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Alcune guardie elfiche
sollevarono i ragazzi di peso, e solo a quel punto, quando entrambi furono
saldamente nelle mani dei loro carcerieri, l’incantesimo che paralizzava i loro
corpi cessò, ma a quel punto era troppo tardi per tentare una qualsiasi reazione.
«Che
significa tutto questo?» strillò Saito tentando inutilmente di liberarsi
«Non
occorre che tu lo sappia.» replicò freddo Eruvere.
In quel
momento, Eshamel si avvide della presenza, nel punto
in cui Saito e Louise erano caduti, di una strana scatola nera con una specie
di lunga protuberanza e piena di strani pomelli apparentemente girevoli, ed
incuriosito lo raccolse.
Per lui
era solo un gingillo dall’aria incomprensibile, ma Saito la identificò subito
come la loro migliore speranza per salvarsi da quella situazione.
In quel
momento, Saito benedì la sua sbadataggine. Senza volerlo aveva lasciato la
trasmittente appoggiata sul materasso nell’atto di mettersi a letto, e così per
puro caso anch’essa era finita risucchiata all’interno del portale, ma
servirsene non sarebbe stato comunque facile.
Pensare
di riuscire ad accenderla e parlarci all’interno era improponibile in quella
situazione, senza contare che vista l’ora probabilmente non ci sarebbe stato
nessuno dall’altra parte a ricevere la richiesta di aiuto, ma era comunque
l’unica possibilità. E il caso volle che, senza volerlo, Eshamel
ci mettesse del suo per facilitargli le cose.
Nel
tentativo di capire cosa fosse, infatti, l’elfo girò senza volerlo il pomello
di accensione, producendo un assordante effetto nebbia che spaventò buona parte
dei presenti.
Anche le
guardie che trattenevano i due ragazzi si spaventarono, allentando
imprudentemente la presa, e Saito, pur con le mani già legate dietro la
schiena, ne approfittò.
«Maledetto!»
gridò divincolandosi.
Con la
scusa di voler aggredire Eshamel gli si gettò contro,
dandogli una spallata, e come la trasmittente gli cadde di mano subito vi si
gettò sopra, azionando senza essere visto la comunicazione ed innestando il
blocco di sicurezza.
Le
guardie, riavutesi, lo bloccarono di nuovo in pochi secondi, infliggendogli
anche una robusta dose di bastonate.
«Dannato
umano!» sbraitò Eshamel prendendolo a ceffoni «Come
hai osato?»
«Basta,
smettetela!» gridò piangendo Tiffa «Così lo
ucciderete!»
«Basta
così.» intervenne Eruvere.
Solo al
suo ordine i soldati si fermarono, mentre Eruvere non
rinunciò a tirargli un ultimo ceffone.
Saito
era ridotto malissimo, tutta un’ecchimosi, e se i soldati non lo avessero
sorretto di peso probabilmente sarebbe stramazzato svenuto al suolo.
Eppure,
pur così conciato, il suo apparire sprezzante non era venuto meno.
«Sarebbe
questa la civiltà superiore di cui voi elfi andate tanto fieri?» sibilò
beffardo all’indirizzo di Eshamel.
L’elfo
serrò i denti, ancor più arrabbiato, ma come fece per scaricare sul ragazzo una
nuova tempesta di botte Eruvere lo guardò in modo
molto severo, quasi minaccioso, e lui, pur fuori di sé per la collera,
incredibilmente desistette.
«Portateli
via».
I
soldati a quel punto trascinarono via i due ragazzi, e inutili furono i
tentativi da parte di Louise di capire il perché di tutto quello o di
pretendere spiegazioni da parte di Tiffa, che di
contro non riuscì neppure a trovare la forza per guardarla negl’occhi.
Nel
momento in cui Saito e Louise venivano portati fuori dalla stanza, dalla
medesima porta fece il suo ingresso Maddarf, scuro in
volto come suo solito ma, se possibile, ancora più teso e funereo di quanto non
fosse già di suo.
«Abbiamo
un problema.» si limitò a dire.
Eruvere ed Eshamel erano
stati informati della pericolosità del nuovo famiglio di Louise, e temevano che
pur imprigionato dall’incantesimo costrittivo apposto sui pendenti sarebbe
stato un osso duro da contrastare, quindi per lui avevano progettato qualcosa
di speciale.
