2. Jasmine
Aprì lentamente un occhio, poi l'altro. Li richiuse subito e infine sollevò le palpebre quel tanto che bastava a spiare l'ambiente senza essere vista.
Era distesa su un letto. Ben poche volte le era stato concesso quel lusso, e nessuna di quelle era stata piacevole. Quello, però, era morbido e profumato, come mai ne aveva sentiti in vita sua: con quella coperta sopra di sé, poi, stava così bene ed al caldo che le pareva di essere in paradiso.
Richiamò alla mente gli ultimi ricordi che aveva: era in braccio ad un uomo che assomigliava vagamente a suo padre e stava piangendo a dirotto. Chissà com'era finita lì?
Analizzò la stanza: aveva le mura dipinte di un giallo caldo e rassicurante. Dal punto in cui si trovava distingueva una credenza di legno scuro, piena di boccette e bottiglie e, attaccato al suo letto, un comodino. L'ambiente le sembrava alquanto rassicurante, quindi decise di aprire gli occhi.
Appena l'ebbe fatto sentì un suono secco, come di un libro che si chiudesse di botto.
-Buongiorno!
Si voltò di scatto. Capelli biondi, occhi verdi, occhiali, massiccio: eccolo là, il tizio dell'altro giorno. Se ne stava seduto di fianco al suo letto, un Vangelo in mano, a guardarla sorridendo.
-Mi
hai fatto preoccupare,
sai?Menomale che ti sei svegliata!-Continuò,
sorridendo contento.
Gli lanciò un'occhiata lievemente
preoccupata.-Allora è vero che non vuole farmi del male?-
-Giuro
solennemente di no-Rispose lui, serio-O non sono più un
prete.-
-Un
prete- Ripetè lei, e sembrò rilassarsi un poco.
-Come si
chiama?-Domandò poi
educatamente.
-Ops, non mi sono nemmeno presentato.
Sorrise colpevole e si portò una mano alla nuca, porgendole l'altra.
-Sono padre Alexander
Andersen, dirigo
questo orfanotrofio. Piacere!
Lei la prese cautamente e la
strinse.
-Piacere-Disse a sua volta.
-Allora, vuoi farti un
bagno?Poi, se ti va, potrai mangiare qualcosa.
Dalla sua pancia provenne
un brontolio che
non lasciò spazio ai dubbi.
-Sissignore-Mormorò, facendo per
scendere dal letto.
Il prete le fece cenno di fermarsi e la prese
in braccio.
-Sei troppo debole per
camminare-Disse, a
mo' di spiegazione.
-Grazie, signore-Rispose.
-E così-Riprese
lui dopo di un po'-Davvero non sai come ti chiami?
-Nossignore.
-Non
hai un soprannome?
-Nossignore.
-Beh, vedremo di trovarti un
nome. Quanti anni hai?
-Tre, signore.
-Parli molto bene per
avere tre anni.
-Grazie, signore.
L'uomo sorrise, scuotendo la
testa.
-Non c'è bisogno
di chiamarmi signore,
sai?Puoi chiamarmi padre.
-Sì, padre.
Le sorrise di nuovo,
gentilmente, ed entrò in una stanza. Là la fece
scendere davanti ad
una vasca d'acqua calda.
La bambina guardò prima la vasca e poi
lui, interrogativamente.
-Che devo fare, padre?
-Mai fatto un
bagno?
La bambina scosse la testa.
Sospirò: doveva essere nata
in strada.
-Togli pure il vestito.
Si sfilò lo
straccio, lo piegò e glieli porse. Lui lo prese, la
sollevò e la
depose nell'acqua calda.
Rimase a guardarla per qualche minuto
mentre lei si rigirava e si immergeva, visibilmente contenta, poi si
tolse i guanti.
-Ti lavo i capelli, ok?-La avvertì.
Lei annuì.
La vide reprimere l'istinto di scansarsi quando la toccò, e
riuscì
a farla rilassare solo dopo parecchi istanti passati in tensione.
I
suoi capelli, dopo essere stati abbondantemente insaponati,
districati e risciacquati, si rivelarono essere di un piacevole color
mogano, e lunghi quanto la sua schiena.
Intanto il prete
rifletteva sul nome da assegnarle. Ci voleva qualcosa di canonico, il
nome di una qualche santa, magari, di modo che rispecchiasse la
benevolenza che il Signore aveva avuto nel salvarla.
Le poggiò
accidentalmente una mano sulla spalla e lei sobbalzò di
dolore,
voltandosi a guardarlo.
-Ti ho fatto male?
Lei annuì. A quel
punto corrugò le sopracciglia e prese una spugna. Sotto lo
strato
superficiale di fango, fuliggine e, in parte, anche sangue,
scoprì
che la sua pelle era coperta di brutti ematomi neri e violacei.
Si
ripromise di chiederle i dettagli e, per il momento, si
limitò a
finire di sciacquarla.
La fece uscire, la avvolse in un
asciugamano più grande di lei e la accostò al
camino acceso, dove
lei rimase a fissare le fiamme danzanti, incantata.
