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Autore: AlyssaR    08/12/2013    3 recensioni
Chiunque ami l'universo della Rowling è consapevole dell'enorme portata simbolica del primo di settembre. È, nei fatti, una data spartiacque, una netta cesura fra un "prima" e un "dopo", un fondamentale giro di boa. La presente raccolta di One Shots si ripromette di rivivere questa giornata speciale tramite gli occhi di tre personaggi d'eccezione: apparentemente "slegati", i tre brani della raccolta hanno una peculiarità che li sottende e li accomuna. Volete un indizio? Leggete attentamente il titolo.
Fanfiction partecipante al contest "3x3 Tre Prompt per Tre Storie", indetto da Lui_LucyHP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Un futuro di luce.

 
 
Era il primo settembre; doveva stare in un posto, ma non ci stava.
Era il primo settembre; la giornata era tersa, ma lei non lo sapeva: nel suo sgabuzzino era sempre buio.
Era il primo settembre; lei aveva undici anni ma se ne sentiva addosso molti di più.
Era il primo settembre; quel bambino bellissimo passava davanti alla sua finestra e stringeva il braccio della sua mamma. Per lui era un giorno come un altro. Lei sua mamma non l’aveva mai conosciuta.
 
Era il primo settembre e lei era l’erede di Salazar Serpeverde.
Era il primo di settembre e lei non era ad Hogwarts.
 
«Merope, brutta inetta, vieni qui!»
Orvoloson Gaunt stava facendo roteare pericolosamente la cinta dei calzoni con il preciso intento di colpirla.
«Come osi eh, sciocca ragazzina? Non sei degna neppure di toccarlo quel medaglione, figurarsi di indossarlo! Schifosa Magonò, vergogna della famiglia!»
A Merope il medaglione di Salazar Serpeverde piaceva. Era l’unico oggetto vagamente femminile nella casa, indossarlo la faceva sentire carina.
Suo padre le aveva tirato una cinghiata, una sola per fortuna, poi uno schiaffo forte; il dolore non lo sentiva quasi più.
La lurida e angusta catapecchia in cui abitavano era gremita di vasellame e oggetti di rame di cui lei si serviva per cucinare alla Babbana, non potendo fare altrimenti. L’ambiente era decisamente claustrofobico, ma Merope non aveva mai visto nient’altro e non le importava.
Suo padre le aveva tirato uno schiaffo così violento che le aveva fatto girare la testa: la guancia le palpitava appena e il bricco che lei si era ritrovata a fissare le restituì un’immagine che non le piaceva.
 
Merope è la figlia di un pazzo puzzolente
Ha un fratello matto e pure deficiente,
È così brutta che la mamma se ne è andata,
È così brutta che non è più tornata.
Ha gli occhi di un camaleonte,
Troppo spazio sulla fronte,
Le mascelle di un mastino
E i capelli color zerbino.
Che terrore, ha paura pure Belzebù
Se non stai lontano diventi brutto pure tu!
 
«Guarda tuo fratello, piuttosto! Lui ha scelto di non andare a Hogwarts!»
Merope guardò Orfin ficcarsi le dita nel naso. Aveva gli occhi di un folle, i capelli più belli, folti e lunghi dei suoi, ma perennemente luridi. Anche se non si faceva il bagno da giorni, Merope si sentì molto pulita.
«Mischiarsi con quella marmaglia, ho sentito che ci sono addirittura i Sanguesporco! Giammai! Io ti vedo, mia sciocca Merope, alzare i tuoi occhi strabici nella speranza di vedere un gufo portarti una lettera! Ma tu lo sai che a una come te non potrà mai arrivare una lettera, lo sai vero?»
«S-Sì»
«E perché mai?»
«Perché sono una Magonò»
«Una sudicia Magonò, vorrai dire»
«Sudicia, sì»
«Cosa devi fare allora?»
«U-Ubbidire»
«E …?»
«… E ringraziare»
«Perché mai dovresti farlo, Merope?»
«Perché mi permetti di vivere con voi e mi fai mangiare»
«Esatto, a te, ragazzina! Che non sarai neppure figlia mia! Come avrei potuto generare un aborto privo di poteri come te? Fila a cucinare!»
Con un colpo di bacchetta Orvoloson abbassò le tapparelle della stretta cucina: si vergognava di lei e non voleva che nessuno la vedesse. Merope si sentì immediatamente sollevata: al buio era abituata e sapeva gestirlo. Aveva smesso di temerlo anni fa.
Il buio è il mio migliore amico.
Il buio mi proteggerà sempre.
Prese a tagliare delle patate per farne una zuppa. Quella dove si trovava era una posizione privilegiata: da lì poteva vedere quel bambino –che di recente aveva scoperto chiamarsi Tom–  senza che lui potesse vederla di rimando.
Per lei era un sollievo.
 
