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Autore: Macbeth nella Nebbia    12/12/2013    7 recensioni
questa one-shot partecipa al contest "Onironauta" indetto dal gruppo facebook "Le ragazze e i ragazzi della porta accanto. (Efp website)"
Me ne stavo seduta sul letto.
La schiena perfettamente dritta, nuda e accarezzata dal lieve vento autunnale.
I piedi ben saldi a terra, poggiati sul parquet scuro della nostra camera da letto.
“C’è qualcuno qui.” continuavo a ripetere a mio marito.
“Tesoro, non c’è nessuno in casa tranne noi. Torna a dormire.” mi ha rassicurata.
Così mi sono rimessa sotto il lenzuolo e il suo braccio sotto il mio seno mi ha stretta a sé.
“Ci sono io qui...” e così mi sono riaddormentata.
Non so dopo quanto tempo precisamente mi sono svegliata di nuovo. Madida di sudore e con il cuore che batteva all’impazzata.
Il braccio di John non era più stretto a me ed io non ero vicina a lui.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa one-shot partecipa al contest Onironauta creato dal gruppo facebook Le ragazze e i ragazzi della porta accanto (Efp website) 

I giudici ufficiali del contest sono:
Žanna Aleksandrovna Metanova
Malaria Efp
Lori Liesmith
Il giudice ufficioso del contest è:
Mery Scrittricedistorie (Vella)











Wikipedia: "Il termine onironautica, o sogno lucido (dall'inglese lucid dream), è un termine coniato dallo psichiatra e scrittore Frederik van Eeden, per indicare un'esperienza durante la quale si può prendere coscienza del fatto di stare sognando. Il sognatore in questione, detto onironauta, può quindi, con la pratica, esplorare e modificare a piacere il proprio sogno. Coloro che hanno avuto esperienze di sogno lucido le descrivono come eccitantie realistiche."



 

what the water gave me.







