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Autore: Gretel85    15/12/2013    11 recensioni
Mentre rimpiccioliva e perdeva, almeno nell'aspetto, la sua natura umana, Shampoo ebbe la certezza che in quel momento il suo cuore si fosse fermato. Sotto la pioggia, il suo sguardo felino si inumidì di lacrime. Vedere lui che con pazienza, preoccupazione e rabbia le dava le spalle e, raccolto da terra quell'essere odioso di Akane, l'aveva stretta a sé e portata dentro casa, era stata un'immagine troppo forte per lei. Non si meritava questo.
Abbandonando vestiti e ombrello nel giardino dei Tendo, la piccola gattina rosa saltò oltre il muro e corse via, facendo a se stessa una piccola, grande promessa.
Non sarebbe successo mai più.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Shan-pu, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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There's no time for us,
There's no place for us,
What is this thing that builds our dreams, yet slips away from us.

(Queen - Who wants to live forever)

 

 

 

-Ti piace?- Le chiese Ranma tentando di sbirciare al buio la sua reazione.

-È bellissimo.- Rispose meravigliata la piccola Tendo, gli occhi spalancati per l'emozione. Quel cielo stellato sopra di lei, anzi, sopra di loro, era uno spettacolo della natura capace di zittire anche l'animo più indomabile ed irrequieto.

-Vieni, ho portato due coperte, possiamo sdraiarci qui, se ti va.- Continuò Ranma sistemando al centro della piccola radura, fredda e silenziosa, una delle due coperte di lana trovate nel rifugio di Wu e porgendo l'altra ad Akane.

-Con questa puoi coprirti. Comincia a fare freddo e...-

-Hai pensato proprio a tutto, eh?- Lo interruppe dolcemente Akane accompagnando la sua domanda con un sorriso che se fosse stato ancora pieno giorno, gli avrebbe fatto certamente tremare le gambe.

-Beh...sì...- Arrossì l'altro.

Con un semplice gesto la ragazza si sdraiò e condivise con lui la coperta. Ranma non trovò niente da ridire. In fondo faceva davvero freddo, ma ne valeva la pena.

L'aria era così pulita e il cielo terso e scuro che una pioggia di pietre preziose sembrava voler ricadere su di loro.

A lungo rimasero in silenzio.

*Chissà a cosa sta pensando?* Si chiese Ranma voltandosi su un fianco per osservarla meglio. La giornata appena trascorsa insieme era stata una delle più belle fino a quel momento. Ma anche una delle meno spontanee vista la perdita di memoria di lei e questo aspetto, ripensandoci, gli lasciava un senso di amarezza. Avevano lottato, riso, chiacchierato e persino cucinato insieme. O meglio, Ranma le aveva insegnato a bollire il riso senza farlo attaccare alla pentola, ma alla fine è il concetto che conta, no? Era stato come vivere un sogno. Perché non poteva essere sempre così?

In ogni caso era fiero di sé. L'aveva protetta da qualsiasi minaccia esterna possibile ed immaginabile. Altro che Ryoga. Quel maiale le sarebbe saltato addosso al primo sorriso.

Eppure...

Ancora poche ore e finalmente la sua Akane sarebbe tornata completamente in sé. E questo era un bene. Ma anche un male, visto l'inferno che avrebbe dovuto passare. Di questo particolare Akane non era a conoscenza. E se una parte di lui credeva di aver fatto bene a non dirle niente -perché farle vivere ventiquattro ore di terrore?- a mano a mano che i minuti passavano e il tempo dell'Akane smemorata stava per finire, iniziava ad essere divorato dai sensi di colpa.

-Perché guardi me e non il cielo?-

*Accidenti!* L'aveva beccato.

-Mi sembrava di aver capito dai tuoi racconti che ti piacesse guardare le stelle...?- Una sottilissima insinuazione si nascondeva nella sua voce. In fondo, certe cose non cambiano mai.

*E chi ti dice che non ne stessi guardando una?* Tra sé e sé Ranma sorrise sdraiandosi nuovamente in posizione supina.

