Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Monkey_Machine    08/12/2013    3 recensioni
"E mentre l' ombra nera ancora si occupava dell' uomo, più forte di costituzione rispetto alla povera Yuki presa alla sprovvista come lui, Harlock riuscì a vedere finalmente, insieme al sangue sputato da Tadashi, il cui viso era improvvisamente divenuto viola- rossastro, la figura e il volto del serpente nero.
E ricomparvero, come magicamente, i due occhietti luminosi da sotto una pesante maschera e casco di ferro. Quegli "occhi" gelarono il sangue dei due.
Due spie di una figura tutta femminile, che adesso non abbandonava lo sguardo del pirata Harlock: il suo uomo. "

[Prima Fanfiction...pietà di me]
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-3-
R.E.E.L

"Il 'leviatano' gettò indietro il collo contorcendosi e perse l' equilibrio."

Non fece troppe discussioni la donna trovandosi l' arma fredda puntata alla tempia, mentre la mano di Harlock la spingeva senza troppa delicatezza "invitandola" a procedere avanti.
Che fosse divenuta così improvvisamente docile la serpe? Lo sapeva Harlock e sapeva di non dover in alcun modo abbassare la guardia. Cosa le avrebbe impedito di sferrare il suo colpo contro il pirata? Eppure ancora non si ribellava e continuava a camminare in silenzio con passo deciso ma silenzioso spinto da quello del capitano piuttosto sonoro. Dove la conduceva? Lontano da lì, sicuramente, lontana dal cuore pulsante dell' Arcadia; successivamente la meta sarebbe stata una delle celle del laboratorio. Non era una creatura pacifica, da quanto aveva potuto constatare, e andava controllata e tenuta sotto chiave. Non era solito tenere un comportamento simile con i suoi "ospiti" ma in quel caso non potè fare altrimenti, per il bene suo, dell' equipaggio e dell' Arcadia.
Qualche passo lungo il corridoio secondario, vuoto, o almeno fino a quando Yattaran, avvertito già da Yuki della ostile presenza a bordo, non fece la sua comparsa restando inizialmente per qualche attimo colpito (e non seppe nemmeno lui se piacevolmente e meno) della figura alta, slanciata e sinuosa della donna.
"Capitano. Ordini!"
"Laboratorio. " fu la sua lapidaria risposta. Aveva già capito tutto così come aveva compreso la donna, affatto stupida e disattenta.
La mano di Harlock era ancora poggiata contro la schiena di lei, e solo allora, scostando giusto le dita, notò quegli strappi nel tessuta della sua tuta nera: veri e propri buchi e la pelle sotto…semplicemente annerita intorno a quella che pareva essere la sagoma circolare della pallottola che l' aveva perforata precedentemente. Colpita, era stata colpita più volte come dimostravano i molteplici strappi. Non un gemito, non un lamento e le ferite? Inesistenti. Totalmente inesistenti. La carne pareva essersi rischiusa sopra le pallottole.
Cosa gli diceva che ad un ennesimo colpo essa sarebbe caduta?
Forse fu esitazione, forse ripensamento, ma bastò un attimo: la canna della pistola si staccò di qualche centimetro dalla sua tempia e il suo gesto fu repentino, proprio come lo era stato attimi prima. Una mano aveva spinto via Yattaran e l' altra, chiusa a pugno aveva fatto saltar via la pistola dalla mano di Harlock.
Questa, dopo un attimo di sorpresa presa dal gesto improvviso, corse veloce alla cintura dove un' ulteriore arma aspettava ormai da tempo di essere impugnata...come ai vecchi tempi.
Qualche passo indietro e la donna sparò contro il pirata. Il boato risuonò per il corridoio con forza ma il colpo non andò a segno contro il pirata, grazie anche ai riflessi pronti di quest' ultimo. Non credeva che dopo così tanto tempo potesse tornare all' azione in quel modo.
