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Autore: Sexy_Shit    12/12/2013    1 recensioni
Lo guardai negli occhi. I suoi saettavano da un punto all'altro del mio volto, senza mai soffermarsi sui miei occhi. Infilai una mano tra i suoi capelli, massaggiandoli. Quanto avevo desiderato farlo. Ed erano proprio come li avevo immaginati: soffici e vaporosi, come la pelliccia di Bianca. Ed emanavano un profumo di shampoo alla frutta, quello per bambini. Senza riuscire a resistere vi infilai anche l'altra mano, iniziando a tirarli leggermente e a giocherellarci. Lui sorrise, avvicinandosi. Mi cinse i fianchi con le mani. Il respiro mi si bloccò in gola. Eravamo così vicini...
Cazzo. Le sue labbra avevano un sapore anche migliore di quello che avevo immaginato.
dedico questa storia alla mia migliore amica che mi ha tormentato tutta l'estate
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- ho fame. - si lamentò stiracchiandosi.

- pizza? - chiesi con il telefono già in mano.

- uffa... - si lamentò rannicchiandosi su stessa – è da una settimana che mangiamo pizza, pranzo e cena. E a colazione mangiamo quella avanzata dal giorno prima. -

- allora potresti imparare a cucinare. - le rinfacciai.

Lei iniziò a rotolare sulla moquette blu scuro, gemendo.

- perché non impari tu, brutta mantenuta che non sei altro! - urlò alzandosi di scatto, indicandomi.

- chi è che ha trovato questo appartamento per due? - chiesi io.

- bé... -

- chi è riuscita a comprarlo per un buon prezzo? -

- non era tanto basso... -

- chi ha pagato la prima rata per entrambe perché una certa persona era senza lavoro? - chiesi inarcando le sopracciglia.

Lei sbuffò e si arrese.

- ok, ok, ordiniamo una pizza... -

Premetti il pulsante verde sulla tastiera del cellulare e feci partire la telefonata.

- pizzeria Italia, buona sera. -

- due pizze margherite a domicilio...st. Jimmy, 22nd avenue. -

- può lasciarmi il nome? -

- Carter. -

- arriveranno per le otto e mezza. A rivederci. -

Riattaccai senza nemmeno salutare.

- ma lì la pizza fa schifo! Perché la compriamo lì? – chiese la mora, continuando a rotolarsi a terra.

Si fermò all'improvviso, come colpita da un fulmine.

- oh...io lo so perché la prendiamo lì... -

Si alzò e venne a strusciarsi contro la mia spalla.

- ti piace il ragazzo delle consegne... -

- oh, ma stai zitta! - dissi spingendola via.

Mi alzai da tavola e andai a sedermi sul divano.

- a me piace quella pizza. Per questo la compro lì. -

- ma se fa schifo anche al cane. - disse prendendo in braccio il piccolo cagnolino bianco candido.

- a te piace la polverina, vero, Bianca? - chiese retorica, scoppiando a ridere.

- la vuoi smettere di fare pessime battute su quel povero cane? - la rimproverai, irritata.

- l'hai scelto tu questo nome. -

- si ma io intendevo bianca come la neve, o come una nuvola...non come la cocaina, brutta drogata del cazzo! -

A distrarci da quell'inutile conversazione fu il campanello.

- pizza! - esclamò la mora.

- non. azzardarti. ad. aprire. - dissi telegraficamente, inchiodandola sul posto.

Mi sistemai i capelli e presi un respiro, per poi aprire la porta.

Sorriso smagliante, due dolcissime fossette, due smeraldi al posto degli occhi e un mare di riccioli castani e disordinati.

- ciao. -

La sua voce roca mi faceva venire i brividi ogni volta. Avrei voluto iniziare a saltellare sul posto facendo versi strani per farmi passare la strana sensazione che mi veniva quando lo vedevo, ma stavo immobile. Dentro morivo e fuori ero educata e posata.

- certo, che mangi un sacco di piazza. - disse per spronarmi a parlare.

In quel momento mi resi conto che dovevo essere rimasta in silenzio a fissarlo come una maniaca pervertita.

