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Autore: Nunchan    09/12/2013    1 recensioni
La vita scolastica di quattro ragazzi cambierà totalmente grazie agli incontri che questi faranno.
Una longfic di coppia!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il giovane stava frugando nel proprio armadietto alla disperata ricerca del libro di storia, a rendere tutto più difficile c’era la pesante borsa che lo sbilanciava di un lato e gli occhiali, che proprio non volevano saperne di restare fermi sul naso.
Dopo una buona mezz’ora aveva trovato di tutto : un calzino, delle mentine, un libro risalente all’epoca delle elementari, ma del pesante librone nessuna traccia.
Con aria arresa richiuse l’armadietto, spiaccicandovi la schiena contro. Socchiuse gli occhi e tirò un enorme sospiro, quella giornata sarebbe stato un disastro.
Pochi secondi dopo, quando fu costretto a alzare le palpebre perché qualcuno gli aveva picchiettato su una spalla, si ricredette.
 – Grazie per avermelo prestato. Sembra strano a dirsi, ma anche io studio… di tanto in tanto, però lo faccio.-  Il ragazzo che gli si era posto di fronte allargò quello che sembrava un sorriso di cortesia, poi aggiunse.  – Che dici, lo riprendi o aspetti che faccia radici? -
Quello più vicino all’armadietto scosse un pochetto il viso per ritornare alla realtà. Con le gote rosse annuì e dopo aver sussurrato qualcosa simile a dei ringraziamenti, scappò praticamente via.
Gli era capitato altre volte questo genere di reazione. Dopotutto stare così vicino a qualcuno che si era rovinato reputazione e amicizie solo per rendergli la vita scolastica migliore doveva per forza fargli quell’effetto. O forse quel tipo di considerazione era dettata dal fatto che non volesse ammettere altre spiegazioni.
Non che potesse pensare altrimenti data la bassa considerazione che aveva di sé : se lo aveva fatto di sicuro era per avere qualcosa in cambio. Qualche soluzione ad un compito, dei biglietti per il bus.. se ne era quasi convinto, peccato che il massimo che il ragazzo dai capelli scuri gli avesse chiesto fosse stato l’orario.
Ma forse ad attrarlo era proprio quel suo silenzio. Stranamente non erano mai andati oltre al saluto o a qualche frase che si limitasse al ‘ domani si entra alla seconda ora.’
Anche quando (sempre più raramente) veniva a liberarlo da qualche bulletto random non spiaccicava una parola. Aveva però paura di provare ad intraprendere una conversazione : se fosse risultato troppo invadente o avesse incrementato le voci su di lui? La cosa era parecchio contorta. Tentava di convincersi che provava solo semplice ammirazione, che il fatto di aver memorizzato tutti i tipi di bracciali in cuoio che possedeva e di aver notato come cambiasse lato dei suddetti a seconda dei giorni fosse semplicemente… ah no, a quello non aveva trovato ancora una spiegazione.
Assorto nei propri pensieri non si accorse di aver percorso troppo con le gambe lunghe e di aver oltrepassato la classe.  – Aish.-  Si fermò proprio in mezzo al corridoio e con fare meccanico si voltò, ritornando indietro alla ricerca dell’aula di storia.