Se non stai lontano diventi brutto pure tu!
 
Si specchiò nuovamente nel bricco: nel buio in cui nuotava poteva quasi sembrare carina.
«Tom! Tom, dove vai? Fermo!» chiamò una voce da molto lontano.
Il cuore di Merope mancò un paio di battiti. Il bambino si era appoggiato alla sua stessa tapparella, cercando di sbirciare dentro la cucina. Prima che lei potesse impedirsi di fare qualsiasi cosa, la sua mano si era poggiata in corrispondenza di quella di Tom, che tentava di farsi schermo con i palmi per vedere meglio.
«Ciao, chi sei?» le chiese inaspettatamente il bambino.
Merope si ritrasse immediatamente dalla finestra perché temeva che Tom riuscisse a metterla a fuoco. Poi lanciò uno sguardo all’angusto salotto: suo padre sembrava sonnecchiare e Orfin aveva lo stesso sguardo vacuo di sempre.
«Mi-mi chiamo Merope» si risolse a rispondere con un filo di voce.
«Ciao Merope. Io sono Tom. Perché le tapparelle sono abbassate anche se sei dentro casa?»
«Il mio papà non vuole che gli altri mi vedano»
«E perché?»
«Si vergogna di me»
«Davvero?»
«Sì»
«Tom, ma cosa stai facendo?»
«Sto parlando con Merope, mamma»
«Lascia stare, andiamo via!»
«Ma perché?»
«Tesoro, quella è la casa dei Gaunt. Nonna ti ha raccontato cosa si dice di loro»
«Ma Merope è simpatica»
«Ne sono certa, amore. Ma adesso andiamo via»
«Ma mamma!»
«Tom» gli rispose semplicemente quella.
Tom abbassò la testa e prese a seguirla. Merope aveva la bocca secca: non aveva mai parlato per così tanto tempo con nessuno che non fosse suo padre o suo fratello.
Quando Tom la salutò da lontano con un chiaro e forte «Ciao Merope!», lei sentì di non avere la forza neppure per rispondere, così alzò la mano di rimando, dimenticando che, dal buio che la inghiottiva, lui non avrebbe potuto vederla.
 
