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Autore: The_MaD_HaTteR    11/12/2013    0 recensioni
Sarah ha diciassette anni e la sua vita gira attorno alle moto, alle gare illegali e ai casini con gli amici.
Ma quando il destino chiama tu non puoi sottrarti e sei costretto ad affrontare le conseguenze dei tuoi sbagli.
Così Sarah si ritrova a cambiare vita e tenta in tutti i modi di stare lontana dai guai e di dimenticare gli orrori che l' hanno segnata dentro. Ma la vita non sempre è giusta e spesso si vendica delle persone che con lei hanno solo giocato, Sarah è una di queste e dovrà lottare con tutta se stessa per proteggere le poche cose che le sono rimaste da amare.
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passai tutto il giorno dopo a cercare disperatamente una scusa per poter dire a Dylan che sarei mancata alla gara ma il mio cervello non sembrava dare segni di vita.
Verso il pomeriggio, Dylan mi chiamò al cellulare (si era fatto dare il numero da Linda) per chiedermi se mi andava di andare con lui e Malie alla spiaggia ma io gli dissi che dovevo aiutare Sean e cercai ancora di spremermi il cervello.
Niente.
Era la fine.
Certo, qualcuno si potrebbe chiedere, perchè non gli dici la verità e basta? Il motivo era molto semplice: non volevo che sapesse che mi ero fatta coinvolgere da Josh in una cavolata simile. Credevo che avrebbe pensato male di me. Che mi avrebbe considerato una stupida.
E non sapevo perchè mi importasse così tanto del suo giudizio, però....
Alla fine arrivò il giorno del processo. Inutile dire che la notte non avevo dormito di nuovo.
Comunque gran parte del pomeriggio fù sprecata tra prove, accuse e deposizioni.
Alla fine venne fuori che Trent (anche se era ancora in ospedale) era riuscito a rilasciare una dichiarazione dove diceva che io non c' entravo niente con il crollo del cantiere e che, anzi, gli avevo salvato la vita.
Quindi ero innocente e sollevata da tutte le accuse.
Un solo piccolo problema però attirò l' attenzione del giudice. La mia moto.
Dissero che io non potevo guidarla e quindi mela sequestrarono.
Dopo quella notizia mi sentii lo stomaco all' altezza delle caviglie.
Non potevano farlo! Non potevano portarmi via la mia moto!
E invece lo fecero. Perchè all' uscita dal tribunale mi trovai costretta a prendere un' autobus, ignorando mio fratello che mi diceva di andare a casa con lui.
Non potevo andare a casa.
Avevo una cosa molto più importante da fare.
Dylan contava su di me e io non volevo deluderlo.
La strada per arrivare alla spiaggia sembrava non finire mai. Dovetti cambiare tre autobus per arrivare nei paraggi e alla fine fui costretta a fare l' ultimo chilometro a piedi.
Ormai era il tramonto, già sapevo che la gara doveva essere finita da un pezzo ma volevo comunque esserne sicura.
Quando arrivai la spiaggia era deserta, eccetto per una sagoma seduta sulla riva.
Dylan.
Lo riconobbi subito dalla curva della schiena nuda e dalla tavola da surf bianca con la riga arancione che aveva piantata  accanto.
Mi avvicinai.
Era ingobbito. Mi dava la schiena quindi non mi aveva visto. Eppure senza guardarlo in faccia riuscii a capire che era triste, lo si vedeva dal modo in cui era seduto, con la testa bassa e le braccia appoggiate alle ginocchia, le mani che penzolavano intrecciate tra loro.
Per più di un minuto mi battei con me stessa per decidere cosa fare.
Avevo paura ad affrontarlo ma allo stesso tempo mi sembrava estremamente ridicolo tornare indietro, specialmente dopo l' odissea che avevo passato per arrivare fino a lì.
Alla fine però, mi feci coraggio e mi avvicinai ancora.
Mi lasciai cadere sulla sabbia accanto a lui, eravamo molto vicini alla riva e un' onda fece arrivare l' acqua fino alle punte dei nostri piedi, bagnandomi le scarpe già piene di sabbia.