- oh sì. Io adoro la pizza. -

Lui sorrise mettendo in mostra le fossette e mi porse i cartoni di pizza. Li afferra maldestramente e gli porsi una banconota da cinquanta.

- non ne hai una da dieci? - chiese speranzoso.

Non feci nemmeno a tempo ad aprire la bocca che la mia coinquilina gli aveva già messo in mano i soldi giusti, senza resto.

- oh, grazie. - disse il riccio, sorridendo alla mora.

- figurati, basta che vi muovete. Sto morendo di fame! -

Prese un cartone di pizza e se ne tornò dentro. Io rimasi ferma sulla soglia, con un'espressione d'odio in volto.

- bé, ci vediamo, allora. -

- meglio che mi metta a dieta. -

Lui ridacchiò mi voltò le spalle, scendendo le scale. Chiusi la porta e tornai in cucina a passi pesanti.

- ti avevo detto di rimanere qui! - le urlai contro.

- avevo fame! - urlò a sua volta, strafogandosi di pizza.

- bè, spero che ti vada di traverso. -

Mollai il cartone sulla tavola e me ne andai in soggiorno. Aprii la porta finestra e uscii sulla piccola terrazza, seguita dal piccolo cagnolino bianco. Mi affacciai alla ringhiera. Il vento freddo mi frustava il viso, spostandomi i capelli sugli occhi. Era una notte di gennaio particolarmente fredda. Me lo immaginavo là fuori, sul suo motorino, a fare avanti e indietro fino alle undici di sera. Sospirai e tornai dentro. Mi piazzai sul divano e rimasi lì, fino alle undici.

- io vado a letto. - disse la moretta, stropicciandosi gli occhi.

- io sto su ancora un po'. -

- lo so che vai a vederlo... -

- buona notte. - dissi troncando il discorso.

Lei ridacchiò e si incamminò verso la sua camera, con Bianca alle calcagna. L'orologio segnava le undici e dodici minuti. Ormai doveva essere a casa. Mi alzai e andai sulla terrazza, affacciandomi sulla ringhiera. Le luci del palazzo di fronte al nostro erano accese. Da quella terrazza riuscivo a vedere la vetrata della sua camera, al secondo piano. Le luci si accesero: era arrivato, puntuale come sempre. Entrò nella stanza con passo pesante, togliendosi la maglia. Poi iniziò a slacciarsi anche i pantaloni, rimanendo in intimo. Si passò una mano tra i capelli, scompigliando i suoi ricci perfetti. Quanto amavo quei capelli. Qualcuno avrebbe potuto pensare che fossi una pedofila e, forse lo ero. In fondo era più piccolo di me. Da un mese a questa parte ero costretta a prendere l'autobus per andare a lavorare, dato che la mia povera auto veniva rapita ogni mattina dalla mia coinquilina. Così, lo avevo riconosciuto. Aveva si e no diciotto anni e frequentava un liceo classico, il più prestigioso della zona. Harry Styles si chiamava. Ma non dovevo invaghirmi di un ragazzino, non era opportuno. Sarebbe andato tutto a mio svantaggio. I miei rapporti precedenti erano stati tutti con uomini più grandi di me e tutti erano finiti male. Gli uomini pretendono troppo. Il vestito carino, sempre dolce e gentile, dargli sempre ragione, obbedire, fare i lavori di casa...ci sono donne che lo fanno. Io no.

Quando tornai a guardarlo lui alzò lo sguardo e mi vide. Io mi abbassai di colpo, battendo il fondo schiena sule mattonelle della terrazza. Velocemente gattonai fino alla porta ed entrai.

Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo.

D'altronde, fare figure di merda era il mio forte.

- Lola...vieni a nanna. - disse la mora, sbucando dal corridoio.

Le cinsi la vita e le baciai la fronte.

- andiamo a letto Bu. -

 

* * *

 

- ehi Lola... -

Mi voltai e vidi Bu saltellare fino a me. Si era fatta due piccoli codini alti che la facevano assomigliare ad un coniglietto.