A tavola Merope aveva paura che suo padre capisse che era successo qualcosa e questo la faceva essere più goffa del solito.
«Ragazzina, per Merlino! Che diavolo fai?» disse Gaunt pulendosi i pantaloni con un tovagliolo: Merope gli aveva versato addosso della zuppa mentre gli riempiva il piatto.
«Si può sapere cosa ti prende? Prima quel tuo corpo inetto ha fatto pure partire della magia accidentale e hai fracassato i bicchieri. Ma si può sapere che razza d’ibrido tu sia?»
Una parte di lei si stupiva del fatto che non si fosse ancora messa a piangere, ma era così emozionata e attonita per le parole che aveva scambiato con Tom che non riusciva a concentrarsi su nient’altro.
Insomma … Ha detto che sono simpatica! Io …!
«Io lo so che cosa succede» intervenne inaspettatamente Orfin.
Merope si gelò sul posto. Aveva paura di suo fratello più di quanta ne avesse di suo padre: Orfin era pazzo e anche tanto cattivo, faceva male agli animali indifesi. L’aveva visto torturare un cane randagio, il giorno prima. Anche senza magia.
«Dillo a tuo padre, figlio mio»
«Merope ha parlato con un Babbano, lo stesso che osserva tutti i giorni dalla finestra»
«Cosa?»
«Sì,» continuò Orfin; non erano molte le situazioni che gli facevano accendere gli occhi, generalmente fissava il vuoto, ma questa era una di quelle «Ho sentito che lo chiama nel sonno “Tom, Tom! Vieni da me, portami via da qui!”. Le concediamo di stare con noi e guarda come ci ripaga».
Orvoloson non parlò neppure. Si alzò da tavola, si tolse la cinta e l’ultima cosa che Merope vide fu il brillio folle e carico di aspettativa nello sguardo di suo fratello.
 
Aprì gli occhi e vide solo il suo caro, amato buio. Non c’era una parte di lei che non dolorasse, era distesa sul letto a pancia sotto: aveva la schiena dilaniata, poteva sentirla pulsare allo stesso ritmo del suo cuore straziato. Il nodo che le serrava la gola le impediva quasi di respirare, mentre lacrime e moccio andavano a bagnarle il cuscino.
«Tom, Tom» mormorava pianissimo, così che Orfin non la sentisse «Un giorno mi salverai, mi porterai alla luce».
Provò a muoversi per andare in bagno, ma delle fitte dolorosissime la fecero desistere. Si accasciò sul letto e continuò a piangere piano.
«Cosa sono io?» si chiese, ormai lo faceva spesso. Sapeva di essere diversa, ma non sapeva in che senso: nonostante la notevole profondità delle ferite che suo padre le infliggeva, queste guarivano da sole dopo pochi giorni, senza neppure infettarsi. Dalla finestra vedeva i bambini cadere durante i giochi, si sbucciavano appena le ginocchia ma restavano con le fasciature per giorni.
I suoi occhi si erano abituati al buio, ormai poteva dire di avere la vista di un gatto. A volte sognava di essere una gattina bianca –di certo si sarebbe chiamata Milù e avrebbe indossato un campanellino attaccato a un collarino di velluto verde– e di scappare di nascosto dalla finestra della cucina.
Prese da sotto il cuscino i suoi disegni preferiti: li teneva lì perché Orfin glieli distruggeva tutti.
Un giorno suo padre si era fatto sfuggire che quel posto era un castello. Per lei non era solo quello, un bellissimo castello delle fiabe, che disegnava all’infinito cercando di renderlo simile alla sua sfrenata fantasia. Era la libertà che aveva tanto sognato ma che non era mai arrivata. Era la speranza a cui si era aggrappata con tutte le sue forze e che non le aveva lasciato niente, il salto nel suo buio che l’aveva fatta schiantare al suolo. Ma restava comunque l’unico sogno che aveva, oltre a Tom.
«Mio figlio,» diceva sempre, ogni notte «Mio figlio andrà ad Hogwarts».
 


****

Buongiorno a tutti!
Come vedete, questa è la prima di tre One Shots, che pubblicherò a distanza di tre giorni l'una dall'altra.
Non ho mai letto niente su Merope, ma la sua storia è una delle più poetiche e toccanti dell'intera saga, a mio avviso, e quindi ho tentato di restituire a voi lettori l'immagine che mi sono fatta di lei; spero tanto che l'abbiate apprezzata. Vi ringrazio per l'attenzione, sentitevi liberissimi di lasciare qualsiasi commento e/o critica: sono più che ben accetti.
Alla fine della raccolta, pubblicherò anche gli estremi del contest indetto da Lui_LucyHP (3x3 Tre Prompt per Tre Storie), così che possiate vedere le condizioni a cui dovevo attenermi per parteciparvi. Un saluto e grazie ancora :*
 
  
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