Il colpo però non era realmente destinato a lui. Gli bastò distrarlo per correre via e finalmente, stavolta davvero e senza perdere tempo, prendersi ciò che aveva finalmente trovato. L' adrenalina della corsa, dell' azione scorreva veloce nelle vene di Harlock che prontamente, senza lasciarsi sfuggire l' occasione, mirò a sua volta e stavolta per colpire davvero la fuggitiva.
Un respiro, breve, veloce, mozzato, la mira precisa come un tempo e la pallottola schizzò via dall' arma con potenza. Fu più veloce del serpente che rimase colpito proprio dove la "criniera rossa" scompariva sotto il caso di ferro e segreti. A tale colpo non potè far nulla e non resistette. Il leviatano gettò indietro il collo contorcendosi e perse l' equilibrio. Eccolo il momento favorevole, affinchè Yattaran e Yuki, accorsa anche lei al suono dello sparo lasciando Tadashi alle cure di Meeme. Afferrata con forza per le braccia, essa tentò di ribellarsi stringendo i denti, i pugni e spingendosi in avanti verso Harlock, mostrandogli quasi i denti  come una bestia feroce. Altri accorsero per aiutare i due a trascinarla via e metterla sotto chiave davvero.
"HARLOCK!" gridò dimenandosi ancora. Il pirata non si scompose e si allontanò in silenzio.
"Dottor Zero! Forza!" gridò Yuki rivolgendosi a questo, mentre estraeva dalla fodera la sua pistola per puntarla alla nuca dolorante della donna, dalla qualche però neanche una goccia di sangue uscì. La ferita era ancora aperta ma la pallottola doveva esserci sprofondata dentro.
"HARLOCK! SARAI TU A CERCARMI! TU HAI BISOGNO DEL MIO AIUTO!"
Delirava, si dicevano gli altri; aveva perso il senno accecato dalla rabbia che la stava accecando e che le faceva stringere violentemente i pugni e i denti.
Le labbra si spalancarono ancora ma il sedativo del Dottor Zero faceva finalmente effetto. Neanche aveva avvertito la puntura dell' ago della siringa che con insistenza aveva perforato la sua pelle. Tirò un mezzo grido di rabbia e crollò chinando il capo e perdendo il sostegno delle gambe che la fecero crollare al suolo, retta soltando per le braccia dal resto dei presenti. Pesava parecchio il suo corpo, che ora pareva senza vita, proprio come un cadavere. Il respiro: impercettibile, e la bocca impudente e scellerata ora era serrata in una smorfia addormentata.
[...]
Harlock nella sua cabina, poggiato contro la scrivania, buttava giù sorsi consistenti dal calice di vino. In fondo era ancora un signore, e non sarebbe stata la vecchiaia che avanzava a fargli dimenticare le buone maniere nei confronti di se stesso.
Erano passate un paio d' ore e ancora rifletteva sulle parole della sconosciuta. Non le aveva sottovalutate come avevano fatto gli altri, tanto che per ben due ore ci aveva ragionato. Non era umana e non poteva esserlo. Aliena, probabilmente. Mazoniana? Da escludere a priori. I colpi l' avrebbero fatta bruciare come carta, ricordò il capitano quando sette anni prima aveva combattuto la sua guerra contro Raflesia. La mente affollata dai pensieri lo confondevano e lo intrappolavano in un vero e proprio labirinto di ipotesi, teorie, opinioni. Il vino non lo aiutava. A distrarlo fu il bussare alla porta, dalla quale dopo un suo "Avanti" comparve lo stesso Dottor Zero.
"Capitano" iniziò.
"Abbiamo svolto le analisi sull' intrusa. Sarebbe il caso che lei venisse di persona a vedere"
Non chiedeva di meglio. Si alzò senza indugiare e seguì il dottore in laboratorio.
In diversi erano lì a studiare e ad analizzare vari campioni, sicuramente della donna, e più o meno tutti, all' arrivo del loro Capitano, abbandonarono la loro occupazione per rivolgergli un cenno o un saluto.
Ma il vero spettacolo era lì.
