Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: itslarrysmoments    13/12/2013    0 recensioni
Nei suoi profondi occhi azzurri vedevo quelli marroni di mia sorella; nei suo capelli marroni sempre scompigliati, vedevo quelli più lunghi di mia sorella; nella sua bocca perfetta e rosea, vedevo quella più rossastra di mia sorella; nel suo sorriso spontaneo e sincero, vedevo quello più timido di mia sorella. Sembrava come se qualcuno dall'alto lo avesse mandato per alleviare il mio dolore.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il vento scompigliava i miei capelli. Mi guardai intorno e mi strinsi nel cappotto. Qualche secondo dopo ecco arrivare la metropolitana. Le porte si aprirono e lasciai che i passeggeri scendessero, poi vi salii sopra. Individuai un posto libero accanto ad un vecchio signore intento a leggere il giornale e mi ci sedetti accanto. La mattinata era da poco cominciata ma ciò non impediva a delle anziane signore difronte a me di spettegolare. Gli argomenti erano i soliti: figli, nipoti, vicini, e pettegolezzi su chissà chi. Mi piaceva concentrarmi ad osservare le persone che affollavano le metro, cercando di capire a cosa stessero pensando. Un uomo sulla trentina si guardava intorno con aria annoiata, tipico del lavoratore esausto, stanco della solita routine. Una ragazzina dalla parte opposta era concentrata sul suo libro di scienze naturali, probabilmente stava ripassando per un'interrogazione o un compito. Qualche passo più in là una ragazza se ne stava in piedi ascoltando la musica con aria felice, magari stava andando a trovare un amica, o magari, proprio come me, il suo ragazzo. Lei però a differenza mia aveva un sorriso stampato in faccia. Il mio volto in quella fredda e grigia mattina di metà dicembre era ben diverso. Ero troppo ansioso e pensieroso per permettermi di sorridere. La mia testa era colma di pensieri e dubbi. L'ultima volta che avevo visto il mio ragazzo era stata circa due settimane fa, poi il messaggio della sera precedente aveva fatto crollare tutte le poche sicurezze che mi erano rimaste. Due semplici parole 'dobbiamo parlare' affiancate da luogo e ora del nostro appuntamento. Nessun saluto alla fine o all'inizio del messaggio. Nessuna faccina, né positiva, né negativa. Nessun soprannome affettuoso a renderlo più rassicurante e meno spaventoso. Avevo cercato di pensate positivo in tutti i modi che mi erano possibili, ma sapevo che facendolo mi sarei solo illuso, perché la realtà era totalmente diversa e non aveva nulla a che fate col positivo. Ero sicuro che volesse lasciarmi. Ero sicuro che si fosse stancato di me. Ma come biasimarlo? In me non c'era niente di buono, non più almeno. Era stata quella sera del giugno di cinque anni prima a rendermi la persona pessimista e vuota che ero adesso.

"Harry posso chiederti un favore?" chiese.
"Certo
che puoi" sorrisi.
"Potresti accompagnarmi ad una festa stasera?"
"Che genere di festa?" domandai sedendomi sul divano.
"Catherine
da una festa a casa sua dato che i suoi genitori sono fuori città per il weekend e mi ha invitata".
"Sai
che sarebbe rischioso? In quelle feste c'è più droga e alcol che altro." affermai con fare serio.
"Andiamo Harry, sai che non mi drogherei o ubriacherei mai, mi conosci, non sono quel tipo di ragazza" ribatté lei.
Aveva
ragione, io sapevo che lei non avrebbe fatto niente di tutto ciò, ma gli altri? Come potevo fidarmi degli altri?
"E se ti offrissero un succo di frutta e tu lo accettassi e dentro ci fossero delle pasticche? Come puoi saperlo Hallie?". Al solo pensiero mi vennero i brividi.
"Beh vorrà dire che non accetterò niente da nessuno, dai Harry." Mi supplicó lei.
"No Hallie, non andrai a quella festa." dissi deciso.
La vidi sbuffare e rattristarsi. Mi dispiaceva vederla in quello stato, ma avevo il compito di proteggerla e per nessun motivo avrei lasciato che si facesse del male.
