Era un bellissimo tramonto quello
che si poteva osservare dalle finestre della cabina di Hook.
Quella sera, in particolare, il sole stava spandendo i raggi tra le nuvole in
modo spettacolare.
Il pirata era solo con i propri
pensieri. Alla fine si era salvato, aveva continuato a vivere nonostante Peter Pan avesse fatto di tutto
perché ciò non avvenisse. Si guardò dolente l’uncino. Quella che era la sua
arma più letale, il suo segno peculiare, ciò che più
lo caratterizzava, Hook lo odiava. Lo odiava perché rappresentava
il suo non essere più integro.
Si chiese se Pan
avesse idea di cosa gli aveva tolto, assieme a quella mano. Gli aveva tolto la
possibilità di vivere come un uomo normale, di fare anche le cose più semplici,
come mangiare con due mani. Che rabbia lo invadeva
ogni volta che pensava a quale avrebbe potuto essere la sua vita!
Ah, ma Peter
Pan che ne poteva sapere del dolore? Lui, l’eterno bambino che conosceva solo
l’allegria e l’egoismo, non sapeva cosa provava lui. Come poteva capire cosa
voleva dire portare un’amante, anche pagata, a volte, nella stanza e vedere il
ribrezzo deformarle i tratti del volto e accenderle gli occhi ogni volta che
lui mostrava il suo povero moncherino. Che ne poteva
sapere? Scacciò come sempre quei pensieri dalla mente. La sua vita era triste.
Molto triste.
Eppure quella sera aveva qualcosa di
speciale, quasi di magico, che riscaldava anche il suo cuore di pietra. Rimase a fissare il sole all’orizzonte finchè
la tenebra non avvolse l’intera isola. Quelle tenebre gli erano care,
perché tutta la sua vita era una tenebra, grazie al braccio mutilato che doveva
sopportare.
Ah, ma Pan se ne era andato! Lui aveva
avuto la sua chance di felicità insieme alla sua Wendy, la graziosa raccontafavole
dagli occhi d’angelo. Lui era tornato sulla terra. Lui avrebbe viccuto felice. Lui.
All’improvviso, mentre era immerso
nei pensieri, gli parve di sentire uno strano fruscio. Un
fruscio familiare, ma al contempo diverso da come lo ricordava. Si voltò
di scatto, preparandosi a colpire, ma ciò che vide lo bloccò come se fosse
stato colpito da un incantesimo. Davanti a lui stava un giovane attraente che
aveva qualcosa di stranamente familiare. Era alto e snello, ben proporzionato.
Non doveva avere più di venticinque anni. Aveva la pelle chiara e delicata, gli
occhi azzurri come il cielo e i capelli biondo-rame
leggermente mossi pettinati ordinatamente all’indietro. I tratti
mascolini erano ben disegnati, ma conservavano qualcosa di infantile.
Gli occhi però, non erano giovani e spensierati come si sarebbe aspettato.
In un momento, lo riconobbe, anche
se portava un completo da uomo, di ottima fattura, al
posto della calzamaglia verde.
« Pan! »
mormorò.
Sul volto del nuovo venuto comparve
un ghigno fanciullesco che gli fece capire di non essersi sbagliato. Era
davvero Peter Pan. Era lui, ma in un certo senso, non era più lui. Era
cresciuto. Era cambiato.
« Salve, capitan Uncino. » disse. Anche la sua voce era cambiata. Era profonda, matura.
« Tu… tu sei… »
« Cresciuto? » lo fermò Pan « Si. »
Il pirata era senza parole. Aveva sognato tanto quel momento, desideroso
di avere il ragazzo tra le grinfie per poterlo uccidere, ma ora non riusciva a
muoversi neppure. La sorpresa era troppa.
« Cosa fai
qui? » riuscì infine a chiedergli.
Pan sorrise, ma era
un sorriso triste. « Togliti l’uncino, capitano. Sono disarmato. Non sono più
il nemico che conoscevi. »
Uncino restò impietrito « Che vuoi
dire? »
« Voglio dire
che sono venuto qui per l’ultima volta. » spiegò il ragazzo. « Non tornerò mai
più. »
Uncino era allibito. Che ci faceva Pan nella sua cabina, cresciuto per di più! Il tempo doveva
passare più in fretta sulla terra, perché lui non si era accorto degli anni
trascorsi che potevano notarsi, però, sul volto del suo eterno nemico.
« Cosa vuoi?
» chiese Uncino. Per un momento fu tentato di chiamarlo “maledetto”,
ma non vi riuscì: il giovane uomo che aveva davanti era troppo diverso
dal ragazzo che lo aveva rovinato. Provava un certo effetto nel vederlo così.