"Abbiamo dovuto isolarla. Emanava un' energia troppo potente tanto da essere un rischio stesso per l' Arcadia" spiegò il dottore indicando la sua figura rannicchiata su se stessa e immersa nella grande vasca isolante. Attaccata ai respiratori, girava, galleggiava e si lasciava trasportare dal movimento cullante e lento del liquido giallastro nel quale era immersa. Le vesti le erano state tagliate lasciando coperte solo le sue nudità e il casco le era stato tolto "scoprendole" così il viso. Esso era però in gran parte nascosto dalla decisamente lunga e liscia chioma arancio-rossastra.
Harlock non staccò gli occhi da quella figura, tanto bella e tanto maledetta allo stesso tempo. Pericolosa ma bellissima.
“Come sarebbe a dire “un rischio per l’ Arcadia”?” riprese Harlock.
“Non è uno scherzo. Venga a vedere” lo invitò mostrando i dati registrati sul computer.
“Questi sono i risultati ottenuti dai prelievi del suo sangue”
Il pirata quasi strabuzzò gli occhi leggendo tali valori.
“I valori di radioattività ed elettromagnetismo sono elevatissimi. Nemmeno un essere umano li possiede”
Lo sguardo del pirata tornò sulla donna.
“Cosa diavolo è allora?”
“Saperlo, Capitano. Non riusciamo a capirlo” Venga, le mostro un’altra cosa”
Poco più in là afferrò i vestiti stracciati della donna, posati su uno dei tanti banchi, e glieli mostrò.
“Stoffa. Unica e semplice stoffa, e non riusciamo a spiegarci come possa non essere rimasta ferita..”
“Alla nuca però ha vacillato”
ragionò il pirata aggrottando le sopracciglia e indurendo il suo sguardo.
“Altro mistero. Le pallottole poi non si trovano. Abbiamo fatto un’ accurata radiografia del suo corpo ma non abbiamo trovato niente. Inoltre poi ha una forza decisamente spropositata per essere una donna..”
“Tanto forte da avermi quasi spaccato il naso..” aggiunse Tadashi unendosi ai due. Il suo volto era arrossato e sulla guancia vi era una bella cucitura realizzata dalle abili mani del Dottor Zero.
“Te la sei cavata. Hai solo quel taglio, tutto il resto è graffi e lividi”
“Resta il fatto che ti sei fatto mettere sotto da una donna”
aggiunse ridendo Yattaran, anche lui giunto in sala.
“Oh stai zitto!” rispose con una smorfia Tadashi.
“Non è il caso di scherzare” li ammonì il Capitano avvicinandosi alla superficie vitrea della grande vasca. Restò per qualche istante a fissare in silenzio e con insistenza la figura della donna.
[…]
Passarono i giorni. Le ricerche andarono avanti ma senza dar frutto. Non riuscivano a classificarla in nessuna razza aliena ed i dubbi aumentavano. Sicuramente lei avrebbe saputo svelare e spiegare la situazione essendone completamente coinvolta a tutti gli effetti, eppure questa non dava segni evidenti e pareva essere profondamente addormentata: merito soprattutto del potente liquido isolante del Dottor Zero e dei sedativi alla quale pesantemente era sottoposta. Alle volte il capitano stesso tornava a consultarsi con il dottore senza lasciarsi mancare di osservare e studiare la sconosciuta e la sua figura.
Giovane. Sulla ventina più o meno, comunque più giovane di lui. La pelle chiara senza evidenti segni, solo quale curiosa e particolare cicatrice che le correva lungo la schiena pallida. Il volto costantemente nascosto dalla massa dei lunghi capelli. Più volte Harlock aveva aguzzato lo sguardo cercando di osservarlo meglio, ma esso veniva sempre nascosto, coperto, come se la stessa donna, addormentata, volesse impedirgli di vederlo.
Quella sera in molti pensarono che stesse delirando parlando in quel modo al capitano, ma dovettero presto ricredersi…dovettero farlo qualche giorno più tardi.
