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Autore: O n i c e    09/12/2013    5 recensioni
Regnava l’oscurità, ma non per lui. Regnava il silenzio, ma non per lei. Gli occhi e le orecchie della Setta erano lì, insieme.
«Non finirà oggi. Non per gli Assassini.» disse Altair con voce profonda.
«Ma per noi sì, vero?» si stupì nel sentire nuovamente la sua stessa voce.
«Conosci già la risposta». Le sollevò il cappuccio sorridendo mestamente.
La Mela. Essa li avrebbe distrutti, se già non l’aveva fatto.
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf , Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XIV
Perdono






 
 
Fu solo quando il messaggero dell’esercito templare ebbe lasciato la fortezza parecchio tempo dopo il tramonto, che Jawad convocò i migliori assassini presenti a Masyaf nel suo studio.
«Maestro, che vi è stato detto?» iniziò Rayhan non appena Altair gli si fu affiancato.
Il vecchio si alzò dallo scranno e aggirò la scrivania incrociando le braccia e osservando con accuratezza i sette maestri assassini che gli stavano di fronte, scrutando le loro espressioni.
 «È una situazione delicata, Monferrato chiede la Mela…» iniziò.
«Non avrete intenzione di dargliela!» lo interruppe uno dei sette avanzando di un passo.
Jawad gli scoccò uno sguardo severo e riprese «e propone uno scambio.»
Ad Alec scappò un grugnito, immaginando di che scambio si potesse trattare, e ad Altair non sfuggì. Strinse i pugni e contrasse la mascella, cercando di trattenersi dal mollargli un cazzotto in faccia.
«Di che scambio si tratta?» domandò un altro.
Gli occhi del Maestro saettarono su Altair mentre con due dita si accarezzava la lunga barba argentata. «La sua allieva per il Frutto.» disse indicando con un gesto della mano il miglior assassino della Setta. Lo stupore si dipinse sul volto dei presenti.
Altair digrignò i denti. Gliel’avrebbe fatta pagare a quel bastardo, qualsiasi cosa le avesse fatto.
Il risolino ironico di Alec incrinò maggiormente il suo autocontrollo. «Che se la tengano pure, quella sfera vale mille volte di più.»
Quello era davvero troppo. Stava per saltargli addosso e staccargli quella dannata lingua che si ritrovava, ma rimase spiazzato quando fu qualcun altro a replicare.
«Non osare Alec!» ruggì Malik, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a osservare fuori alla grande vetrata dello studio, immerso nelle sue riflessioni.
«Non prendo ordini da te,» ringhiò il biondo, «mezzo assassino!» aggiunse maligno.
«Ora basta!» tuonò il Maestro. «Non accetto simili comportamenti in mia presenza! È chiaro?»
Alec chinò la testa, in segno di rispetto, ma quel ghigno velenoso non accennava ad andarsene dal suo volto angelico.
«E, Alec, io non sacrifico nessuno dei miei assassini.» precisò Jawad.
«Ma lei non è…» protestò, ma la mano alzata del Maestro lo interruppe.
«Lei lo è come tutti gli voi.» disse ponendo fine alla questione. Nessuno dei presenti osò ribattere. «Ad ogni modo, all’alba Corrado del Monferrato vorrà una risposta.»
Rayhan si fece avanti. «Cos’avete deciso di fare, Maestro?» domandò.
Gli occhi del vecchio si posarono sull’interlocutore. «In verità non ho ancora preso una decisione, sto valutando le varie possibilità. Ma mi stupisco, Altair ancora non hai aperto bocca, è la tua allieva dopotutto, tu cosa faresti?»
L’Assassino, tirato in causa, sollevò lo sguardo che fino a quel momento era rimasto fisso a terra. «La mia parola vale ben poca cosa in confronto alla vostra, Maestro. Certo, ho pensato di penetrare nell’accampamento con il buio e riprendere la ragazza…»
E uccidere Monferrato.  
«E come la troveresti? Non puoi sapere dove si trova con esattezza, accampamento è enorme!» lo interruppe un altro dei maestri assassini.
Altair ghignò. Ho i miei metodi… «Non sarà difficile come sostieni.» replicò.
Jawad riprese la parola, «e cos’è che non ti convince in questo, Altair?» domandò incuriosito.
L’assassino si voltò verso il Maestro. «Non è me che non convince, se fosse per me non esiterei oltre, ma è la vostra parola quella che attendo.» disse chinando il capo.
«E dici bene Altair. Il tuo piano non funzionerebbe, o meglio, potrebbe anche, ma una volta tornati indietro Corrado del Monferrato non esiterà ad attaccare un’altra volta. Ha a disposizione parecchi uomini, molti più di noi, ed è preparato a un’eventualità del genere. Potresti ucciderlo, certo, ma i generali al suo servizio sono sicuramente a conoscenza dei suoi piani, e non credo avrebbero problemi a sacrificare i loro uomini per prendersi ciò che vogliono.»
Altair assottigliò gli occhi. «Cosa contate di fare allora?» domandò secco, mentre l’ansia non accennava ad abbandonarlo. «Non avrete intenzione…»
«Taci!» lo ammonì. «Ho già detto che non abbandonerò nessuno dei miei Assassini. Prima dell’alba porterai la Mela all’accampamento e Monferrato manterrà la sua parola…»
«Come fate a esserne sicuro? Quell’uomo è un Templare!»
Jawad contrasse la mascella. «Non lo sono, infatti, ma conto su di te.»
«Non sarebbe più saggio lasciare la Mela a…» tentò, ma il Maestro non lo lasciò continuare.
«No, ci ha dato disposizioni precise: un solo uomo, nessun altro o la ragazza è morta.» disse con freddezza.
Altair strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne.
Morta. No, non l’avrebbe mai permesso. «Come ordinate Maestro.»
 