«Voglio solo parlare, capitano. »
spiegò, guardandolo tristemente. « Chiedo solo dieci minuti del tuo tempo, che
è infinito. Il mio, ormai non lo è più. »
Uncino rimase muto, ad ascoltare. Pan lo intese come un segno di assenso e proseguì « Sono
trascorsi dodici anni, capitano, anche se tu non te ne sarai accorto. Molte
cose sono cambiate. Io sono cambiato. »
Uncino non capiva dove volesse
andare a parare, ma rimase in ascolto, sempre stordito dal suo repentino
cambiamento d’aspetto.
« Sono adulto ormai, ho sposato Wendy, la mia dolce Wendy, che
ora aspetta nostro figlio. Ci pensi capitano? Mio figlio… È così strano per me
dirlo. » Aveva un tono così triste che non sembrava più il ragazzo spensierato
e allegro di un tempo. « Io sono diverso ora. Comincio a
dimenticare come si fa a volare. Per questo non tornerò mai più qui. »
« Cosa vuoi
da me? » chiese ancora Uncino, appena più duro di poco prima « Perché sei qui?
»
Ci fu un momento di silenzio. Peter chiuse gli occhi, come in preda ad un grande sforzo
interiore. Il pirata vide una lacrima solcargli il volto e se ne domandò il
perché.
« Sono qui perché ho capito,
Uncino. Ho rivisto la mia vita con gli occhi di un adulto, quelli che sono i
tuoi occhi, ed ho capito. Ho provato vergogna di me stesso al pensiero di come credessi che tutto il mondo ruotasse attorno a me. A me, il
bambino senza età, quello speciale. » qui rise. Una risata amara, però, piena
di rimpianti. « Nella mia ingenuità ho fatto del male a molti, compresa Wendy, che mi ha salvato e riportato alla vita. La vita vera, non quella che mi figuravo io, restando intrappolato
qui. Ma soprattutto ho fatto del male a te. »
Uncino corrugò la fronte, incredulo
da ciò che stava sentendo.
Pan continuò « Sono qui per chiederti
perdono, Giacomo Uncino. Ti chiedo perdono per averti scelto come nemico e per
aver giocato con te come non fossi stato anche tu di
carne e sangue. La mia stupidità era grande come il mare. Ero ceco.
Io ti ho privato della dignità, poi
persino di una parte del tuo corpo. Pensavo fosse un gioco, ma solo ora mi
rendo conto di quanto fosse reale ciò che ti facevo.
Il tuo dolore per me non era vero, perché non era il mio. Per questo ti chiedo
perdono. »
« Io, non capisco »disse Uncino,
sempre più confuso.
Peter sorrise triste « Non capisci perché ricordi
ancora lo sciocco tredicenne che ti ha rovinato la vita con una leggerezza tale
da indurti a volerlo uccidere. » sospirò profondamente « Io non posso fare
nulla per cambiare le cose ora, ma sono qui ugualmente, perché sentivo di dover
chiedere il tuo perdono. Molto probabilmente non me lo darai, ma forse un
giorno, capirai che sono realmente dispiaciuto per tutto il male che ti ho
fatto. Male che continui a scontare anche ora. » Con
una mano indicò l’uncino che portava al posto della mano.
« Ora devo
andare, mia moglie mi aspetta. » si mosse verso la porta della cabina
del pirata, poi si fermò proprio sulla soglia e si voltò nuovamente « Addio,
capitano Giacomo Uncino! Sei sempre stato un pirata
formidabile, ai miei occhi, altrimenti non ti avrei scelto
come nemesi. Ancora ti chiedo perdono e mi auguro che, un giorno, me lo
concederai. »
In un attimo, con un altro fruscio,
Peter Pan, o ciò che ora era
diventato, andò via per sempre dall’Isola che Non C’è, uscendo dalla cabina del
pirata, che, senza volerlo, pianse di commozione.
Gli anni trascorsero, senza che
Uncino trovasse la forza di dimenticare e di perdonare Peter
Pan. Un giorno come un altro, tuttavia, il pirata
trovò questa forza, stanco com’era di provare rancore. Fu allora che le fate
dell’isola, così amiche del ragazzo senza età, gli fecero un dono: misero
insieme i loro poteri e, con la magia, gli diedero una nuova mano, così che potè vivere di nuovo felice, senza odio né rimpianto.
Intanto, in una bella casa nella
periferia di Londra, un uomo sui trentacinque anni, con i capelli biondo rame e
gli occhi azzurri abbracciava teneramente una donna bella dai lunghi capelli
castano chiaro. Entrambi fissavano un bimbo correre a
scuola. Quando si voltò, l’uomo notò per l’ennesima
volta che, a dieci anni, il bimbo aveva la bellezza e i capelli della madre, ma
gli occhi di suo padre. I suoi occhi e lo stesso sguardo che possedeva
quando combatteva indiani e pirati in un luogo magico che anche lui
aveva dovuto, infine, abbandonare.
Ora però, tutto era come doveva
essere.