- per stasera... - cominciò appoggiandosi sulla mia spalla - ...avrei trovato un ragazzo e, mi chiedevo se... -

- vai a divertirti. -

Presi un grande sorso di caffè. Nero e amaro, come piaceva a me. Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia.

- e tu che progetti hai? - mi chiese sedendosi di fronte a me. Si servì due pancakes che avevo preparato prima sul piatto e li ricoprì di Nutella.

- me ne starò a casa. -

- ma è l'ultimo dell'anno! - esclamò ingurgitando una sorsata di latte – non puoi rimanere a casa! -

- è l'ultimo dell'anno, eppure, devo essere a lavoro tra mezz'ora. -

La mora sbuffò. Mi alzai e andai a farmi una doccia. Accesi lo stereo e mi infilai sotto al getto di acqua bollente. Mi piaceva cantare. Cantavo appena potevo. Mi abbandonai al massaggiante getto d'acqua e alla melodia rilassante.

 

- quindi oggi posso usare l'auto che è mia di diritto? - chiesi tornando in cucina, pronta per partire.

- veramente... - disse la mora.

- ok, ok, a stasera. -

Presi le chiavi di casa e uscii. Tanto l'abbonamento per l'autobus ormai l'avevo fatto.

 

* * *

 

- le ripeto che non vendiamo gelato per cani qui. -

- ma come no? Io ho visto le pubblicità in televisione! - urlò irritata la vecchietta.

- senta, perché non prova nel negozio del prossimo isolato? Lì magari lo vendono. - le suggerii, esasperata.

La signora con una pessima permanente aggrottò le sopracciglia ridisegnate, stringendo a se il piccolo carlino bianco che continuava ad abbaiare istericamente.

- ma non è possibile. Dovete averlo anche qui. -

- ma le assicuro che non ce l'abbiamo. -

- ma è capo d'anno. Il mio Steve vuole festeggiare. -

Io ridacchiai – è un cane...non sa nemmeno che giorno è oggi, se è estate o inverno! Sa solo quando deve mangiare e quando deve cagare nel giardino di qualcuno. -

La vecchietta spalancò gli occhi.

- il mio Steve non ha mai fatto i suoi bisogni dove non si può! - mi assicurò.

- certo, immagino che il suo Steve sia una cane fantastico, ma... -

- io esigo quel gelato! -

- non abbiamo quel fottutissimo gelato! - urlai – e se, per favore, ora si toglie dalle palle e fa stare zitto il suo fottuto cane le sarei ancora più grata, grazie. - dissi fissandola.

Lei mi guardò incredula con occhi e bocca spalancati e uscì, portandosi dietro il cane, che quasi si soffocava da quanto abbaiava forte.

- Lola... -

Mi voltai e vidi Louis, il figlio del capo che, di conseguenza, era il supervisore, scuotere la testa.

- senti, Lou, è l'ultimo dell'anno, sono le dieci di sera e io sono ancora bloccata qui a servire vecchiette isteriche con cani mangia gelato. Quindi, scusa. -

Sospirò e si passò una mano tra i capelli castani e poi portò le mani ai fianchi.

- hai appena cacciato una dei nostri clienti abituali. -

- mi dispiace. -

- dovrei punirti... -

- lo so. -

Sospirò ancora.

- ...ma ti voglio troppo bene e questa sera voglio chiudere presto, quindi, fanculo la signora Watson e chiudiamo questa baracca. -

Gli sorrisi, grata. Lo aiutai a sistemare e poi mi tolsi il grembiule, indossando il mio giubbotto blu scuro. Quanto adoravo quel giubbotto, enorme e caldo. Mi avvolsi la sciarpa di lana attorno al collo e la sollevai fin sopra al naso e infilai il mio berretto di lana azzurro.

- prego signorina. - disse Louis facendomi uscire per prima.

Chiuse la porta a chiave e abbassò la serranda metallica.

- e ci si vede tra una settimana, brutta baracca. - disse rivolto al negozio di suo padre.

Io risi e lo presi a braccetto.