-Ma niente...pensavo e mi sono distratto...che vuoi che ci sia poi di tanto speciale nelle stell...-

-Accidenti che fidanzato noioso mi ha trovato mio padre...- Sussurrò con finto tono di rimprovero Akane, accomodando inaspettatamente il capo sulla spalla di lui.

*Speriamo che questo Akane non se lo ricordi, altrimenti sono finito.* Pensò l'uomo pietra. Soprattutto perché l'ignara piccola Tendo aveva appena trovato un modo assai più piacevole e pericoloso di una martellata per zittirlo all'istante.

-E tuttavia sei stato davvero molto gentile con me oggi.- Continuò tranquillamente. -Non so come sarà domani, ma...ecco, volevo ringraziarti.-

-Non c'è di che...- E con una mano fece finta di essere impegnato a sistemare meglio la coperta. La vicinanza di Akane, il profumo dei suoi capelli e quella mano dalle dita sottili sul suo petto gli stavano infondendo un calore inimmaginabile. Non era decisamente un abile parlatore e viste le condizioni di lei, non c'era niente che sarebbe stato giusto dirle in quel momento.

Evidentemente però, Akane era di un altro parere quella sera.

-È il cielo più bello che abbia mai visto...-

-Ci credo, non ne ricordi altri!- Non aveva resistito.

-Ma si fa per dire, baka che non sei altro!-

-Come hai detto?-

-Che l'ho detto solo per dire..perché è belli...-

-No, dico, come mi hai chiamato?-

-Baka. Ti ho offeso? Scusa! Certo che sei sensibile solo quando ti pare...-

-Sempre carina, eh? Comunque no, non mi sono offeso. È solo che normalmente è il tuo aggettivo preferito quando ti riferisci a me.-

-Ahahahah! Dici davvero? E vorrà dire che te lo meriti probabilmente...-

-Forse hai ragione.- Sorrise anche lui, stringendola più a sé. Di fronte a quel sorriso non avrebbe potuto arrabbiarsi mai.

-Comunque guardando questo cielo, che è meraviglioso solo perché non ne ricordo altri...-Puntualizzò acidamente. -Mi stavo chiedendo...-

-Cosa?-

-Tu cosa vedi?-

-Eh? Ma come cosa vedo, Akane? Il cielo e le stelle. Ah, e anche qualche pipistrello, ogni tanto.-

-Lo vedi che faccio bene a chiamarti “scemo”? Dico, cosa ti ispira? A cosa ti fa pensare uno spettacolo del genere?-

-Mah...non saprei...a te cosa fa pensare?- Perplesso e confuso si grattava la mascella con un dito. Non sapeva cosa rispondere, né tanto meno capiva dove Akane volesse andare a parare con quel discorso.

-Non lo so, mi sento tanto affascinata quanto insignificante di fronte a tutto ciò. Milioni di stelle, altri pianeti...e pensare che tutto questo non abbia mai fine. Riesci ad immaginare le dimensioni dell'infinito, Ranma?-

In condizioni normali, al solo sentirsi porre una domanda filosofica da Akane, Ranma l'avrebbe presa in giro per tutto il resto della loro vita. Ma in quella situazione, con quell'atmosfera e con lei così vicina, decise di contenersi.

-Beh, se è infinito, direi proprio di no.-

-Appunto. Secondo me l'infinito è lì dove il tempo e lo spazio cessano di esistere. Le sue dimensioni sono l'assenza delle dimensioni stesse, capisci cosa intendo? -

-Deve essere un posto molto lontano, allora.- Faticava a non ridere, ma Akane era serissima.

-A me però piacerebbe sapere cosa si prova.- Ignorò la sua ultima battuta.

