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Autore: Alissya_Paglieri    08/12/2013    0 recensioni
“Dai Ajay, prendimi!” urlò una bambina mentre scappava dal suo fratellone.
“Forza Avani, è inutile che scappi, tanto sai che ti prendo sempre, dobbiamo andare a casa, è tardi!”
Ora Avani è cresciuta, non è più una bimba, ora è una donna e sta per sposarsi.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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"I'll always take care of you"










«Subaha acchā (buongiorno) Mām̐ (mamma), ehi piccolina, come va?» chiese la ragazza entrando in cucina.
«Subaha acchā anche a te Avani.» Disse la mamma stampando un bacio in fronte alla figlia.
«Ciao bahana (sorellona)! E smettila di chiamarmi piccolina. Ormai ho sedici anni!»
«Già… Ma ne hai comunque cinque in meno rispetto a me. Quindi sei piccolina!»
«Sei insopportabile.»
«Grazie cara.»
«Mamma, io vado, Akash mi sta aspettando al bar.»
«D’accordo Avani. Ricordati che oggi pomeriggio io e Shaila andiamo da Chhaya, quindi torneremo dopo cena.»
«Meglio, così faccio venire qui Akash a mangiare e ci guardiamo un film in pace. Con tutta l’agitazione per il matrimonio sono settimane che non riusciamo a stare un po’ tranquilli solo noi due.»
«Va bene, ma fai attenzione.»
«Mamma! Ho ventuno anni, non sono una bambina. Oltre al fatto che sto insieme ad Akash da cinque anni. Pensi che non abbiamo fatto niente nel frattempo?!»
«Avani!»
«Che c’è? È la verità!»
«Lo so, ma non dire queste cose davanti a Shaila.»
«Non ho detto niente di strano, comunque ora vado che se no arrivo tardi e sai che lui non lo sopporta.»
«Ok, ci vediamo stasera mērī bēṭī (figlia mia).»
«Sì, acchā dina (buona giornata) a tutte e due.»
Mentre Avani camminava per andare al bar, si mise a ripensare a come aveva incontrato Akash sei anni prima.
 
 
*FLASHBACK*
«Scusi signorina Pitsbury, ho perso l’autobus.» Disse Avani entrando di corsa nell’aula di biologia.
«Non si preoccupi signorina Iyer.» Disse subito prima di riprendere la lezione.
Al suono della campanella la professoressa richiamò la ragazza alla cattedra.
«Mi scuso ancora per il ritardo.»
«Non ci sono problemi, sei sempre puntuale, precisa con le consegne e sei una delle studentesse con la media più alta. Ti ho chiamata per un altro motivo…»
«Mi dica, l’ascolto.»
«Domani arriverà un nuovo studente, è un ragazzo di origini indiane, ma è nato e cresciuto in Inghilterra, vorremmo che tu gli facessi da tutor.»
«Ma ha appena detto che è nato e cresciuto in Inghilterra, non vedo di che aiuto potrebbe aver bisogno.»
«Assolutamente nessuno dal punto di vista didattico, ci siamo informati presso la scuola che frequentava il semestre scorso, è un ottimo alunno, vorremmo solo accostargli qualcuno per questo primo periodo in una nuova scuola e in una nuova città e ci sei sembrata la candidata ideale, sia perché sei una ragazzina molto studiosa, sia perché avete la stessa cultura, e pensiamo che questo potrebbe agevolare la conoscenza.»
«Certo, per me non ci sono problemi.»
«Perfetto. Domani ti chiedo allora di arrivare una decina di minuti prima.»
«D’accordo, a domani signorina Pitsbury.»
«A domani Avani.»
 
«Oh buongiorno Avani, lui è Akash.»
«Akash?»
«Avani?»
Chiesero i due simultaneamente.
«Vi conoscete già?»
«No signorina Pitsbury, ma in Hindi Avani significa terra e Akash cielo
«Ahah sembra una barzelletta.»
«Non capisco ragazzi.»
«Per noi i nomi non hanno lo stesso significato che hanno qui per voi in Inghilterra, il nome non è solo un mezzo per chiamare l’altro, è una descrizione, una destinazione, per noi sono molto importanti.» Le spiegò Akash.
«E noi ci chiamiamo terra e cielo, dove finisco io inizia lui. Capisce ora?» concluse Avani.
«Beh sì, ammetto che è un po’ strano… Si vede che era destino.»
 
