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Autore: reve99    10/12/2013    1 recensioni
una donna intenzionata a suicidarsi fa un ultimo appello alla città perché qualcuno potesse venire a salvarla. a risponderle saranno l'indifferenza e il silenzio della gente, troppo infaccendata per pensare ad altri. quella donna, appesa al filo tra la vita e la morte si ritroverà sola senza nessuno pronto a salvarla. un breve racconto che ha come argomenti la meccanizzazione dell'uomo, la solitudine, l'indifferenza.
testo:
“Io mi butto, io mi butto!”
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~“Io mi butto, io mi butto!” una voce straziante e disperata gridava da sopra quel lungo palazzo, dal suo infernale palcoscenico gridava alla platea degli indifferenti che, indenni si affrettavano nelle loro cose. C’era addirittura una che la vide e gli disse: “Ah salve! Che mai ha da strillare così tanto… no, no. Non parli, prima devo fare alcune commissioni, farò un salto a casa e poi mi dirà tutto. Non si muova, resti lì.” Le macchine viaggiavano veloci, sopra quell’ombra grigia in cima al tetto, si apriva un cielo turchese e cristallino e il sole nascente da est, giocava un po’ con i suoi capelli e gli accarezzava il mento. Quella continuava: “Io mi butto, io mi butto!” Neanche uno sguardo provenire dalla città trafficata e agitata, come se il tempo gli stesse incalzando a colpi di spada. Tempo, tempo, tempo! Forse troppo ne aveva avuto quella povera disgraziata, il tempo fa vivere e fa morire, non si può svelare questo grande enigma.
Ah ecco, ecco! Una figura vestita di nero si accinge a salire su per quel palazzo, era un sacerdote, un sacerdote anche di un certo rango, non certo quei preti che vagano per le strade di campagna andando a fare l’elemosina. Quello, salendo di velocità le scale, diceva con voce affannosa: “Non si muova, non si muova. Un attimo e sarò da lei. Ferma, ferma. Non si sporga!” arrivò su quell’uomo pimpante e ancora giovinetto, ansante e sudaticcio quale era. Gli rispose quella donna appesa alla ringhiera: “Lei chi è? Perché s’interessa a me?” “Figliola, non vi affannate, presto, aggrappatevi a me.” “Ma, ma io non voglio aggrapparmi, io voglio buttarmi giù!” “Ah ecco, era lei che strillava così forte da quassù.” Riprese l’omaccione un po’ confuso. “Ma dica, sorella mia. Perché, perché vuole farlo. Lei è una creatura che ha un valore. Non può decidere di farla finita così, avanti, ragioni, per l’amor del cielo, ragioni!” quella donna si sentiva consolata, protetta da quell’uomo che le stava affianco. Voleva sfogarsi con lui, prima di morire: era da tanto che non si confidava con qualcuno. Cominciò a parlare: “Beh ecco, deve sapere che…” quell’uomo la interruppe e cominciò a gridare e ad agitarsi, preso da grande preoccupazione: “Aspetti, aspetti signora mia. Le lodi, le lodi! Oggi tocca a me di celebrarle. Oh… povera gente, non s’è mai visto un prete che faccia ritardo come me… Uhm, aspettate, una mezz’oretta, quaranta minuti al massimo e sarò da lei. Resti lì.”
Sempre più stravolta, affranta, continuava incessante la sua preghiera, la sua grigia invocazione alla gente, con quel fil di voce che gli rimaneva: “Io mi butto, io mi butto!” stavolta nessuno venne da lei per sentire che avesse.
Si lasciò andare. Lasciò con le mani la ringhiera e si lasciò andare, gridando e cadendo a peso morto sul freddo asfalto. Fu subito fatto: lei che era, non c’era più; lei che viveva non viveva più. La gente non s’accorse subito di ciò, continuava le sue faccende senza essere disturbata, parevano macchine già programmate, una mandria di cloni preimpostati per qualcosa; senza saper gioire, senza saper soffrire, senza saper amare! Ed ecco l’umanità, li, stesa sul pavimento, inerte. Quella donna voleva amare, voleva gioire, voleva emozionarsi, ma come fare, tra le ombre dell’indifferenza. Ecco, ecco lì l’umanità: stesa sul pavimento.
 
  
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