-A fare cosa, scusa?-

-A trovarmi per un momento in un luogo senza tempo e spazio. Sarebbe come avere la sensazione di vivere in eterno, non credi?-

Silenziosamente Ranma assentì. In effetti, ripensandoci, il discorso di lei non era tanto male. Forse non era riuscita a spiegarsi al meglio, ma le domande e gli assurdi desideri che Akane gli aveva appena rivelato erano in fondo gli stessi che tante volte lui stesso si era silenziosamente posto di notte, guardando il cielo di Nerima dal tetto di casa Tendo. Sorrise. Akane non si era mai aperta tanto con lui. Gli sarebbe piaciuto continuare quell'assurda conversazione con lei, ma il tempo stava per finire e lui aveva appena avuto un'idea, a suo dire, geniale. L'avrebbe fatta addormentare prima dello scadere delle ventiquattro ore e, forse, le avrebbe evitato tutto il dolore che lui aveva dovuto provare. Magari non avrebbe funzionato, ma tentare non costava nulla.

-Senti...che ne dici se andiamo ora? Comincia a far davvero freddo e...- Ma nessuna risposta arrivò dal suo fianco. Ranma abbassò il volto verso quello di lei. Per quanto fosse buio, a chilometri di distanza avrebbe riconosciuto il respiro regolare e leggero di Akane quando dormiva.

 

Sorrise soddisfatto, mentre si avviava verso casa con la ragazza in braccio.

-Sarà tutto più semplice così...-

 

* * *

There's no chance for us,
It's all decided for us,
This world has only one sweet moment set aside for us.

(Queen - Who wants to live forever)

 

 

-Non ti hanno fatto entrare, vero?- Seduta su uno sgabello al di fuori dell'abitazione che le amazzoni avevano messo loro a disposizione, Wu sapeva che Mousse sarebbe tornato poco dopo. Da attenta osservatrice quale lei era, aveva capito da un pezzo lo strano giro di rapporti e desideri che muoveva quel curioso gruppo di amici/rivali, pertanto sapeva perfettamente quanta sofferenza si nascondesse dietro il principale esponente dei perdenti di quel gruppo. Il giovane connazionale scosse mestamente il capo prima di crollare a terra e sollevare lo sguardo per far finta di scrutare in silenzio il cielo. Dietro a quell'aspetto imperturbabile e di ghiaccio, il giovane doveva aver pianto e anche molto, Wu poteva giurarci. Alzandosi in silenzio, rientrò dentro casa. Immaginava volesse rimanere da solo e aveva ragione.

La crisi di Shampoo sarebbe stata la prima a presentarsi in ordine cronologico e considerando l'ora in cui approssimativamente Ryoga e Ukyo ne sarebbero stati colpiti, Mousse aveva sperato di avere tempo a sufficienza per essere presente nel momento in cui lei sarebbe stata tanto male.

Senza neanche finire di cenare, aveva trovato una scusa e si era precipitato alla prigione del villaggio. Inizialmente non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di rivederla prima del giorno dopo. Ma poi non gli era importato più di nulla. Conosceva Shampoo da talmente tanti anni che l'orgoglio in amore ormai non sapeva più cosa fosse. Lei lo aveva trattato malissimo, lo aveva sempre rifiutato, lo aveva persino drogato per scappare nottetempo con un altro, ma l'amore, quando c'è ed è vero, non si può controllare a piacimento. Anche quando non è corrisposto.

Evidentemente però era destino che le cose dovessero andare diversamente.

Non appena arrivato alla porta della prigione si era visto sbarrare l'accesso da almeno dieci tra le amazzoni meno femminili di tutto il villaggio. Non poteva entrare, non ora che Shampoo stava riacquistando la memoria. Ogni visita era vietata prima del processo.

Stringendo forte i pugni, Mousse aveva valutato seriamente l'ipotesi di farsi prendere dalla follia, attaccare tutte quelle donne e farsi strada con la violenza. Ma la sua componente razionale lo aveva frenato. Loro erano pur sempre un'esigua minoranza contro un villaggio intero. Non poteva mettere in pericolo anche gli altri per una sua azione sconsiderata.

Una ad una le amazzoni di guardia avevano quindi sgranato gli occhi per la sorpresa. Mousse si era seduto a terra, a gambe incrociate, davanti a loro e alla porta d'ingresso ed era rimasto così, immobile per quasi un'ora ad ascoltare, da fuori e fino alla fine, i solitari spasmi disperati di Shampoo, soffocati dal bavaglio che le avevano imposto.