- cosa farò senza di te per una settimana, Tommo? - chiesi ironica.

- morirai di noia. -

Risi di nuovo.

- allora, che farai stasera? - chiese giocherellando con le chiavi della sua auto.

- maratona Harry Potter. - dissi senza troppo entusiasmo.

Lui si voltò molto lentamente con sguardo scioccato.

- cosa?! -

- oppure potrei fare maratona Saw...tanto c'è Bianca con me, mi proteggerà lei dai mostri. -

- tesoro sei impazzita? - disse parandosi davanti a me.

Mi prese per le spalle e mi diede uno scossone. Io risi.

- è l'ultimo dell'anno, capisci? Il 31 Dicembre! Il giorno in cui puoi bere fino al coma etilico, il giorno in cui puoi fare orge selvagge con chiunque incontri! Il giorno in cui-

- il giorno in cui resterò a casa perché sono una ragazza triste e asociale. - lo interruppi, prima che potesse fare altri esempi.

- è per un ragazzo? - chiese riprendendo a camminare.

- non per uno...è per tutti i ragazzi! Io non riesco a...ad avere rapporti. Non sopporto di ricevere ordini, non sopporto che mi critichino non sopporto la vita di coppia! E i ragazzi sono dei grandi stronzi. -

- lo so, non occorre che lo venga a dire a me. Infondo, sono ragazzo anch'io, no? -

Lo guardai e gli sorrisi dolcemente, prendendolo di nuovo a braccetto.

- tutti, tranne te, o mio dolce Lou. Tu sei dolce e simpatico e... -

- e bellissimo, direi. -

Scoppiammo a ridere entrambi.

- sì, sei bellissimo e sexy. -

Eravamo arrivati alla sua auto.

- vuoi un passaggio a casa? - mi chiese gentilmente, facendo scattare la sicura dell'auto.

- no, grazie. Dovrai andare da qualche parte tu, devi farti bello. Ci vediamo la settimana prossima Lou. -

- alla settimana prossima Lola. -

Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte. Salì in auto e se ne andò. Io sospirai e sollevai di nuovo la sciarpa sopra al naso. Affondai le mani nelle tasche e mi incamminai verso la fermata dell'autobus, che non era molto lontana.

 

- l'autobus era in ritardo? - mi domandò Bu dall'altra parte della casa.

- già. Ma lo perdono, per questa volta. - urlai.

Mi tolsi il giubbotto e lo appesi all'attaccapanni. Mi tolsi il cappello e la sciarpa e mi sdraiai sul divano e iniziai a giocherellare con la cagnolina, innervosita, dato che le avevo rubato il posto. Mi tolsi le scarpe e anche i jeans.

- libertà. - esultai tra me e me.

Li lasciai cadere sul pavimento e mi alzai, dirigendomi in cucina. Riempii una tazza di latte, latte intero, e ne bevvi un orso. Adoravo il latte.

- ehi. -

Mi voltai e sorrisi.

- dove sono la felpa e i calzoncini da basket? - chiesi ironica.

Lei sorrise e si nascose dietro le mani.

- ti sta da favola, Bu. -

Indossava un tubino nero lungo fino a metà coscia e dei tacchi alti almeno dieci centimetri.

- ehi, ma quelle sono le mie scarpe! -

- lo so, ma...dato che tu non uscivi stasera... -

- ma non ci sai camminare! -

- e invece sì! ...ho fatto le prove... -

Scoppiai a ridere. Lei mi fulminò con lo sguardo.

- e hai fatto un disastro con il trucco. - la rimproverai.

Si toccò gli occhi.

- dai, vieni; ci pensa la mamma. -

La spinsi verso il corridoio facendola sbuffare ed entrammo in bagno. Le misi in mano del cotone e il flacone di crema detergente.

- togliti questa roba che ti metto apposto io. -

Lei sbuffò di nuovo e iniziò a struccarsi. Io presi l'occorrente dal cassetto destro della specchiera, il mio. Gli unici trucchi che possedeva lei erano eye lineer, mascara e fondotinta. Non penso ne conoscesse altri tipi.