Ad un tratto la sua espressione cambiò.
"Sai cosa Harry? Non sono più una bambina, non ho più dodici anni da tre anni ormai. Mi sono stancata di essere trattata come se non fossi responsabile o matura. Il tuo atteggiamento da fratello maggiore che si preoccupa per la sorellina quindicenne mi ha stancato. So come comportarmi e di chi fidarmi" sbottó.
Scossi
la testa e abbassai lo sguardo, poi lo rialzai.
questo il punto, non devi fidarti di nessuno Hallie, lo faccio per il tuo bene, lo capisci questo? Se non ti mando lo faccio per te." Mi sedetti accanto a lei accarezzandole la schiena delicatamente come per rilassarla.
"Se non mi lasci andare non potrò mai crescere, non capirò mai cosa è giusto fare e cosa no, non mi farò mai delle esperienze Harry. So che lo fai per il mio bene, ma la tua posizione da fratello maggiore responsabile e attento non ti fa vedere questo lato della realtà." sussurrò lei ormai calma. Riflettei portandomi una mano sulla testa. Aveva ragione, avrei dovuto lasciarla crescere, d'altronde non avrei potuto controllarla per il resto della vita.
"E
va bene, ti accompagno. a vestirti." sospirai.
Lei
sorrise e mi abbracciò. Mi beai di quell'abbraccio pensando che ormai lei stava crescendo e che presto avrebbe saputo essere responsabile di se stessa e delle sue azioni.

Ricordai tutto mentre una lacrima mi rigava il viso. Ricordai il bacio sulla guancia che mi diede prima di scendere dalla mia auto parcheggiata davanti a casa di Catherine. Ricordai come il mio sesto senso mi aveva portato a tornare davanti a quella casa verso le 23:30. Ricordai come alle 23:37 una macchina si era andata a schiantare contro al muro. Ricordai la mia faccia scossa nel vedere il ragazzo morto nel seggiolino del guidatore. Ricordai le mie urla nel vedere la ragazza senza vita al suo fianco. Ricordai i suoi capelli, del mio stesso colore, macchiati di sangue, ricordai il suo corpo accasciato nel seggiolino, ormai cosparso del suo sangue, lo stesso che scorreva nelle mie vene. Ricordai come scappai di casa qualche giorno dopo, mentre i sensi di colpa divoravano la mia anima. Ricordai le suppliche di mia madre e mio padre nel tentare di convincermi che la colpa non era mia. Ricordai di avergli detto che loro non meritavano di vivere con il mostro che aveva ucciso loro figlia. Ricordai le notti insonni in cui il mio pensiero fisso era rivolto a lei, maledicendomi per averla lasciata andare a quella festa, per averla lasciata andare incontro alla sua morte. Ricordai il cuscino pieno di lacrime, lacrime che contenevano tutte la parole che non riuscivo a dire a voce. Ricordai il suo volto, quello che guardavo con tanto amore da star male, quello che nessuno avrebbe mai potuto sostituire.
Ma come sempre mi sbagliavo, perché dopo alcuni mesi arrivò un ragazzo che mi fece cambiare idea. Nei suoi profondi occhi azzurri vedevo quelli marroni di mia sorella; nei suo capelli marroni sempre scompigliati, vedevo quelli più lunghi di mia sorella; nella sua bocca perfetta e rosea, vedevo quella più rossastra di mia sorella; nel suo sorriso spontaneo e sincero, vedevo quello più timido di mia sorella. Sembrava come se qualcuno dall'alto lo avesse mandato per alleviare il mio dolore.

