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Autore: Pandora86    10/12/2013    5 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
 
Capitolo 16.
 

Hanamichi osservò lo stupore sul volto di Sendoh e Rukawa capendo di averli presi in contropiede.

Tuttavia, non gioì di quello: non gli interessava sorprenderli sulla sua perspicacia in quel momento ma solo sapere cosa fosse successo.

Un’idea lui l’aveva; sperò, con tutto se stesso, che non fosse come aveva ipotizzato.

Vide però che nessuno dei due si decideva a parlare.

I casi erano due: o non sapevano come dirgli una cosa brutta, o erano talmente sorpresi dalla sua frase da non riuscire ad articolare il discorso.

Discorso, che Hanamichi capì quasi immediatamente, avrebbe dovuto introdurre Sendoh.

Aveva, infatti, il sospetto che Rukawa avesse solo accompagnato il numero sette in quella che considerava una follia.

Che la considerasse una follia poteva facilmente dedurlo dalle occhiate truci di Rukawa verso il numero sette.

Decise di spezzare quel silenzio; non avevano molto tempo a disposizione.

Se avesse aspettato che Sendoh cominciasse a parlare con i suoi tempi, allora si sarebbe fatta mattina senza concludere nulla.

“Vi vedo alquanto perplessi”.

“Beh…” disse Sendoh titubante decidendosi a parlare. “Non pensavamo tu sapessi” concluse con un sorriso.

“E, infatti, non so” lo contraddisse Hanamichi calcando le parole.

“Ma pensi che io sia davvero così idiota, porcospino?” domandò con sarcasmo.

“E così, sei tu!” disse ancora, osservando il numero sette con occhi scrutatori.

“Ma allora, come?” domandò nuovamente Sendoh.

Hanamichi sospirò pesantemente.

Rukawa notò che era alquanto infastidito.

“Va bene, perdiamo tempo a parlare di idiozie!” continuò Hanamichi con tono spiccio, più serio che mai.

“Siediti, porcospino” disse poi con tono scherzoso, alleggerendo la tensione.

Non era il caso di inalberarsi per delle sciocchezze quando avevano cose ben più importanti di cui parlare.

“Sei troppo alto da questa prospettiva” lo sfotté allegramente.

Sendoh sorrise, andando ad accomodarsi sulla sedia accanto al letto.

Rukawa lo imitò, andando a sedersi sul letto di fianco al suo do’hao.

Hanamichi gli sorrise teneramente prima di ritornare a guardare il numero sette.

“Dunque!” incominciò con il tono di chi spiega delle ovvietà.

“Due giorni fa, io e Yohei abbiamo una piccola questione, dove finisce che io lo caccio intimandogli di andare a divertirsi. Fino qui mi seguite?” domandò, non aspettando però la risposta degli altri due.

“Il discorso, quella giornata, tocca strani punti. Non vi starò a riassumere tutto” disse in maniera pratica.

“Sappiate solo che ci sono io che lo assillo chiedendogli della sua vita sentimentale, e poco dopo che lo prendo in giro domandandogli chi è la fortunata!” e qui, Hanamichi fece un sorriso affettuoso ripensando al rossore sul volto dell’amico.

“Lo provoco, chiedendogli se si tratta invece di un fortunato” continuò il numero dieci guardando Sendoh intensamente.

“E, avvenimento degli avvenimenti, Yo arrossisce” spiegò con tono ovvio, calcando le parole.

“Poi, chiamo l’armata che, in seguito, mi conferma di aver visto Yohei in compagnia di qualcuno, non specificandomi chi” calcò ancora le parole.

“Allora comincio a fare ipotesi su ipotesi. Ripenso alle reazioni di Yohei alla mia domanda: Lo conosco?

Tuttavia, non ci cavo un ragno dal buco! Poi, vi presentate qui, in piena notte. Cosa ne dovrei dedurre secondo voi?” domandò allora con ovvietà.

Rukawa, che non si era perso una parola del do’hao, sorrise compiaciuto.

E lui che, ancora una volta, aveva sottovalutato il suo do’hao.

Mio… pensò con orgoglio, rimarcando quella parola.

Sendoh, invece, si ritrovò a ridacchiare sorpreso, ma neanche più di tanto.

Aveva sempre sospettato che il numero dieci fosse molto più di quello che apparisse.