- lo so che ti sei impegnata Bu – dissi iniziando a spalmarle il fondotinta su tutto il viso – ma sei più brava a disegnare. -

- ma tu eri in ritardo. -

- potevi fare qualcos'altro nel frattempo. -

Spolverai un po' di blush sulle sue gote, poi passai agli occhi.

- credimi, oggi ho fatto tutti i propositi dell'anno scorso aspettando te. -

- per esempio? -

- ho portato a spasso Bianca, ho suonato la chitarra, ho letto – sbadigliò – ho cantato come un'oca giuliva. -

- questo lo fai sempre. - dissi facendola ridere - e non ridere, che mi rovini il trucco. -

- poi mi sono fatta la ceretta, un dolore insopportabile, ho ascoltato musica, ho guardato un programma su come dimagrire e poi... -

- ma vuoi stare zitta un po'? Parli sempre! - dissi per indispettirla.

- mi hai chiesto tu di parlare! -

- ecco, ho finito. Guarda il mio capolavoro. -

Uscì velocemente dal bagno per andare a specchiarsi in camera sua, sullo specchio a figura intera.

- sono troppo sexy. -

- già. E ora cambiamo scarpe. - dissi entrando con dei decollete neri con un tacco più basso.

La feci sedere sul letto e glieli tolsi, mettendole quelli nuovi. Lei mugugnò qualcosa, ma non le diedi retta.

- ora sei una schianto assoluto. - decretai.

Suonarono il campanello. Lei si alzò di corsa e si chiuse in bagno.

- ...Bu? - la chiamai confusa.

- vai tu ad aprire. Devo fare la mia entrata in scena. -

Sospirai e sorrisi. La solita esibizionista. Mi infilai i suoi calzoncini da basket blu elettrico e andai Ad aprire la porta.

- sorpresa! -

Spalancai gli occhi.

- Louis? La mia Bu esce con Louis Tomlinson?! Non è possibile... -

Lui rise e si passò una mano sulla nuca, imbarazzato.

- bé, quando veniva a prenderti al lavoro fin che ti cambiavi avevamo modo di parlare e, sai...una cosa tira l'altra... -

- e perché io vengo a saperlo solo ora? - chiesi un po' più arrabbiata, alzando la voce, così che anche la sua complice potesse sentirmi.

- e dai, Lola...eri lenta a cambiarti... -

lo sguardo del ragazzo si spostò su qualcosa alle mie spalle; sul suo viso apparve un sorriso ebete che, sapevo, non lo avrebbe abbandonato per il resto della serata.

- oh, ma, tranquilla; – disse strizzandomi l'occhio – c'è una sorpresa anche per te, se non l'avessi notato. -

Mi oltrepassò per entrare in casa e io rimasi di sasso, per poi arrossire violentemente.

- ciao. - disse mettendo in mostra le fossette.

Io rimasi ferma sulla soglia, senza proferire parola.

- niente pizza stasera. - notò lui, ironico.

- già. - dissi semplicemente.

Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Perché la mia loquacità se ne andava quando dovevo parlare con lui?

- Harry. - disse porgendomi la mano.

Lo so”, avrei voluto rispondere.

- Lola. - risposi telegrafica, stringendogli la mano.

Le sue mani erano così grandi e confortevoli. Così calde, così morbide...

- bé, era ora che mi dicessi come ti chiami. - disse ridacchiando.

Io sorrisi, in imbarazzo.

Oddio. Voleva sapere il mio nome.

- scusa. - dissi facendomi da parte, perché potesse entrare. Lui sorrise ed entrò.

- allora...farai il terzo in comodo? - gli chiesi, facendomi coraggio.

- in realtà...Louis mi aveva promesso una ragazza. E non avrei potuto immaginare di meglio. -

Io sorrisi, e abbassai lo sguardo. Incrociai le braccia e mi appoggiai alla porta.

- forse non ti ha detto che non vengo con voi. -

- no, no; lo so benissimo. -

Storsi la testa di lato; niente da fare, era carino anche da quell'angolazione. Ma non potevo e lo sapevo benissimo.