Un'altra giornata grigia. Un nuovo giorno. La mia anima stava ormai andando a pezzi lacerata da quei sensi di colpa che si facevano forti ogni giorno di più. La metropolitana piena di volti felici e famiglie non facevano altro che peggiorare la mia situazione. Scesi alla settima fermata. Come ogni mattina mi recai al cimitero. Era distante da casa mia, dato che i miei genitori avevano deciso di seppellire il corpo di Hallie a Holmes Chapel, ed io che mi ero trasferito lontano da quel paese, dovevo prendere la metro ogni volta per venire a trovarla. Una mano teneva delle rose blu, il suo fiore preferito, l'altra sfiorava la stoffa dei jeans. Mi sedetti davanti alla sua tomba ed iniziai a parlargli di ciò che mi era accaduto il giorno prima. In realtà non era niente di interessante, ma volevo renderla partecipe della mia vita, anche se ormai io non potevo fare lo stesso nella sua. Avevo creduto di essere solo nel cimitero, quando intravidi la figura di un ragazzo.
"So di sembrati sfacciato, ma ho sentito ciò che dicevi a tua sorella e mi chiedevo se ti andasse di parlarne con me. Ho perso da poco mia sorella come te, e vorrei fare due chiacchiere con qualcuno che capisse cosa provo" disse sorridendo appena.
Mi alzai in piedi ed annuii.

Quello non fu l'ultimo pomeriggio in cui parlammo, lo facemmo anche il successivo, e quello dopo ancora, fino a che non diventò un appuntamento giornaliero. Ci conoscemmo meglio giorno dopo giorno, fino a diventare più che semplici confidenti, più che semplici amici. Ci completavamo l'un l'altro. Ci tirammo fuori da quell'abisso insieme. Uscimmo dal nostro dolore nel medesimo modo. Ci amavamo da ormai più di due anni ed ero sicuro che senza di lui non avrei mai potuto ritrovare la forza per tornare a vivere. Per questo temevo di doverlo lasciare, temevo di ricadere in quell'abisso dal quale, ne ero sicuro, questa volta non sarei più uscito. La voce metallica della metropolitana mi riportò alla realtà. Ero talmente immerso nei miei pensieri da non essermi accorto che ero rimasto solo nella metro, fatta eccezione per il vecchio signore accanto a me che leggeva ancora il suo giornale. Le porte automatiche si aprirono e scesi. Aspirai l'aria pulita di Doncaster. Mi guardai attorno. Le strade erano meno trafficate di quelle della periferia di Londra, e la gente era meno frettolosa. Mi incamminai nel luogo dell'appuntamento godendomi quei pochi raggi di sole che riuscivano a trapassate le nuvole alte in cielo. Le mani in tasca e lo sguardo basso. Guardai sulla destra e finalmente li vidi. Erano i giardini in cui dovevamo incontrarci, gli stessi in cui ci eravamo dati il primo bacio. Mi avvicinai all'albero al quale eravamo appoggiati e sorrisi nel vedere i nostri nomi incisi sulla corteccia. Mi sposi più a destra e il cuore perse un battito. Se ne stava lì, seduto su una panchina con lo sguardo perso nel vuoto, pensieroso. Mi avvicinai lentamente e lui posò i suoi occhi azzurri nei miei. Si alzò da lì e mi venne incontro stringendomi a se, una volta che fummo a pochi centimetri di distanza. I suoi abbracci mi facevano stare bene, mi facevano sentire nel posto giusto. Aspirai il suo profumo e chiusi gli occhi poggiando la testa sulla sua spalla. Strinsi il suo cappotto nelle mani e avvicinai il mio corpo al suo il più possibile. Sentii il suo respiro farsi affannato e le sue mani stringere i miei capelli. Una sua lacrima finì sul mio collo appena scoperto dalla sciarpa. Gli presi la testa tra le mani e lo guardai negli occhi. Erano arrossati, lucidi e l'azzurro delle sue iridi era più scuro, si era spento. Poggiai le mie labbra sulle sue. Iniziò a baciarmi aggrappandosi alle mie labbra come se fossero l'unica via di salvezza. Ricambiai quel bacio con tutto l'amore che avevo.
"Cos'hai Lou?" chiesi.
"Non ce la faccio più."
"A cosa ti riferisci?" domandai prendendogli la mano e facendolo sedere sulla panchina, accanto a me.