“Ora” continuò Hanamichi, “vi decidete a dirmi cosa succede?” domandò, guardando soprattutto il numero sette.

Ora era, infatti, lui a dover parlare.

E Sendoh parlò.

Raccontò, per la seconda volta, la stessa storia nel giro di poche ore certo che, finalmente, avrebbe avuto le risposte alle sue domande.

Vide Sakuragi ascoltarlo con sguardo attento senza tuttavia interromperlo mai.

Cosa strana, se si considerava che fosse lui stesso il protagonista assoluto dei dialoghi fra lui e Yohei.

In effetti, era strano parlare a Sakuragi di Sakuragi stesso, e di tutte le ipotesi che aveva fatto il numero sette sul numero dieci.

Non aveva battuto ciglio quando Sendoh si era pronunciato in proposito.

Segno che non gli interessava cosa dicessero di lui, ma esclusivamente del suo amico.

Anche Rukawa osservava attento il do’hao.

Lui, che sapeva la verità sulle sue origini, aveva aggrottato lo sguardo quando Sendoh, qualche ora prima, aveva raccontato delle sue supposizioni.

Hanamichi invece non aveva fatto una piega; anche Rukawa capì che il suo interesse principale era Mito e in cuor suo si rasserenò; per quanto bizzarra fosse apparsa l’idea del numero sette, aveva fatto bene ad assecondarlo.

Solo così Hanamichi sarebbe stato sereno.

Sendoh, nel frattempo, raccontò tutto, non escludendo dai sentimenti che provava per Mito; sapeva bene, infatti, di non dover assolutamente nascondere quella parte.

Sakuragi non ci avrebbe pensato due volte a mandarlo al diavolo se avesse avuto il sospetto che voleva prendere in giro Mito.

In quel momento, capì che non era solo Yohei a provare stima assoluta verso Sakuragi.

Era anche il contrario e il numero dieci rappresentava il suo lasciapassare per potersi avvicinare a Mito.

Parlò per una ventina di minuti; minuti che sembrarono ore, fino a fermarsi alle frasi con cui Yohei lo aveva liquidato.

Vide Sakuragi sospirare pesantemente ma non sorprendersi.

Stessa reazione del resto del gruppo solo che Sakuragi sembrava avere qualcosa in più: gli occhi, infatti, recavano la consapevolezza di chi può risolvere la situazione.

“Yohei non è pazzo, porcospino!” ci tenne a precisare Hanamichi una volta che il numero sette ebbe finito di parlare.

“Lo so” rispose sicuro Akira, “altrimenti non sarei qui” concluse guardandolo fisso.

“E perché sei qui, allora?” gli domandò Hanamichi, con tono indagatore.

Rukawa seguì quel discorso non perdendosi nessuna delle espressioni del suo do’hao.

Con la mente, gli sembrava di essere andato a mesi addietro.

A una serata in particolare; serata dove Mito, trovandolo a casa di Hanamichi, lo aveva messo alla prova.

Solo che adesso lui era uno spettatore esterno.

Era Hanamichi, infatti, che stava valutando le reazioni del porcospino aspettandosi delle risposte.

Risposte decisive su quello che sarebbe venuto dopo.

Anche Sendoh dovette capirlo, dato che il suo volto cambiò espressione.

Il sorriso che lo contraddistingueva scomparve lasciando il posto a un’espressione decisa.

“Non posso aiutarlo se non so cosa lo tormenta!” disse semplicemente.

Ora, tutto dipendeva da Sakuragi.
 

***
 

Yohei andò ad aprire non sorprendendosi quando vide Noma.

Lo invitò a entrare lasciando la porta aperta e stendendosi sul letto.

Noma si accomodò senza tanti complimenti accanto all’altro guardandolo in silenzio.

Dopo alcuni minuti di silenzio, in cui Noma non aveva fatto altro che scrutarlo attentamente lisciandosi i baffi, Yohei decise di porre fine a quella situazione.

“Mi dici che vuoi?” domandò piccato.

Noma non se la prese per la freddezza dell’altro rispondendolo a tono.

“Vedere come stai?” gli domandò con ovvietà.

“O forse, sapere cos’è successo, visto che hai avuto qualche ora per sbollire?” domandò ancora.

Yohei sbuffò di rimando.

“Mi sembrava che il porcospino ti piacesse” continuò Noma nel suo monologo.