La stanza
dove era previsto il suo arrivo era stata riempita all’inverosimile delle
migliori guardie in servizio presso la capitale, che al momento giusto gli si
sarebbero avventate addosso tutte insieme.
Invece,
al loro arrivo nella stanza, Tiffa e i due elfi
trovarono le guardie avvinghiate non sul generale Kaoru, ma su quella che aveva
tutta l’aria di essere una comune servetta, in camicia da notte e spaventata
come non mai.
«Siesta-san!?» disse Tiffa
«Tiffa!?».
Eshamel
digrignò i denti.
«Si può
sapere che sta succedendo?» ringhiò contrariato «Sarebbe questo il terribile
famiglio della maga del fuoco che sconfigge interi eserciti!?».
Calmo
come sempre, Eruvere si avvicinò a Siesta,
strappandole la parte superiore della camicia da notte, e prendendone fuori il
pendente magico destinato alla loro terza preda.
Esahamel si
fece rosso come il diavolo, e voltatosi di scatto colpì Siesta con un terribile
schiaffo, tanto forte da scaraventarla contro il muro.
«Che
accidenti hai combinato, stupida mezz’elfa!? Le tue
istruzioni erano chiare!»
«Ve lo
giuro!» si giustificò lei piangendo «Io ho fatto come mi avete detto. Ho
lasciato il medaglione in camera del famiglio di Louise, ne sono assolutamente
sicura».
Eshamel era
troppo fuori di sé per credere ad una sola parola di una creatura della quale
non si era mai veramente fidato, e ancora una volta fu Eruvere
a fermarlo.
«È
inutile recriminare. È evidente che non tutto è andato come pensavamo. In ogni
caso, gli imprevisti talvolta capitano».
Ciò
nonostante, Eshamel ne aveva già abbastanza di avere
a che fare con Tiffa.
«In ogni
caso, ora abbiamo ciò che ci serviva.» disse mettendo mano alla spada «Quindi,
questa bestia non ci serve più».
Tiffa si
ritrasse spaventata, ben sapendo di cosa quel pazzo era capace. Aveva imparato a
temerlo in tutte le settimane in cui era stata costretta a stare al suo gioco,
e anche se la morte era forse l’unica punizione abbastanza severa da farle
espirare le sue colpe la prospettiva di morire la terrorizzava, come era giusto
che fosse.
«Lascia
stare. Conosci gli ordini. Limitati a fare come ti è stato detto».
Di
nuovo, l’autoproclamato capo della nazione elfica serrò i denti per la collera,
ma alla fine non ebbe altra scelta che piegarsi. Sapeva bene a chi doveva la
posizione che finalmente era tornato ad occupare, e non era saggio mordere la
mano che lo nutriva; non ancora, almeno.
«Quando
sarà il momento.» disse tuttavia a Tiffa «Sarà un
vero piacere per me ucciderti.» quindi fece un cenno alle guardie, che
trascinarono via sia Siesta che Tiffa lasciando da
soli i due capi.
Nel
rapido avvicendarsi negli eventi, e anche a causa della sfuriata per aver visto
fallire una parte del piano, Eshamel non si era
ancora accorto del fatto che Saito, prima di venire allontanato a forza da lui,
aveva fatto in tempo ad infilargli la trasmittente nella tasca interna del
mantello.
Saito temeva ci sarebbe
voluto parecchio tempo, forse più di quello a disposizione della batteria,
prima che qualcuno arrivasse ad ascoltare ciò che le voci che arrivavano
attraverso la trasmittente.
Quello
che né lui né Louise sapevano, però, era che i portali di Tiffa
non erano obsoleti solo per via del lungo tempo che ci voleva nell’aprirli.
Al loro
interno, per qualche motivo, il tempo scorreva molto più velocemente, cosicché
la sensazione di spendere non più di pochi secondi per attraversarli
corrispondeva in realtà a diverse ore effettive.
Così, se
agli occhi di Saito e Louise era ancora notte fonda, tenendo conto anche del
fatto che dal momento in cui erano stati catturati non erano riusciti a vedere
neanche una volta oltre una finestra, in realtà in molte parti di Halkengina
era già sorto il sole.