"Ai miei genitori. Non fanno altro che litigare per la morte di mia sorella da ormai tre anni. Si accusano l'un l'altro per ciò che non hanno fatto per salvarla. Non posso più continuare così Harry, capisci? Sto cercando di dimenticare la sua morte e loro ogni fottuto giorno non fanno altro che metterla in mezzo alle loro stupide litigate come se stessero parlando di un giocattolo. La usano come pretesto per darsi addosso ed io voglio andarmene da quella casa, voglio andarmene da Doncaster. Voglio abbandonare tutto e tutti." Mi si spezzò il cuore. In quel 'tutti' ero compreso anche io?
"Louis cosa intendi con 'tutti'?"
"Intendo tutti Harry. Ti amo troppo per farti star male. Non puoi stare con me, non più. Ti porterei solo guai e sofferenza, e non voglio. Meriti molto di più di me." Disse mentre le lacrime aumentavano sul suo volto.
Sbiancai. Non potevo crederci, non potevo credere che la persona più importante della mia vita mi stesse lasciando, non potevo sopportare tutto questo, non di nuovo.
"Louis tu non capisci. Non capisci che sei l'unica cosa positiva della mia vita. Non ti rendi conto di quanto sei importante per me. Non sai in che condizioni stavo prima del tuo arrivo, prima di innamorarmi di te. Sei tutto ciò di cui ho bisogno. Senza di te io non sono nulla."
"Harry tu meriti di meglio, meriti di sposarti, di avere una famiglia."
"E lo avrò con te, Louis. Sei la mia unica certezza. Chi ho oltre a te? Pensaci e rispondimi."
Si rattristí.
"Nessuno."
"Esatto. Non ho nessuno. Mi conosci. Sai bene che cadrei talmente in basso da non potermi rialzare. Nessuno mi aiuterebbe, Louis."
"Nemmeno io sono in grado di farlo, non più ormai."
"Non mi interessa, voglio averti vicino a me, adesso e sempre."
"No Harry. Ti farai nuovi amici, troverai qualcun altro da amare che magari ti amerà almeno un quarto di quanto ti amo io."
"Non potrei mai. Non amerò mai nessuno come amo te."
"Harry ho deciso ormai, ti ho amato e ti amerò per sempre, ma adesso devo andarmene, per il tuo bene".
Mi baciò velocemente e poi si voltò camminando. Iniziai a piangere come non facevo dal funerale. Allora mi alzai in piedi e corsi, corsi fino a raggiungerlo.
"Sposami" urlai a qualche metro da lui.
Lo vidi fermarsi di colpo. Rimase immobile dandomi le spalle.
"Sei tutto ciò che desidero, adesso e per sempre, allora sposami Louis"
Si voltò e mi guardò incredulo.
"Non possiamo sposarci qui, non è consentito a noi gay."
"Andremo in America, ovunque pur di farlo. Voglio sposarti Louis, quindi te lo richiedo" Mi inginocchiai davanti a lui.
"Vuoi sposarmi?" aggiunsi mentre le lacrime cessavano un po'.
Quegli attimi mi sembrarono eterni, la sua espressione indecifrabile. Era la mia unica possibilità e se avesse detto no, non avrei saputo cosa altro fare.
"Si, voglio sposarti Harry." Sorrisi come non avevo mai fatto in vita mia.
Si gettò su di me facendomi stendere sul terreno umido su cui le foglie dai colori autunnali giacevano. Si mise sopra di me e mi baciò come non aveva mai fatto. In quel momento capii con certezza che avrei voluto quelle labbra sulle mie per sempre. Sorrisi.
"Ti amo" sussurrai tra un bacio e l'altro.
"Ti amo anche io." rispose lui facendomi scoppiare il cuore.
Pensai che forse anche io, come mia sorella, mi stavo lasciando andare a tal punto da arrivare alla morte, ma non mi importava. C'era una sola ragione per cui ero ancora in vita e il suo nome era Louis Tomlinson. Lui mi aveva salvato ed io avevo fatto lo stesso con lui, e adesso aravamo pronti per cominciare una nuova vita insieme. Le nostre vite erano sempre state legate da un filo invisibile troppo spesso e resistente per rompersi e allo stesso tempo troppo sensibile per lasciare che una delle due estremità scomparisse.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: itslarrysmoments