 
*TODAY*
Si vede che era destino, già. Doveva essere proprio così. Loro ci credevano, in fondo nella loro cultura tutto è collegato al fato o al destino, le cose non succedono per caso. Mai.
«Subaha acchā pyāra (buongiorno amore).»
«Subaha acchā anche a te Avani.»
«Come stai?» chiese la ragazza lasciandogli un dolce bacio all’angolo della bocca.
«Io bene, tu?»
«Un po’ stressata per il matrimonio, ma oggi abbiamo l’intera giornata per noi. Mamma e Shaila non ci sono, vanno a trovare Chhaya, quindi abbiamo la casa libera fino alle 22.00 circa.»
«Meno male! È un sacco di tempo che non riusciamo a stare più da soli Mērē chōṭē sē ēka (piccola mia).»
«Lo so Akash.»
«Forza Avani, ancora un mese e poi potremo finalmente stare tranquilli nella nostra casa.»
«Sei già andato a firmare?»
«Sì, anzi, ti ho portato il foglio, così sarà ufficialmente nostra, per l’arredamento…»
«Ci pensa mia mamma, penso sia da quando ci siamo messi insieme che progetti come arredare casa nostra. Dopo 11 anni passati ad arredare case degli altri ora può dedicarsi alla nostra.»
«Immagino. Allora uno di questi giorni passo a prendere tua mamma.»
«Va bene. Firmato.»
«Perfetto.» Disse mettendo via il foglio.
«Ora possiamo dedicarci solo a noi e lasciare tutti gli altri fuori? Una giornata solo per il nostro amore, senza matrimoni di mezzo o altre persone. Io e te.»
«Certo pyāra (amore), andiamo!»
 
 
Passarono tutta la mattina in un parco a scambiarsi tenere effusioni, a rincorrersi come se avessero ancora otto anni, a farsi scherzi, foto, a chiacchierare.
«Io ho un po’ di fame, tu?»
«Anche io, vieni, andiamo da Roshini a mangiare.»
«Siiiii. Grazie amore, ti amooo!»
«Lo so, anche io.» Rispose ridendo il ragazzo contento che per fare felice la sua fidanzata bastasse così poco.
Si presero per mano e cominciarono a correre per le via della città fino a raggiungere il ristorante dell’anziana signora.
«Namaskāra (buon pomeriggio) Roshini.»
«Namaskāra Mērē laṛakē (buon pomeriggio ragazzi miei). Mangiate qui?»
«Sì, ci sediamo al solito posto?»
«Sisi, andate pure, posso fare io?»
«Kucha (certo) Roshini, grazie.»
«Sai amore, stamattina venendo da te mi è tornato in mente il nostro incontro, te lo ricordi?»
«Assolutamente!» Disse sorridendo Akash «E ricordo anche la sua faccia mentre tentavamo di spiegarle che per noi i nomi non hanno un significato relativo»
«Ahahah già, per non parlare del tuo primo giorno a scuola da noi!»
«Non la smetterai mai di sfottere, eh?»
«Assolutamente no, morivo dalle risate, eri stralunato, e meno male che in Inghilterra ci sei nato e cresciuto!»
«Non è colpa mia se qui a Londra siete così strani!»
«Oh, mi scusi se il signorino arriva da Abu Dhabi!»
«Smettila! Ahahah solo che io arrivavo da una cittadina e entrare in una scuola in cui bisogna mettersi la divisa, in cui le ragazze sono mezze rifatte e le cheerleaders se ne vanno in giro con gonnelline inguinali non era il massimo per uno come me!»
«Eh certo, figurati se il signorino precisino qui non si scandalizzava a vedere qualche sedere di fuori» Rispose ironica Avani.
«In realtà ero estremamente invidioso dei giocatori di football tutti pomposi e palestrati che giravano per i corridoi perché non toglievi loro gli occhi di dosso!»
«Ahahah ma non dire stronzate»
«Sempre molto fine»
«Ovviamente, quello sempre!»
«Eh come evitare l’immancabile linguaccia?!»
«Non fare il santarellino Akash che sappiamo entrambi che non lo sei!»
«Aspetta che arriviamo a casa peste!»
«Quasi quasi ci andrei subito»
«Per me non ci sono problemi»
«No, scherzavo, non esco di qui senza aver prima mangiato qualcosa cucinato dalla mia amata Roshini»
«Ah, è così? Bene, sposati con lei allora!»
«Permalosetto lui! Lo sai che amo solo te, ma in fatto di cibo non si scherza, Roshini tutta la vita»
«Sono felice di sentirtelo dire Avani, piatto misto, riso e pollo al curry, il tuo preferito»
«Ok, ci sto ripensando seriamente, Roshini vuoi sposarmi?»
«Ehi!»
«Non ascoltarlo Ro»
«Ne sarei davvero onorata, ma scordati che io cucini anche a casa»
«Mi dispiace Roshini, ma se la metti così la nostra relazione non può funzionare»
«Non avevo dubbi! Vi lascio pranzare, buon appetito ragazzi»
«Grazie Roshini» Dissero in coro i due fidanzatini prima che la donna si allontanasse e tornasse in cucina.
«Bŏna ēpētīta (Buon appetito) Akash»
«Anche a te tesoro»
Continuarono a parlare e a scherzare per tutta la durata del pranzo, poi si diressero alla cassa, pagarono e prendendosi per mano uscirono dal ristorante immergendosi nelle trafficate vie di Londra.
 