La luce arancione del tramonto gli rendeva la pelle ancora più scura ma allo stesso tempo luminosa, avrei voluto disegnarlo.
Lui non parlò e non mi guardò, così capii che era davvero molto arrabbiato.
-Dylan, io...-, non sapevo cosa dire.
O meglio sì lo sapevo ma non sapevo come dirlo.
-Senti, lo sò che... Insomma, io... Ok, ascolta, mi dispiace-, ecco, l' avevo detto.
Mi aspettavo che dicesse qualcosa ma lui si limitò a fissare le onde, lo vidi stringere i denti.
Sospirai e aspettai un po' prima di parlare di nuovo: -Non dovresti dire qualcosa adesso?-.
Lui sbuffò, come se fosse stato costretto ad arrendersi e alla fine mi parlò ma senza guardarmi.
-Non ho niente da dirti-, disse, freddo come l' iceberg che affondò il Titanic. Nonostante il caldo del sole sulla pelle mi sentii gelare le vene.
Ovviamente le mie scuse non erano erano state sufficienti, in effetti ad essere sinceri, non avevano convinto un granchè nemmeno me.
Ci riprovai.
-Senti... Io non sono un granchè con le parole. Ma mi dispiace davvero. Non avrei voluto mancare, è solo che ho dovuto...-
Mi fermai in tempo, prima di farmi sfuggire quello che avevo fatto.
-Hai dovuto cosa? Fammi indovinare, scommetto che c' entra Josh, giusto?-, nella sua voce, di solito dolce e profonda, riuscivo a sentire una rabbia che cercava di uscire.
E all' improvviso anche io mi sentivo arrabbiata. Perchè doveva tirare in ballo Josh? Ormai anche solo il nome mi innervosiva.
Aveva ragione, però.
Era colpa di Josh se ero finita in tribunale proprio il giorno della gara. Ma non potevo dirglielo.
Mi resi conto di essere rimasta in silenzio a lungo tanto che alla fine, lui parlò senza più aspettare una mia risposta:
-Comunque non mi devi dare nessuna spiegazione, sei libera di fare quello che vuoi della tua vita.
Ma credevo che almeno le promesse saresti stata in grado di mantenerle-.
In quell' ultima frase sentii tutto il risentimento che provava verso di me e distolsi lo sguardo per non vedere la rabbia sul suo volto.
-Tel'ho detto, mi dispiace, non l' hò premeditato, scusa-, gli dissi ma lui non rispose.
Restammo in silenzio per molto, ognuno perso nei suoi pensieri.
Mi faceva male il petto, non credevo che sarei stata così male all' idea che lui mi odiasse. In fondo cos' era lui per me?
Un compagno di scuola, niente di più... Eppure quel compagno di scuola mi era stato più vicino di quanto avrei creduto possibile.
-Com' è andata la gara?-, gli chiesi io alla fine, visto che lui non sembrava voler parlare.
-Ho fatto schifo, non riuscivo a concentrarmi-, confessò di getto, quasi come se non fosse riuscito a trattenersi.
-Perchè no?-, chiesi ma lui non mi rispose, si limitò a guardarmi in modo eloquente.
Era colpa mia se aveva perso?
Mi maledissi mentalmente.
-...Mi dispiace... Davvero... Non avrei mai voluto che perdessi per colpa mia. Mi dispiace tanto...-, dissi in un sussurro.
Sentivo un nodo in gola.
L' ultima cosa che volevo era che proprio Dylan tra tutti soffrisse a causa mia.
Avrei voluto dirgli di perdonarmi ma sapevo di non meritarmelo così mi alzai e mi voltai per andarmene.
-Dove vai?-
Mi girai per guardarlo e vidi che anche lui si era alzato in piedi.
Alzai le spalle, fingendo indifferenza. -A casa. Avrei voluto farmi perdonare ma non è così...-
-No, resta... Io sono uno stronzo, lo sò. Volevo farti sentire in colpa.
-Beh ma hai ragione, ti avevo promesso che ci sarei stata... E avevi ragione anche su Josh... E' per lui che non sono venuta-, ammisi alla fine guardandomi le scarpe ormai piene di sabbia.
