Catene.
C'è una sensazione che mi tormenta da quando ero piccola.
Sembrano catene,
strette intorno ai miei arti.
Sento quasi il loro peso,
quasi fossero vere,
a gravare sul mio corpo.
Non importa quanto io urli,
o mi dimeni:
non se ne andranno mai.
Ma neanche la voglia di rompere queste catene se ne andrà.
È bruciante.
La sento risalire dal petto.
Furiosa,
distruttiva,
graffiante.
Adesso riesco ad immaginare i suoi artigli.
Mi prendono,
e non mi lasciano più.
Con movimenti possenti,
ma disperati,
lacerano a suon di unghie il mio collo.
Sento le mie ali,
quelle immaginarie (o forse son vere?),
della mia libertà che vengono strette,
strette nella morsa del controllo e del caos assoluto,
perché so bene che è a questo che mi porterà tutto ciò.
Benché considerati antipodi,
il caos e il controllo sono uguali,
nella loro estrema forma.
Le catene prendono le mie ali,
e le stringono,
facendo stridere il metallo,
accapponandomi la pelle.
Non riesco più a capire se è reale o frutto della mia immaginazione.
La sensazione c'è,
è reale e lì,
pronta a colpirmi quando sarò debole abbastanza,
abbastanza da non reagire.
Mi agito,
ma è inutile.
Ogni volta mi riprende,
torturandomi sempre più,
finché non cedo,
e mi accascio a terra.
Ma non è qui che sembra finire il mio destino:
come un'araba fenice,
mi rialzo dalle ceneri,
per combattere,
ancora e ancora.
Ma so che perderò presto tutta la mia forza,
e con quella, il controllo,
scatenando il caos.
Quando succederà,
le catene saranno distrutte.
E, pur temendolo,
aspetto con ansia quel momento.
© 11.12.2013 ore: 22,22
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