Kaoru si
era svegliato molto presto, perché come Colbert non voleva venire meno alla
promessa fatta a Saito e Louise di essere presente al pranzo di natale, così
prima ancora che finisse di fare giorno lui e tutti gli altri avevano iniziato
a prepararsi per fare ritorno a Grasse.
«Non è
un po’ presto per partire?» domandò Quintus, anche lui
invitato alla festa, mentre Kaoru finiva di sellare il suo cavallo
«Voglio
essere a Grasse prima di mezzogiorno.» tagliò corto il ragazzo «Gliel’ho
promesso.»
«E poi
non c’è da preoccuparsi.» intervenne Colbert alzando gli occhi al cielo azzurro
«Ormai la tempesta è passata, e oggi si annuncia una splendida giornata.»
«Speriamo
sia davvero così.» sospirò Kaoru «Dopotutto si sono impegnati tanto per
organizzare questa festa».
Speranza
inutile, perché proprio nel momento in cui Kaoru e il professore stavano per
mettersi in marcia con gli altri soldati giunsero dalla direzione opposta Kilyan e Seena, pallidi come la morte tanto apparivano
spaventati.
«Generale!»
disse Kilyan scendendo da cavallo prima ancora che
questi si fosse fermato «Lord Hiraga e Lady Valliere sono scomparsi!»
«Che
cosa!?»
«È così,
generale. Lord Hiraga aveva chiesto di essere
svegliato prima del tempo per fare una sorpresa a miss Valliere,
ma quando i servitori sono entrati nella stanza da letto l’hanno trovata vuota.
Li abbiamo cercati dappertutto, ma senza esito.»
«Anche
Siesta e Lady Kiluka non si trovano.» incalzò Seena
«Che
cosa può essere successo?» domandò preoccupato Colbert
«Non ne
ho idea, ma non mi piace.» rispose Kaoru.
Proprio
in quel momento, un marinaio della Valliere arrivò
dalla scaletta che conduceva alla darsena.
«Mi
scusi, comandante.» disse rivolgendosi a Quintus «C’è
un problema alla radio, potrebbe venire per favore?»
«Arrivo
subito.» rispose Quintus, che in realtà aveva
tutt’altro in mente.
Anche
Kaoru e gli altri lo seguirono, nella speranza se non altro che proprio tramite
la radio fosse possibile per loro mettersi in contatto con Saito e Louise,
visto che erano gli unici a potersene servire.
Quando
arrivarono nel casotto di ricezione, il radiofonista era ancora al suo posto.
«Che
succede?»
«Comandante.»
disse cedendogli il posto «La radio ha iniziato a trasmettere alcuni minuti fa.
Sento qualcosa, ma non capisco cosa dicono, e la linea è perennemente
occupata».
Quintus prese
le cuffie, alzando al massimo il volume perché tutti potessero sentire. Il
segnale era un po’ disturbato, ma erano chiaramente riconoscibili due voci,
mentre di contro ciò che stavano dicendo sembrava non avere alcun senso.
«Non
sembra una lingua di Halkengina.» commentò Seena con una punta di preoccupazione.
Colbert
si fece avanti.
«È un
dialetto elfico.» capì, ed alzò il suo bastone magico «Aspettate».
Fu
sufficiente un incantesimo gettato sulla radio, e immediatamente
quell’incomprensibile accozzaglia di parole divenne chiara.
Ma erano
parole che nessuno avrebbe voluto sentire.
«E adesso Eruvere, cosa dovremmo fare? Per colpa di quell’elfa incapace, una parte del piano è andata a monte.»
«Non credo sia il caso di
vederla in modo tanto negativo.»
«Non credi sia il caso!? Dei
tre quel maledetto famiglio era sicuramente l’osso più duro, e ci è scappato!»
«Può darsi, ma questo non
cambia nulla. Non può sapere dove siano in questo momento i suoi padroni, né
immagina la reale situazione.»
«E se arrivasse a scoprire
come sono andate realmente le cose? Che quei due mocciosi e la servetta sono
qui a Neftes?»
«Non ha alcuna importanza. E
comunque, ne passerà di tempo prima che possa eventualmente scoprirlo.
Per ora … stabilito …
maestro … scoprire … incantesimo …».