“Ti sembrava male!” ribatté pronto Mito.

“Mi sembrava che lo tollerassi” insistette Noma calcando l’ultima parola, con lo stesso tono paziente di chi spiega che due più due fa quattro a un bambino particolarmente irritabile.

Yohei gli rispose con un mugugno infastidito.

Detestava il tono dell’altro, soprattutto quando la persona cui era rivolto era lui.

Però, se era lì, sicuramente aveva visto anche Sendoh rientrare.

“L’hai visto?” domandò inaspettatamente Mito, non riuscendo a trattenersi.

“Sì, ma non mi sembrava in vena di chiacchiere” rispose Noma, capendo immediatamente il soggetto.

Mito valutò le parole dell’amico massaggiandosi gli occhi con il pollice e l’indice.

“Gli passerà!” rispose infine Yohei con una scrollata di spalle.

“Mi dici che è successo?” indagò Noma.

“È successo che si annoiava nell’andare al ritiro” rispose Yohei con tono neutro.

“E allora?” domandò Noma con ovvietà.

“E allora, ha una carriera folgorante da percorrere ed io non voglio essere una distrazione” lo illuminò Yohei iniziando ad alterarsi.

“Stiamo parlando di un ragazzo di diciannove anni che è alle prese con una cotta” provò a farlo ragionare l’altro.

“È normale che non voglia cambiare pensione” parlò ancora lisciandosi i baffi e dimostrando molto buonsenso.

“Mica ha detto che vuole rinunciare al basket” continuò poi pratico.

“Preferisco non rischiare” rispose Yohei sicuro di sé.

Noma sospirò alzando gli occhi al cielo.

Quando Mito decideva una cosa, non lo batteva nessuno a testardaggine.

Noma sapeva, infatti, che avrebbe continuato a mantenere quella posizione anche a costo di apparire ridicolo.

Quello che gli rivolse fu uno sguardo tra il perplesso e il rassegnato.

Sembrava voler dire: come devo fare con te?

Mito non faticò a interpretare quello sguardo compassionevole, inalberandosi ancora di più.

“Non voglio essere un intralcio. L’ho fatto per il suo bene” insistette Yohei piccato.

“Sì, sì, hai salvato il mondo. Bravo!” lo prese in giro l’altro.

Mito lo guardò truce decidendo però di non rispondere.

Quando Noma incominciava così, era meglio lasciar correre o avrebbe perso del tutto la poca pazienza che sentiva di avere.

Dopo alcuni istanti di silenzio, Yohei si levò a sedere mettendosi a gambe incrociate.

“Non voglio che la storia si ripeta” disse in un sussurro, parlando più a se stesso che all’altro.

Noma avvertì immediatamente il cambio di tono, facendo comparire sul suo volto un sorriso affettuoso senza però dire nulla.

Era raro che Yohei parlasse di quello che realmente sentiva e dire qualcosa, in quel momento, non avrebbe portato a nulla con il rischio di far chiudere a riccio l’altro.

Gli batté una mano sulla spalla con fare comprensivo.

E, infatti, non si ripeterà! Pensò, non esprimendosi però ad alta voce.

Se sapessi! Pensò ancora, ghignando dentro di sé.

In effetti, quella sera erano successe delle cose che Yohei non avrebbe mai immaginato.

Era convinto che Sendoh non ci avrebbe pensato più e che la faccenda si fosse conclusa in quel modo.

Noma avrebbe voluto ridere ma si trattenne.

Considerala una piccola vendetta, per aver voluto gestire da solo la faccenda di Rukawa! Pensò con un ghigno rivolgendo però all’altro un sorriso affettuoso.

Mesi prima, aveva voluto fare tutto da solo con Rukawa, ottenendo, tra l’altro, ottimi risultati.

L’armata non si fa mettere da parte da nessuno! Pensò ancora Noma, non pentendosi minimamente di quello che aveva fatto insieme con gli altri, quella sera.

Hanamichi lo aveva chiamato, insieme al resto del gruppo, per dare una mano a Yohei.

E lui, aveva assolto pienamente il compito.
 

***
 

Hanamichi sorrise alle parole di Sendoh.

Finalmente, anche per Yohei era arrivato il momento di essere felice.

Ora, toccava a lui dare una spintarella agli avvenimenti.