Era inutile fingere, tanto era già arrabbiato, peggio di così non poteva essere e comunque, via il dente via il dolore, giusto?
Dylan fece un sorriso amaro, e sospirò, -Avrei dovuto immaginarlo-.
Lo guardai, lui aveva la testa bassa, come se fosse rassegnato all' idea che io stessi con Josh. Ma io non stavo con Josh.
 -Non è come pensi-, dissi subito e lui sollevò la testa, forse per capire se stessi mentendo.
-E allora com' è?-, chiese e mi guardò con gli occhi socchiusi.
-Io...-, dovevo dirglielo, dovevo e basta.
Anche se poi avrebbe pensato male di me.
-Avevo un' udienza-
Lui sollevò appena le soppracciglia, -Un' udienza? E perchè?-.
Sospirai.
-Perchè ho fatto un casino-.
Gli spiegai tutto quello che successe al cantiere, del crollo, dell' arrivo della polizia e di come Josh e gli altri fossero scappati lasciandomi lì con Trent ferito.
-Non potevo lasciarlo lì, così quando è arrivata la polizia e ha trovato me, mi hanno portata dentro, mio fratello mi ha fatto uscire ma ho dovuto andare al processo che era oggi, ecco perchè non sono venuta alla gara. Mi hanno anche sequestrato la moto, ci ho messo più di un' ora ad arrivare qui-, ammisi infine.
Dylan aveva un' espressione strana, un misto di rabbia, sorpresa e senso di colpa.
Per un momento rimase in silenzio, poi sbottò.
-Non posso credere che ti abbia lasciata lì! E tu... Tu come hai potuto essere così stupida?! Ti avevo avvisato su Josh! Tel' avevo detto che era pericoloso e se invece di Trent fossi stata tu quella ferita? Ti avrebbe lasciata lì da sola comunque! Non posso crederci!-.
Chiusi gli occhi e sospirai, -Lo sò e avevi ragione, Dylan... Avevi ragione su tutto. Cosa devo fare per farmi perdonare da te?-, chiesi con una nota di fastidio nella voce.
Lui un po' sbuffò e un po' sospirò.
-Vieni qui, stupida-, mi disse alla fine, aveva le braccia leggermente allargate.
Io mi avvicinai, senza imbarazzo. Lui mi aveva già abbracciato e ormai ci conoscevamo da un paio di mesi.
Mi feci avvolgere dalle sue braccia e lui mi strinse forte.
Lo sentii sospirare.
Ci voleva davvero così poco per farlo contento? Un abbraccio?
-Sono un disastro...Mi dispiace-, gli dissi.
Lo sentii sorridere, aveva il viso tra i miei capelli.
-Lo sò...  Solo... Stai lontana da Josh, ok?-,mi chiese lui, io annuii, quello era poco ma sicuro.
-Questo vuol dire che mi perdoni?-, chiesi speranzosa.
Lui si staccò da me e mi guardò con un sorriso che avrebbe fatto invidia al Diavolo, gli occhi accesi da una luce dispettosa.
-Ah, no, la fai troppo facile-, disse e un secondo dopo mi caricò in spalla e iniziò a trascinarmi verso la riva.
Avevo capito subito che cosa avesse intenzione di fare e cercai di divincolarmi urlandogli di lasciarmi andare ma le sue braccia mi tenevano talmente stretta che quasi non riuscivo a muovermi.
-No, Dylan, lasciami!-, strillai ma alla fine mi buttò e finii seduta sulla sabbia con l' acqua che mi arrivava alle spalle.
Lo guardai malissimo ma lui rideva di gusto.
Ah, mi trovava tanto divertente? Bene gliel' avrei fatta pagare io!
Mi alzai in piedi e iniziai a schizzargli addosso litri e litri d' acqua nella speranza che annegasse.
Ovviamente anche lui fece lo stesso con me e finimmo per schizzarci a vicenda ridendo come idioti.
