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Autore: DarkSide_of_Gemini    11/12/2013    2 recensioni
"-Io posso venire quando voglio qui. Domani torni?-
-No-
Aveva usato un tono perentorio, non adatto ad un bambino della sua età.
Sembrava abituato a farsi obbedire ad un minimo cenno, aveva assunto una vaga espressione di minaccia.
Kendeas ci rimase male, ma non si perse d’animo.
-E dopodomani?-
-No. Mai più. Mai più fino a quando non avrò terminato il mio addestramento-"
Due bambini, un lungo periodo di attesa, una promessa da mantenere.
E' così che inizia la storia di Saga e Kendeas, il primo Gold Saint dei Gemelli, l'altro un ragazzo comune, come tanti.
La storia di un amore nato per caso e capace di durare tutta la vita e oltre la morte, attraverso difficoltà, tradimenti, bugie.
Attraverso gli anni.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anàmesa Étoi – Across the Years

 

2 – Un Dio in Terra

 

-Saga?-

 

Il ragazzo che si trovava davanti a lui era Saga senza ombra di dubbio: Kendeas aveva subito riconosciuto i suoi occhi azzurro-verdi ed i capelli, molto più lunghi dell’ultima volta, lisci e lasciati sciolti dietro la schiena esattamente come li ricordava; i vestiti erano simili a quelli che indossava la prima volta, salvo essere di certo più grandi per adattarsi al nuovo assetto fisico del ragazzo.

Anche se aveva solo tredici anni Saga sembrava di gran lunga più grande, con il fisico molto più solido del suo, le spalle larghe e la schiena ben dritta.

E poi c’era il suo sguardo, quello che Kendeas aveva reputato fin troppo serio già quando si erano visti sei anni addietro: adesso, forse grazie all’età, non sembrava più fuori posto con il resto della sua immagine, sembrava però in qualche modo più profondo, come se potesse scrutarti dentro.

Kendeas si ritrovò a pensare che quegli occhi gli piacevano: erano calmi, saggi, pronti ad accogliere i tuoi segreti e non rivelarli a nessuno.

Sulle labbra di Saga si dipinse un leggero sorriso come per dargli il benvenuto.

Lui si alzò.

 

-Certo che sono venuto. Te l’avevo promesso-

 

-Lo so, è solo…-

 

Saga lasciò cadere la frase scuotendo la testa, destando però la curiosità dell’amico.

 

-Cosa?-

 

-E’ strano- riprese Saga, assorto, inclinando il capo da un lato –che qualcuno, al giorno d’oggi, presti fede ad una promessa fatta tanti anni fa. Tutto qui-

 

Si sedette e Kendeas fece altrettanto, indicandolo appena con un cenno del mento.

 

-Io credevo che tu  non venissi, piuttosto. Devi avere molto da fare, adesso che sei un Saint-

 

-Io mantengo le mie promesse. Come te, del resto. Inoltre, vedo che conosci la mia posizione di Cavaliere-

 

-Esatto- Kendeas annuì accorgendosi di avere ancora il filo d’erba tra le labbra. Lo soffiò prima di riprendere a parlare –me ne ha parlato mio zio. All’inizio mi sembrava assurdo, sai, che una Dea venisse sulla terra per combattere il male e che come suoi guerrieri scegliesse proprio degli uomini. Ripensandoci, però, non è così sbagliato: si dice che l’animo dell’uomo sia fondamentalmente buono e che agisca secondo la verità assoluta ispirata dagli Dèi, quindi se davvero Athena guida i suoi combattenti non può essere per altro se non per una giusta causa, ovvero eliminare il male dalla terra. Ho capito bene?-

 

Saga lo guardava stupito, con un leggero piacere che gli aleggiava sul viso, dovuto senz’altro a quelle parole –Hai capito benissimo. Dimmi, hai per caso seguito studi filosofici? Da coma parli sembrerebbe di sì-

 

-In realtà…- Kendeas si portò una mano alla nuca, imbarazzato –ho frequentato la scuola il tempo necessario ad imparare a leggere, scrivere e fare i conti. Poi mi sono ritirato perché dovevo aiutare mio zio con il lavoro. Però leggo. Di tutto e di più, e ti dirò: sulla filosofia hai indovinato. È impressionante constatare quanti pensieri e teorie tutte diverse possano scaturire attraverso un solo argomento-

 

-E’ la vita- sentenziò Saga con una scrollata di spalle –non esiste una verità assoluta, ma se ne possono trovare di innumerevoli-

 

-Già, anche io la penso così-

 

Nessuno dei due portò avanti la discussione.