In
quella la comunicazione saltò, e la radio rimase muta.
Dovevano
essersi esaurite le batterie della trasmittente.
Nella
stanza era piombato il silenzio più assoluto, e tutti si guardarono gli uni con
gli altri in cerca di un inesistente filo di speranza; la speranza di aver
sentito male, che fosse tutto un brutto sogno.
Il
gracchiare della porta, aperta da un marinaio venuto alla ricerca del generale
per avvisarlo che la scorta per il viaggio di ritorno chiedeva istruzioni,
convinse tutti che quello, purtroppo, non era un incubo, riportandoli alla dura
realtà.
«Signore…».
Gli
occhi di Kaoru si accesero come quelli di una tigre.
«Macchine
a tutta forza! Partiamo subito!».
I
marinai furono letteralmente tirati giù dal letto, e meno di un’ora dopo la Valliere veleggiava a tutta velocità diretta verso Neftes.
Era una
missione quasi senza speranza, e tutti lo sapevano; per questo l’atmosfera,
anche dopo la partenza, era tanto cupa.
Kaoru,
in plancia di comando, seguitò per ore a scrutare la carta nautica del nord di
Halkengina in cerca di una soluzione, qualsiasi cosa che potesse in qualche
modo accorciare il viaggio.
Kilyan
sembrava anche più pessimista di lui, schiacciato dal peso della vergogna per
aver permesso, proprio lui, il capo delle guardie di palazzo, che i suoi
padroni venissero rapiti sotto i suoi occhi, e non smetteva un attimo di
camminare avanti e indietro per la plancia contando i metri che lo separavano
dal luogo in cui erano tenuti.
«È tutto
inutile.» continuava a ripetere «Non faremo mai in tempo.»
«Smettila,
Kilyan.» lo ammonì Seena «Non sei di nessun aiuto.»
«Purtroppo,
temo che abbia ragione.» sentenziò pessimista Kaoru senza alzare gli occhi
dalla mappa «Ci portiamo dietro quarantaquattromila tonnellate d’acciaio. Anche
spingendo la nave al massimo delle sue possibilità e sfruttando tutta
l’autonomia di volo a nostra disposizione ci vorrebbero almeno cinque giorni
per raggiungere Neftes sfruttando le rotte marine
attualmente conosciute, e dubito che Saito e Louise abbiano tutto questo tempo
a loro disposizione».
Quintus
seguitava a guardare il mare, come perso nei propri pensieri.
«Un modo
forse c’è.» disse avvicinandosi al tavolo, e con mano sicura indicò un punto al
centro della mappa, una sorta di grosso ammasso colorato di scuro che stava
proprio lungo la linea retta che collegava Tristain a Neftes
«Possiamo passare da qui».
Tutti
guardarono, e benché Kaoru non ne capisse il senso intuì dai volti dei suoi
compagni che la cosa non doveva essere così facile come appariva.
«Ma quello… è la Fossa delle Tempeste.» disse Colbert
«La
maggior parte delle rotte che collegano Tristain e Germania a Neftes si muovono lungo la costa.» spiegò Quintus «Ma il nord di Halkengina altro non è che un
gigantesco golfo, del quale Tristain e Neftes
costituiscono le due estremità. Passando per il centro dello specchio d’acqua
anziché lungo le coste, accorceremmo il viaggio di almeno due, forse
addirittura tre giorni.»
«Sento
che c’è un ma in arrivo.» commentò Derf
«Il ma è
che la Fossa delle Tempeste è il braccio di mare più insidioso del mondo.»
rispose Colbert «Da secoli e secoli vi infuria una tempesta che non si
esaurisce mai, che solleva onde alte come montagne, innalza venti capaci di
capovolgere anche il più solido dei galeoni, e genera piogge tali da affondare
da sole le navi con il loro carico d’acqua.»
«La
leggenda dice che l’artefice di tutto sia uno spirito del mare.» disse Kilyan
«Uno
spirito al servizio degli elfi.» aggiunse Seena «Secondo le leggende si tratterebbe
di un guardiano che gli stessi elfi avrebbero messo a protezione della via più
breve tra i loro territori e quelli degli umani. Per impedirci di avere
contatti troppo diretti.»
