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Autore: MartaKim    08/12/2013    2 recensioni
Questa è la storia di una ragazza di ventanni, il suo nome è Martina Solazzo e racconterà di come la sua vita sia cambiata da quella monotona di nullafacente a quella di indaffarata aiuto-segretaria del manager di un gruppo coreano molto famoso, composto da 7 bellissimi principi asiatici. Cosa succederà a questa ragazza? Si farà soggiogare dalla bellezza stupefacente dei 7 ragazzi con cui, ahimè, dovrà convivere? Sono tante le avventure, (o disavventure?), che dovrà affrontare, ardui gli ostali da superare, per non parlare di un'avventura amorosa piena di nuove sensazioni, sorprese strane e tanto altro!
Se la storia vi interessa, leggete i miei capitoli!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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L'incidente & il salvatore.



Mi risvegliai il giorno dopo per le urla incessanti di Rose. Aprii gli occhi, cercando di focalizzare tutto quello che mi circondava.
"Che...diavolo..." farfugliai, stordita ed irritata da quelle urla.
"SVEGLIATI!!" continuava ad urlare lei. Mi tirai su a sedere, stropicciandomi gli occhi. Mi sentii scuotere violentemente e sobbalzai. La bloccai e la misi sotto di me, immobile sul letto.
"Rose, che diavolo strilli a fare?!" sibilai io, infastidita. All'iniziò i suoi occhi erano un misto di sorpresa e paura per la mia velocità e forza, poi si calmò e si ammutolì.
"Dovevo svegliarti, hai tanto da imparare. Hai detto tu che hai solo 6 giorni, dobbiamo impegnarci." disse lei, poco dopo, scivolando via dalla mia presa, ormai allentata.
"Ahn.." mugulai, lasciandomi cadere in avanti, contro il cuscino, sospirando. Dopo un po', dovetti alzarmi e prepararmi per raggiungerla giù. Chiusi a chiave e scesi nella saletta dove avremmo consumato i nostri pasti.
La trovai seduta ad un tavolino vicino la finestra. Mi sedetti di fronte a lei e, consumando la nostra colazione, iniziamo a programmare le giornate. Dopo aver deciso ed organizzato tutto, lei se ne andò per andare a fare shopping e visitare la città, lasciandomi diversi libricini che avrei dovuto studiare.
Decisi di fare una passeggiata e, dopo essermi coperta per bene, uscii dall'hotel e mi incamminai senza una meta precisa. Non mi guardavo intorno, ero così presa dal libricino che ignoravo tutto quello che mi circondava.
Attraversai la strada, senza guardare le macchine. Quel che sentii furono delle urla incomprensibili ed un forte clacson, sempre più vicino. Alzai lo sguardo per capire cosa stava succedendo e mi paralizzai, sbiancando. Un camion mi stava venendo incontro.
Quel che successe dopo era ben confuso, l'unica cosa che capii era che ero ancora viva. Ero appallottolata su qualcosa, sull'altro marciapiede. Avevo gli occhi bene serrati e tremavo come una bimba.
Sentivo diverse voci intorno a me, soprattutto una voce maschile molto vicina, ma ero troppo scossa per riuscire a parlare o muovermi. Mi sentii sollevare da terra e, solo in quel momento mi accorsi che ero tra le braccia di qualcuno.
La vergogna prese il sopravvento e, spalancando gli occhi, mi divincolai fino a scendere dallo sconosciuto. Le mie gambe, ormai tutte un tremolio, mi fecero barcollare, ma il ragazzo mi prese in tempo, stringendomi a se.
Il tempo di recuperare il fiato e mi allontanai ancora una volta dal ragazzo, inchinandomi e chiedendo scusa in inglese, per poi voltarmi e tentare di scappare via.
Il ragazzo mi fermò e, sorridendomi, mi trascinò via. Io, ancora stordita dall'accaduto, non potei fare altro che seguirlo. Mi sentivo osservata da tutti e questo aumentava il mio nervosismo.