Restarono entrambi a scrutarsi, come la prima volta, a metà tra l’imbarazzo e la curiosità di scoprire di più sull’altro, e non sapendo da dove cominciare.

Attorno a loro, persino la calma del frutteto sembrava in attesa, silenziosa, di una parola da parte di uno dei due.

Saga gettò uno sguardo verso la direzione opposta dalla quale era arrivato, verso la zona abitata dalla quale Kendeas aveva detto di venire, spostando poi gli occhi sul ragazzo.

 

-Hai detto che lavori. Di cosa ti occupi? Commercio?-

 

-In un certo senso… vedi, i miei genitori si sono trasferiti in città per cercare un lavoro migliore. Io ero troppo piccolo per seguirli, nessuno avrebbe potuto occuparsi di me, così sono rimasto qui con mia nonna Ifighéneia e mio zio Kostas per imparare il mestiere. Lui si occupa di manifattura, è uno tra i migliori nel suo campo, mi ha insegnato tutto quello che so. Lavora soprattutto con l’argilla, riesce a fare di tutto e di più per poi immettere le sue opere nel mercato. Se sono di buona qualità si riesce a guadagnare discretamente-

 

-Sembra interessante-

 

Commentò Saga.

Kendeas lo guardò alla ricerca di qualcosa che indicasse del sarcasmo sul suo viso, ma non trovò nulla.

Si fece coraggio, deciso a non lasciare cadere l’argomento come la volta prima: non voleva dare l’impressione del perfetto impacciato.

 

-Ti piacerebbe provare?-

 

Quella volta fu il turno di Saga di squadrarlo per capire se scherzasse o meno.

Si guardò le mani quasi pensasse che non fossero adatte a quel genere di lavoro e sembrò riflettere sulla proposta come se si trattasse di una questione di massima importanza, infine sorrise al ragazzo di fronte a lui.

 

-Perché no?-

 

Si diressero verso casa di Kendeas e durante il tragitto il biondo gli diede quelle poche dritte necessarie su come lavorare dell’argilla per ottenere un risultato accettabile.

Quando varcarono il cancello qualcosa colpì piano Kendeas al braccio, emettendo un verso basso: l’asino ragliò di nuovo in direzione di Saga e tornò a brucare dell’erba sul terreno vicino a loro.

Kendeas gli passò una mano sulla schiena.

 

-Bè, credo sia d’obbligo la presentazione: lui è Atlas-

 

-Atlas?- Saga sollevò un sopracciglio, divertito –quell’ Atlas? Quello della miologia greca?-

 

-Esatto, il titano costretto da Zeus a sostenere sulle proprie spalle l’intera volta celeste-

 

-E l’hai chiamato così perché…-

 

Completarono in coro –è abituato a portare grandi pesi sulla schiena!-

 

Il ghiaccio iniziale si era un po’ sciolto ed i ragazzi erano adesso di gran lunga a proprio agio.

Kendeas guidò l’amico nel laboratorio dello zio, una costruzione in legno collegata alla casa per mezzo di una spaziosa tettoia e sorretta da delle pareti anch’esse in legno, e si mise d’impegno a radunare tutto ciò che sarebbe servito per creare qualcosa da un anonimo panetto di argilla.

Mostrò un cubo grigio a Saga, dando inizio alla spiegazione.

 

-Tutto parte da qui. Non è difficile, basta prenderci la mano- porse l’argilla all’altro e continuò –prima di tutto devi individuare cosa vuoi che esca fuori-

 

Saga si rigirò il cubo tra le mani, pensieroso.

Scosse la testa, arricciando le labbra in segno di indecisione.

 

 –Non ne ho idea. Cosa faresti al mio posto?-

 

-Perché non provi con una statua di Athena?-

 

Il Saint dei Gemelli rifletté su quell’ipotesi: non aveva mai maneggiato dell’argilla, prima di allora, e dubitava del risultato.