«Sono
solo storielle da marinai.» tagliò corto Quintus, che
in questi casi era l’incarnazione del pragmatismo «Anche se la tempesta è un
dato di fatto. Nessun comandante ha mai osato avventurarsi al suo interno.»
quindi inarcò le sopracciglia in un moto di orgoglio «Ma nessuno di loro aveva
una nave come la Valliere».
Kaoru ci
pensò a lungo, fissando soprapensiero la macchia scura.
«La Valliere può davvero farcela?» domandò con un filo di voce
«Beh…» disse Colbert «Con le modifiche apportate, e tenendo
conto della sua resistenza, immagino sarebbe teoricamente possibile, anche se indubbiamente
rischioso.»
«Mi
basta questo.» quindi ordinò al timoniere «Timone a dritta, trenta gradi. Rotta
nord-nordest.»
«Nord-nordest,
ricevuto».
Prima
ancora che la nave potesse completare la sua manovra, Kaoru lasciò la plancia
di comando, lasciando i suoi compagni chiaramente perplessi.
Quintus, il
professor Colbert e Kilyan si lasciarono tuttavia
distrarre quasi subito dalle operazioni di manovra e dalle ovvie difficoltà che
li attendevano, così fu Seena l’unica a seguirlo, andandogli dietro fin nei
meandri della nave.
Dopo
averlo perso brevemente di vista, lo ritrovò nella cambusa, intento a guardarsi
attorno come alla ricerca di qualcosa.
Era
preoccupata. E non solo per la missione.
«Sei
sicuro che ce la faremo?»
«Non
abbiamo altra scelta, mi pare.» rispose Kaoru senza distogliere gli occhi dal
suo lavoro.
In
realtà i suoi pensieri erano altri.
I due
elfi che avevano sentito confabulare alla radio avevano parlato di aver
catturato due mocciosi e una servetta. La servetta era quasi sicuramente Siesta,
e i due mocciosi Saito e Louise, quindi significava che Kiluka probabilmente
non era sparita per colpa loro.
Da una
parte questo la rassicurava, ma dall’altra la inquietava, perché, a rifletterci
a posteriori, ammesso e non concesso che Kiluka non fosse stata rapita a sua
volta, voleva dire che la sua padrona era da qualche altra parte chissà dove.
«Che
stai facendo?» si decise a domandare
«Do la
caccia a un topolino.» rispose Kaoru quasi beffardo
«Un
topo!? Credevo che la nave fosse disinfestata.»
«Già. Ma
questo topolino è molto bravo a nascondersi».
Detto
questo, Kaoru si avvicinò ad una cassa che, teoricamente, doveva essere vuota,
e senza indugio la scoperchiò, rivelandone l’occupante abusivo.
«Malgrado
sia bello grosso».
Colta in
flagrante, la clandestina replicò con una linguaccia, a metà tra l’imbarazzo e
la burla.
«Mi hai
beccata».
Riconoscendo
la voce, Seena si fiondò a sua volta sulla cassa.
«Kiluka!?».
Con
tutto quello che era successo Kaoru non aveva più avuto occasione di ripensare
a quell’ombra che credeva di aver visto il giorno prima intrufolarsi nella
nave, ma alla prima occasione aveva fatto due più due e aveva capito di chi
doveva trattarsi.
Come
fosse stata un gattino, la afferrò per collottola tirandola fuori dal suo
nascondiglio.
«Si può
sapere che accidenti ci fai qui, piccola peste senza speranze?» sbraitò Kiluka
dimenticando per un attimo la differenza di grado
«Mi
avevano parlato così tanto di questa nave. Non stavo più nella pelle, e volevo
vederla, così mi sono nascosta nel carretto che è partito ieri da Grasse e mi
sono intrufolata a bordo. Mi dispiace».
Seena si
passò una mano sulla fronte.
«Signorina,
lo sapete che siamo salpati?» disse Derf
«Salpati!?
E per andare dove?»
«Più tardi
ti spiegheremo tutto.» replicò Kaoru «Tanto è chiaro che non abbiamo né tempo
né modo di riportarti indietro e scaricarti a terra.» quindi, tirò un lungo
sospiro di sollievo «Speriamo solo che il professor Colbert e Quintus abbiano sopravvalutato le capacità di questa nave.
