro. Scendemmo per una lunghissima scala a chiocciola, per poi trovarci in una stanzetta piccolissima. Quando i miei genitori accesero tante candele, scoprii che lì dentro c'erano solo un letto, un comodino e un armadio con dentro, molto probabilmente, del cibo.

  • Devi stare qui, piccola.- disse mio padre.- Solo per un po', poi io e mamma torneremo a prenderti, d'accordo?

  • Sì.

Mamma mi fece sedere sul letto e mi diede il libro in mano: - Tienilo con te, e mangia la tua mela, se vuoi. Nessuno ti troverà. Però devi stare in silenzio. E non uscire di qui da sola. Promettimelo.

  • Lo prometto, mamma.

  • Ti vogliamo bene, Grace.- dissero all'unisono.

  • Anche io vi voglio bene.

Ci abbracciammo, poi loro salirono le scale e sentii la porticina scricchiolare e poi chiudersi.

Dopo poco, cominciai a sentire le urla. E poi i colpi. Colpi fortissimi, spaventosi. Mi strinsi il libro tra le mani e rimasi immobile. “È solo un temporale”, mi dicevo.

Qualcosa al piano di sopra cadde per terra e andò in frantumi. Qualcosa di porcellana, a sentire dal rumore. È solo il temporale. Sentii altre grida provenire dall'altro. Riconobbi la voce di mamma. È solo il temporale. Una risata malefica. È solo il temporale. Nitriti di cavalli. É solo il temporale. Pianti. É solo il temporale. Spade sguainate. É solo il temporale. Un corno che suonava. È solo il temporale.

No. È il mio palazzo, la mia casa, che viene distrutta.

Non so quante ore passarono. So che a un certo punto tutto divenne calmo e silenzioso.

Non mi mossi. Rimasi lì, con gli occhi sbarrati, seduta sul lettino con le ginocchia al petto. Terrorizzata.

“Torneranno a prendermi” pensai. Così aspettai. Aspettai tantissimo.

Ma avevo comunque cinque anni, così mi addormentai. Nei miei sogni tornarono le urla e i pianti. Ma li ignorai, perché mamma e papà sarebbero tornati a prendermi, e mi sarei svegliata con loro accanto.

Quando successe, però, non c'era nessuno vicino a me. Mi guardai intorno nella penombra, cercandoli. Ma in quella stanza c'ero solo io. E il libro. E la mela, che stranamente era esattamente come l'avevo lasciata il giorno prima. Rossa e lucida.

Sentii il cigolio della porta e girai la testa di scatto, pronta a veder spuntare dalle scale... Olga, la mia balia, con gli occhi rossi di pianto e le guance rigate. E i miei genitori? Dove erano finiti? Avevo un brutto presentimento.

  • Sono morti?- chiesi, senza rifletterci.

  • Oh, Grace...- Olga corse verso di me, mi abbracciò e ricominciò a piangere.

Piansi anche io, piansi tantissimo.

  • Non è giusto!- gridai con la faccia affondata nel grembiule della donna.

  • Lo so, tesoro. È la cosa più ingiusta del mondo.

Era vero. Non era giusto che due persone così buone se ne fossero andate.

  • Sei sicura che siano morti, Olga?- tirai su col naso.

Lei annuì: - È stata lei. Lei li ha uccisi. Tua madre... l'ultima cosa che ha detto... ha detto di prendermi cura di te...- scoppiò in un pianto disperato.

  • Lei chi?- chiesi, confusa e curiosa.

  • Lei... quella donna spregevole!

Capii che era troppo sconvolta per parlarne e lasciai perdere.

  • Andiamo via da questo posto, Grace.- disse Olga quando ci fummo calmate.

Scesi dal lettino, presi il libro e la mela e salii le ripide scalette.

Lo spettacolo che vidi quando uscii mi lasciò senza fiato. L'armadio di mamma rovesciato con il suo set di tazze di porcellana. Ecco cosa avevo sentito nel mio nascondiglio.

Lo specchio ridotto in frantumi, le spade di papà buttate a terra, i profumi rovesciati.

E non avevo ancora visto niente. Corsi alla sala da pranzo. Tavoli con le gambe per aria, piatti distrutti, bicchieri disintegrati. La cuoca giaceva sul tappeto, gli occhi chiusi. Non respirava.

Ma il peggio era la sala del trono. La stanza più grande e più bella del palazzo. Almeno, prima di tutto questo. Il soffitto mancava quasi tutto, come nel resto del castello. Catapulte, credo. La luce del giorno illuminava la stanza. Il sole era coperto dalle nuvole. Il trono di papà era buttato a terra, quello di mamma era perfettamente dritto, ma pieno di macerie e... sangue. Le tende rosse erano strappate, i vasi rotti.

Ma la cosa impressionante era il numero di persone morte. Guardie, dame, ancelle. Le lacrime mi rigarono il viso lente e inesorabili. Non ebbi il coraggio di controllare le altre stanze. Olga mi raggiunse nel centro della sala.

Mi guardavo intorno, cercando qualcuno, uno qualunque, che fosse vivo. Ma non vidi nessuno.

  • Ci siamo solo noi?- chiesi, e la mia voce rimbombò nella stanza.

  • Temo di sì.

Le uniche sopravvissute. Il castello era grande. C'era tantissima gente. E noi eravamo le uniche ancora lì.

  • Come hai fatto a sopravvivere?- domandai.

  • Beh... dopo che tua madre è... è... Beh sì, hai capito... Tuo padre mi ha ordinato di nascondermi. Ho cercato di portare con me molta gente, ma erano tutti troppo terrorizzati per ascoltare una sola parola. Alcuni sono stati uccisi mentre cercavo di avvisarli... Solo Arthur è venuto con me.- Arthur era il maggiordomo- Siamo entrati in una porticina come quella del tuo nascondiglio e dalla serratura riuscivamo a vedere tuo padre che combatteva contro quella strega... Ha perso. Abbiamo sceso le scale, terrorizzati, e siamo stati seduti sul letto per un po'. Poi Art, lo sai quanto era curioso... Lui voleva andare a vedere se tutto andava bene. Ho cercato di impedirglielo, ma lui è uscito lo stesso... e non è più tornato.- si asciugò una lacrima- Quando tutto si è calmato, mi ci è voluto tutto il mio coraggio per venire da te! Oh, che scene ho fatto! Ma poi sono uscita da quella porta! Oh sì, eccome!

Sorrisi. Olga riusciva sempre a farmi sorridere, anche senza farlo apposta.

  • Ma ora, piccola, andiamocene via.

Mi prese per mano e, insieme, attraversammo l'arco dove prima c'era il portone.

Dove saremmo andate? Che cosa avremmo fatto, poi? Sarei andata a scuola? Avrei lavorato?

Lasciai la mia casa con tante domande in testa e una sola consapevolezza. Avrei cominciato una nuova vita. E stavolta non avrei mai, mai permesso che qualcuno me la rovinasse.




*QUI DICO LA MIA*
Ciao! Questa è la prima storia che pubblico, e quindi accetto ogni critica. Ringrazio chi, eventualmente, mi darà dei consigli per migliorarmi.
Spero che il prologo vi sia piaciuto. Non dimenticate di recensire! Al prossimo capitolo (se riuscirò a scriverlo)... Zao!

  
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