 
«Akash, lo vuoi del the?»
«Hām̐, dhan'yavāda (Sì, grazie
«Vaniglia?»
«Uhm uhm»
«Ok, torno subito»
Avani si diresse in cucina e mise dell’acqua nel bollitore poi si lasciò cadere su una sedia in cucina e mise la testa tra le mani mentre una fitta di dolore le colpì la testa.
Akash corse in cucina dopo aver sentito un tonfo.
«Avani!» Urlò poi vedendo la ragazza stesa a terra «Avani, Avani amore, mi senti?»
La ragazza però non si mosse e Akash la portò in camera sua, la stese sul letto, andò in bagno e bagnò un panno, tornando poi in camera e posandolo sulla fronte dell’amata. Le palpebre di quest’ultima vibrarono appena e dopo qualche secondo si riprese.
«Avani, stai meglio?» Chiese il fidanzato preoccupato ma tirando un sospiro di sollievo.
«Sì, grazie. Tranquillo, sto bene.»
«Non dire puttanate Avani! Non mi avevi detto che ti era tornato il mal di testa»
«Non è niente di che»
«Non dirmi che non è niente di che! Sento un tonfo, entro in cucina e trovo la mia fidanzata stesa sul pavimento, non è niente di che!»
«Adesso calmati Akash!»
«Smettila! Da quanto stai di nuovo così?»
«Un paio di mesi» rispose lei abbassando leggermente la testa colpevole.
«Un paio di mesi?!»
«Scusa Akash, io non volevo farti preoccupare»
«Zitta Avani! Ci sposiamo tra un mese, sei pregata di dirmi se stai male! In salute e in malattia, non quando va a te, chiaro?» Lei annuì. «Scusa, non volevo alzare la voce, ti serve qualcosa?»
«Sì, mi baci?»
«Quando vuoi, non devi nemmeno chiedermelo piccola»
Stettero sdraiati sul letto a parlare per il resto del pomeriggio. La loro relazione era sempre stata facile come respirare, non si arrabbiavano mai veramente, erano talmente due anime pure che perdere completamente il controllo l’uno con l’altra risultava loro impossibile. Verso le 7 di sera Avani si alzò dal letto lentamente, sapendo che altrimenti avrebbe rischiato di perdere l’equilibrio e Akash si sarebbe preoccupato ancora di più.
«Dove vai?»
«A preparare da mangiare»
«Lascia, faccio io»
«Non ce n’è bisogno Akash, Maiṁ ṭhīka hūm̐ (Sto bene) …»
«No, non stai bene! Avani, stiamo insieme da cinque anni, pensi che io non sappia riconoscere se stai o non stai bene? Ti gira la testa, vero?» Lei annuì per l’ennesima volta quel giorno e lui la guardò intenerito «Avani, tranquilla, Maiṁ vahām̐ gayā hai (Io ci sono) e ti proteggerò, ok?»
«Sì, però non voglio che ti preoccupi troppo»
«È inutile anche solo che ci pensi che io non mi preoccupi, sei la mia terra Avani, dove finisci tu inizio io, fino a che non guardi l’orizzonte e terra e cielo si uniscono, all’infinito, ricordi?» Fece nuovamente un cenno di assenso con la testa «Quindi non puoi neanche minimamente pensare che io non mi preoccupi, io non avrei senso senza di te. Ora appoggiati a me e andiamo a cucinare. Ah, e non voglio sentire storie, domani si va in ospedale!»
