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Autore: Vanilla_91    12/12/2013    7 recensioni
Kagome Higurashi ha 17 anni, ma non vive la tipica vita spensierata delle sue coetanee. Durante l'ennesimo litigio con sua madre, Kagome si ritrova inspiegabilmente a fare un salto temporale di quasi 600 anni, ritrovandosi in un luogo a lei del tutto sconosciuto.
L'ultima cosa che vede prima di perdere conoscenza sono dei misteriosi occhi scuri; ma saranno gli occhi di un nemico o di un alleato?
In un ambiente ostile, inospitale ed arido,si consumeranno bugie, intrighi, tradimenti, gelosie, scontri di volontà e lotte di potere.
Ma ciò che maggiormente unirà Inuyasha e Kagome, oltre ad un bramoso desiderio, sarà un misterioso segreto.
Dal 1° capitolo:
Brucia. Come la sabbia nel deserto, brucia il tuo tradimento.
Arde. Come il legno viene consumato dall’impeto del fuoco,così io vengo consumato dall’ira e dal rancore.
Muore. Così come si spegne la tua vita, così muore la mia anima.
Mi hai mentito, mi hai tradito.. non potrò mai dimenticarlo. Una vita sola non basterà per la mia vendetta.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Sono praticamente identiche.-
-Le assomiglia, ma non è lei.-
 
Sento voci lontane, sconosciute, volti che non so immaginare.
Il dolore che mi pervade il corpo è forte, ma sono stanca di questo buio che mi circonda.
Mi risveglio, disturbata da voci che risuonano forti, anche se lontane.
La confusione post-sonno mi permette di elaborare pensieri poco chiari, ma riesco a domandarmi chi mai potrebbe star facendo tutto questo casino, visto che mia madre è solita svegliarsi all’ora di pranzo e nessun altro, oltre noi, traffica casa nostra.
Sobbalzo, scattando a sedere, per quella consapevolezza improvvisa, ma l’ambiente che mi circonda mi confonde.
L’ampia e luminosa camera che mi ha ospitata non ha nulla in comune con la mia, tetra ed angustiante, piccola ed inospitale. Il comodo e soffice letto su cui ho riposato, è imparagonabile al mio materasso rotto ed ammuffito.
Non so dove mi trovo, non ricordo cosa mi sia successo, e questo mi spaventa terribilmente. Sento il corpo debole e non ne capisco il motivo.
Avverto i muscoli tendersi mentre la lucidità svanisce, ottenebrata dalla paura.
Dove mi trovo? Cosa mi hanno fatto? Chi mi ha portato in questo luogo? Ma soprattutto, perché?
Sobbalzo, ancora una volta, mentre la porta viene aperta, diffondendo un fastidioso cigolio nell’aria.
Una ragazza bassa, fasciata da abiti larghi e velati, con un vassoio ricolmo di cibo tra le mani, entra, richiudendosi la porta alle spalle, ma non incrocia mai il mio sguardo.
Rimango sorpresa per quell'atteggiamento schivo e strano, ma la voglia, o forse la necessità, di avere delle risposte mi spinge a non curarmene.
-C..ciao. Chi sei? Sai dirmi dove mi trovo?- le domando, inquieta.
Quasi come se non avessi parlato, lei mi ignora. Posa con delicatezza il pesante vassoio su un basso tavolino e senza aggiungere nulla si gira e va via.
Rimango esterrefatta per il suo comportamento, ma quando la pesante porta viene richiusa alle sue spalle, qualcosa dentro di me scatta.
Corro verso il portone, cominciando a tempestarlo di pugni, nella speranza che qualcuno lo apra e mi spieghi in che incubo sono stata trasportata. E così mi ritorna in mente tutto: il litigio con mia madre, la luce abbagliante, il deserto e quegli occhi scuri.
Porto le mani alla testa, quando il peso dei ricordi e dei perché comincia a confondermi.
Sto impazzendo?
In risposta alle mie preghiere, o forse al gran casino fatto poco prima, la porta della camera viene riaperta. Una ragazza, diversa da quella apparentemente muta di prima, fa il suo ingresso. Qualcosa in lei mi colpisce subito. È alta, più di me, magra, ma le rotondità dei fianchi e del seno le donano quella morbidezza femminile che gli uomini tanto apprezzano. I capelli, castani e lisci, sono raccolti in un’alta coda e lasciano in evidenza il suo viso: un ovale perfetto, illuminato da vispi occhi castani e impreziosito da seducenti labbra. Il suo portamento lascia presagire un carattere forte e determinato, difficile da piegare e sottomettere.