Già il calore delle sue dita, unito alla presa salda del Cavaliere, aveva iniziato ad ammorbidire il cubo che si ritrovava tra le mani facendogli quasi perdere la presa.

Annuì, e cominciarono a lavorare; Kendeas lo guidava passo passo rivelandogli i segreti del lavoratore ormai esperto, consigliandolo su quando inumidire il materiale e come utilizzare al meglio gli strumenti da lavoro.

Saga non si era mai sentito impacciato come in quel momento, mentre seguiva le istruzioni del ragazzo accanto a lui con fare incerto e poco professionale.

Kendeas si fece avanti con timidezza, gli sfiorò una mano e chiuse le dita sopra le sue per fargli impugnare meglio un piccolo strumento per intagliare i dettagli.

 

-Guarda…- si piegò avvicinandosi ancora a lui per avere una visuale migliore, guidandolo nel gesto –deve essere un movimento unico, altrimenti lo rovini. Così, ecco. Hai visto? Non è difficile, basta abituarsi-

 

Si bagnò di nuovo le mani e lavò via i trucioli in eccesso.

Guardò di sottecchi Saga: era concentrato, assorto nel lavoro, ma gli sembrava che… no, forse era stata solo un’impressione.

Un gioco di ombre.

Più che la statua sbozzata, Saga sembrava guardare le loro mani, bagnate ed incrostate di argilla secca, di nuovo l’una sull’altra, con un misto di incertezza e stupore negli occhi.

Kendeas pensò che forse non avrebbe dovuto prendersi tutta quella confidenza.

Forse gli dava fastidio, si ritrovò a pensare.

Tossicchiando per dissimulare l’azione, il ragazzo lasciò scivolare via la mano da quella del Cavaliere, concentrandosi sulla statua per evitare di andare alla ricerca degli occhi di Saga e studiare la sua reazione a quel gesto.

D’altronde, cos’avrebbe dovuto fare di particolare?

Continuò ad istruirlo rimanendo a distanza di sicurezza fino a quando il lavoro non fu terminato.

Saga sollevò la statua e labbra gli si incresparono in una mezza smorfia, le sopracciglia tracciarono due archi al di sopra degli occhi.

 

-Oh, bè… ti avevo detto che non sapevo cosa sarebbe uscito fuori-

 

In effetti, più che una statua della Dea Athena, quella tra le mani di Saga sembrava più una creazione primitiva.

Ma Kendeas scosse la testa.

 

-Non dire così. È… bella-

 

Contro tutte le sue aspettative, Saga scoppiò a ridere, anche quella volta una risata sincera e priva di cattiveria.

Lo guardò sollevando appena la statua.

 

-Bella, questa? Tu sei matto, Kendeas!-

 

Lui sollevò l’indice –Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace-

 

Citò con fare saccente.

Saga gettò un’occhiata alla statua, e tornò a studiare lui.

Un leggero sorriso gli era rimasto sul viso, e l’intensità del suo sguardo sembrava calamitare quello dell’altro in modo irreversibile.

Kendeas si ritrovò a tentennare davanti a quegli occhi, gli sembrava di non poterne sostenere la vista per più di qualche secondo senza che una leggera nota di imbarazzo si facesse avanti con sempre più insistenza.

 

-Dovevo aspettarmi una risposta simile- commentò Saga alla fine –da uno come te-

 

-E’ un complimento?-

 

Anche quella volta la risposta si fece attendere.

Saga lo squadrava con il capo appena inclinato a sinistra, i lunghi capelli gli scivolavano sulla spalla come una cascata azzurro acceso.

Con la luce del sole alle sue spalle sembrava quasi circondato da una propria aura luminosa.

“Un Dio…” fu l’improvviso pensiero di Kendeas “è questo che sono i Saints: Dèi dalle emozioni umane, è così che vengono descritti. Un Dio in terra, ecco cos’è. Ma perché mai un Dio dovrebbe stare qui, con me? Perché io?”.

Era un pensiero stupido, lo sapeva.

Ma per quanto si sforzasse di ricacciarlo indietro, quello trovava sempre il modo di tornare.

 

-Sì- la risposta di Saga lo riscosse –sì, Kendeas, direi che è un complimento-

***

Per essere un Dio, Saga aveva senza dubbio molto più tempo libero a disposizione.