Alla fine eravamo entrambi bagnati fradici ma per Dylan era facile, lui aveva il costume, invece i miei jeans e la mia maglia nera erano completamente incollati al corpo e mi sentivo pesante il doppio del normale.
-Ok, basta, hai vinto!-, gridai ad un certo punto, cercando di proteggermi dai getti, perchè lui mi stava annegando.
Dylan smise subito di schizzare l' acqua ed io ne approffitai per spingerlo con tutta la forza che avevo.
Lui per la sorpresa cadde all' indietro, stavo già pregustando la vittoria ma Dylan agganciò le braccia attorno alla mia vita e mi trascinò giù con lui.
Ebbi appena il tempo per prendere fiato prima che l' acqua salata mi pizzicò gli occhi, li chiusi subito e un secondo dopo sentii qualcosa sulla bocca.
Riaprii gli occhi di niuovo, ignorando il bruciore e mi resi conto che quello che sentivo era la bocca di Dylan sulla mia.
Mi stava baciando!
Per un momento sentii una strana sensazione al ventre ma venne sostituita quasi subito dalla rabbia e feci la cosa più stupida che qualcuno potesse fare quando si trova sott' acqua.
Inspirai e le narici mi si riempirono subito di acqua salata che mi bruciò la gola.
Dylan sene accorse subito e con una mano mi spinse la testa fuori dal mare, sollevando il suo corpo assieme al mio come se non pesassi niente.
Mi mancava il fiato e appena fui uscita dall' acqua ne sputai fuori una gran quantità e iniziai a tossire con gli occhi che mi lacrimavano.
Sentii le sua mani,una sulla schiena e l' altra sul braccio
-Sarah? Forza, respira, stai bene?-, mi chiese lui ansioso massaggiandomi la schiena.
Stai bene?
No che non stò bene, maledizione mi hai baciata!
Mi strofinai molte volte gli occhi e sputai altra acqua tossendo.
Quando la mia crisi fu finita lo spinsi via il più forte possibile, divincolandomi dalle sue braccia ma stavolta non per scherzare.
Avrei voluto urlargli contro parole che nemmeno mio fratello si sarebbe mai sognato di dire ma tutto quello che uscii dalla mia bocca fu un: -Stà lontano da me!-, un po' strozzato e non proprio urlato come doveva essere.
Lui tentò di voltarmi la faccia per guardarmi negli occhi ma io lo spinsi ancora e mi allontanai da lui nonostante le gambe pesanti.
-Sarah!-
Non mi voltai, arrivai sulla spiaggia e sentii la sabbia insinuarsi nelle scarpe e nell' orlo dei pantaloni.
In pochi secondi mi sentii tirare il braccio e fui cotretta a girarmi.
-Lasciami!-, urlai strattonando il polso ma lui non voleva saperne di lasciarmi.
-Calmati!-, mi disse e di tutta risposta io gli mollai un pugno alle costole.
Dylan mi lasciò il braccio ma non si piegò in due o si mise a tossire come avevo sperato, sembrava che il mio pugno non l' avesse nemmeno sfiorato.
Ci guardammo increduli per un istante poi lui sorrise.
-Ora capisco come dev' essersi sentita Jessica-, disse e sembrava anche divertito.
-Se non ti allontani puoi dire addio alle ragazze e ai figli!-, sibilai arrabbiatissima.
Lui strinse le labbra...quelle labbra...
-Scusa, se avessi saputo che ti saresti arrabbiata così tanto non ti avrei ba...
-Non dirlo neanche!-, gli intimai puntandogli contro l' indice.
Lui sollevò le spalle. -Ma è successo, ci siamo baciati, che c' è di male?
-No! Tu mi hai baciato e di male c' è che l' hai fatto senza neanche sapere se io lo volevo oppure no!-
La sua voce si fece ancora più bassa del solito e mi scrutò avvicinandosi ancora. -Lo volevi?-, mi chiese ad un tratto serissimo.
Io lo guardai e mi resi conto di essere rimasta con la bocca leggermente aperta per la sorpresa.
Che razza di domande mi faceva?
Era ovvio che non lo volevo.
Perchè avrei dovuto volere un bacio da lui? Proprio da lui poi!