Non era stata un’ora particolarmente faticosa, così come le altre cinque che si susseguirono. Una volta arrivata la pausa pranzo, però, il ragazzo aspettò che il caos dei corridoi sfumasse e una volta impugnata la propria tracolla, si diresse verso l’uscita di emergenza.
Aprì la porta e prese un enorme boccata d’aria.  Aveva smesso di mangiare in sala pranzo da un bel po’ di tempo. In realtà ci aveva provato solo durante la prima settimana di scuola, ma i gruppi che puntualmente si impossessavano dei tavoli gli facevano andare il pranzo di traverso.
Aveva preso l’abitudine di pranzare in un angolino riparato del campetto esterno. Era una zona tranquilla, di tanto in tanto udiva un po’ di musica messa da due coetanei che si esercitavano a ballare, ma la cosa non guastava.
La giornata era fredda seppur il sole splendesse alto. Come al solito si accomodò in un angolo del campo e alzò lo sguardo per osservare un gruppo di uccelli che, forse, stavano migrando.
Sospirò e chiuse gli occhi. Anche a lui sarebbe piaciuto migrare. Volare via, magari ritornare dalla sua famiglia e poter comunicare di essersi diplomato col massimo dei voti. Ma mancava davvero tanto.
Lasciò che una ventata gli scompigliasse i capelli sulla fronte.
Riaprendo gli occhi però si ritrovò faccia a faccia con l’ ‘’amico’’. Questa volta aveva il bracciale di cuoio sul polso sinistro.
Lanciò un urletto stridulo.
“ AAAAH! Ma cos--… ‘’  Quasi rotolò d’un fianco dato lo spavento.
‘’ Ciao anche a te.’’ Non si fece tanti complimenti e si calò per sedersi sull’erba. Subito prese a giocherellare con la chiusura del proprio bracciale.
<< E’ troppo vicino.. >> Le gote gli diventarono immediatamente rosse. Il suo profumo, lo sentiva così vicino.  Avrebbe tanto voluto carezzargli il viso, sembrava così liscio.
‘’ Vieni anche tu qui dopo pranzo? Mi piace stare sotto al sole. Ma soprattutto mi piace stare lontano da quelle scimmie sedute lì ai tavoli. “  Il ragazzo con gli occhiali annuì, mostrandogli poi un sorriso cortese.
“  Hai ragione. E poi qui c’è il sole che riscalda e l’aria è decisamente migliore. ‘’ Calò così lo sguardo. Non poteva credere al fatto che il solo parlargli gli facesse battere così forte il cuore.
D’improvviso l’ex bullo gli afferrò la mano. Per un secondo aveva temuto di aver perso da qualche parte il muscolo che pompava sangue nel proprio petto.
‘’ Vuoi vedere una cosa? ‘’ Di certo con quello sguardo e con quel tono di voce non poteva rifiutare.  Annuì timidamente e si lasciò trascinare, dimenticando la propria cartella sul prato.
Il suono della campanella che si allontanava sempre più da loro.



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Era l’intervallo, nell’ora di pranzo andavano tutti alla mensa, si riempivano il vassoio di varie pietanze e una bevanda. Nel suo caso, quella bevanda era sempre la stessa, prendeva sempre una coca cola. Un’abitudine, più che altro, neanche egli stesso ci faceva più caso ormai. Gli piaceva, sì, la preferiva all’acqua, ma lo faceva senza pensarci. Neanche i suoi amici avevano notato questa sua abitudine. Così anche quel giorno si sedettero tutti ad un tavolo vicino una finestra marchiato come loro. Iniziarono una conversazione che riguardava la scuola, gli alunni, i professori, la prossima partita della squadra… Le solite cose. E lui rimase sempre ai margini della conversazione, rispondendo solo se interpellato. Aveva preso del pollo fritto e la sua coca cola, che al momento stava sorseggiando tranquillamente, guardandosi intorno. Lo faceva spesso, trovava interessante ciò che succedeva intorno a lui. Gli piaceva osservare cosa facevano gli altri: le finte relazioni tra ragazzi, sia per quanto riguardava le amicizie sia l’amore, lui riusciva sempre a capirlo, i rapporti d’odio, gli sguardi d’intesa…
A volte si ritrovava ad osservare anche scene di prepotenza. Il solito gruppetto di bulletti che prende di mira un ragazzo. Le scuse erano le solite…
‘è uno sfigato.’
‘è brutto.’
‘è gay.’
‘Troppo alto.’
‘Troppo basso.’
Non importava quale era. Il loro obbiettivo era sentirsi superiori. A lui non interessava chi aveva la peggio. Lui rimaneva semplicemente ad osservare, da lontano. Un po’ come mandava avanti la sua vita. Senza intervenire personalmente, lasciava che gli eventi scorressero.
Giusto il giorno prima, aveva visto un ragazzo molto alto -lo stesso che in quel momento stava entrando nella mensa- venire malmenato da un gruppo di idioti. Non era la prima volta, era già successo in precedenza, ma qualcuno stavolta era intervenuto. Voleva vedere davvero come si sarebbe evoluta la storia.
Nel frattempo, il suo sguardo si era spostato su un tavolo al centro della mensa, quello più affollato di qualsiasi altro. Essendo quello più affollato, era anche quello più rumoroso.
Vide un gruppo di una decina di ragazzi che mangiavano, ridevano e parlavano tra di loro come se fossero tutti amici molto stretti. Ad un certo punto, altri due ragazzi si unirono a quel tavolo. Impossibile non notarli, dato che uno dei due aveva capelli rosso fuoco. Non era molto alto ma neanche basso, di corporatura molto magra, mentre il ragazzo accanto a lui era più basso, castano e aveva un ciuffo che quasi gli copriva gli occhi. Ma quello che più lo colpì fu il suo sorriso… era vero e sincero.
Un sorriso che lui non sapeva neanche da quanto lui tempo teneva nascosto.
Qualcuno del suo gruppo lo riportò alla realtà ponendogli una domanda e solo allora distolse lo sguardo, tornando a posare la sua attenzione sulla conversazione.
Una volta finito, diede l’ultima occhiata a quel tavolo. Ora tutti si erano alzati, stavano sparecchiando sapendo del suono imminente della campanella.
Ancora una volta guardò il ragazzo castano, che invece era rimasto seduto. Stava addentando la sua mela, ed era fermo, probabilmente ascoltando attentamente ciò che il ragazzo seduto di fronte a lui stava dicendo. Non poteva saperlo, dopotutto aveva di faccia il castano e l’altro gli dava le spalle. Quando quest’ultimo si alzò, i suoi occhi incrociarono per un secondo quelli del ragazzo bassino, quindi distolse subito lo sguardo e al suono della campanella, si alzò, insieme ai suoi compagni e buttò ciò che era rimasto nel suo vassoio. Poi tornò in classe, per riprendere le sue lezioni.
 