O tra l’equipaggiamento che possono vantare gli elfi e il dover attraversare la
Fossa delle Tempeste, temo che questa missione potrebbe assumere i connotati di
un suicidio».
Saito aveva preso tante di
quelle botte da perdere conoscenza, ed al risveglio la prima cosa che vide fu
una coppia di volti a lui famigliari.
Ed erano
volti amici, cosa difficile da immaginare data la circostanza.
«Alla
buon’ora.» disse una squillante voce femminile «Avevi intenzione di dormire
ancora a lungo?»
«L… Luctiana?» disse il ragazzo
riuscendo finalmente a mettere a fuoco «Bidashal?»
«Ti fa
ancora male?» domandò l’elfo volendosi accertare di aver curato bene le sue
ferite
«No… non mi sembra».
Faticosamente,
Saito si mise a sedere, accorgendosi solo dopo qualche momento di trovarsi
sopra uno scomodo pagliericcio all’interno di un’angusta cella di pochi metri
quadri, probabilmente la stessa in cui era stato rinchiuso tempo prima assieme
a Tiffa.
Oltre a Luctiana e Bidashal, con loro
c’erano anche Ari, seduto in disparte in un angolino con un’espressione
contrariata, e Siesta, che accortasi del risveglio del suo padrone si affrettò
a sincerarsi delle sue condizioni.
«Dov’è
Louise!?».
Non
fecero in tempo a rispondergli, che una voce giunse da dietro una delle pareti.
«Saito!»
«Louise!».
Louise
era stata rinchiusa, da sola, nella cella accanto, che invece di un
pagliericcio poteva vantare una brandina non certo di lusso, ma comunque
piuttosto comoda.
C’erano
anche uno specchio, uno sgabello e un tavolo, e sul tavolo capeggiava un
vassoio il cui contenuto, una cena piuttosto sostanziosa per un prigioniero,
non era ancora stato toccato.
«Saito!
Stai bene?»
«Non
preoccuparti, sto bene. Bidashal mi ha curato con la
sua magia.»
«Meno
male.» disse lei tirando un sospiro di sollievo «Ma che ti è saltato in mente
di agire in quel modo? Avrebbero potuto ucciderti.»
«Ho
dovuto farlo. Era l’unico modo per tentare di avvertire Kaoru e gli altri di
quello che ci era successo. Spero solo che qualcuno si sia accorto che ora la
radio trasmette.»
«Credi
che verranno a salvarci?» domandò Siesta
«Come ho
detto, lo spero».
A quel
punto Saito, decisamente contrariato, si rivolse ai suoi compagni di prigionia
per avere delle doverose spiegazioni.
«Ora
però, gradirei che ci spiegaste che diavolo sta succedendo? Che ci fa Eshamel qui nella capitale!? Non lo avevate esiliato?»
«È
così.» rispose cupo Bidashal «Poco dopo la sconfitta
del drago, il sentimento progressista e pacifista degli elfi moderati ha
conquistato ampi consensi, e gli integralisti capeggiati da Eshamel
si sono ritrovati in netta minoranza.»
«Non lo
abbiamo esiliato noi.» spiegò Luctiana «Se n’è andato
da solo. Per essere più precisi, ha dato vita ad un vero e proprio tentativo di
colpo di stato, per riprendere il potere e poter nuovamente imporre la sua
politica fondamentalista in seno al consiglio. Lui e i suoi uomini si erano
ritirati in una fortezza di confine nel cuore del deserto, e non credevamo che
potessero essere una minaccia.»
«Fino
all’arrivo di quel maledetto famiglio.» borbottò Ari
«Come!?»
disse Siesta
«Eruvere è sbucato dal nulla alcuni mesi fa.» rispose Luctiana «Diceva di essere il famiglio di Tiffa, e in principio gli abbiamo tutti creduto. Invece, si
è rivelato tutto un trucco.
In
realtà, lui era alleato di Eshamel. Prima ha
indebolito il nostro esercito con sabotaggi e seminando zizzania tra i nostri
comandanti, quindi ha permesso ai ribelli di organizzare un contrattacco
fornendo loro armi ed equipaggiamenti.»