Insomma Dylan era... Insopportabile, un secondo prima si faceva volere bene e quello dopo invevce era letteralmente da prendere a pugni.
Lui era... Lui era lui, ed era odioso.
Io con lui non avrei mai...
Perchè no? Mi chiese una vocina interiore.
La soffocai mentalmente e mi resi conto che ci stavo mettendo più del dovuto a decidere.
Quello era stato il mio primo bacio ed era quello che non mi ero nemmeno mai sognata di dare, specialmente a Dylan.
Eppure era successo ed era stato... Non lo sò, qualcosa avevo sentito in fondo alla pancia. Qualcosa prima della rabbia ma non sapevo descrivere quella sensazione.
-Io...-, balbettai incapace di dare una risposta sensata.
Senza volerlo i miei occhi si andarono a posare sulle sue labbra, delle gocce d' acqua gli scendevano dai capelli e gli attraversavano il viso per andare a finire proprio lì, nella sua bocca. Distolsi lo sguardo ma non abbastanza in fretta.
Dylan si avvicinò, annullando le distanze e una sua mano mi spostò una ciocca di capelli bagnata che mi si era incollata alla guancia.
-Lo volevi?-, mi chiese ancora con la voce talmente bassa e profonda che non sembrava nemmeno la sua.
La sua mano era ancora appoggiata alla mia guancia e la sentivo bruciare sulla pelle.
Potevo sentire l' espressione della mia faccia. Sapevo di avere gli occhi sgranati e la bocca socchiusa e non ero in grado di rispondere.
Ero talmente confusa che non sapevo nemmeno cosa pensare, riuscivo solo a vedere i suoi occhi che si avvicinavano sempre di più...
La sua mano mi si spostò sul collo, dove iniziava la cicatrice del mio primo incidente, sentii le punte delle sue dita sfiorarmela piano.
I suoi capelli mi solleticarono la guancia mentre si chinava ancora di più verso di me. Stava per baciarmi ancora... Ma io voltai il viso e lui finii per sfiorarmi lo zigomo invece della bocca.
-...Devo andare a casa-, gli dissi in un sussurro.
Mi voltai e feci per tornare da dov' ero arrivata.
-Non puoi tornare a piedi, si stà facendo buio-, disse lui dietro di me.
Sentivo il cuore pesante. -Non m' importa-, risposi. Ancora una volta lui mi raggiunse e mi afferrò il braccio per costringermi a voltarmi.
-Beh, a me sì. Non ti lascio sola, io non sono Josh-.
Cercai disperatamente di guardare ovunque meno che verso di lui. Ma alla fine lo guardai e accettai il passaggio senza altre proteste.
In macchina regnava un silenzio di tomba.
Dylan aveva caricato la sua tavola da surf nel retro e aveva messo degli asciugamani davanti per evitare di inzuppare completamente i sedili.
Io tenevo le braccia e le gambe incrociate talmente strette che sentivo i muscoli farmi male e guardavo fuori dal finestrino.
Ero arrabbiata. Anzi, peggio, ero confusa. Non sapevo che pensare.
-Ho rovinato tutto, vero?-, chiese Dylan dopo un po'.
Cercai di ignorarlo il più possibile ma gli lanciai uno sguardo di traverso, sperando che non mi vedesse. Sfortunatamente lui stava guardando me e quindi sene accorse.
-Stavamo diventando buoni amici ma immagino che dopo oggi non sarà più così, giusto?-.
Mi si strinse lo stomaco.
Non volevo rinunciare a Dylan. Era diventato molto più che un amico in quel breve periodo e più di una volta avevo dimostrato a me stessa che non potevo fare a meno di lui.
Non risposi e alla fine arrivammo davanti a casa mia.
-Senti forse dovremmo parlare un attimo...-, disse lui ma io scesi dalla macchina prima di sentire quello che voleva dirmi.
Corsi in casa e chiusi a chiave la porta, pochi secondi dopo sentii  bussare dietro di me ma non aprii e salii in camera mia.
Sean non c' era, mi aveva lasciato un messaggio dove diceva che avrebbe fatto tardi da Brad e di non aspettarlo sveglio. Così mi ritrovai sola in casa.