Provo un’imminente simpatia per lei, dettata forse anche dal fatto che è la prima a rivolgermi un sorriso gentile.
-Ciao.- riprovo, non sapendo come altrimenti dar vita alla conversazione.
Mi sorride ancora una volta, prima di riprendere a parlare.
-Era molto tempo che non sentivo più questa lingua. Il mio nome è Sango, molto piacere.-
Rimango per un attimo spiazzata dalle sue parole. Che significa che era molto tempo che non sentiva questa lingua?
-I..io sono Kagome.-
-Kagome? Davvero un bel nome. Sono sicura che diventeremo ottime amiche.- dichiara –In questo posto ce n’è proprio bisogno.- per poi aggiungere, bisbigliando.
Fissarla, ancor più confusa, mi viene spontaneo.
-Scusami, non voglio spaventarti, ma è meglio che tu capisca subito che quello in cui sei finita non è un ambiente facile.-
-D..di che stai parlando? A dir il vero io non so nemmeno dove mi trovo.-
La vedo sospirare, per poi assumere un’espressione più seria.
-Ti spiegherò tutto, ma prima immagino tu voglia mangiare.-
Mangiare? È l’ultimo dei miei pensieri. Ho lo stomaco contratto per la paura, per la confusione. Ho bisogno di sapere che cosa mi sta accadendo, dove sono finita e soprattutto di sincerarmi di non essere impazzita.
-No, non ho fame. Mi hanno già portato del cibo, ma l’unica cosa che voglio sono delle risposte.-
L’espressione di Sango muta improvvisamente: il suo viso perde colore e i suoi occhi si colmano di timore.
-Ti hanno portato del cibo? Chi è stato? Quanto tempo fa? Ne hai mangiato molto?- mi domanda a raffica, afferrandomi per le spalle.
La sua reazione mi sorprende, lasciandomi esterrefatta.
-N..no, non ho toccato nulla. Il cibo è ancora tutto lì.- le spiego, mentre tento di liberarmi dalla sua presa.
-Scusami.- sussurra, ricomponendosi. –Non volevo spaventarti. Bene, vista la fretta con la quale hanno agito, temo sarò costretta ad essere chiara sin da subito. Hai idea di come tu sia giunta fin qui o di dove ti trovi?-
-Assolutamente no, ed è proprio ciò che vorrei sapere. Mi trovavo nella mia camera, con mia madre, e poi all'improvviso sono stata catapultata nel deserto più assoluto. Dove ci troviamo? Non riesco a capire nulla!-
-Ci troviamo a Costantinopoli.-
Sbarro gli occhi, per l’assurdità di quelle parole.
-Costantinopoli?- chiedo, scioccata.
-Esatto, più precisamente siamo nell'anno 1552.- mi spiega, tranquilla.
Una cosa del genere non è possibile. È inspiegabile, assurdo, fare un salto temporale di ben 500 anni e trovarmi così lontana da casa.
Che cosa sta accadendo?
-Tutto questo deve essere uno scherzo. Non è possibile!-
-E’ tutto possibile, invece. Anche io vengo dalla tua stessa terra, è per questo che comprendo la tua lingua.-
-Ma..come sei finita qui allora?-
-Il commercio di schiavi mi ha spinta in Portogallo. Sono passata da un padrone all'altro fino a giungere qui!- mi rivela, mentre i suoi occhi si offuscano di malinconia.
-Schiavi?- ripeto, sempre più incredula.
-Il commercio di schiavi è uno di quello più ricchi, insieme a quello della seta e dell’oro.-
Scuoto la testa, inebetita. Volevo delle risposte, far chiarezza, e invece l’unica cosa che sto ottenendo è un gran mal di testa.
-Dimmi tutto, Sango. Dove ci troviamo? Perché sono qui? Solo così potrò capire ciò che mi sta succedendo.-
-Questo è l’harem dello sceicco, Kagome. È stato lui a salvarti e a portarti qui. Qualcosa in te deve averlo colpito particolarmente.-
Harem? Sceicchi? Mi sembra che vada di male in peggio!
