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Autore: The Stranger On The Moon    15/12/2013    2 recensioni
La Bella e la Bestia, il Gigante e la Bambina, la Spada e la Rosa, così li chiamavano.
Poi la Bella ha domato la Bestia, la Bambina ha piegato il Gigante e la Rosa ha spezzato la Spada.
Come, chiedete?
Lui un tempo l'ha chiamato Peccato,
Lei un tempo l'ha chiamato Amore.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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2. Jasmine

Aprì lentamente un occhio, poi l'altro. Li richiuse subito e infine sollevò le palpebre quel tanto che bastava a spiare l'ambiente senza essere vista.

Era distesa su un letto. Ben poche volte le era stato concesso quel lusso, e nessuna di quelle era stata piacevole. Quello, però, era morbido e profumato, come mai ne aveva sentiti in vita sua: con quella coperta sopra di sé, poi, stava così bene ed al caldo che le pareva di essere in paradiso.

Richiamò alla mente gli ultimi ricordi che aveva: era in braccio ad un uomo che assomigliava vagamente a suo padre e stava piangendo a dirotto. Chissà com'era finita lì?

Analizzò la stanza: aveva le mura dipinte di un giallo caldo e rassicurante. Dal punto in cui si trovava distingueva una credenza di legno scuro, piena di boccette e bottiglie e, attaccato al suo letto, un comodino. L'ambiente le sembrava alquanto rassicurante, quindi decise di aprire gli occhi.

Appena l'ebbe fatto sentì un suono secco, come di un libro che si chiudesse di botto.

-Buongiorno!

Si voltò di scatto. Capelli biondi, occhi verdi, occhiali, massiccio: eccolo là, il tizio dell'altro giorno. Se ne stava seduto di fianco al suo letto, un Vangelo in mano, a guardarla sorridendo.

-Mi hai fatto preoccupare, sai?Menomale che ti sei svegliata!-Continuò, sorridendo contento.
Gli lanciò un'occhiata lievemente preoccupata.-Allora è vero che non vuole farmi del male?-
-Giuro solennemente di no-Rispose lui, serio-O non sono più un prete.-
-Un prete- Ripetè lei, e sembrò rilassarsi un poco.

-Come si chiama?-Domandò poi educatamente.
-Ops, non mi sono nemmeno presentato.

Sorrise colpevole e si portò una mano alla nuca, porgendole l'altra.

-Sono padre Alexander Andersen, dirigo questo orfanotrofio. Piacere!
Lei la prese cautamente e la strinse.
-Piacere-Disse a sua volta.
-Allora, vuoi farti un bagno?Poi, se ti va, potrai mangiare qualcosa.

Dalla sua pancia provenne un brontolio che non lasciò spazio ai dubbi.
-Sissignore-Mormorò, facendo per scendere dal letto.
Il prete le fece cenno di fermarsi e la prese in braccio.

-Sei troppo debole per camminare-Disse, a mo' di spiegazione.
-Grazie, signore-Rispose.
-E così-Riprese lui dopo di un po'-Davvero non sai come ti chiami?
-Nossignore.
-Non hai un soprannome?
-Nossignore.
-Beh, vedremo di trovarti un nome. Quanti anni hai?
-Tre, signore.
-Parli molto bene per avere tre anni.
-Grazie, signore.
L'uomo sorrise, scuotendo la testa.

-Non c'è bisogno di chiamarmi signore, sai?Puoi chiamarmi padre.
-Sì, padre.
Le sorrise di nuovo, gentilmente, ed entrò in una stanza. Là la fece scendere davanti ad una vasca d'acqua calda.
La bambina guardò prima la vasca e poi lui, interrogativamente.
-Che devo fare, padre?
-Mai fatto un bagno?
La bambina scosse la testa.
Sospirò: doveva essere nata in strada.

-Togli pure il vestito.
Si sfilò lo straccio, lo piegò e glieli porse. Lui lo prese, la sollevò e la depose nell'acqua calda.
Rimase a guardarla per qualche minuto mentre lei si rigirava e si immergeva, visibilmente contenta, poi si tolse i guanti.
-Ti lavo i capelli, ok?-La avvertì.
Lei annuì. La vide reprimere l'istinto di scansarsi quando la toccò, e riuscì a farla rilassare solo dopo parecchi istanti passati in tensione.
I suoi capelli, dopo essere stati abbondantemente insaponati, districati e risciacquati, si rivelarono essere di un piacevole color mogano, e lunghi quanto la sua schiena.
Intanto il prete rifletteva sul nome da assegnarle. Ci voleva qualcosa di canonico, il nome di una qualche santa, magari, di modo che rispecchiasse la benevolenza che il Signore aveva avuto nel salvarla.
Le poggiò accidentalmente una mano sulla spalla e lei sobbalzò di dolore, voltandosi a guardarlo.
-Ti ho fatto male?
Lei annuì. A quel punto corrugò le sopracciglia e prese una spugna. Sotto lo strato superficiale di fango, fuliggine e, in parte, anche sangue, scoprì che la sua pelle era coperta di brutti ematomi neri e violacei.
Si ripromise di chiederle i dettagli e, per il momento, si limitò a finire di sciacquarla.
La fece uscire, la avvolse in un asciugamano più grande di lei e la accostò al camino acceso, dove lei rimase a fissare le fiamme danzanti, incantata.
Sorrise intenerito a quella scena e le accarezzò i capelli umidi dicendo:-Vado a cercarti degli abiti puliti.
Stette via pochi minuti-lo stretto necessario- ma al suo ritorno la trovò a guardare verso la porta da cui era uscito con un'espressione confusa e impaurita.