Sentivo Dylan che bussava al piano di sotto e dopo un po' il telefono iniziò a squillare.
Impostai il silenzioso e andai in bagno per darmi una ripulita.
Avevo la sabbia ovunque ed ero ancora bagnata fradicia.
Dylan non capiva.
Noi non potevamo stare insieme. Io non andavo bene per lui.
Io ero quella che si metteva nei guai con la legge, la ragazza sbagliata, la spina nel fianco di chiunque.
Lui era perfetto, bello, simpatico a tutti, mai un problema in tutta la vita.
Come potevamo andare bene insieme?
Non potevamo, semplice.
Se solo lui avesse capito con cosa stava perdendo il suo tempo. Magari sene sarebbe reso conto prima o poi.
Per un momento immaginai la sua bocca sulla mia, come l' avevo sentita nell' acqua, le labbra che sapevano di sale, talmente morbide che per un istante neanche sembrava che mi avesse baciato.
Sospirai e riaprii gli occhi.
Uscii dalla doccia, indossai i pantaloni di una vecchissima tuta bucherellata e una canottiera e presi un' asciugamano per avvolgermici i capelli.
Volevo sdraiarmi sul letto e seppellirmi sotto alle coperte, anche se non sarei riuscita a dormire. Non importava.
Aprii la porta del bagno e lanciai un urlo.
Dylan era lì, difronte a me, in piedi nella mia stanza.
Era ancora a petto nudo e i capelli erano leggermente umidi, invidiavo i capelli dei maschi, si asciugavano più in fretta.
-Come diavolo hai fatto a entrare?-, chiesi sconvolta.
-Hai lasciato aperta la porta della cucina, sono entrato dal giardino-
Stupida. Stupida. Stupida.
-Perchè sei qui?-
-Perchè dobbiamo parlare-
-Non c' è niente da dire-, gli risposi e mi avviai, volevo allontanarmi da lui ma quando gli passai accanto la sua mano scattò e mi afferrò il braccio, costringendomi a fermarmi.
Eravamo spalla a spalla con gli occhi di uno in quelli dell' altro.
Sì, pensai, dovevamo parlare.
-Senti, forse io non avrei dovuto baciarti, è vero. Però tu non mi hai risposto quando ti ho chiesto se lo volevi e la cosa mi ha fatto pensare-, disse.
Non risposi ma deglutii, non sapevo cosa dire, così fù lui a continuare.
-Ho pensato che forse anche tu avresti voluto baciarmi-. Ancora una volta non risposi.
Non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi, aveva quello sguardo serio che lo faceva assomigliare a Matt, anche se erano completamente diversi.
-Magari su di te mi sbaglio... Ma è inutile nasconderti quello che sento io, anche perchè ormai credo che sia piuttosto evidente.
Non sò quando è successo, se quando io ho rischiato di romperti il naso o se quando tu hai evitato che Conrad spaccasse il mio.
O forse alla festa, quando ho capito che stavi iniziando a fidarti un po' di me.
Sò solo che mi piaci, molto.
E voglio che tu lo sappia, ho iniziato a tenerci a te, a tenerci per davvero e non voglio rinunciare a quello che siamo. Che sia qualcosa di più o anche semplice amicizia.
Tu hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino, Sarah e io voglio essere quel qualcuno-.
Staccai il braccio dal suo. All' inizio ero stupita e commossa, lo ammetto, quel discorso mi aveva scatenato qualcosa. Ma dopo aver sentito quell' ultima frase sentii l' amaro in bocca.
-Ah, quindi è questo il motivo? Pensi che io abbia bisogno di una spalla su cui piangere? Vorresti stare con me perchè ti faccio pena?-
Sentivo la rabbia nella mia voce e strinsi i pugni lungo i fianchi. E io che per un secondo avevo pensato che lui ci potesse tenere davvero a me.
E invece gli facevo pena!
Si sentiva in dovere di aiutarmi ma io non volevo la sua carità.