- forse Louis non ti ha detto nemmeno che ho la sua stessa età. -

- me l'ha detto. -

- e allora? Cosa speri di concludere? -

- non so...potremmo stare qui...guardare un film... -

- Harry, tu... - dissi scuotendo la testa.

Sbuffai e mi diressi in cucina.

- io cosa? - chiese inseguendomi.

- sei troppo piccolo. - dissi aprendo il frigorifero.

- sono più alto di te. E scommetto che peso anche di più. -

- si parla di età, Harry. -

- l'età è solo un numero. -

Mi voltai a guardarlo, divertita dalla situazione.

- viviamo in una società basata sui numeri. Più il numero è alto più hai successo. Su qualsiasi cosa. -

- sai, non ti facevo così... -

- così come? -

- così bigotta. -

Ridussi gli occhi a due fessure e aprii la bocca per ribattere ma non mi fu concesso.

- noi andiamo, allora. - disse Bu, facendo capolino dalla cucina.

- divertitevi! - urlò Louis dalla soglia.

- ma non troppo! - ribattè la mora, prima di chiudere la porta.

Presi in mano la bottiglia di latte e mi avviai verso il salotto.

- allora...cosa vuoi fare? - mi chiese.

Io accesi il televisore, senza rispondergli.

- ok... -

Si tolse il giubbotto marroncino chiaro e lo appoggiò sul divano. Sotto indossava un maglione nero, leggermente più grande della sua taglia. Si sedette accanto a me.

Ma perché ora mi comportavo così? Che cavolo mi passava per la testa?

- mi dispiace. - dissi fissando le immagini nel televisore – non volevo sembrarti una “bigotta”. -

Lui sorrise.

- dimostrami che non lo sei, allora. -

Mi volti a guardarlo. I suoi occhi verdi mi lanciarono uno sguardo di sfida. Mi morsi il labbro inferiore e scossi la testa, tornando a guardare il televisore.

- oh, e andiamo! - esclamò, scocciato – ho sprecato la sera di capo d'anno per stare qui con te. -

- bè, puoi sempre andartene, sai dov'è l'uscita. - dissi bevendo un sorso di latte.

- non sei carina. -

- lo so benissimo. - dissi alzandomi dal divano.

- lo so che non sono carina. Se fossi carina, ora non starei qui a trangugiare latte da sola. -

spensi la televisione e andai di corsa sulla mia terrazza, sentendo gli occhi che cominciavano a pizzicare.

Stupida. Soltanto stupida ed egoista. Avevo rovinato tutto, ancora una volta. Mi appoggiai al parapetto di mattoni rossi.

- tu vieni spesso qui, vero? - chiese lui, appoggiandosi a sua volta, accanto a me.

Io annuii, asciugandomi le lacrima con le maniche della felpa.

- ti guardo spesso, sai? - disse.

Intuii un sorriso fin che parlava. Mi voltai. Aveva appoggiato il mento sugli avambracci.

- e anche tu mi guardi. -

Io risi – te ne sei accorto, eh? -

Anche lui rise.

- è difficile non accorgersi di te. -

Tornai seria. Mi affacciai di nuovo e puntai lo sguardo oltre il palazzo difronte, verso le montagne.

- mi piace guardarti. - dissi trovando un coraggio inaspettato – perchè è strano pensarti come un ragazzo normale, che studia, che va a scuola, che gioca a calcio e tutto il resto. Per me resterai per sempre il ragazzo delle consegne. -

Lui sorrise.

- non volevo offenderti, prima. - Disse dopo un po', abbassando lo sguardo.

- in realtà...ti trovo molto carina. -

Abbassai lo sguardo anch'io, arrossendo. Carina.

- molti mi hanno detto che sono sexy. Ma mai nessuno mi ha detto che sono carina. -

- lieto di essere il primo. - disse avvicinandosi.

- solo che...non so...mi sembra tutto così assurdo... -

Non sapevo come spiegare. Tutto quello che avevo sognato ora stava accadendo. Ma forse, non volevo che accadesse.