Lo sconosciuto mi portò in un bar e mi fece accomodare su una sedia, ordinando per entrambi in coreano. Avevo il volto chino e lo sguardo puntato sul pavimento, troppo imbarazzata per guardarlo.
"Qual'è il tuo nome?" mi chiese lui, in inglese ed io, per non essere maleducata nei confronti di chi mi aveva appena salvato la vita, fui costretta ad alzare il volto per guardarlo.
"Martina." risposi, cercando di essere il più pacata possibile. Fin da quando andavo alle superiori, provavo apatia e distacco verso i ragazzi. Non mi sentivo a mio agio con loro, eccetto con i parenti.
"Che bel nome. Sei italiana?" sorrise lui, sporgendosi in avanti. Io mi limitai ad annuire.
"Io sono Lee Chang Sub, piacere di conoscerti." continuò lui, porgendomi la mano. Alternai lo sguardo dai suoi occhi, al suo sorriso rassicurante ed infine alla sua mano. Scrollai le spalle e ricambiai la stretta. Che strano, aveva un viso a me conosciuto.
"Piacere mio." dissi io, sorridendo appena. Arrivarono le nostre ordinazioni e mi accorsi che per me aveva ordinato della semplicissima cioccolata calda. Iniziai a giocherellare con il cucchiaio.
"Cosa ci fai qui? E' raro trovare italiani in Corea." mi chiese lui, facendo un'ottima osservazione.
"Sono qui per un lavoro. Sto cercando di imparare la vostra lingua, perché è una delle nozioni importanti per il posto che vorrei avere." spiegai io, guardandolo per un attimo.
"Oh, ora capisco. Comunque sia non dovresti studiare in giro per la città. E' pericoloso." mi ammonì lui. guardandomi seriamente.
"Lo so." sbuffai io. Ma chi era lui? Mio padre? Tsk.
"Meno male." ridacchiò lui, iniziando a sorseggiare la sua bevanda. Cadde il silenzio fra di noi, mentre sentivo il suo sguardo su di me.
"Grazie per avermi salvato.." mormorai, dopo un bel po'. Sorseggiai la mia bevanda, per poi puntare lo sguardo su di lui. "Mi hai salvato la vita."
"Figurati, non devi ringraziarmi. Solo, la prossima volta sta più attenta." rispose lui ed io annuii.
"Anche perché dubito che un camion o un'altra autovettura sia capace di sopravvivere illesa ad un impatto con il tuo comportarti da dura." aggiunse, ridacchiando. 
"In effetti." risi anche io, rilassandomi un pochino. Il ragazzo non era niente male e parlare con lui non era affatto spiacevole. Aveva un capello e degli occhiali enormi e neri, che coprivano mezzo viso. In più portava un enorme e calda sciarpa di lana. Era vestito come se non avesse voluto farsi riconoscere da qualcuno.
"Sei un tipo strano." mi lasciai scappare, per poi arrossire. "Cioè..no..aspetta...non sei niente male..cioè..no..oddio.." iniziai a balbettare, fino a quando decisi di ammutolirmi del tutto. 
"Ma grazie." disse lui, ridendo con gusto. "Li prenderò come complimenti." Mi sorrise, cercando di tranquillizzarmi. Accennai un sorriso anche io.
Dopo quel momento imbarazzante, la conversazione continuò tranquillamente. Parlammo dei nostri interessi, della nostra vita, ma lui restava sempre molto vago.
"Si è fatto tardi per me." disse lui, dopo un'oretta. Non volevo lasciarlo andare, finalmente riuscivo a parlare con un ragazzo, ma non potevo trattenerlo oltre. 
Annuii e mi alzai, seguita subito da lui. Iniziai a frugare nella borsa, in cerca di soldi, quando lui mi fermò.
