CAPITOLO III
Non conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo
amore.
Iyn e Cassius si
conoscevano solo di vista, ma questo bastava ai due per fidarsi l’uno
dell’altra, almeno finché l’alleanza fosse rimasta integra. Iyn aveva
conosciuto un paio di Vincitori del suo distretto che avevano affermato che era
meglio non fare amicizia con nessuno nei Giochi, specie i compagni di Distretto
– l’Arena non è un posto per le amicizie, e sia Iyn che Cassius lo avevano
capito piuttosto bene.
«Hai dell’acqua?»
domandò la prima, osservando davanti a sé come se cercasse un indizio, o
qualcosa fuori dal comune, qualcosa.
«Sì, ma anche tu
ce l’hai» rispose quasi retorico Cas, spostando gli occhi per osservarla – non
riusciva a trovare niente nella sua postura, nel suo sguardo diretto verso
l’orizzonte: né paura né preoccupazione né gentilezza. Un involucro vuoto, come
lui del resto, come tutti là dentro.
«Oh, vero» non
sembrava particolarmente turbata dalla propria figuraccia, forse era voluta –
forse no, si fermarono e Cane Pazzo saettò tra i due, andando quasi a sbattere
contro una colonna che sembrava essere stata messa lì per caso, Iyn si fece
scivolare lo zaino dalle spalle e lo aprì, cercando sotto le varie
cianfrusaglie che non aveva ancora esaminato per bene una delle bottiglie
d’acqua che si era imboscata, la estrasse e assieme a questa cadde a terra uno
specchio di forma ovale, incastrato in una cornice di legno duro, il rumore
secco che fece cadendo a terra riuscì a catturare l’attenzione del ragazzo del
2, che si chinò sulle ginocchia vicino a Iyn, la quale abbandonò la bottiglia
dentro lo zaino e si premurò di raccogliere il vetro, la luce si riflesse
contro di questo procurandole una graziosa macchia chiara sulla guancia.
Cas la fissò
piuttosto incuriosito «e quello?».
«Vorrei saperlo
anche io».
Crydee passò tra
i due, rincorrendo Cane Pazzo, le loro voci fecero da sfondo ad una breve
conversazione di Cyndi e Narek che arrivava da lontano, i due del 4 si
bloccarono vedendo gli altri Favoriti a terra, «qualcosa non va?» domandò
Yakir, chinandosi in avanti per vedere cosa teneva tra le mani Iyn.
Cercò di
trattenere l’angoscia che gli provocava il ricordo degli specchi, gli spuntoni verdi dal vetro… deglutì e
scosse la testa, riprendendo a camminare. Nessuno sembrò accorgersi del suo
comportamento alquanto ambiguo – calmati,
idiota.
«Uno specchio,
non so perché ce l’hanno dato» commentò Iyn, rigirandosi l’oggetto tra le mani
per poi infilarlo di nuovo nello zaino, richiudendolo con la borraccia d’acqua
al suo interno, come se si fosse dimenticata della sete, «lo scopriremo»
minimizzò poi, rimettendosi la sacca in spalla e alzandosi da terra. Cyndi fece
un passo indietro per fare in modo di non scontrarsi l’una con l’altra.
«Dove sono
finiti gli altri due?» a chiederlo fu Cas, con le palpebre socchiuse come a
voler guardare più lontano di quello che gi era permesso, fissava la massiccia
figura di Cane Pazzo in lontananza e Crydee appoggiata al muro, probabilmente
esasperata. A qualche metro dai due un arco costellato da conchiglie lucide
precedeva l’entrata alla costruzione somigliante al castello.
«Lì» indico
Cyndi, «e dovremo sbrigarci prima di perderli».
Iyn sorrise,
tirandosi la maglia nera verso il basso, stringendosi poi la cintura dei
pantaloni, «finirà che si uccideranno» rivolse lo sguardo a Narek, ancora
pensieroso ma tutto sommato presente, era sicura che avesse seguito il
discorso, «oppure li uccideremo noi, soprattutto la ragazzina, non è stata
molto utile».
Yakir sembrò
infastidito da quel commento, ma non rispose, scrollò le spalle e fece roteare
il tridente da una mano all’altra, «andiamo, prima che uccida qualcuno
davvero».
Nessuno disse
più nulla.