- assurdo? - mi chiese avvicinandosi ancora.

- insomma...tu sei qui... -

- anche tu sei qui. - disse facendomi ridere.

- non è quello che intendevo. -

- ho capito. -

Lo guardai negli occhi. I suoi saettavano da un punto all'altro del mio volto, senza mai soffermarsi sui miei occhi. Infilai una mano tra i suoi capelli, massaggiandoli. Quanto avevo desiderato farlo. Ed erano proprio come li avevo immaginati: soffici e vaporosi, come la pelliccia di Bianca. Ed emanavano un profumo di shampoo alla frutta, quello per bambini. Senza riuscire a resistere vi infilai anche l'altra mano, iniziando a tirarli leggermente e a giocherellarci. Lui sorrise, avvicinandosi. Mi cinse i fianchi con le mani. Il respiro mi si bloccò in gola. Eravamo così vicini...

Cazzo. Le sue labbra avevano un sapore anche migliore di quello che avevo immaginato. Sapevano di miele e chewing-gum alla menta. Si allontanò lentamente, facendo sfiorare i nostri nasi.

Ancora.

Mi avventai nuovamente sulle sue labbra. Era come una droga.

Ora basta. Un bacio è sufficiente.

Mi allontanai lentamente, cercando di ricompormi. Ero andata anche troppo oltre. Tentai di voltarmi ma lui mi teneva stretta.

- Harry... -

Le sue labbra giunsero di nuovo. Mugugnai qualcosa che nemmeno io riuscii a capire ma non feci nulla per allontanarlo. Mi spinse delicatamente all'indietro, dentro casa. Io mi aggrappai a lui per non cadere, quando inciampai sul tavolino di legno e mi ritrovai a terra, con la schiena contro il divano. Divaricai le gambe e lui si infilò tra di esse, a gattoni, congiungendo nuovamente le sue labbra alle mie. Gli cinsi il sollo con le braccia, lamentandomi sommessamente. Mi sollevò la maglietta ed anche il reggiseno, senza girarci tanto intorno. Mi aggrappai alle sue spalle.

Il sangue mi si gelò nelle vene quando sentii la porta di casa aprirsi. Lo spinsi via, ricomponendomi rapidamente. Sentii il ragazzo gemere; lo avevo mandato a sbattere contro il tavolino.

- oddio scusa! - dissi portando una mano alla bocca.

- tutto ok... - disse lui, cercando di sorridere.

- ehi. - disse Bu, facendo capolino dalla cucina.

- cosa ci fai ancora qui? - chiesi arrabbiata, alzandomi da terra.

- avevo dimenticato il cellulare. È lì per caso? -

Vidi il suo palmare appoggiato sul tavolino di vetro, accanto a cui giaceva Harry, ancora dolorante. Glielo porsi.

- non fatevi male, però... -

Appena fu uscita sospirai di sollievo. Harry si era alzato e si era infilarsi il cappotto.

- ho il turno delle dieci stasera. - annunciò.

Io lo guardai incredula, ma non aprii bocca.

- finirò per le due. -

Annuii, delusa. Il ragazzo si avvicinò, cingendomi la vita, per poi darmi un bacio sulla fronte.

- quando torno festeggiamo. - mi sussurrò all'orecchio, per poi mordermi il lobo.

Con sguardo sognante lo guardai uscire dalla porta, per poi infilarsi nel traffico di Londra con la sua vespa rosso fuoco, nella fredda notte del 31 dicembre. Con i capelli al vento e il casco slacciato, la giacca aperta, gonfiata dal vento. Forse dovevo semplicemente arrendermi a lui, mi aveva catturata, non potevo liberarmi. Avrei dovuto aspettarlo ben quattro ore. Da sola.

In quel momento mi resi conto che se fossi stata in grado di aspettarlo per quattro ore, avrei potuto aspettarlo anche per sei, otto ore, una settimana, un mese, un anno.

Lo avrei aspettato per sempre.


Lola questa è la tua storia che ho scritto con tatnto amore per te quindi apprezzala :3

  
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