Dopo le lezioni, effettuò come sempre gli allenamenti con la squadra di basket nella palestra della scuola e quando finì anche quelli, si diresse in un piccolo campo dove erano presenti due canestri. Si esercitava sempre un po’ da solo lì, lo rilassava e si sfogava. Amava quel posto perché era silenzioso e non andava mai nessuno. Poteva rimanere finalmente da solo.
Dopo una mezz’oretta decise di andare via, prese la sua borsa e iniziò a percorrere la strada di casa, quando si accorse di aver dimenticato lì la sua asciugamano.
Perciò corse indietro per andare a recuperarla, ma quando arrivò al campetto, sentì una canzone ad un volume abbastanza alto e vide lo stesso ragazzo castano della mensa al centro mentre ballare una coreografia di quello che gli sembrava hip hop.
Rimase fermo, immobile a guardarlo. Sembrava davvero bravo, e riusciva a trasmettergli emozioni quando ballava. Oltre il suo sorriso, non pensava ci potesse essere qualche altra cosa che potesse colpirlo di lui. Eppure era già la seconda volta che rimaneva ammaliato da quel ragazzo nella stessa giornata. Quando la musica finì, il castano si accorse della presenza dietro di lui e si voltò a guardarlo.
Il più alto fece semplicemente un inchino, quasi di scusa, come se fosse colpa sua se si fosse interrotto e corse a prendere la sua asciugamano, posata sul muretto.
“Scusa, devi allenarti?” Chiese il castano, che nel frattempo aveva fermato la musica che proveniva dal suo smartphone.
“No, ho già fatto, avevo dimenticato l’asciugamano e sono venuto a riprenderla.” Disse l’altro, con voce fredda. Avrebbe voluto complimentarsi con lui in realtà, ma come al solito le parole gli morirono in gola. Era una sensazione strana, come se volesse davvero conoscerlo, non gli capitava da molto tempo.
“Ah… Vieni spesso qui? Non ti ho mai visto…” Dal canto suo, il ragazzo bassino cercava di istaurare una conversazione, lo aveva visto appena nell’ora di pranzo, ma era diventato subito curioso.
“Sì, quasi sempre.” Voleva scappare. Non gli piaceva l’evolversi della cosa, non era pronto ad aprirsi a qualcun altro. E in qualche modo aveva capito che quel ragazzo sarebbe riuscito nell’intento. Così infilò l’asciugamano nella borsa e salutò velocemente l’altro ragazzo. Si girò e corse di nuovo verso casa.
Sperava di non vederlo mai più. Sperava che quella fosse stata la prima e ultima conversazione con quello sconosciuto che sembrava l’opposto di lui.
Improvvisamente si trovò ridicolo. Capì di star mentendo a sé stesso.
Sperava di incontrarlo il più presto possibile. Il giorno dopo, tra qualche ora… Anche in quello stesso momento.


 
  
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