Sorrise
intenerito a quella scena e le accarezzò i capelli umidi
dicendo:-Vado a cercarti degli abiti puliti.
Stette via pochi
minuti-lo stretto necessario- ma al suo ritorno la trovò a
guardare
verso la porta da cui era uscito con un'espressione confusa e
impaurita.
-Oi?Sono qui-La chiamò.
Come lo vide le si dipinse
sul volto un tale
sollievo che pareva fosse venuto a tirarla fuori dall'inferno.
-Ecco,
metti questi.
Le porse della biancheria,
delle scarpe di
vernice, un paio di calze pesanti, una gonna lunga, una camicia
bianca e un maglione bordeaux.
Una volta vestita se la issò sulle
spalle e la trasportò in sala da pranzo.
Si accomodò
compostamente a tavola, guardandosi intorno con curiosità,
ma quando
la cuoca le pose davanti un piatto di brodo fumante divenne
costernata.
-Oh, no, io non...-Balbettò, imbarazzata.
-Cosa?-Chiese il prete.
-Io non posso pagare-Disse infine, abbassando lo sguardo.
-Pagare?-L'uomo ridacchiò, e lo stesso fece la cuoca.
-La grazia del Signore non si paga, piccola mia.
Inarcò le sopracciglia, stupita. Le avevano insegnato che, in un modo o nell'altro, al mondo si paga tutto: l'acqua, il cibo, i vestiti.
L'essere venuti al mondo.
Si voltò verso la donna e la ringraziò con un trasporto tale che quella se ne andò asciugandosi gli occhi con un angolo del grembiule.
Poi, anziché
avventarsi sul cibo come il
prete si era aspettato, scese dalla sedia e-cosa che lo
stupì non
poco-intonò un breve salmo di ringraziamento.
-Chi ti ha
insegnato a ringraziare prima di mangiare?Tuo padre?-Le chiese quando
si fu seduta.
Lei scosse la testa, con la bocca piena, deglutì e
rispose:-La mamma, prima che morisse.
Poi corrugò le sopracciglia, preoccupata.
-Perchè? Non va
bene, padre?
-Va
benissimo-La rassicurò.
La piccola gli sorrise, contenta.-Mi ha
insegnato anche a pregare prima di andare a dormire, quando mi
sveglio e qualche canto. Anche se a papà non
piacciono-Aggiunse poi
fra sé e sé.
-Era cristiana la tua mamma?
Annuì, entusiasta.
-Cristianava moltissimo.
Il prete
ridacchiò, e lei continuò a mangiare. Dopo poco
chiese:-Padre, ma
qui ci sono altri bambini, non è vero?
-Sì, è così.
-E dove
sono?
-Alla messa serale.
-Alla messa...-Ripetè,
meravigliata-Che bello...È così bella la messa!
-Ti piace?
Lei
annuì.-È bellissima, soprattutto quando
c'è il coro che canta, e
poi ci sono tutte le candele, e poi i fiori, e poi quando leggono il
Vangelo...La domenica è il mio giorno della settimana
preferito.
-Qui allora ti troverai a casa tua.
All'ultima
cucchiaiata di brodo le ciondolava pericolosamente la testa,
così
decise di portarla in camera.
Lei sembrava averci preso
gusto a quel mezzo
di trasporto, così gli si accoccolò volentieri
fra le
braccia.
-Come si guadagna da vivere tuo padre?-La interrogò
prima che si addormentasse.
A quell'argomento scattò subito sul
chi vive, ogni traccia di sonno svanita.
-Mi faceva ballare e
cantare, mi faceva
chiedere l'elemosina...A volte invece venivano dei signori coi soldi,
mi portavano in una stanza e...-Ammutolì, abbassando lo
sguardo.
Al
prete apparve molto più chiara la reazione dell'altro giorno.
-Ed
era tuo padre a picchiarti?
-Di solito sì, se non guadagnavo
abbastanza soldi...Altre volte, quando mi mettevo a chiedere
l'elemosina sui gradini di una casa, erano i padroni a picchiarmi.
Oppure i figli dei padroni, per divertirsi. O ancora i negozianti, se
chiedevo qualcosa da mangiare...
Stettero in silenzio per un po' ,
finché la piccola non gli circondò il collo con
le braccia e gli
nascose il viso contro l'incavo, piangendo in silenzio.
Andersen
le accarezzò i capelli e la schiena, cullandola e mormorando
parole
di conforto.
-Non ci voglio tornare là, padre-Singhiozzò ad un
certo punto.-Non fanno altro che picchiarmi...
-E non ci
tornerai-Promise lui-Rimarrai qui con noi. Non permetterò
più a
nessuno di farti del male.
La bambina tirò su col naso e lo
guardò negli occhi.
-Le voglio bene, padre.
Poi si allungò a
dargli un bacio sulla guancia, là dove finiva la cicatrice,
e gli
posò il capino sulla spalla senza più muoversi.
Andersen non
fece in tempo ad entrare nella stanza che lei già dormiva
tranquilla.