[…]
Un’apparente tranquillità pareva dominare l’ abisso blu solcato dalla solitaria e maestosa Arcadia. Quasi dominato da quel pezzetto di blu che catturava, dominava per poi prenderne un altro e lasciarsi l’altro dietro nuovamente libero. La donna era rimasta lì, senza dare segni e anche Harlock aveva allentato la tensione nei suoi confronti e il suo pensiero lentamente si stava affievolendo nella sua mente e nei suoi pensieri.
Nel buio, nella quiete essi si muovevano, silenziosi, trasparenti in tutto quel blu, quasi formiche rispetto all’ Arcadia, ma velenose...terribilmente velenose.
Qualcosa scosse l’ intera Arcadia quella sera. La scosse ed essa tremò e tutti avvertirono il suo tremore, forse di paura, forse delle trepidazione della battaglia.
“Che diavolo è stato?!” chiese Tadashi osservando i monitor davanti a se.
“Non lo so! I radar non segnalano niente. Yattaran!” gridò Yuki a gran voce prima di aggrapparsi con forza al banco quando improvvisamente un’ altra scossa rivoltò l’ Arcadia.
“Non saprei! Non è un problema dell’ aereonave! Maji sta controllando” gridò a sua volta cercando di avvicinarsi ai computer.
Anche il Capitano era accorso nella sala comandi, sentendo quelle scosse tanto forti quanto estranee sulla sua Arcadia.
“Vengono da fuori” disse cercando di mantenere saldo il tono della voce, eppure non poteva nascondere l’agitazione. In tutti quegli anni di attacchi ne aveva avuti tanti, eppure mai si era manifestato in tale modo uno come quello.
“Capitano, ci stanno attaccando?!” chiese Tadashi rivolgendosi ad Harlock pensoso.
“Ma non è segnato nulla sul monitor!” interruppe Yuki cercando una qualche soluzione senza staccare gli occhi dai vari schermi.
Ormai si stava creando il delirio anche nel resto della ciurma e rimanere con i nervi saldi fu un impresa.
“Se continuando così ci spaccano un fianco..” bisbigliò con timore lo stesso Tadashi
“Sparate! Sparate e raffica!” ordinò il Capitano
“Ma se neanche li vediamo. Probabilmente ci stanno attaccati alle fiancate!” ribadì Tadashi, ma lo sguardo del suo Capitano era piuttosto evidente, e immediatamente azionò i cannoni e prese a sparare a raffica, forse al vuoto...forse no. Intanto le scosse non diminuivano e non sembravano intenzionate a farlo.
“Capitano!”
Ma il Capitano pensava, e cercava una soluzione.
-Tochiro..cosa diavolo devo fare?..-
“Capitano ci sfondano i fianchi della nave!”
Harlock afferrò con determinazione il timore e virò con velocità per spostarsi di fianco. Qualcosa da fuori esplose. E finalmente, sia sul radar e sia davanti ai loro occhi qualcosa di simile ad un astronave esplose. Non ne riconobbe le insegne ma continuò a virare, sperando di beccare qualche altra astronave che gli stava attaccata sulle fiancate. Ma non fu certo la tattica migliore contro astronavi “invisibili”.
Mentre i macchinisti cercavano di sistemare i vari danni creati dalle spinte, dalle botte e forse dall’ arpionarsi di questi veicoli nemici, Harlock tentava disperatamente di allontanarsi dalla zona, di distruggere, con lo scontro, le astronavi a lui vicino. Sapeva che era andare a tentoni, a caso, senza un programma ne uno schema premeditato. Tante volte si era trovato ad improvvisare con i nemici, ma sempre conosceva chi gli veniva incontro con i suoi cannoni. Non era questo il caso.
“HARLOCK! CHE FACCIAMO?!”
E forse per la prima volta… non seppe rispondere il Capitano, e rimase con le labbra serrate a fissare il blu davanti a se, dietro i pesanti vetri della nave. Lo chiamavano, ma anche gli altri si ritrovarono davanti a un Capitano senza parole, senza un piano e ne rimasero sconvolti, stupiti.