Le porte si
aprirono spinte dalle braccia di Narek e Cassius, davanti a loro un lungo
corridoio dalle alte e umide pareti sembrava non avere fine, ai muri erano
appesi quadri rovinati ormai incomprensibili e vari drappi strappati, ma dai
quali si potevano scorgere paesaggi sottomarini, o qualcosa del genere.
«Fa freddo, qui»
commentò Iyn, incrociando le braccia al petto mentre iniziava a percorrere il
vicolo infinito, nessuno le rispose.
Cane Pazzo
rimase per ultimo, camminando a passi lunghi ma lenti e trascinandosi dietro
l’ascia come se fosse un peso, lo stridio del ferro contro la pietra era leggermente
fastidioso, ma nessuno si lamentò.
Finalmente il
corridoio finì, aprendosi in una sala rettangolare ma vuota, due porte
occupavano la parete lunga davanti a loro, sul lato corto alla loro sinistra una
lunga tenda copriva una finestra e a destra un arazzo rappresentante l’ancora
con i fiori che avevano trovato per le strade che si intrecciavano tra loro.
Cane Pazzo abbandonò l’arma su un tavolino di legno scuro vicino alla tenda e
prese a camminare attorno al perimetro della stanza, il primo a muoversi fu Cas
che si spostò verso il centro, seguito poi da Cyndi e da Iyn.
«Beh, ha un suo
perché» mormorò il ragazzo del 2, girandosi attorno senza esprimersi
ulteriormente, i passi non producevano rumore: era su un tappeto rosso scuro
ornato da cuciture dorate di piccole conchiglie e motivi floreali.
«Sembrano i
tappeti del sindaco» scherzò Cyndi.
Narek la guardò
con le sopraciglia aggrottate, «che ne sai tu di come sono i tappeti del
Sindaco?».
L’altra sorrise,
spostandosi i capelli da davanti al viso, «segreti».
Quella
conversazione stava prendendo una piega curiosa ed interessante, ma la voce di
Crydee interruppe tutti, «c’è qualcosa, sotto il tappeto» – aveva urlato per
farsi sentire, e infatti si trovava chinata davanti all’angolo del tessuto –
arrotolato su sé stesso – che rivelava delle pietre scure poste in modo fin
troppo ordinato, formando come un pezzo di cornice, e vari sassolini di diverse
tonalità di verde che si mischiavano tra loro.
«Cassius, dammi
una mano» mormorò Narek, abbandonando a Cyndi il proprio tridente mentre con un
gesto della mano ordinava alle due di spostarsi, Crydee fece un passo indietro
in modo che i due ragazzi potessero avvolgere il tappeto lungo la sua
diagonale, finendo poi per calciarlo vicino al muro.
Quello che si
presentò ai loro occhi fu un immenso mosaico raffigurante una sirena in
posizione supina che si teneva le pinne, la schiena leggermente inarcata, la
testa rivolta verso l’alto e quindi invisibile: un mare di capelli color del
fuoco coprivano parte dello sfondo e qualche fiore si intrecciava alle sue
braccia; la pinna della giovane era blu e dorata, le squame le risalivano lungo
le braccia e i riflessi dell’acqua disegnavano onde giocose sul suo petto nudo.
«E questa?»
domandò Crydee, confusa: metà donna e metà pesce?
«E’ una sirena!»
affermarono in contemporanea Narek e Cyndi, sebbene la ragazza fosse molto più
entusiasta della scoperta, «è una figura mitologica, o qualcosa del genere…» il sorriso scomparve lentamente dalle sue labbra,
come se si fosse ricordata di qualche brutto avvenimento, «non sono belle
persone, di solito rapiscono i marinai».
Narek stava in
piedi al centro del mosaico, osservava le onde arancioni che erano i capelli
della sirena e la curva morbida dello zigomo. Si scoprì a sorridere di fronte a
quella immagine familiare, ma poi la voce di Cyndi lo
risvegliò, «da noi c’è stata una Sirena,
qualche mese fa, gli anziani la chiamavano così».
Anche Iyn
sembrava rapita da quel racconto, Cas, anche se in disparte, ascoltava – Cane
Pazzo si era nascosto dietro la tenda, ma finché non faceva rumore andava tutto
bene, «insomma, questa qui stava sempre
seduta al molo e cantava una canzone associata ai racconti per far spaventare i
bambini…».
«Era solo una
povera pazza» sbottò Narek, in modo fin troppo irruento per non far comprendere
che, in qualche modo, quell’argomento gli toccava ferite forse non totalmente
cicatrizzate – oppure aperte di recente, «in tutti i casi non c’è più – sarà
ritornata in mare».