*Shampoo, un giorno potrò dirti che ero solo a pochi metri da te e tu lo apprezzerai.*

È proprio vero che la speranza è l'ultima a morire.

 

-Basta, mi sono stufata! Sei veramente il peggior giocatore di “uomo nero” che abbia mai visto, Ryoga!- Esclamò esasperata Ukyo.

-Ma...ma...non è colpa mia! E poi come fai ad essere tanto certa che io sia il peggiore se non ricordi nulla?- Esclamò offeso il suo interlocutore.

-Ah! Se avessi già incontrato qualcuno tanto imbranato stai pur certo che me ne ricorderei! No, ma dico, è la ventesima partita che giochiamo e ancora non hai capito? Se non lo hai tu l'uomo nero e siamo solo in due, devo averlo io per forza, capisci?-

-Guarda che fin qui ci sono arrivato!-

-Sì, ma a fatica. E poi ogni volta che tocca a te pescare dal mio mazzo, mi è sufficiente alzare leggermente una carta, ovviamente l'uomo nero, per fartela pescare...è noiosissimo giocare con te! Ci caschi sempre! Mi spieghi come fai?-

Lo sguardo allucinato, Ryoga si alzò in piedi additandola con fare accusatorio.

-Quindi...quindi tu bari! Mi hai imbrogliato!- Sembrava sotto shock.

-Che cosa??? No, mi rifiuto, basta...- Con un rapido gesto Ukyo lasciò libere le carte, che aveva ancora in mano, di prendere il volo dietro di sé. Alzandosi di scatto in piedi, fece per andarsene.

-Ehi aspetta!-

-Ci rinuncio!-

-Dove vai?-

-In cucina, ho voglia di un tè. Spero che questa notte passi in fretta perché questa situazione comincia davvero ad esasperarmi.-

Silenziosamente Ryoga la seguì sedendosi al tavolo. Mentre Ukyo preparava con cura e, nonostante tutto, una tazza di tè anche per lui, l'eterno disperso si ritrovò a pensare alla storia che il cinese aveva raccontato loro quella mattina. Era stato davvero troppo per loro. Insieme alla ragazza, che aveva poi scoperto chiamarsi Ukyo, avevano passato il resto della giornata a chiacchierare e ad interrogarsi sulla veridicità delle parole del cinese. Se davvero, come Mousse gli aveva raccontato, lui aveva occhi solo per un'altra, come mai non riusciva a ricordarsi nulla di questa ragazza? E, soprattutto, cosa significava quella piacevole sensazione che per pochi minuti aveva provato al mattino, abbracciando la bella sconosciuta davanti a lui? E perché ora provava di nuovo il desiderio di alzarsi in piedi e stringerla di nuovo a sé e chiederle scusa per averla fatta arrabbiare? Era solo perché si sentiva solo? Perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, il buio che avvolgeva la sua mente lo spaventava più di qualsiasi altra cosa al mondo?

Oppure...

Avrebbe voluto saperlo, avrebbe voluto potersi dare una risposta. Di certo non poteva immaginare che i pensieri di Ukyo in quel momento non fossero molto dissimili dai suoi, ma in ogni caso non ebbe il tempo nemmeno di alzare lo sguardo per guardarla un'ultima volta. Cadendo di peso dalla sedia, Ryoga si accasciò a terra, la sensazione di una lancia infilzata nel cranio.

-Ryoga!- Urlò Ukyo spaventata precipitandosi su di lui. Qualcosa o meglio qualcuno però la fermò.

-Non ti avvicinare!- La trattenne saldamente Wu per un braccio.

-Perché?- Ma nessuno le rispose.

Un secondo dopo Mousse si precipitava in cucina e cominciava a trafficare intorno al povero Ryoga ancora steso a terra. Il giovane sembrava delirante.

-Accidenti, pensavo di avere ancora del tempo!- Ammise il cinese servendosi delle sue corde.