Non riusciva a smettere di pensare alla donna addormentata, alle sue parole. Ci doveva essere un motivo se era arrivata fin lì, e ormai era sempre più convinto che quelle parole non fossero arrivate a caso.
“Yattaran! Al timone! Cerca di allontanarti e uscire dall’ area” disse deciso recuperando la parola ed allontanandosi proprio per uscire dalla sala. Rimasero tutti interdetti, stupiti, senza saper a cosa pensare.
Raggiunse veloce, tra una scossa e l’altra, il laboratorio, dove trovò il Dottor Zero aggrappato con terrore ad uno dei banchi.
“Capitano! Ma cosa sta accadendo. Se continua così rischia di spaccarsi la vasca!” disse indicandola.
L’ unica ad essere rimasta fuori dal mondo era proprio la straniera. Isolata, indifferente a tutto quello che stava accadendo. Surreale.
“E’ proprio quello che voglio. Tiratela fuori di lì” ordinò senza troppi giri di parole e con una notevole fretta e tensione nella sua voce.
“Ma Capitano..” lo guardò decisamente allibito il dottore.
“Ci vorrà almeno un’ ora o forse di più!”
“Non ho un’ora. Gli concedo dieci minuti per uscire di lì e riprendersi” lo lapidò senza troppa gentilezza.
Il dottore rimase senza parole.
“Capitano...correrà dei rischi se la tiriamo fuori tanto bruscamente. Potrebbe non riprendersi!”
Il Capitano, stufo di tanto parole, afferrò la pistola nella fodera della cintura e puntandola contro il vetro della vasca premette con insistenza il grilletto.
“Corriamo questo rischio allora”
E sparò contro la vasca. Il Dottor Zero non aveva parole, non sapeva cosa fare, come reagire e rimase con le parole inesistenti strozzate in gola a fissare ,con deciso stupore, Harlock che sparava ancora e ancora contro il vetro. Finalmente dopo qualche altro colpo, esso si incrinò e si spaccò definitivamente lasciando uscire tutto il liquido giallastro che invase il laboratorio senza ritegno. Harlock si avvicinò senza indugio alla donna, ora distesa a terra, e sempre addormentata, e presa in braccio, la lasciò distesa su un banco. Le tolse i respiratori e la prese per le spalle attendendo e sperando si riprendesse e piuttosto velocemente. Aveva detto ad Harlock che sarebbe stata lei il suo aiuto e che lo stesso pirata sarebbe andata a cercarla. Si stava avverando tutto in fondo, e lo aveva capito il capitano.
“Dannazione! Non ho tutto il tempo per te!” sibilò a denti stretti mentre cercava nel banco un presa per poter aggrapparsi. Portò le mani sulle sue spalle e la scosse in maniera più forte. Aveva bisogno che si riprendesse in quel momento...proprio in quel momento. Provò a portare una mano al suo viso per liberarlo dai capelli e aprirle gli occhi, ma lei fu più veloce di lui, e con un gesto improvvisamente repentino scansò la mano di Harlock e si voltò su un fianco tossendo insistentemente. Una mano alla gola e l’ altra stretta sul bordo del banco. Non respirava.
“..Non respiro!” disse in un lamento strozzato e soffocato dai colpi di tosse sempre più violenti.
Prontamente Harlock afferrò il suo casco e glielo porse. Gli fu strappato bruscamente dalle mani e la donna se lo infilò lasciando che tutte le lastre scorressero a coprire il viso mostrando nuovamente una superficie liscia.
Adesso le spalle si sollevavano vistosamente e il petto si allargava ad ogni respiro. Dopo qualche istante, quando il respiro e il battito si calmò, le lastre curve si ritirarono come avevano fatto ore prima tornando a scoprire le sue labbra carnose e socchiuse.
Un suo lamento sembrava parlare di un’ “aria viziata” ..sicuramente per il suoi standard.