«Ma…»
«Niente ma, non voglio sentire storie ho detto»
«Sahamata ḍaiḍī (D’accordo papino)» Rispose lei strafottente.
«Non sono tuo padre grazie a Ganesha (Dio indiano), Avani»
«Lo so» Disse tristemente la ragazza.
«Scusa, non è quello che intendevo»
«Lo so»
«Senti Avani, so che con il matrimonio alle porte vorresti che tuo padre e tuo fratello fossero qui, ma ormai sono passati undici anni, dovresti fartene una ragione»
«Tu ci riusciresti Akash? Perché la cosa peggiore è che io non so nemmeno se loro siano vivi o morti! Io non lo so! E ogni tanto preferirei che fossero morti!» Akash la guardò ad occhi sbarrati «So che è orrendo da dire, ma per me è così! Almeno saprei dove sono, avrei una tomba su cui piangerli e starei in pace con me stessa perché saprei che sono felici, probabilmente reincarnati in un’altra vita, invece io non so. Potrebbero essere vivi ma io non lo so. È terribile non sapere Akash!»
«Lo so Mērā pyāra (Amore mio
«No Akash, tu non lo sai. Tu non sai cosa significa vivere con la speranza che loro siano ancora vivi in questa vita. Non sai cosa significa svegliarsi la mattina e sperare che da quella maledettissima porta entri Ajay con il suo sorriso magnifico a dirmi Suprabhāta rājakumārī (Buongiorno principessa) come solo lui sapeva. Tu non sai come sto e io ogni mattina dopo aver pregato Ganesha di proteggere mio padre e mio fratello lo ringrazio perché tu questo dolore non lo hai mai provato e lo supplico affinchè tu non lo possa mai provare»
«Hai ragione, io non so come tu ti senta, ma so come mi sento io quando ti vedo così distrutta; so cosa provo io ogni volta che ti devo sollevare dal pavimento, portarti in camera e posarti un panno bagnato sulla fronte; so cosa provo io quando rifiuti di farti visitare; so cosa provo io ogni volta che litighiamo; ma soprattutto so cosa provo io ad amarti, e questo supera di gran lunga tutto il resto, lo oscura.»
«Scusa»
«Non devi scusarti, sei un’umana e può capitare a tutti un momento di debolezza, soprattutto con tutta questa pressione addosso. Anzi, sai che facciamo? Domani andiamo in ospedale e sentiamo cosa ci dicono i medici, poi prenotiamo una settimana in India, solo noi due, ok?»
«D-davvero?»
«Sì, tu hai bisogno di staccare da Londra. Andremo nel tuo paese di origine e cercheremo Ajay»
«Faresti tutto questo per me?»
«È solo il minimo che potrei fare per farti stare meglio»
«Grazie Akash, grazie!» Rispose Avani saltandogli addosso e stringendolo in una morsa quasi dolorosa, ma Akash non se ne sarebbe mai lamentato, amava vederla felice e se questo era ciò di cui Avani necessitava lui l’avrebbe aiutata a ritrovare il fratello e con un po’ di fortuna anche il padre.
  
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