-Ma perché lo legate come un salame?- Ukyo era shockata, non riusciva a capacitarsi.

-Può essere pericoloso Ukyo, stai indietro!- La zittì Mousse, sospirando di sollievo solo quando ebbe completato la sua opera. Se l'era vista brutta.

Un solo indice piantato a terra in quel momento di dolore e disperazione e Ryoga sarebbe stato in grado di distruggere l'intero villaggio delle amazzoni.

Il silenzio scese in cucina, rotto soltanto dalle frustranti urla del giovane imbavagliato.

-Lo so che mi odi, Ryoga e che appena tornerai in te vorrai sfogare sul mio stomaco la tua ira, ma cerca di stare buono su!- Lo rimproverava Mousse di tanto in tanto, tentando di tenere fermo il grosso baco di funi.

Di lì a poco anche Wu ebbe il suo bel da fare con Ukyo, la ragazza sembrava tollerare molto meno il terribile dolore e questo riportò la mente di Mousse alla sua Shampoo. Lei non aveva avuto nessuno, era l'unica ad essere rimasta sola. Nonostante tutto, ancora una volta, provò pena per lei.

E poi pensò a Ranma e alla sua solita fortuna. Lui avrebbe potuto aiutare Akane.

Non c'era niente da fare. Per un motivo o per un altro avrebbe avuto sempre qualcosa da invidiare a quel ragazzo.

Ma poi si vergognò di questo pensiero. In fondo non c'era niente di allettante nella situazione che Ranma stava per affrontare. Chissà come se la sarebbe cavata?

 

* * *

 

Un urlo agghiacciante e un tonfo lo svegliarono di soprassalto. Dov'era? Dove si trovava? Ah, sì! A letto, nella capanna di Wu. Ehi un momento! *Akane!* Perché non era accanto a lui? Con una mano iniziò stupidamente a tastare la coperta, quasi la fidanzata potesse essersi nascosta sotto un lembo del lenzuolo.

L'aveva messa a letto, si era addormentato e...

-Ahhhhhhhh!- Immediatamente si affacciò dal bordo del letto.

-Akane!-

Rannicchiata per terra, dopo esservi probabilmente caduta, Akane si rotolava sul pavimento, le mani strette intorno alla nuca, lo sguardo vuoto e atterrito. Tremava e piangeva.

-Che diavolo mi sta succedendo?- Alzandosi in piedi, Ranma la guardò spaventato agitarsi in quelle che avevano tutta l'aria di essere convulsioni. Non sapeva come avvicinarla.

-Ahiaaaaaaa!- Singhiozzò più forte Akane, sbattendo la fronte e i piedi a terra.

Ranma ebbe paura.

Paura di non essere affatto pronto ad aiutarla come avrebbe voluto. Guardandosi le mani tremò anche lui. Di rabbia. *Perché diavolo mi hanno lasciato solo? Io...*

-Aiuto...- Fu l'ultimo flebile sussurrò che sentì. Due secondi dopo si era precipitato da lei.

Stringendola tra le braccia poté valutare la situazione. Era disastrosa.

Akane era già un bagno di lacrime e sudore, tremava e i suoi occhi apparivano totalmente spenti e abbandonati. Ma, soprattutto, non si muoveva più.

-Akane!- Ranma la strinse a sé cercando di scaldarle le braccia con un movimento frenetico della mano. Il cuore gli batteva all'impazzata. Per lui non era andata così...

-Akane, rispondi!-

Già per lui. Ma Akane non aveva la sua stessa resistenza fisica. Non ci aveva pensato.

-Akane, mi senti?-

E se non si fosse più ripresa?

-Non farmi scherzi, scema, hai capito?-

Se fosse impazzita del tutto?

-Non fare la stupida...- Poggiando la fronte su quella di Akane, si ritrovò ad aggiungere altre lacrime al viso già abbastanza rigato di lei.

-Akane...ti prego...-

-Shhhh...stai zitto...-

-Akane!-

-...-

-...-

-Mi hanno già tagliato la testa vero? Sì, deve essere così...fa...fa troppo male per essere vero...-

-Akane, ma che stai dicendo?-

Sragionava.

