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Autore: thyandra    14/12/2013    7 recensioni
Per uno abituato a interpretare i lunghi silenzi di Itachi, le sue parole di quel pomeriggio erano state più che espressive.
[KisaIta friendship]
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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I see you



 Il gigante scrollò l'enorme spada viva, che si agitò all'istante per togliersi di dosso la pioggia che ne inzuppava le bende fradicie. Rivoletti d'acqua corsero giù, lungo le squame e poi sulla fetida moquette della stamberga. Anche dalle loro cappe colava gelida pioggia e i loro cappelli di paglia gocciolanti emanavano un disturbante odore di erba bagnata, creando turpi pozzanghere intorno alle loro figure, ma il sudaticcio locandiere ebbe la lungimiranza di non farlo notare. Scorreva anzi rapido le pagine del registro giusto per tenersi occupato e non incontrare i loro occhi, o peggio ancora, i loro coprifronte sfregiati.
Kisame sorrise sghembo mostrando una fila di lindi denti aguzzi, gli occhi accesi d'ilarità nel notare il timore reverenziale che aveva instillato in quel tremante ometto la loro semplice comparsa. Lanciò una saccoccia piena di tintinnanti ryo sul bancone. "Stasera non vogliamo essere disturbati" disse, senza togliersi quel sorriso tagliente dal viso.
"I signori non desiderano cenare?" chiese titubante il locandiere, costringendo lo sguardo sul lercio legno del bancone.
Kisame volse un'occhiata verso il compagno, dubbioso, ma questi non commentò né si mosse, continuando a guardare un punto fisso davanti a sé. Un punto distante, fin troppo distante.
Il gigante scrollò le spalle. "Servizio in camera" ordinò. "Due bistecche al sangue, che dobbiamo festeggiare" specificò, in tono sardonico, gettando un'altra breve occhiata al tipo che lo accompagnava. Questi sembrò non averlo neanche udito. Non sembrava decisamente dell'umore per festeggiare alcunché. Il suo viso era così vuoto e inespressivo da incutere timore.
Quando si voltò, inaspettatamente, come avvertendo gli occhi del locandiere su di sé, nel battito di ciglia in cui i loro sguardi s'incontrarono, questi sentì una doccia gelida piombargli addosso: a conferma dell'apparenza impassibile, le sue iridi comunicavano una freddissima, ostentata compostezza. Doveva essere un tipo bravo a mentire, pensò l'uomo. Aveva gli occhi vuoti di chi è abituato a non aver altra compagnia se non quella delle proprie ombre.
Indubbiamente quei due erano un'accoppiata parecchio strana, pensò il proprietario della stamberga, ma preferì tenere per sé quest'osservazione. Cosa avessero poi da festeggiare due nukenin non voleva proprio saperlo, era meglio restare all'oscuro di faccende come quella.
Il più grosso si rimise la mannaia in spalla, precedendo il compagno nella camera loro assegnata. Solo quando i due voltarono l'angolo, il locandiere si premurò di arraffare il sacchetto e verificarne l'effettivo contenuto. C'era addirittura la mancia.
 
 
 