Lui scosse la testa, -No! Non è per questo! Senti io... Mi sono innamorato di te, ok? Scusa ma mi sono innamorato di te! Volevo solo che lo sapessi.
Di te mi piace tutto, mi piace il tuo sorriso, i tuoi occhi... Le tue lacrime...-, mi sfiorò una guancia con la punta delle dita ed io trattenni il fiato.
-Mi piace quando mi prendi in giro e quando sei arrabbiata, cioè quasi sempre...Mi piace perfino quando mi prendi a pugni!-, fece un mezzo sorriso e cercò di capire la mia reazione ma io ero completamente impietrita, c' era una sola parola per descrivermi: sconvolta.
-Forse sono pazzo... Forse sono solo innamorato, probabilmente entrambe le cose, non ne ho idea ma non m' importa. In questo momento l' unica cosa che riesco a pensare è che ho una voglia matta di baciarti-.
Si interruppe bruscamente dopo quelle parole, forse perchè non avrebbe voluto dirle ad alta voce.
Sapevo di dovergli dire qualcosa ma non sapevo cosa.
Mai nessuno in tutta la mia vita mi aveva fatto un discorso del genere o mi aveva mai detto parole come quelle. Per un secondo credetti che mi stesse prendendo in giro ma il suo sguardo era assolutamente e indubbiamente sincero ed era fermo sulla mia espressione.
Sbattei le palpebre rendendomi conto che gli occhi mi pizzicavano, forse perchè gli avevo tenuti spalancati per tutto quel tempo.
-Dylan, io...-.
Trasalii sentendo il mio telefono squillare.
Lui inspirò e mi lasciò, mi scostai da lui e presi il telefono sul letto.
Era Linda.
-Pronto?-
-Sarah! Perchè non eri alla gara oggi?-, mi chiese, sembrava su di giri e mi chiesi il perchè.
Dylan iniziò ad aggirarsi per la stanza e si fermò sulla parete accanto alla porta, dove avevo attaccato tutte le foto che avevo. Erano solo sedici foto, c' enerano sei con Sean, due con i miei genitori  e le altre otto erano tutte con Val, Tyson, Matt e altri ragazzi che conoscevamo, c' era perfino Jimmy.
-Non ho potuto... avevo una cosa da fare-, dissi a Linda e la sentii sospirare. -Che peccato, sai Dylan è arrivato quasi tra gli ultimi... Non l' ha presa molto bene. Comunque volevo dirti che avevi ragione su Malie!-
Aggrottai la fronte senza capire.
-Oggi ha vinto lui ed io mi sono avvicinata per fargli i complimenti e alla fine mi ha chiesto di uscire insieme! Non posso crederci! Volevo che fossi tu la prima a saperlo, dopotutto è grazie a te se è successo!-
Ora  capii perchè era su di giri.
Però ero contenta per lei, Malie mi piaceva e pensai che era giusto che stessero insieme o almeno che ci provassero.
-Sono davvero contenta, Linda. E' fantastico davvero... Spero che vi andrà tutto bene-, dissi e vidi con la coda dell' occhio Dylan voltarsi verso di me con aria interrogativa ma si voltò quasi subito di nuovo alla parete.
-E tu invece? Con Dylan? L' hai più visto?-, mi chiese lei impaziente, io mi morsi un labbro. -Ehm, veramente, è qui adesso-, cercai di dirlo a bassa voce ma qualcosa mi disse che lui aveva sentito comunque.
-Oh, cavolo! Ok, ok, scusa, vi ho interrotti, mi dispiace tantissimo! Domani passo da te e parliamo ora vi lascio. Scusa!-
-No, non hai interrotto...-  Ma lei aveva attaccato.
Dylan stava ancora studiando le mie foto.
Ne indicò una in cui eravamo io e Matt abbracciati.
-E' lui Matt?-, mi chiese lui. -Lo riconosco dalla foto del telegiornale-
Io annuii lentamente.
Lui sospirò, -Ok, io vado a casa-
Fece per uscire ma io lo chiamai, quasi inconsapevolmente, sentii la mia voce pronunciare il suo nome.
-Dylan-, lui si voltò.