Me ne stavo seduta sul letto.
La schiena perfettamente dritta, nuda e accarezzata dal lieve vento autunnale.
I piedi ben saldi a terra, poggiati sul parquet scuro della nostra camera da letto.
“C’è qualcuno qui.” continuavo a ripetere a mio marito.
“Tesoro, non c’è nessuno in casa tranne noi. Torna a dormire.” mi ha rassicurata.
Così mi sono rimessa sotto il lenzuolo e il suo braccio sotto il mio seno mi ha stretta a sé.
“Ci sono io qui...” e così mi sono riaddormentata, cullata dalle sue parole.
Non so dopo quanto tempo precisamente mi sono svegliata di nuovo. Madida di sudore e con il cuore che batteva all’impazzata.
Il braccio di John non era più stretto a me, sotto il mio seno, ed io non ero vicina a lui, sotto le lenzuola.
Ero sul divano, in salotto. Con la vestaglia addosso e legata in vita.
“Che cosa ci faccio qui...”
Mi sono sfregata gli occhi per abituarmi al buio della casa. Non era nemmeno l’alba fuori.
Non ricordavo nemmeno perchè fossi finità lì. E perchè fossi così agitata nel sonno.
Neanche ricordo cosa stessi sognando.
Ho notato le luci dell’antifurto del garage accese, quella della macchinetta del caffè e poi il frigorifero socchiuso.
Perchè il frigorifero era socchiuso?
Mi sono alzata da terra e senza accendere altre luci mi sono avvicinata al bancone, oltrepassandolo.
Gemma, nostra figlia di cinque anni era seduta per terra. Tremava.
“Gemma, amore, che cosa fai qui? Ritorniamo nel lettino.” le ho detto prendendola tra le mie braccia e accarezzandole i capelli.
“No, mamma. Ci sono i mostri.”
“Non essere sciocca, dai, ti accompagno e ti racconto una storia...Ti va?”
“Va bene...”
“Ti lascio anche la luce accesa.”
Ho chiuso il frigorifero con Gemma in braccio e appena chiusa la porta dell’elettrodomestico una folata di vento forte ha fatto alzare le tende del salotto fino al soffitto.
“E’ il mostro, mamma.”
“No, piccola, è solo il vento. Starà per arrivare solo un temporale. Dai, andiamo.”
Sono andata nella sua stanzetta, e con cautela l’ho rimessa a letto, le ho rimboccato le coperte fino al mento e mi sono messa al suo fianco per raccontarle la storia.
Cosa potevo raccontarle?
Ho sempre adorato Doctor Who, mia madre già mi raccontava le storie, prese dagli episodi visti in tv e io ogni sera mi affacciavo alla finestra con la speranza di veder apparire la TARDIS. A Natale io aspettavo il Dottore per i regali, non Babbo Natale.
I miei amici mi dicevano che ero strana e che nessuno dei due tanto esisteva. Non li ascoltavo mai.
“Allora...Vediamo. Ti racconto di come il Dottore incontra Donna Noble.”1
“Perché mi racconti sempre le storie di Doctor Who, mamma?”
“Bhe, sono delle storie belle, fantastiche ed hanno sempre il lieto fine.”
“Sì ma poi il Dottore cancella la testa a Donna e lei non lo riconosce.”
Ho sorriso alle sue parole, ho sorriso amaramente. In effetti quando il Dottore lascia le sue compagne è sempre triste. Non c’è sempre il lieto fine: mi sbagliavo.
Ho cominciato a raccontarle l’incontro del Dottore con Donna Noble e dopo un po’ ho alzato lo sguardo. Gemma dormiva tranquilla.
Ho smesso di raccontare e poi le ho lasciato un bacio sulla fronte. Ho lasciato anche la luce a forma di uovo di drago2 accesa.
Me ne sono ritornata in salotto a chiudere le porte-finestre.
Mentre chiudevo quella che dà sul balcone sono uscita un attimo proprio ad ammirare la vista del mare inglese.
La luna era alta in cielo, le stelle ben visibili sebbene le nuvole del temporale incombevano minacciose su di esse. L’acqua del mare formava l’alta marea e si infrangeva sulle brughiere e tra gli scogli scuri.
Sono rientrata poco dopo in casa ed ho preso una torcia e un paio di ballerine dall’entrata.
Sono uscita così di casa, andando vicino al mare.
C’era il vento forte, mi scompigliava i capelli rossi naturali.
Sono andata sulla punta della brughiera che si vede da casa, dal balcone.
Ho guardato giù, verso l’acqua che formava una spuma bianca quando incontrava la roccia.
“E’ così che te ne vuoi andare? Per quale motivo poi?”
“Co-cosa sei?”
“Sono te stessa.”
Mi sono girata a destra e a sinistra ma non c’era nulla. Ho guardato dietro di me: nemmeno.
Allora ho di nuovo guardato sotto, dove c’era il mare e mi sono vista.
Sullo scoglio lì sotto, con il sangue che con un piccolo rivolo scendeva dalla testa, dall'attaccatura dei capelli e avevo anche molti ematomi scuri sulla pelle. La vestaglia era tutta strappata e bagnata.
L’acqua continuava a travolgermi, a travolgere quella figura uguale a me.
Non sapevo cosa fare, ero immobile, non riuscivo ad andarmene, a svegliarmi se era un sogno, ad urlare per chiamare John se era realtà.
“Cosa ti turba, cosa vuoi nascondere a Gemma e a John a tal punto da finire così, con il cranio spaccato su uno scoglio?”
“Io. Io non lo so. Ti prego vattene. Ero qui solo per curiosità.”
“Stai mentendo.”
“No! Lo giuro, ti prego vattene dalla mia testa, per davvero, non lo so. Io non voglio morire.”
“Allora perché stavi pensando di fare un salto nel vuoto da qui?”
Con le mani sugli occhi mi sono inginocchiata e poi mi sono rannicchiata sull’erba, per proteggermi.
Poco dopo ha cominciato a piovere, i lampi e i tuoni erano lì nel cielo che piombavano vicino a me, però non mi spaventavano.
Ma io pensavo a Gemma e a John. Magari erano svegli, si stavano chiedendo dove fossi.
“Vattene.” sussurro piangendo. “Ti supplico.”

1riferimento a Doctor Who, serie cult della BBC sci-fi.
2riferimento alle uova di drago di Daenerys Targaryen di Game Of Thrones (Il Trono di Spade).

 


prima cosa: non chiedetemi da dove mi sia uscito questo scritto perchè proprio non lo so.
seconda cosa: non sono abituata a scrivere originali, quindi ogni fatto qui scritto, ogni cosa qui riportata è frutto della mia terribile fantasia.
terza cosa: è facilissimo andare fuori tema. e questo è ciò che mi spaventa per questo contest. D:

bene, ora che ho scritto questi tre punti posso sbizzarrirmi con le note d'autrice.
onironauta, una parola interessantissima e con un significato interessantissimo, ve l'ho voluto riportare da wikipedia così da farvi capire con cosa avevo a che fare per scrivere questa one shot.
una traccia difficile ma "fattibile", cioè. basta pensarci un po' su. il resto ti viene di getto.
non pretendo recensioni, likes, altre cose, ma se vi sentite in dovere di dirmi due parole accolgo con piacere le vostre recensioni!

un bacio,

rains.
   
 
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