-Ehm…cosa vorrebbe da me questo sceicco? Oltre dei ringraziamenti, si intende. Devo andar via il prima possibile e trovare un modo per tornare a casa.-
-Non potrai mai andar via di qui.- dichiara Sango, con tono flebile.
-Che cosa?- gemo, impaurita.
-Lo sceicco ha fatto di te la sua Ikbal.- (*)
-Temo di essermi persa.- ammetto.
Non so perché, ma ho il terribile presentimento che quello che mi dirà non mi piacerà affatto.
-Sei la preferita dello sceicco, Kagome, la sua ikbal.-
Sgrano gli occhi, mentre le mie labbra si spalancano, disegnando  un’espressione poco elegante, ma del tutto incontrollabile.
-Preferita? Ma se io non l’ho nemmeno mai visto. Sango, devo trovare un modo per andarmene subito.- esclamo disperata, mentre tento di aprire la porta della camera.
-Calmati, Kagome.- mi supplica – ed ascoltami. Non conosci questa terra, i suoi pericoli.-
-Se è per questo non conosco nemmeno il tizio che mi tiene chiusa in questa stanza.-
-Non puoi scappare, soprattutto non ora. Lo sceicco ti ha mandata a chiamare. Vuole vederti. Incontralo, lui potrà darti più spiegazioni.-
Tento di calmarmi, comprendendo che urlare e sbraitare non mi servirebbe a nulla. Lo stomaco si contrae quando all’immagine dello sceicco di cui tanto parla Sango associo quegli occhi neri che anche durante il sonno mi hanno perseguitata.
Saranno i suoi?
-Cosa dovrei fare?- chiedo, spaventata.
-Nulla, ti dirà lui ciò che vuole. Se sono qui è per metterti all'erta riguardo altri pericoli.-
La guardo, aspettando che continui.
-Lo sceicco non è un tipo impulsivo. La sua decisione di fare di te l’ikbal ha contrariato le sue concubine, specialmente colei che prima di te godeva di questa carica.-
-Beh, io non voglio suscitare le inimicizie di nessuno, né voglio essere la sgualdrina preferita di un uomo che nemmeno conosco.-
Gli occhi della mia interlocutrice si accendono per un istante di un’emozione che non so riconoscere.
-In questo posto non puoi fidarti di nessuno, Kagome. Se ti ho detto di non mangiare quel cibo è perché temo sia avvelenato. Dovrai tenere gli occhi sempre aperti, le altre donne ti vogliono  morta.-
Il mio sguardo si sposta automaticamente sul vassoio ancora intatto, per poi tornare su Sango.
-Uccidermi? Stai scherzando? E chi mi dice che posso fidarmi di te?-
Nonostante le mie parole sospettose, le sue labbra si curvano in un sorriso gentile.
-Perché, come te, io non aspiravo a questo. Avevo altri sogni, altre prospettive nella mia vita, prima che qualcun altro me la strappasse, scegliendo per me. E poi anche io sono un Ikbal, ma non “appartengo” allo sceicco!-
-E…e a chi?- domando sempre più confusa.
-Al suo Emiro (*). E’ non sono il comandante dell’esercito dello sceicco, ma anche il suo fratellastro, da parte paterna. Imparerai pian piano a conoscere tutte le figure e le cariche che dirigono questo palazzo, ma non è questo il momento. Sono venuta qui perché non volevo tu ti trovassi del tutto spiazzata, affinché cominciassi a capire qual è l’ambiente che ci circonda. Ora però devi andare.-
-Dove?-
-Dallo sceicco. Le guardie ti accompagneranno nelle sue camere. Non aver paura, a dispetto della loro espressione arcigna, non ti toccheranno.-
-E tu? Dove andrai? Non vieni con me?- domando, impaurita di perdere l’unica persona che conosco in questo posto.
-Tranquilla, quando tornerai mi troverai ancora qui. Se accetterai di fidarti di me, se desidererai la mia compagnia, potremo trascorrere molto tempo insieme.- mi rassicura.
Tento di rispondere, ma la porta della camera che mi ha ospitata viene bruscamente aperta e delle guardie con un cenno del capo, mi invitano a seguirle.
Vorrei arretrare, scappare da qualche parte, ma il sorriso e le parole di Sango in qualche modo mi rassicurano.
Decido di farmi forza e circondata da grossi uomini, ricoperti da bianche divise, attraverso una serie di labirintici corridoi.