“Non c’è tempo per lamentarsi. Vieni con me!” disse tirandola per un braccio per condurla fuori dal laboratorio. Il Dottor Zero era ancora lì, in piedi, sulla via dello svenimento davanti a quella scena.
“Voi siete impazziti! Cosa diavolo vuoi da me!” gli gridò contro la donna lasciandosi tirare fuori dal laboratorio.
“Dovresti dirmelo tu.” Le rispose secco il Capitano, ghiacciandola con il suo sguardo freddo e tagliente. Non rispose la donna e fu soltanto spinta nella stanza dello stesso Capitano. Per fortuna non c’era neanche Meeme. Harlock non voleva dar troppe spiegazioni. Voleva evitarlo...in tutti i modi per adesso.
Le scosse fecero tremare ancora l’ Arcadia e stavolta un mezzo sorriso si compose sulle labbra della donna.
“Ah...adesso è chiaro..” sibilò silenziosamente.
“Tu sai cosa sta succedendo?” chiese Harlock inchiodandola nuovamente con lo sguardo.
Scrollò le spalle.
“Perché dovrei saperlo?”
Harlock rimase in silenzio a guardarla, senza proferire parola, mentre il suo sguardo non indugiava sulla sia figura, che senza vergogna stava lì davanti a lui. Il suo occhio si posò sulla sua pelle chiara, pallida segnata da delle leggere cicatrici e adornata dei suoi bagnati capelli arancio. Indugiò sul suo petto. Strizzò l’ occhio e la guardò meglio, senza scandalizzarsi troppo del fatto che stesse fissando il suo seno.
“Ah bene..” quasi esclamò la donna notando il suo sguardo decisamente insistente, ma quando il pirata, avvicinandosi, posò le mani forti sulla stoffa che ancora le copriva il seno, per stracciarla in parte, allora sì che esclamò velenosa.
“Perspicace! Non mi chiedi neanche un appuntamento prima?”
Ma l’ intenzione di Harlock non era certo quella di godere delle sue grazie femminili. Non si era sbagliato: c’era scritto qualcosa poco sopra il suo seno.
“R.E.E.L …” sussurrò distrattamente leggendo la sigla tatuata sulla sua pelle.
“Si pronuncia “Riil” rispose allontanandosi e portando le mani sul seno, decisamente poco coperto. Il suo sorrisetto tirato non lasciò mai il suo volto. Il pirata non rispose neanche stavolta e togliendosi il mantello glielo porse per potersi coprire: era pur sempre un gentiluomo.
La donna ci si avvolse seguendo lo sguardo del pirata fuori dalla grande vetrata affacciata sul blu. Le scosse non terminavano.
Erano arrivati fin lì e sicuramente avevano seguito lei. Ancora si ostinavano a farlo, eppure le era sembrato di essere stata abbastanza chiara con loro.
“Stanno sotto la nave e sui fianchi. Sono schermati.” Disse rompendo quel silenzio freddo e gelido che si era creato nella stanza.
“Sparatevi addosso. Avrete poche probabilità di colpire la nave” concluse voltandosi nuovamente a osservare il blu.
Doveva fidarsi? Sì…doveva fidarsi , sentiva di doverlo fare ed era l’ unica scelta che aveva.
Il pirata uscì velocemente dalla stanza per dirigersi nella sala comando, lasciando sola la donna, o meglio Reel, a fissare l’ abisso blu. Il suo sorriso si curvò in una smorfia decisamente più seria, infastidita e la mano libera, quella che non reggeva il mantello, si posò sul grande perno che permetteva lo scorrimento delle lastre del suo casco, posto più o meno all’ altezza dell’ orecchio destro. Le dita lunghe e affusolate staccarono con forza uno degli innumerevoli cerchi metallici. Ne staccò uno...uno preciso...uno che non doveva più stare lì.
Lo gettò a terra e lo schiacciò con il piede, con notevole forza.
Uscì dunque dalla stanza con una smorfia soddisfatta. 
  
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