Dopo il loro secondo incontro era passato molto meno di sei anni; lui e Kendeas si vedevano quasi ogni giorno, sotto l’albero di fichi ormai diventato il loro luogo speciale.

Ed ogni giorno portavano avanti discussioni diverse, tutte di vario genere, che spaziavano dalla filosofia alla storia dell’arte per poi virare verso argomenti più comuni come le loro giornate quotidiane, cosa facevano, cos’avrebbero voluto fare, e perché.

 

-Vorrei essere come te- Saga alzò lo sguardo sull’amico; si girò su un fianco posando il peso sull’avambraccio –vivere alla giornata, fare quello che vuoi, quando vuoi. Non rimpiango il mio ruolo di Saint, a volte però… è una grande responsabilità, sai. Pensieri, ordini, il massimo rispetto delle regole. La mia vita è tutto un programma delineato. A volte mi piacerebbe dell’avventura-

 

-Hai del tempo libero, no?-

 

-Sì, che passo con te. Dovresti saperlo-

 

Saga vide Kendeas rabbuiarsi.

Era stato solo un vago aggrottamento di sopracciglia ed un’ombra di dubbio gli aveva attraversato lo sguardo per un solo istante, ma tanto era bastato.

Aveva imparato a conoscerlo, in quei giorni, ed ora lo capiva senza il bisogno che lui parlasse.

Kendeas era una di quelle persone alle quali poche volte riusciva di nascondere il proprio stato d’animo al prossimo, e l’essere Cavaliere c’entrava poco con l’individuare la più minima sfumatura d’umore nel compagno.

Era una cosa che si sentiva dentro.

Una cosa che era andata crescendo da quando l’aveva conosciuto, e che l’aveva aiutato più volte a capire davvero quello che Kendeas voleva dire senza doverci ragionare su.

Si sentiva in armonia, con lui.

Con lui come con nessun’altro ragazzo, neanche con i suoi compagni al Tempio si era formato quello strano vincolo silenzioso.

Dal canto suo Kendeas cercò come meglio poté di dissimulare quel suo improvviso cambio d’umore; non sapeva cosa gli fosse preso, perché la frase di Saga gli avesse messo addosso una sorta di agitazione inspiegabile.

E le parole gli uscirono dalle labbra prima che potesse fermarle.

 

-Non ti costringo affatto a stare con me. Puoi anche andare-

 

Sul viso di Saga passò un lampo di disappunto –Ma cosa dici?-

 

Kendeas si sentì avvampare, dandosi dello stupido.

Scrollò le spalle con noncuranza rivolgendo lo sguardo al cielo, chiedendosi coma mai gli fosse preso.

 

-Kendeas…-

 

Si era ripromesso di mostrarsi calmo e misurato, ma non poté trattenere un sussulto quando la mano di Saga si poggiò leggera sulla sua.

Il suo sguardo cadde sulle loro dita, unite come la prima volta quando Saga era andato a casa sua, e venne alzato di proposito solo per incontrare le iridi splendenti di Saga.

 

-Tu non mi costringi in alcun modo. Sono io a voler restare qui. E lo faccio perché è qui che voglio stare. Capito?-

 

Era serio.

Troppo serio, o forse era Kendeas a vederlo così deciso.

Rilassò la mano sotto il tocco di Saga ed annuì, non sapendo cosa rispondere, o come farlo senza che la sua voce gli giocasse dei brutti scherzi.

Rimasero lì ancora a lungo, a tenersi la mano in silenzio, in un gesto così semplice da non avere bisogno di parole.

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Et voilà, come butta?

Piaciuto il capitolino?

Speriamo che la storia proceda bene e che vi piaccia ^^

 

Creamy Lisa: Ciao carrra ^^

Felici che ti sia piaciuta la storia ed il nostro Kendeas, almeno un obiettivo è stato raggiunto J

Quante cose dovranno dirsi sotto quel fico, eh, quante cose, già hanno iniziato e siamo solo all’inizio :3

Grazie per aver messo la storia tra le seguite, speriamo continui a piacere ^^

Alla prossima =D

P.S.: ndr Rory – ok, mi scuso in partenza per i disegni ma saranno uno per ogni capitolo, preparatevi xD

 

Al prossimo aggiornamento, gente!

 

Mako e Rory

 

  
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