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Autore: monroeschanel    09/12/2013    0 recensioni
Santo Dio, quando la odio. Quanto lo odio. Quanto mi odio. Non sono mai abbastanza per nessuno. Per loro. Per lui. Per me.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Dannazione.. finiscila di trattarmi come una cretina! ».
« E’ quello che sei, non posso fare diversamente ».
« Oh, tu credi? Sai cosa ti dico? ».
« Cosa? Sentiamo! ».
« Io me ne vado, e sia chiaro: non voglio assolutamente che tu mi parli o mi cerchi un’altra volta ».
« Non lo farò ».
« Bene ».
« Bene ».

E con le lacrime agli occhi lasciai l’abitazione del mio fidanzato, quella casa che per mesi era stata la nostra dimora, il nostro angolo segreto dove poterci rifugiare assieme per vivere il nostro sogno da teenager.

Ma dovevo aprire gli occhi: lui aveva finto con me. Un ragazzo per bene non penso tradirebbe mai la sua dolce metà per una stronzetta da quattro soldi che vende il suo fottutissimo corpo nel bagno della scuola.

Santo Dio, quanto la odio. Quanto lo odio. Quanto mi odio. Non sono mai abbastanza per nessuno. Per loro. Per lui. Per me.
 

Raggiunsi il cortile della mia villetta a schiera, aprii la porta e la sbattei dietro di me.
Passai per la cucina, facendo finta di non notare nemmeno i miei genitori, cosa che di recente mi riusciva alquanto bene.
« Che hai? Saluta almeno! », mi ammonì mia madre. Cazzo, questa volta non aveva funzionato.
« Mamma, per favore », dissi non riuscendo neanche più ad aprire bocca, data la quantità copiosa delle mie lacrime.
« No, mi hai stancato adesso. Stai sempre chiusa nella tua cazzo di stanza, vivi isolata dal mondo con quelle merde di auricolari. Devi finirla: sei in una famiglia, quindi comportarti da ragazzina responsabile e non da… », irruppe mio padre.
« Basta, tesoro », lo bloccò mia mamma.
« No! Deve smettere di fare la depressa… Perché cavolo abbiamo messo al mondo una stupida… ».
Riuscii a fuggire da quell’inferno, infilandomi nel bagno e chiudendo la porta a chiave. Probabilmente non avevano notato neanche che me ne ero andata.
Presi il cellulare dalla tasca: non riuscivo nemmeno a premere i pulsanti tanto tremavo.
“Vediamoci al nostro posto. Ho bisogno di parlarti”, inviai al mio amico Jonathan.

Lasciai il cellulare sul bordo vasca e mi voltai verso lo specchio: perché deve sempre accadere tutto a me? Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo? 
Dio, perché sono ancora qui? Non posso più sopportare questo dolore.

Ma devo essere forte. Cadere li farebbe solo stare meglio. E non devono averla vinta: posso farcela, posso vincere. Devo vincere.

Mi risciacquai il viso, cercando di ripulire il dolore che avevo all’interno. Aprii l’armadietto e presi il mascara, applicandone una leggera quantità sulle mie ciglia.
Passai una mano nei miei capelli e afferrai il cellulare: Jonathan mi stava aspettando.
E non potevo permettermi di perdere anche lui. Non dopo tutto questo. Non adesso. No.

   
 
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