-Ti prego, se questa agonia dovesse continuare...-

-Ma non dire sciocch...-

Ma un improvviso urlo disumano lo interruppe. Inarcando il bel corpo all'indietro Akane espresse tutto il dolore e la disperazione causatole da un'ultima lancinante fitta alla testa.

Abbracciandola stretta, Ranma fece non poca fatica a tenerla ferma.

 

Seduto a terra, le gambe incrociate, rimase a lungo così. Akane fra le braccia, un braccio intorno alla vita, una mano sulla testa di lei, la cullava, come una bambina. Le bisbigliava parole senza senso, per poi stringerla più forte, ogni volta che lei soffocava un urlo sulla sua spalla.

Aveva temuto questo momento, ma da diversi minuti ormai la realtà stava superando di gran lunga la peggiore delle sue previsioni.

Era insopportabile, forse peggio di quando lo aveva vissuto lui in prima persona. L'idea che lei stesse passando e rischiando seriamente tutto questo solo per lui e che lui non potesse fare niente per evitarglielo rappresentava la sconfitta più grande della sua vita.

-Tu sei più forte, Akane, ce la puoi fare...dai...- Continuava senza sosta a sussurrarle tra i capelli da almeno mezzora.

-Se per una volta mi darai ascolto, ti prometto...ti prometto che non ti farò più arrabbiare, mangerò tutte le schifezze che mi preparerai senza fiatare e, senti questa, farò del mio meglio per non chiamarti maschiaccio, che ne dici? Certo, non te lo posso assicurare sempre sempre...-

Un piccolo sospiro all'altezza del suo orecchio lo zittì di colpo.

-E io...che per un attimo avevo pensato che fossi diventato una persona normale, idiota...- Sussurrò flebilmente una voce di sua conoscenza.

 

Stringendo più forte gli occhi già chiusi, Ranma avvertì sensibilmente il suo viso contratto sciogliersi in un sorriso tirato. Forse non tutto era perduto.

-Mi vuoi tutto ciliegi in fiore e improponibili metafore come Kuno?- Chiese stringendola più forte a sé.

-No...-

-Basta che tu lo dica e io provvedo, sai?- Sorrise tirando su con il naso.

-Ma stai zitto...- Lo ammonì con tono divertito Akane, sollevando a fatica la testa per guardarlo finalmente in viso. Senza perdere un momento di tempo e continuando a tenerla tra le sue braccia, Ranma si alzò in piedi. Mentre adagiava nuovamente il corpo di Akane sul letto, la piccola mano di lei accarezzò distrattamente la sua spalla e l'espressione sul suo viso si fece visibilmente corrucciata.

-Accidenti, ti ho bagnato tutta la camicia.- Osservò stancamente.

-Questo perché sei figlia di tuo padre. Non puoi fare a meno di piangere a fontana...-

-E quelle sul tuo volto cosa sono?- Lo punzecchiò

-Effetti dell'inondazione Tendo, non ti illudere...- Sorrise sdraiandosi su un fianco di fronte a lei.

-E tu non approfittare della mia debolezza...-

-Non lo farei mai.- La coprì come meglio poteva con il lenzuolo.

-Lo so.- Sussurrò poco prima di addormentarsi. -Non te ne andare...-

-Non me ne vado.- Rispose il ragazzo di fronte a lei senza esitazione alcuna.

 

* * *

 

But touch my tears with your lips,
Touch my world with your fingertips,
And we can have forever,
And we can love forever,
Forever is our today.

(Queen - Who wants to live forever)

 

Neanche un'ora dopo Akane riaprì gli occhi. Era notte fonda, ma lui era ancora lì. E la guardava. Forse, dopo quanto successo, avevano qualcosa di cui parlare e Ranma la stava aspettando.

La mano sinistra di lui, ancora stretta sulla sua vita, in quello che doveva apparire come un gesto di affetto e supporto, iniziava a pesarle come un macigno. Da quando quei terribili momenti erano passati e tutti i suoi ricordi le erano tornati in mente, Ranma non aveva chiuso occhio. Per lei.