Deglutii. -Erano vere? Tutte le cose che hai detto?-, gli chiesi a voce bassa.
Lui agitò le mani attorno ai fianchi, forse in cerca delle tasche dei jeans che non indossava. Alla fine le lasciò lì dov'erano e si limitò ad annuire piano.
Quindi era vero? Ci teneva davvero a me? Nonostante tutto?
Chiusi gli occhi e sospirai. Pensai a Linda e Malie, non c' era stato bisogno di cose complicate. In fondo era semplice, bastava provare.
E se gli avessi dato una possibilità?
Prima di finire di farmi la domanda attraversai la stanza.
Dylan non ebbe il tempo di reagire che io lo baciai.
Le sue labbra sapevano ancora di mare.
Per un istante lui rimase immobile, subito dopo però le sue mani mi cinsero una la vita e una il collo e ricambiò il bacio con forza, prendendo il controllo della situazione.
Sentivo il suo respiro mentre mi baciava e mi stringeva sempre più forte.
Mi schiuse le labbra con le sue e sentii il sapore dolce della sua bocca.
Dei brividi mi scossero il corpo e gli portai le mani tra i capelli, mentre lui mi afferrava il viso con le sue.
Avrei voluto andare avanti in eterno ma mi resi conto che non avevo più aria nei polmoni e come se mi avesse letto nel pensiero anche lui (un po' a fatica) si staccò da me.
Dylan continuava a tenere le mani sulle mie guancie e appoggiò la fronte alla mia.
-Pensavo che volessi picchiarmi di nuovo-, disse sorridendo.
Sorrisi anche io, -Ho paura che ci penserà mio fratello-.
-Allora forse mi conviene scappare-, sussurrò lui, -Sì, forse sì-
Lui mi guardò e alla fine mi baciò di nuovo, mordendomi il labbro. Oddio, quel gesto mi fece venire i brividi, ancora più di prima.
Ci ritrovammo a indietreggiare e sentii le gambe urtare contro qualcosa, caddi sul letto e Dylan era sopra di me, continuando a baciarmi.
Sentivo il suo corpo contro al mio e il mio respiro accelerò.
Una sua mano mi si appoggiò sul fianco e lì si fermò.
Staccò le labbra dalle mie e mi guardò, aveva i capelli ancora un po' umidi che gli ricadevano sugli occhi scuri e il fiato corto.
-Dovremmo darci una calmata...- sussurrò con un mezzo sorriso, io recuperai a poco a poco il respiro e mi resi conto della situazione.
Io sdraiata sotto di lui, su un letto e lui indossava solo un costume. Sì, aveva decisamente ragione e fortunatamente aveva avuto il buonsenso di fermarsi.
-Sì, forse è meglio-
Lo vidi deglutire e si sollevò per sdraiarsi accanto a me, poi mi abbracciò e lo sentii sospirare.
Il cuore mi batteva a mille. Non potevo quasi crederci.
-Vuoi dormire?-, mi chiese lui accarezzandomi i capelli.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e nascosi il viso nel suo collo. Inspirai e sentii l' odore del mare e del sole, il suo profumo. Non riuscii a resistere e gli baciai il collo
Lui rabbrividì e mi strinse più forte.
Chiusi gli occhi.
L' ultima volta che avevo dormito senza incubi era stata grazie a lui e volevo addormentarmi di nuovo tra le sue braccia.
Lo sentii  mormorare qualcosa ma ormai il buio mi aveva preso e mi addormentai inspirando il profumo del mare.
------------ Ciao! Ebbene sì, finalmente un capitolo romantico, lo so ci è voluto un bel po per arrivarci ma spero di non aver deluso nessuno. .. Comunque voglio ringraziare tutti quelli che continuano a seguire la mia storia e anche chi ha lasciato commenti! Ne sono davvero felice e spero che continuerete a leggerla. Infine vorrei solo dire che da prossimo capitolo la storia prenderà una piega diversa da come è andata fin'ora, ci sarà più azione e molto più romanticismo spero che vi piacerà e se è così fatemelo sapere! Alla prossima ciaooooo! M.H.
  
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