Cyndi lo guardò
abbassando le palpebre, nonostante cercasse di trovare un contatto visivo con
l’altro, questo non ricambiava lo sguardo, «probabilmente è così» sussurrò, e
l’argomento della sirena che aveva conquistato il cuore di Narek fu
definitivamente chiuso.
Il quarto piano
del centro di Addestramento era stato riservato a loro – e Narek non poté
essere più felice: aveva una camera sua, e non un vagone che – per quanto
potesse essere silenzioso e poco traballante, rimaneva sempre un vagone.
Si buttò sul
letto ignorando i discorsi di Mags e dell’accompagnatore del loro Distretto,
chiudendo la porta con un calcio, ma dopo qualche secondo decise che non era
quello il modo di comportarsi che, forse, doveva apparire volenteroso di
contribuire alla costruzione di una tattica vincente.
Così si fece forza e si tirò su, aggiustandosi la maglietta azzurra che gli
avevano dato. Chiuse la porta della propria stanza e salì i pochi gradini che
lo portarono al salotto addobbato con vivande dall’aspetto invitante per uno…
spuntino? Ovviamente, a Capitol City si
mangia sempre.
Percorse con lo
sguardo l’attico: Mags e l’accompagnatore si versavano da bere in lunghi
bicchieri colorati e Cyndi era sparita, forse in camera sua. Agli angoli della
stanza erano fermi in posizione retta con le mani congiunte davanti al busto e
gli occhi bassi delle persone – Narek
sapeva chi erano: senza-voce
Fece scorrere
gli occhi su ognuno di loro: le pettinature corte dalla frangia dritta e le
labbra dipinte di nero, addosso una giacca azzurra e nera con dei pantaloni
scuri. Sembravano dei soldati – delle statue prodotte da una mano piuttosto
semplice esibite lì per puro piacere. Eppure lui sapeva che erano lì perché, in qualche modo, avevano tradito
Capitol City, mettendo in discussione la sua autorità e quindi la “pace”.
I suoi occhi
finirino su quella che avrebbe dovuto essere una donna, stava in piedi vicino
al tavolo coperto di frutta e cibo vario, i capelli di un delicato color
arancione sembravano essere stati sottoposti a qualche trattamento per
stingerli. Doveva essere stata una ragazza molto bella, in passato, se Capitol
City non solo le aveva tagliato la lingua, ma fatto anche questo.
L’immagine di
una giovane donna seduta sul molo gli passò davanti agli occhi, le sue dita
intrecciavano una rete da pesca ben fatta e i piedi dondolavano sfiorando
l’acqua verde sotto di lei – le sue labbra si muovevano intonando una canzone:
«non conosco il suo nome, ma ho bisogno
del suo amore…». Quelle stesse labbra si erano travestite da uomo per salvare
il fratello – e ora erano lì.
Ecco cosa le
aveva fatto Capitol City: le aveva tagliato la lingua affinchè non potesse più
cantare per lui – la cosa gli fece
male, anche se non la conosceva, se la Sirena del Distretto 4 non cercava più
il suo audace allegro marinaio, lui non avrebbe potuto dirle che era lui.
Sospirò,
rigettando indietro il senso di rimorso, di dispiacere, e forse anche di un
amore morto ancora prima di iniziare. Si avvicinò al tavolo e si premurò di non
guardarla negli occhi, afferrò de biscotti viola dall’aria saporita e ritornò
in camera.
Era meglio se
stava lì a ignorare il mondo e pensare a tornare a casa.
Il ricordo di
Marja Seiren si ritrovò essere molto più scomodo del previso, tant’è che Narek
dovette prendersi qualche secondo per riuscire ad accantonare il pensiero. Fu
un urlo improvviso del tributo del 7 a portarlo nel mondo reale, le tende in
cui era avvolto si mossero vorticosamente e alla fine Cane Pazzo riuscì a
liberarsi dal tessuto scuro, arretrando in modo instabile, cadendo all’indietro
e atterrando seduto – ma non parlò né urlò, rimase solo lì.
«Che gli è
preso?» chiese Narek, guardando Crydee come se fosse lei la responsabile del
ragazzo.
«Non ne ho
idea», la voce bassa e gli occhi rivolti versi il pavimento la facevano
sembrare ancora più piccola e gracile di quello che era realmente, forse
avevano ragione, forse prenderla con loro era stato un errore.