Ridacchiò notando poi che gli altri due lo guardavano perplessi.

“Non fateci caso!” disse poi con un sorriso.

“Stavo pensando che è proprio il nostro destino, mio e di Yohei intendo, salvarci le spalle a vicenda” affermò, guardando Rukawa.

“Soprattutto tenendo l’altro all’oscuro” concluse poi, guardando attentamente il numero undici.

Rukawa aggrottò la fronte ponderando le parole di Hanamichi.

“Guarda che so tutto, kitsune!” disse questi allegramente.

Rukawa strinse gli occhi, indurendo lo sguardo.

Prima Mito faceva una storia assurda e poi, di punto in bianco, decideva di dire tutto a Hanamichi?

Beh, avrebbe almeno potuto avvertirlo, che cacchio!

Forse era stato troppo preso da altro, ma comunque lui aveva il diritto si sapere.

Perso in queste disquisizioni mentali, dove da un lato assolveva Mito per non avergli detto niente e dall’altro lo colpevolizzava perché lui aveva ottime ragioni per essere informato, non si accorse di
Hanamichi che lo guardava sorridendo.

Il numero dieci, infatti, si stava divertendo un mondo a indovinare il filo dei pensieri di Rukawa.

Tuttavia, il tempo stringeva per cui si decise a parlare.

“Guarda che non mi ha detto niente!” disse vedendo l’altro, a quell’affermazione, rivolgergli uno sguardo interrogativo.

“Vado da anni in quel cimitero, Rukawa!” disse Hanamichi con tono serio.

“E non ti ho mai visto. Mai!” concluse, calcando l’ultima parola.

“Credi inoltre che basti andare a casa di Mito e domandargli semplicemente dove abito, per avere il mio indirizzo?” domandò con ovvietà, addolcendo però il tono.

Rukawa annuì in silenzio.

“Solo perché preso da altro” e a quelle parole arrossì un pochino, “non vuol dire che non noti le cose che mi circondano” concluse, deciso a chiudere l’argomento.

Sendoh, nel frattempo, aveva seguito quel discorso con un sorriso evidente.

Non si era sbagliato quando aveva ipotizzato che Rukawa e Mito fossero entrati in contatto in più occasioni riguardo Hanamichi.

Non si era sbagliato quando aveva supposto che Rukawa avesse prima dovuto convincere Mito, sull’autenticità dei suoi sentimenti, per arrivare al vero volto di Sakuragi.

Quel pensiero lo colpì.

Il vero volto di Sakuragi.

Rukawa l’aveva scoperto grazie a Mito.

E il vero volto di Mito, invece?

Sakuragi gli avrebbe permesso di scorgerlo?

Sono qui per questo! Si diede coraggio mentalmente stringendo i pugni.

Sono qui per questo! Ripeté nella sua mente come un mantra.

Costasse quello che costasse, io lo convincerò! Pensò ancora, lasciando intravedere sul suo volto la stessa determinazione dei suoi pensieri.

“E ora veniamo a noi, porcospino!” disse Hanamichi allegramente distogliendolo dai suoi pensieri.

“Io posso aiutarti!” affermò attirandosi la completa attenzione del numero sette.

“Ma…” e fece una pausa.

Sendoh assottigliò lo sguardo.

“Il mio aiuto sarà inutile, se non riuscirai ad andare avanti da solo!” disse solamente, certo che Sendoh avrebbe capito facilmente cosa intendeva.

“Tutto dipende da te!” gli chiarì ulteriormente il concetto. “Lo vuoi ancora il mio aiuto, sapendo questo?” domandò, squadrandolo attento.

“Sono qui per questo!” disse solamente Akira sorridendo.

Finalmente, avrebbe avuto le informazioni che cercava.

“Dimmi quello che devi, che poi Yohei non mi scappa più” aggiunse, allargando il sorriso.

Vide Hanamichi guardarlo titubante a quell’affermazione e capì di aver commesso una gaffe.

“Ops” aggiunse ridacchiando. “Vedi, nei miei pensieri lo chiamo così!” si giustificò con tono allegro.

Hanamichi sospirò decidendo si soprassedere.

Avrebbe dovuto abituarsi al modo di fare spigliato di Sendoh.

Ricordò che anche fra loro, Rukawa era stato il primo a chiamarlo per nome.