-Oi?Sono qui-La chiamò.

Come lo vide le si dipinse sul volto un tale sollievo che pareva fosse venuto a tirarla fuori dall'inferno.
-Ecco, metti questi.

Le porse della biancheria, delle scarpe di vernice, un paio di calze pesanti, una gonna lunga, una camicia bianca e un maglione bordeaux.
Una volta vestita se la issò sulle spalle e la trasportò in sala da pranzo.
Si accomodò compostamente a tavola, guardandosi intorno con curiosità, ma quando la cuoca le pose davanti un piatto di brodo fumante divenne costernata.

-Oh, no, io non...-Balbettò, imbarazzata.

-Cosa?-Chiese il prete.

-Io non posso pagare-Disse infine, abbassando lo sguardo.

-Pagare?-L'uomo ridacchiò, e lo stesso fece la cuoca.

-La grazia del Signore non si paga, piccola mia.

Inarcò le sopracciglia, stupita. Le avevano insegnato che, in un modo o nell'altro, al mondo si paga tutto: l'acqua, il cibo, i vestiti.

L'essere venuti al mondo.

Si voltò verso la donna e la ringraziò con un trasporto tale che quella se ne andò asciugandosi gli occhi con un angolo del grembiule.

Poi, anziché avventarsi sul cibo come il prete si era aspettato, scese dalla sedia e-cosa che lo stupì non poco-intonò un breve salmo di ringraziamento.
-Chi ti ha insegnato a ringraziare prima di mangiare?Tuo padre?-Le chiese quando si fu seduta.
Lei scosse la testa, con la bocca piena, deglutì e rispose:-La mamma, prima che morisse.

Poi corrugò le sopracciglia, preoccupata.

-Perchè? Non va bene, padre?
-Va benissimo-La rassicurò.
La piccola gli sorrise, contenta.-Mi ha insegnato anche a pregare prima di andare a dormire, quando mi sveglio e qualche canto. Anche se a papà non piacciono-Aggiunse poi fra sé e sé.
-Era cristiana la tua mamma?
Annuì, entusiasta.

-Cristianava moltissimo.
Il prete ridacchiò, e lei continuò a mangiare. Dopo poco chiese:-Padre, ma qui ci sono altri bambini, non è vero?
-Sì, è così.
-E dove sono?
-Alla messa serale.
-Alla messa...-Ripetè, meravigliata-Che bello...È così bella la messa!
-Ti piace?
Lei annuì.-È bellissima, soprattutto quando c'è il coro che canta, e poi ci sono tutte le candele, e poi i fiori, e poi quando leggono il Vangelo...La domenica è il mio giorno della settimana preferito.
-Qui allora ti troverai a casa tua.

All'ultima cucchiaiata di brodo le ciondolava pericolosamente la testa, così decise di portarla in camera.

Lei sembrava averci preso gusto a quel mezzo di trasporto, così gli si accoccolò volentieri fra le braccia.
-Come si guadagna da vivere tuo padre?-La interrogò prima che si addormentasse.
A quell'argomento scattò subito sul chi vive, ogni traccia di sonno svanita.

-Mi faceva ballare e cantare, mi faceva chiedere l'elemosina...A volte invece venivano dei signori coi soldi, mi portavano in una stanza e...-Ammutolì, abbassando lo sguardo.
Al prete apparve molto più chiara la reazione dell'altro giorno.
-Ed era tuo padre a picchiarti?
-Di solito sì, se non guadagnavo abbastanza soldi...Altre volte, quando mi mettevo a chiedere l'elemosina sui gradini di una casa, erano i padroni a picchiarmi. Oppure i figli dei padroni, per divertirsi. O ancora i negozianti, se chiedevo qualcosa da mangiare...
Stettero in silenzio per un po' , finché la piccola non gli circondò il collo con le braccia e gli nascose il viso contro l'incavo, piangendo in silenzio.
Andersen le accarezzò i capelli e la schiena, cullandola e mormorando parole di conforto.
-Non ci voglio tornare là, padre-Singhiozzò ad un certo punto.-Non fanno altro che picchiarmi...
-E non ci tornerai-Promise lui-Rimarrai qui con noi. Non permetterò più a nessuno di farti del male.
La bambina tirò su col naso e lo guardò negli occhi.

-Le voglio bene, padre.
Poi si allungò a dargli un bacio sulla guancia, là dove finiva la cicatrice, e gli posò il capino sulla spalla senza più muoversi.
Andersen non fece in tempo ad entrare nella stanza che lei già dormiva tranquilla.

  
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