Avrei mille domande da porgere, ma preferisco rimanere in silenzio.
Sento il battito del cuore irregolare, gli occhi pungere e le mani sudare per l’agitazione, ma so di dovermi far forza se voglio avere la speranza di uscire da questa pazza situazione.
Si fermano, costringendo anche me a farlo, dinnanzi ad un’enorme porta e dopo aver scambiato qualche frase, in una lingua per me incomprensibile,  mi invitano con gesti chiari a varcare la soglia.
Esito per alcuni istanti, ma quando il malcontento si fa esplicito sui loro volti, costringo le mie gambe a muoversi.
La prima cosa che mi colpisce, è l’ampiezza della camera. L’ambiente, enorme, è illuminato dalla luce lunare proveniente dalla porta-finestra. Al centro noto subito un enorme letto, contornato da vari mobili e suppellettili.  È innegabile dire che, per l’era in cui ci troviamo, l'ambiente è arredato con gusto; seppur l’arredamento è ridotto all'indispensabile lo spazio non risulta vuoto o spoglio. I tappeti e i cuscini colorati creano un contrasto vivace con le pareti bianche, donando un tocco di allegria alla camera.
Troppo concentrata e incantata da ciò che mi circonda, mi accorgo tardi dell’ uomo che mi fissa con sguardo divertito.
Arrossisco oltre ogni limite quando mi rendo conto del suo vestiario...o meglio di ciò che manca!
Pantaloni larghi gli fasciano le gambe, che chissà perché immagino muscolose, sorretti da un fiocco all'altezza del pube. Il petto nudo è perfettamente scolpito e ogni muscolo delineato. Le spalle sono larghe, possenti, così come le braccia erculee. I tratti del suo volto sono marcati, virili, decisi. La pelle abbronzata dal sole perfettamente si abbina ai capelli e alle sopracciglia nerissime. Tutto in lui sa di selvaggio, indomito. È quando incontro i suoi occhi che mi perdo totalmente. Neri, come la notte fredda del deserto, illuminati da caratteristiche pagliuzze violette, decisi, furbi, attenti.
Mi risucchiano, incatenandomi.
Sono il verso basso della sua risatina e il mio respiro affannato che mi riportano alla realtà.
Arrossisco ancor di più per l’imbarazzo, quando mi rendo conto di starlo ancora fissando e chino il volto per la paura che i miei pensieri siano chiaramente leggibili dai miei occhi.
-A quanto pare quello che vedi ti piace.- bisbiglia.
Quell'affermazione prepotente mi urta, vorrei protestare, ma sono troppo presa dall'ascoltare la sua voce. Dovrebbe essermi totalmente estranea, eppure è così familiare, calda.
-Sei fortunata..anche tu mi piaci, Ikbal.-




Angolo dell'autrice: Ciao a tutti :) 
A questo punto un pò di cenni storici e traduzioni sono obbligatori.
Ikbal, conosciute anche come odalische, com'è intuibile, erano le preferite. Si distinguevano dalle altre donne dell'harem non solo per i favoritismi accordati loro, ma anche per la posizione gerarchica che occupavano all'interno dello stesso harem
Emiro, letteralmente "comandante". Può essere ricollegato a diverse cariche sociali, spirituali, militari ecc. Indica comunque una persona che gode di molto potere.
Costantinopoli, sarebbe l'attuale Instanbul...tu vedi se dovevo mettermi a scrivere di luoghi Turchi proprio dopo che la mia amata Juve ha perso lì xD
L'arrivo di Sango dal Giappone alla Turchia è spiegabile col fatto che intorno al 1542-43 furono i Portoghesi approdarono casualmente sulle coste Giapponesi..
Mmm...credo di aver detto tutto. Se ci fossero dei dubbi basterà comunque farmelo notare.
Chiedo scusa, se ci sono imprecisioni o forzature storiche!
Detto questo, dopo questo capitolo potete immaginare un pò su che ambiente si muoverà la trama...so che è una cosa un pò strana, ma l'idea mi piaceva e spero sia così anche per voi :)
Invito, come sempre, chi ne abbia voglia ad iscriversi al gruppo: https://www.facebook.com/groups/758064124210814/ Troverete spoiler, amicizie e moltissime delle vostre autrici preferite! Vi aspettiamo ^^
Baciii ^^
   
 
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