«Che facciamo,
adesso?» li interruppe Cassius, ponendo finalmente una domanda non poco irrilevante.
Iyn si sedette a
terra, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e le gambe leggermente divaricate,
«io direi di riposarci un attimo, magari aspettare che arrivi qualcuno ed
ucciderlo».
«Riposare mi
sembra una grande idea» la sostenne Cyndi, sedendosi vicino a lei.
«Donne» biascicò Cas, cedendo anche lui
all’ozio e sedendosi a gambe incrociate, Crydee li seguì a ruota. Narek sorrise
lievemente, appoggiandosi al muro vicino alla finestra, scostando di poco la
tenda per vedere la strada: deserta. Cassius continuò con la sua predica, «e
pensare che non abbiamo camminato molto» si passò una mano tra i capelli biondi
tagliati corti e guardò Iyn, «mi sa che non sei andata a camminare molto in
montagna».
«Ho preferito il
combattimento corpo a corpo» ovviamente mentiva,
non avrebbe mai detto il suo punto forte o debole ad un potenziale avversario,
non era così stupida.
Il tempo passò
così: tra conversazioni brevi, qualche lamento poco sensato di Cane Pazzo e
passatempi inutili quali contare le pietre che formavano il muro davanti a
loro.
La prima a
prendere iniziativa fu Iyn, la stessa che si era
messa seduta per prima, «mi sono stufata, andiamo?».
Mentre Cassius
le rispondeva, Narek si sporse per guardare nuovamente fuori la finestra: come
avevano già appurato precedentemente, erano chiusi in una cupola e il confine
di questa era ben visibile grazie ai raggi che faticosamente riuscivano a
filtrare attraverso l’acqua.
Per terra, i san
pietrini sembravano bagnati in alcuni punti, come se si fossero formati delle pozze.
Riguardò in alto e riuscì a vedere che, in alcuni punti, una crepa bianca
rendeva imperfetta quella lucida semisfera, cercando di metterla a fuoco, vide
la linea spezzata allungarsi da entrambe le parti e l’acqua cadere con un
sonoro splash di qualche goccia nella
pozza più vicina a lui.
Rientrò
immediatamente, guardando gli altri mentre erano già pronti per ripartire:
addirittura Cane Pazzo sembrava essere d’accordo sulla decisione di uscire e
cercare gli altri tributi.
«Non possiamo»
setenziò Narek, e tutti gli sguardi finirono su di lui, «uscire fuori da qui è
impensabile».
«Mi prendi in
giro?» chiese Cassius, inarcando un sopraciglio – sapeva benissimo che era
serio.
«La cupola sta
crollando» e nel momento stesso in cui lo disse la terra sotto i loro piedi
tremò e una cascata di vetro e acqua piombò a terra, fuori dalla finestra,
dietro di lui: non dovettero scostare la tenda per avere la certezza di quello
che era appena successo.
«C’è un audace marinaio, che attendo dentro
al cuore
Non conosco
il suo nome, ma ho bisogno del suo amore.»
NOTE D’AUTRICE ◊ «viviamo e respiriamo parole»
Prima che me ne scordi, il mosaico che vedono è questo: this.
Sono arrivata, dopo una settimana –
penso, ma sono arrivata.
Mi dispiace per il capitolo scialbo
(parola colta n.1) ma davvero era necessario, in più non ero molto convinta del
capitolo e quindi ho preferito finirlo il prima possibile, fidandomi del parere
di yingsu
che ha minimizzato il tutto con un “è bello”.
Seh, è bello.
Btw, spero che la scena finale vi abbia
almeno lasciato un po’ sconcertati perché sì – moriranno tutti, già. Ho
puntato molto sul background di Narek con la storia
di Marja Seiren che
potete trovare accennata in La rosa del
mare. E se invece l’avete già letta, la fic, beh,
ora sapete che fine ha fatto Marja 8D fantastico, no?
Ok, ok…
Per ora è tutto, vi lascio il link de Il
Forno ⌠Hunger Games EFPfanfic⌡, un gruppo nato da una settimana circa
con lo scopo di raccogliere fanwriters – e fan in
generale – di Hunger Games
per discutere di ciò che scriviamo/leggiamo e della saga in generale. Quindi,
se volete, fateci un salto e cliccate qui
– vi adorerò per sempre. ♥
→ la citazione finale è la
canzone dell’Audace marinaio de Pirati dei Caraibi 4 – Oltre i confini del
mare.
Cercherò di essere più brava~
radioactive,