 
Le prime luci dell’alba stavano iniziando a rischiarare il cielo ancora coperto di nubi quando Altair raggiunse i margini dell’accampamento Templare. Smontò da cavallo e attese.
Non passò molto che vide venire verso di sé un uomo ben armato, sicuramente un capitano, scortato da alcuni soldati. «Alla fine quel vecchio pazzo ha accettato.» iniziò l’uomo con una smorfia ironica sul volto. «Avanti.» aggiunse poi con un cenno e i soldati accerchiarono l’assassino puntandogli contro le lance.
Altair si lasciò scappare un ghigno mentre il capitano gli faceva segno di seguirlo.
Stolti…
Avanzarono tra due ali di soldati che indicavano e si scambiavano battute in una lingua che l’assassino non capiva, certo però che facessero riferimento a lui.
Raggiunsero in poco tempo il centro dell’accampamento dove era posizionata una tenda militare, alla vista più imponente e lussuosa delle altre. Altair strinse i pugni, teso, mentre dentro di sé fremeva per vedere in faccia quel maledetto templare.
Se solo si fosse azzardato a farle qualcosa.
Doveva mantenere la calma o sarebbe saltato tutto e si sarebbe fatto uccidere come un idiota.
«Generale.» chiamò il capitano posizionandosi di fronte all’entrata. «Abbiamo il Tesoro.» annunciò non appena Corrado del Monferrato fece la sua uscita trionfale dal suo alloggio privato.
L’uomo, dai folti capelli neri e la barba perfettamente curata, gettò una rapida occhiata all’Assassino, prima di sorridere compiaciuto. «Bene, bene. Vedo che non è così difficile ottenere ciò che voglio con questi infedeli.» osservò in latino, stringendo orgogliosamente l’elsa dello spadone a due mani che gli pendeva al fianco sinistro. «Forza, il Frutto.» ordinò tendendo l’altra mano con il palmo rivolto verso l’alto.
«La ragazza prima. Dov’è?» si oppose Altair, rispondendo nella medesima lingua, celando la tensione.
Corrado lo guardò stupito. «Oh, giusto! Me ne stavo dimenticando. Portatela fuori!» disse mentre un ghigno sadico gli deformava il volto.
Fa’ che non sia morta.
Altair fremette quando vide i tendaggi muoversi e due soldati uscire trascinando di peso Nadirah.
La lama celata scattò a vuoto, mentre gli occhi dell’Assassino non si staccavano da lei. Aveva il viso sporco di sangue che le colava dal sopracciglio spaccato, le vesti lacere e strappate e i polsi legati dietro la schiena. Il suo petto di alzava e abbassava con irregolarità: dovevano averle rotto qualche costola. Pregò che si fossero fermati solo a quello.
Nadirah, in ginocchio, teneva lo sguardo fisso a terra. Solo quando Monferrato l’afferrò per i capelli reclinò il capo all’indietro e i loro occhi si poterono incrociare.
«Soddisfatto assassino?»
Ma Altair non lo aveva neanche ascoltato, troppo concentrato sulle labbra di Nadirah che sussurravano “mi dispiace”, mentre una lacrima precipitava dalle sue ciglia. L’assassino avrebbe voluto precipitarsi da lei, ma era come bloccato, incatenato ai suoi occhi che chiedevano perdono.
Corrado estrasse la spada e la poggiò alla gola della ragazza. «Ora dammi la Mela.» ordinò.
Altair si riscosse e portò la mano alla sacchetta legata alla spessa cinta di cuoio. «Voglio lei prima.» replicò e Corrado rise.