Cosciente di quanto vicini, liberi e bene insieme fossero stati in quella folle giornata, per lei priva di freni, imbarazzi e ricordi, Akane deglutì amaramente. Perché non poteva essere sempre così?

Era stanca, provata e il sudore freddo sulla sua pelle iniziava a darle i brividi. Improvvisamente desiderò annullare quella distanza che la separava da lui e da quel calore tante volte segretamente sognato. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma non sapeva da dove cominciare.

Anzi. Al solo pensiero la solita e inspiegabile sensazione le fece attorcigliare ancora una volta lo stomaco.

E Ranma notò il cambiamento, sotto la sua mano Akane tremava di nuovo e respirava sempre più affannosamente.

-Ti senti male?- Le chiese subito, schiarendosi la voce a metà frase.

La risposta di Akane si fece attendere qualche secondo.

-No...-

-E allora cosa c'è?- Senza nemmeno accorgersene, fece scivolare la mano lungo la sua schiena, avvicinandosi ancora di più al suo profilo.

-Credo di aver paura...- Un flebile sussurro.

-Di cosa?-

*Di me?* Per un instante Ranma temette davvero quanto pensato e di essersi avvicinato troppo. La risposta di lei però lo tranquillizzò.

-Di desiderare.- Ammise scandendo a malapena le due parole.

-Desiderare cosa, Akane?- Ormai a un palmo dal suo viso, Ranma si rese conto di aver iniziato a respirare affannosamente quanto lei.

-Che tutto cambi.- Pronunciarono le sue labbra sfiorando appena il suo mento.

Ranma chiuse gli occhi. Da tre anni aspettava un momento simile. Non che in precedenza non fosse capitato, ma lui era stato sempre troppo preso o imbarazzato per cogliere l'occasione. E ora l'ammissione di Akane suonava tanto come una definitiva richiesta di chiarimento.

Era un gesto inequivocabile che lei voleva? Non l'avrebbe delusa.

 

-Io invece no.- Bisbigliò con voce sempre più bassa e roca, abbassando il suo volto quel tanto che bastò alle sue labbra per incontrare finalmente quelle di lei, piccole e morbide.

 

Per qualche secondo rimasero così, immobili, pregustando il sapore di un amore nato già molto tempo prima, ma mai vissuto davvero come tale.

Ben presto, però, quello stesso bacio si trasformò in qualcosa di più profondo, istintivo e passionale.

Mani ansiose e inesperte si incontrarono a più riprese, rendendo il tatto l'unico senso testimone del fatto che non stessero sognando.

 

Prendere fiato fu una spiacevole necessità per entrambi.

E Ranma lo fece lungo il collo di lei, non poteva guardarla negli occhi proprio ora. Risalendo con le labbra fino al lobo del suo orecchio, tentò inutilmente di diminuire i battiti del suo cuore.

Temeva che lei li sentisse, temeva di bloccarsi, temeva quel che stava per dire.

-E poi io cosa dovrei fare, allora?- Intrecciò le dita tra i capelli di lei.

-Perché?- Ormai quelli di Akane erano solo sospiri.

-Perché anche io ho paura di desiderare troppo.-

-E....cosa...?-

-Te.-

 

Ok, era finita. Forse sarebbe morto a breve, ma ne era valsa la pena.

Ma Akane lo sorprese, stringendolo ancora di più a sé.

 

-Questo perché avevo ragione fin dall'inizio...- Sussurrò ridacchiando nervosamente al suo orecchio. -Sei un maniaco.-

Ranma si rilassò.

-E figuriamoci!- Sorrise ironico prima di sollevare il volto e unire nuovamente le labbra a quelle di lei.

Una volta, una seconda, una terza e più i minuti passavano più l'emozione iniziale del momento si andava trasformando per entrambi in pura eccitazione. In febbrile necessità.

Portandosi sopra di lei, sorrise malizioso, assaporando ogni centimetro del suo collo.