"Pago io, Scema." mi disse, sorridendo dolcemente. A quelle parole la Martina provocatrice e audace scoppiò. Mi liberai dalla sua presa e recuperai i soldi, lasciandoli sul tavolo. 
Mi avvicinai a lui e, tirandolo per la sciarpa, lo piegai alla mia altezza, così da poterli parlare nell'orecchio.
"Tieni pure il resto, tesoro. Non mi faccio pagare da nessuno e, soprattutto, non mi faccio comandare da nessuno." sussurrai, sogghignando prepotentemente. Mi allontani e, dopo avergli fatto l'occhiolino, mi incamminai verso l'uscita.
Uscii dal bar, correndo verso la vetrata per guardarlo. Gli feci una linguaccia e lo salutai, per poi vederlo ridere, non potendone però sentire il dolce suono. 
Sorrisi e mi incamminai verso l'hotel, dandogli le spalle. Chiedendo informazioni in lingua, aiutata dai libricini di Rose, riuscii a tornare in Hotel.
Presi le mie chiavi e mi diressi in camera, trovandovi Rose dentro.
"Rose! Non sai cosa mi è successo!" esclamai, facendola quasi spaventare. La raggiunsi sul letto e le chiusi il pc, per avere la sua attenzione. Le raccontai tutto, dall'incidente al ragazzo.
Appena seppe dell'incidente, iniziò ad urlarmi contro, evidentemente preoccupata.
Chinai il capo e subii tutta la sua infinita ramanzina, chiedendole più volte scusa.
"Ti rendi conto di quello che sarebbe potuto succedere? Eh? Cristo, Martina, devi stare più attenta!" esclamò lei, furiosa. Quando mi chiamava così voleva dire che la cosa era molto grave.
"Scusami, Rose...starò più attenta...lo prometto..."mi scusai ancora io, abbracciandola con forza. "Ti prego, non essere arrabbiata con me..scusa..." mormorai al suo orecchio, terribilmente mortificata.
Lei sospirò e, dopo un po', si abbandonò tra le mie braccia, ricambiando la stretta.
"Non farmi mai più preoccupare, scema.." aggiunse lei, ora più calma. Annuii e lei mi accarezzò una guancia, sorridendomi dolcemente. Strofina la punta del mio naso con la sua e le lasciai un dolce bacio sulla guancia.
Rose era un'amica davvero importante per me. Ci conoscevamo da tantissimo tempo e sapevamo molto l'una dell'altra. Mi aveva sempre aiutata, confortata e ascoltata. Era un'amica stupenda. A volte sapeva essere parecchio testarda, scorbutica e scontrosa, ma era di una dolcezza infinita e le volevo davvero troppo bene.
"Comunque sia.."mi guardò, ora tutta eccitata. "Descrivimi questo ragazzo! Sono curiosa, com'era?" Quando mi vide annuire, agitò le mani ed io non potei trattenermi dallo scoppiare a ridere. Le descrissi il ragazzo, tutto quello che mi aveva detto e tutto quello che era successo.
"Come hai detto che si chiama?" mi chiese lei, dopo aver urlato come sceme. Mi guardò perplessa e immersa nei suoi pensieri.
"Lee Chang Sub, perché?" le ripetei il nome, curiosa di sapere cosa le passava per la mente. Recuperò il suo computer e fece una breve ricerca, per poi sbiancare e portarsi una mano alla bocca, ormai spalancata.
"Rose? Che succede?" la guardai preoccupata, avvicinandomi a lei per guardare cosa l'aveva fatta reagire in quel modo. Mi immobilizzai ed impallidii.
Ero stata salvata e porta in un bar da Chang Sub, uno dei 7 bellissimi cantanti del gruppo con cui avrei fatto l'audizione come aiuto-segretaria: i BTOB
.

 
Ecco a voi il terzo capitolo!
Spero che vi piaccia, commentate in tanti, please!
-Kimmie.
  
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