«Non credo tu sia nelle condizioni di dare ordini, assassino.»
«Sono solo contro un esercito. Non credo di volerti fregare: dammi lei e avrai la Mela.» insisté, sganciando la sacca.
«Come vuoi assassino.» ghignò il templare e tagliò le corde che tenevano legata la ragazza.
Nadirah crollò in avanti, facendo peso sui polsi piagati e rialzandosi barcollando. «Avanti, vattene prima che cambi idea, nipote.» sottolineò bene l’ultima parola Corrado, e Altair sgranò gli occhi. «Ora la Mela.» ringhiò.
L’assassino attese che Nadirah fosse a pochi passi da lui e lanciò la sacca con il Frutto ai piedi di Corrado, prima di afferrare la ragazza tra le braccia e arretrare velocemente trascinandosela dietro. Nell’istante in cui la strinse a sé percepì la tensione abbandonarlo mentre il corpo della ragazza veniva scosso dai singhiozzi. «È tutto finito ora.» le sussurrò all’orecchio mentre notava il Templare rigirarsi soddisfatto il bottino tra le mani e di ritirarsi nella sua tenda dopo aver urlato un “lasciateli andare” che gli garantiva il via libera.
Si allontanarono dall’accampamento e furono affiancati da Rayhan e altri quattro assassini che non li avevano mai persi di vista, penetrati silenziosamente tra le schiere nemiche e pronti a intervenire.
«È tutto a posto ragazzi.» li rassicurò Altair. «Andate avanti, vi raggiungiamo.» disse prima di richiamare con un fischio la sua cavalcatura.
«Come vuoi Altair.» acconsentì Rayhan facendo cenno agli altri.
Altair annuì scambiandosi uno sguardo con il ragazzo e poi si voltò verso la giovane assassina.
«Nadirah.» la chiamò, ma la ragazza non accennava ad alzare lo sguardo, seduta a terra con le braccia strette attorno al corpo. «Nadirah guardami, ti prego.» la supplicò piegandosi alla sua altezza e sollevandole con dolcezza il mento, affinché lo guardasse.
Poteva sentire i respiri brevi di lei infrangersi sul volto, tanto erano vicini. Ma erano in suoi occhi quelli che lo spaventarono: vuoti e freddi, senza quella luce che vi aveva sempre visto.
«Perdonami Altair.» fu un soffio quello che uscì dalle sue labbra.
Perdonami se mi sono cacciata in questo guaio…
Perdonami perché hai perso la Mela…
Perdonami se non ti ho mai detto tutta la verità…
Fu questo che Altair comprese di quel perdonami quasi impercettibile, e gli fece male. Più di quanto si aspettasse. Non era lei a dover chiedere scusa, era lui a sentirsi tremendamente in colpa. Lui avrebbe voluto scusarsi, solo non sapeva come… e la loro vicinanza non aiutava di certo. Il suo sguardo indugiò sulle labbra secche di lei e la voglia di assaggiarle si fece largo dentro di lui.
Scosse la testa, cercando di scacciare quel pensiero. Si alzò e afferrò dalla sella del suo stallone una borraccia d’acqua e gliela porse. «Tieni, bevi.»
Nadirah l’afferrò incerta e ne trasse un lungo sorso.
Aspettò che ebbe finito e le tese la mano. «Vieni, torniamo alla fortezza.»
«Aspetta». L’ennesimo sussurro. «Prima devi sapere.»
L’Assassino scosse la testa. «Ci sarà tempo, ora hai bisogno di…» ma la frase gli morì in gola, scosso dal pensiero di sapere cosa avesse subito.