A dispetto di quanto poco costasse quella bettola, unica abbordabile con la caparra fornita da Kakuzu, almeno le camere erano ampie e sommariamente pulite. Kisame si mise a proprio agio, poggiando Samehada ad una parete e togliendosi di dosso la cappa ormai fradicia.
Fuori dalla finestra, la pioggia non cessava di rumoreggiare sul vetro e il vento sembrava soffrire, ululando macabri lamenti: sembrava empatico con lo stato d'animo del compagno, pensò Kisame, voltandosi a  guardarlo.
Si era seduto all'altro capo della stanza, ad occhi chiusi e spalle al muro. Non si era neanche tolto la casacca di dosso, sembrava non sentire freddo. Immobile, pareva stesse persino trattenendo il respiro.
"Hai intenzione di prendere la muffa nella stessa pioggia che ti sei portato dietro, Itachi-san?" lo apostrofò sarcasticamente Kisame, lanciandogli una lunga occhiata. Malgrado il ghigno che aveva accolto le sue parole spigolose, lo sguardo comunicava una velata preoccupazione.
Itachi non si mosse né si sbilanciò a rispondere. L'Hoshigaki si mise comodo, sdraiandosi a braccia incrociate dietro la nuca, continuando ad osservare l'altro di sottecchi.
Per uno abituato a interpretare i lunghi silenzi di Itachi, le sue parole di quel pomeriggio erano state più che espressive. Ancora ricordava con quale agile eleganza non avesse esitato a immobilizzare il fratello.
'Tu non provi abbastanza odio, Sasuke', aveva detto.
Niente di strano, quel che aveva di fronte era sempre lo stesso Itachi Uchiha di cui aveva sentito raccontare da voci impaurite, lo stesso Itachi Uchiha che ha sterminato senza battere ciglio tutto il suo clan e che non esiterebbe a venirti a prendere se non mangiassi tutta la tua cena in fretta.
L'impassibile assassino, il ninja senza cuore e senza compassione.
Ma siamo proprio sicuri?
L'Itachi che aveva visto lui quel giorno sembrava non indossare così bene il calco che altri avevano costruito per lui.
Checché il compagno continuasse a recitare, non gli era sfuggito come dopo aver incontrato quel ragazzino fosse diventato più taciturno del solito, più distaccato del solito. Né di come avesse preso in mano la situazione, alla sua comparsa, bloccando la propria offensiva. Un po' come quella volta in cui erano andati a fare un sopralluogo a Konoha per catturare il Jinchuuriki del Kyuubi, tornando poi con la coda tra le gambe e un pugno di mosche in mano, sempre dietro ordine del compagno, come se avessero già finito la missione. Anche se insieme avrebbero potuto far le scarpe a quei 4 jounin.
E adesso sedeva lì, in quella squallida camera d'albergo, tanto apatico e immobile da far pensare che volesse lasciarsi morire proprio lì.
Kisame sogghignò ancora.
Itachi-san, qual è la tua vera faccia?
L'Uchiha sollevò stancamente le palpebre, quasi come preso in causa dai pensieri del compagno. Si voltò lentamente a fissarlo, come rendendosi conto solo in quel momento che l'altro gli avesse rivolto la parola.
"Domani partiremo all'alba" disse. La sua voce era controllata come sempre.
Kisame si mise a sedere, deciso a ottenere qualche informazione di più. Se non ne avesse approfittato ora, l'occasione avrebbe potuto anche non ripresentarsi più, per quanto ne sapeva.
"Quanti anni ha adesso il tuo fratellino?" domandò a bruciapelo.
L'Uchiha parve un attimo sorpreso da quella domanda, ma dissimulò talmente in fretta quell'emozione che a Kisame venne il dubbio di averla solo immaginata.
Adesso però lo sguardo del compagno si era fatto più vigile, l'Hoshigaki comprese che in quel momento stava valutando la pericolosità della domanda. Già quella reazione avrebbe potuto in parte confermare il suo pensiero, ma lo squalo voleva la certezza di aver visto giusto, in quelle buie pupille. Lo vide assottigliare quasi impercettibilmente le palpebre, come cercando di metterlo meglio a fuoco.
"Tredici" rispose, infine, incolore.
Kisame allargò il suo ghigno.
"E tu quanti ne avevi, quando lasciasti il tuo villaggio?" chiese ancora.
Il carico di allusioni con cui aveva pronunciato quella domanda apparentemente innocente gli fece guadagnare un'occhiata ancora più lunga da parte dell'Uchiha.
Ha la stessa età che avevi tu quando massacrasti il tuo clan, composto da ninja tra i più forti dell'intero villaggio - pareva dire quel suo ghigno - se ha preso la metà dei tuoi geni, sarà un ottimo novizio per l'Akatsuki.
Il tempo di un battito di ciglia.
L'innocua camera d'albergo in cui si trovavano fino a poco prima aveva lasciato il posto ad un abisso di sangue, il cielo era diventato rosso, nubi nere coprivano una luna lattea.
Si trovavano adesso in piedi, sospesi su un baratro che dava su un abisso di disperazione. Poco sotto di loro, un gruppo di ninja scelti stavano fuggendo rocambolescamente: avevano i coprifronte di Kiri. Dietro di loro, a qualche miglia di distanza, dei jounin di Konoha recuperavano terreno.
Kisame ricordava bene quella scena, come anche la seguente. Alzò lo sguardo sull'Uchiha, che lo fissava impassibile, il viso per metà coperto dalla cappa, a qualche passo da lui. Ghignò di nuovo. Non lo aveva visto attivare lo sharingan. Non si smentiva mai.
"Sasuke è il mio bersaglio" disse.
Il tono secco con cui aveva pronunciato quella minaccia non ammetteva repliche, ma Kisame stavolta non dubitò di quel lampo di rabbia che per un attimo si era fatto sentire in quella voce sempre controllata.
Alzò le braccia in una posa di resa.
"Ok, come non detto..." si scusò.
Al compagno bastò: le pareti della stamberga tornarono a salutare le loro figure.
Kisame scrollò le spalle e tornò a sdraiarsi a braccia incrociate. Aveva avuto la sua risposta.
 
 
Itachi-san, quella tua maschera somiglia tanto alla mia.

 










 
  
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