Segno che, proprio come Sendoh, lo aveva fatto praticamente sempre nei suoi pensieri.

Lì guardò entrambi valutando quanto potessero assomigliarsi quei due.

Così diverso dalla sua kitsune eppure così uguale al contempo.

Erano pragmatici allo stesso modo quando avevano un obiettivo eppure agivano in maniera totalmente opposta.

Rukawa andava dritto al sodo mandando a farsi benedire sia l’educazione che la diplomazia.

Sendoh, invece, accompagnava le sue tesi con il sorriso sempre pronto e con parole allegre.

Così diversi eppure così uguali.

Si chiese, per la prima volta, come era avvenuto, mesi addietro il primo dialogo fra Yohei e Rukawa.

Rukawa che si esprimeva a gesti e Yohei che lo squadrava attento.

Sì, sicuramente era andata così.

In fondo, anche Yohei in freddezza sapeva far impallidire il polo nord quando lo voleva.

Anche Yohei sapeva essere poco loquace quando era perso nelle sue analisi e riflessioni.
In un certo senso, quei due si erano scontrati con un carattere simile.

Lui invece era più chiacchierone a differenza del suo migliore amico e anche Sendoh lo era rispetto a Rukawa.

Avrebbero parlato la stessa lingua, in quel caso.

Si accorse di essere rimasto parecchi minuti in silenzio perso nelle sue riflessioni.

Gli altri due non l’avevano interrotto.

Decise quindi di porvi rimedio.

“Apri l’armadio che vedi alle tue spalle, porcospino” disse rivolto a Sendoh.

“Ci troverai uno zaino e dentro una cartellina nera. Portamela” continuò pratico lasciando trasparire una certa fretta nel tono di voce.

Ora doveva agire.

Ora doveva aiutare Yohei.

Pensa di meno e lasciati andare.

Erano state queste le parole del suo migliore amico tempo addietro.

E lui, meno riflessivo rispetto a Mito, avrebbe agito seguendo l’istinto.

Sendoh si alzò facendo quanto richiesto. Doveva aver capito che Hanamichi aveva incominciato a fare sul serio.

Qualunque cosa avesse in mente, era rilevante ai fini della loro visita; motivo per cui fece quello che il numero dieci gli aveva detto, senza fiatare.

Trovò senza problemi la cartellina all’interno dello zaino e, senza esitazioni, la porse al numero dieci.

Questi la prese accarezzando la copertina con riverenza, quasi come se all’interno vi fosse contenuto un prezioso tesoro.

Rukawa osservò il volto di Hanamichi che sembrava essere andato con la mente a ricordi lontani.

Aveva incurvato le labbra in un sorriso affettuoso mentre osservava la cartellina.

Il numero undici si ritrovò a deglutire senza volerlo; volse uno sguardo a Sendoh vedendo che anche lui osservava attento i movimenti del numero dieci.

Anche Sendoh doveva aver capito che lì dentro c’era qualcosa riguardante Mito.

Hanamichi aprì lentamente la cartellina.

Volse uno sguardo titubante agli altri due giocatori prima di aprire, con decisione, la copertina.

Sendoh sporse la testa cercando di osservarne l’interno e anche Rukawa, seduto sul letto, osservava, ansioso di sapere cosa voleva mostrare loro Hanamichi.

Il numero dieci estrasse un foglio ricoperto da una plastica trasparente porgendolo a Sendoh.

Rukawa riuscì a intravedere un paesaggio disegnato mentre Hanamichi allungava il braccio verso il numero sette.

Sendoh prese il foglio che l’altro gli porgeva osservandolo prima incuriosito, poi sbigottito.

Che diamine significava tutto quello?

Cosa voleva mostrargli, in realtà, Sakuragi?

Alzò lo sguardo interrogativo mentre il numero dieci, nel frattempo, lo osservava divertito.

“Volevi sapere cosa affligge Yohei, porcospino” parlò, ritornando serio.

“Ebbene… questo è il passato di Yo”.
 

Continua…
 
Note:
 

Ecco la prima parte del confronto fra Sendoh e Sakuragi.

Spero che vi sia piaciuto come ho gestito l’introspezione e che i personaggi non siano risultati OOC.

Sakuragi tra l’altro è un po’ più serio del normale ma la situazione lo richiede!

Spero, come sempre, che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Attendo i vostri commenti.

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86
 
 
  
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