«No, voglio che tu sappia la verità su di me, su chi sono.» insisté debolmente, quasi non avesse la forza e Altair si limitò ad annuire e inginocchiarsi di fronte a lei, in attesa.
«Corrado ha detto la verità prima, sono realmente sua nipote, figlia di Guglielmo del Monferrato, conosciuto come Spadalunga…»
«Il re di Gerusalemme?» la interruppe Altair, stupefatto, e la ragazza annuì. «Tu saresti la sua erede?» domandò ancora.
Nadirah accennò un sorriso mesto. «No, no. Io sono sua figlia bastarda, mia madre era una puttana ed è morta dandomi alla luce vent’anni fa. Così mio padre mi prese con sé e crebbi alla corte dei Monferrato, in Italia, e lo seguii in Terrasanta perché doveva sposare Sibilla. Quella donna mi ha sempre odiato, mi tenne con sé solo perché l’aveva giurato a mio padre in punto di morte».
Un singhiozzo interruppe il suo racconto.
«Perché mi stai raccontando tutto questo?» le chiese Altair, e solo quando vide le lacrime sgorgare dai suoi occhi si rese conto di quanto fosse stata stupida la sua domanda.
«Avevo sette anni, e da lì Sibilla non ha esitato a farmi presente quanto io fossi sbagliata, indegna… Ho pregato tante volta affinché pagasse per tutto il male che mi aveva fatto, ma quando ne ebbi l’occasione non…» Nadirah tacque un attimo, mentre Altair le raccolse una lacrima prima che cadesse nel vuoto. «Era la notte in cui Gerusalemme cadde, fu l’unica volta che mi si inginocchiò di fronte e mi supplicò, fui quasi felice di vederla in quello stato, sai?… mi chiese di uccidere suo figlio perché i saraceni non lo catturassero e io… io feci ciò che mi chiese… Era mi fratello, Altair, mio fratello!» confessò scoppiando in lacrime mentre le braccia dell’Assassino circondavano il suo corpo esile. Fu un gesto istintivo, di cui Altair non si pentì, e Nadirah si aggrappò a lui come fosse il suo solo porto sicuro. La strinse a sé, scosso dal suo sfogo, e si chiese come avesse fatto a tenersi dentro un peso simile per tutto quel tempo.
«Non lasciarmi, Altair, non ora…». Il sussurro flebile della ragazza giunse alle sue orecchie e Altair si concesse di lasciarle un tenero bacio sulla fronte.
«Sta’ tranquilla, sei al sicuro.»








 

Note autrice:
Buonasera miei cari lettori, vi chiedo immensamente scusa per il ritardo (sono passate ben due settimane, me ne rendo conto), ma sono stata sommersa dallo studio. Chiedo venia.
Ebbene eccoci qui con le ultime rivelazioni sul passato della nostra cara Nadirah, dovrebbero essere le ultime, a meno che la mia mente non partorisca qualcos'altro, ma in linea di massima non dovrebbero essercene più. Sconvolti? Be' spero di sì. Ahaha
Questo capitolo mi ha dato tra l'altro un bel da fare, non pensavo mi venisse così difficile scriverlo, soprattutto perché fosse coerente e avesse senso. Spero di esserci riuscita.
Ringrazio come sempre tutti coloro che seguono, preferiscono ecc, e soprattutto chi recensisce! Vi adoro.
Lo so, sto smielando perché devo farmi perdonare ;) 
Alla prossima (spero di non farmi attendere troppo)

Salute e pace
O n i c e
  
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