-Mi hai dato anche del “noioso” stasera...-

-Mah...

….per quello direi che possiamo lavorarci su...-

Per quanto inebriato dal profumo di lei e assordato dal calore del sangue pulsante nelle orecchie, il giovane non poté fare a meno di notare un particolare.

Sollevandosi leggermente senza mai smettere di sfiorare le sue labbra, portò una mano dietro di sé. Fingendo incredulità, prese a sfiorare divertito le gambe della fidanzata, la quale forse nemmeno si era accorta di averle incrociate intorno ai fianchi di lui, in quella che solitamente è una posizione abbastanza inequivocabile.

A quel punto Ranma si rese conto di essere non solo al culmine dell'eccitazione, ma anche dell'umana sopportazione.

-E poi sarei io il pervertito?- Con un'insolita e profonda voce gutturale le rivolse quelle parole di scherno, facendo aderire il corpo ancora di più a quello di lei e spingendola istintivamente e per la prima volta nella sua vita verso la parete posta dietro il cuscino.

L'inaspettato gemito di piacere che Akane si lasciò sfuggire, inarcando la schiena e facilitandogli l'ingresso della mano al di sotto del sottile strato di stoffa rossa che ancora la copriva, ebbe per Ranma il valore di un sì.

E non solo per la domanda che lui le aveva rivolto.

Abbandonandosi alle sue mani e a quelle carezze, tanto audaci quanto desiderate, Akane vinse ogni imbarazzo e con identica passione iniziò a rispondere a tono a ogni singola, dolce provocazione di lui.

Pochi minuti dopo, distesi ancora uno sopra l'altro, i due ripresero fiato, rendendosi conto solo in quel momento, di non avere più neanche un centimetro di stoffa a separarli.

Per un attimo si fermarono a guardarsi negli occhi. Entrambi desideravano non porsi più dubbi o domande. Il limite era stato abbondantemente superato e non c'era posto quella notte per parole come “razionale”, “evitare”, “conseguenze”...

Accarezzando il più dolcemente possibile il volto di lei, Ranma si impose la calma. Akane non proferiva più parola e per esperienza sapeva che quando lei non parlava più era solitamente per due motivi: o era arrabbiata con lui o aveva paura.

Considerando che la prima ipotesi era da scartare...

E tuttavia notò all'improvviso, mentre le accarezzava con un pollice il labbro inferiore, che ciò non era esattamente vero. Akane gli stava parlando.

I suoi occhi parlavano per lei. Gli dicevano qualcosa che a parole non sarebbe mai riuscita ad esprimere.

Ranma sapeva cosa.

E prontamente rispose.

-Anche io, Akane...-

Senza aspettare che lei si stupisse di quelle parole, si impossessò nuovamente e con ferma dolcezza delle sue labbra, lasciando che la sua inesperienza fosse guidata dall'istinto.

La voleva. La desiderava, come mai aveva desiderato qualcosa in vita sua.

 

Pochi istanti dopo Akane si trovò a divorare il buio con gli occhi, incredula e incapace di dare un nome a quella sensazione piacevolmente devastante e del tutto nuova per lei. Li richiuse. Non poteva essere vero, non stava accadendo a lei, altrimenti il suo cuore non avrebbe retto a quella travolgente felicità. Accompagnando spontaneamente l'ansimare di lui, si lasciò trasportare da quel mare in tempesta, fino a quando credette di essere naufragata direttamente in paradiso.

Ma si sbagliava.

Non appena Ranma portò a fatica la bocca all'altezza del suo orecchio, spiegandole in modo breve e conciso cosa intendesse con la sua ultima battuta, Akane aprì violentemente gli occhi.

Seguita pochi secondi dopo dal suo fidanzato, si sentì finalmente libera di abbandonarsi alla più sublime, fisica ed effimera conseguenza dell'amore.

Quella sensazione che, anche se per un solo istante, ti dà l'ineffabile certezza di sapere quali siano le dimensioni dell'infinito.
 

* * *

 

 

 

 

  
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