«Le
nostre forze poste a difesa della capitale sono state spazzate via» e molte
guarnigioni, vedendo il potere di Eshamel crescere
nuovamente, hanno disertato passando dalla sua parte. In poco tempo ci siamo
ritrovati nuovamente in minoranza, e prima che potessimo fare qualcosa la
capitale era nuovamente nelle sue mani.»
«Non ci
avete ancora spiegato che cosa vogliono da noi!» disse Louise, che nonostante
il muro di mezzo era riuscita a sentire
«Questo
non lo sappiamo. Non sappiamo neppure come abbia fatto Eshamel
a mettere le mani su equipaggiamenti che superano persino quelli in dotazione
al nostro popolo.»
«Probabilmente
c’è di mezzo Reconquista.» disse Saito «Sono stati
loro ad organizzare la congiura contro la regina Henrietta
e a provocare la guerra civile».
Luctiana e Bidashal si guardarono tra di loro, preoccupati.
«Questo
è grave.» disse Bidashal «Se è vero, vuol dire che Reconquista sta puntando a far divampare la guerra in tutta
Halkengina.»
«Tu sei
stato un loro alleato. Non hai idea di quali siano i loro scopi?»
«Purtroppo,
non ho mai goduto della loro fiducia al punto di venire messo al corrente di
tutti i loro piani. L’unica cosa che so, è che obbediscono ad una persona che
sta al vertice della piramide.
Lo
chiamano il Maestro.»
«Il
Maestro.» ripeté Louise come soprapensiero.
Siesta,
però, era triste e preoccupata soprattutto per un’altra cosa.
«Ancora
non posso credere che Tiffa ci abbia fatto questo.»
«Non
incolpate Tiffa.» disse Luctiana
«Non ha avuto altra scelta che assecondarli.»
«Che
vuoi dire?» chiese Saito
«Quando
la capitale è caduta, io, Ari e il Maestro Bidashal
siamo rimasti in retroguardia per permettere ad alcuni di noi di scappare e
riorganizzarsi più a nord.
Con noi
c’era anche Tiffa.
Avevamo
già deciso di morire qui combattendo fino all’ultimo, ma invece siamo stati
catturati, e a quel punto Tiffa è stata costretta a
scegliere: la nostra salvezza in cambio della sua collaborazione.»
«Abbiamo
cercato di dissuaderla.» disse Ari «Ma sapete com’è fatta. E così li ha
aiutati. Ha imparato ad aprire i portali al solo scopo di organizzare questa
trappola e riuscire a catturarvi.
Ma come
ha già detto il maestro, non abbiamo la minima idea del perché l’abbia fatto».
Seguì un
lungo, interminabile di sconforto, nel caso di Saito e Louise misto a vergogna.
Benché
sicuri della bontà d’animo di Tiffa, tutti e due bene
o male si erano convinti del fatto che li avesse comunque traditi, ma ora che
ne scoprivano i motivi quasi si vergognavano di aver dubitato di lei.
D’un
tratto, Louise sentì un rumore alle proprie spalle, e girato lo sguardo vide Maddarf entrare nella cella seguito da un paio di guardie.
«Prendetela.»
ordinò puntando il dito verso di lei.
Nota dell’Autore
Eccomi qua^_^
Alla fine ci è voluto meno del previsto.
Grazie ad una fortunata combinazione di
eventi il mio tempo libero è aumentato in questi ultimi giorni, così ho avuto
modo di completare sia il capitolo del mio romanzo che questo.
Oltretutto, essendo un capitolo che ero
molto ansioso di scrivere, realizzarlo è stato piacevole e per nulla faticoso.
Ecco, ora le cose si fanno davvero
complicate per Saito e Louise.
Riusciranno Kaoru e gli alti ad arrivare
in tempo per salvarli?
Ma soprattutto, che cosa vuole da loro Reconquista, al punto da organizzare un piano così
complicato per poterli rapire?
Queste e altre domande avranno risposta
già nel prossimo capitolo.
Nell’eventualità (spero non sia così), di
non riuscire ad aggiornare ancora prima del 25 dicembre, vi faccio
anticipatamente i migliori auguri per un felice natale.
Grazie a tutti quelli che recensiscono,
leggono e taggano la storia, siete fantastici!^_^
A presto!^_^
Carlos Olivera