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Autore: Blue_moon    15/12/2013    4 recensioni
Terzo libro della trilogia Similitudini.
Per la comprensione della storia è necessaria la lettura delle prime due parti, Prigioni e Spie.
Sono passati tre anni da quando Loki è scomparso nuovamente con il Tesseract.
Nè sulla Terra, nè ad Asgard si sono più avute sue notizie.
Apparentemente le cose sono tornate alla normalità.
Ma nell'ombra antichi nemici stanno preparando la loro mossa, dritta al cuore.
Avvertenza: nella trama sono presenti forti SPOILER riguardo Thor: The Dark World e Iron Man 3, se non volete rovinarvi la sorpresa, non leggete.
AGGIORNAMENTI MOLTO LENTI
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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E ce la fece!
Ecco il capitolo 11, è moooolto lungo e si alternano veramente moltissimi punti di vista diversi, spero che vi piaccia perché io... lo ADORO!
è pienissimo di spoiler su Thor: The Dark World per cui, se siete tra quella milionesima parte di essere umani che ancora non l'ha visto, fatelo e poi leggete il capitolo :)

Sono ancora un po'sconvolta e sorpresa per le somiglianze tra alcuni passaggi della mia storia (prima fra tutte la conversazione tra Thor e Loki nelle prigioni e le circostanze della morte di Frigga) e il secondo capitolo di Thor, che lo ammetto, mi ha fatto regredire all'età di dieci anni XD
Ok, la smetto di blaterare e vi lascio al capitolo, che avete aspettato mooolto a lungo XD
ci vediamo in fondo per alcune note.

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«Un penny per i tuoi pensieri».
Jane sollevò di colpo lo sguardo dal fumo che saliva dalla tazza di caffè che teneva tra le mani, ormai da diversi minuti.
Al di là del vapore, la accolse il sorriso solare di Ivy che, senza attendere un invito, si era già accomodata di fronte a lei, sorseggiando latte al cioccolato da un bric di tetrapak.
Jane fece una smorfia, massaggiandosi gli occhi. «Te li direi volentieri, ma dubito che la fisica quantistica ti possa interessare davvero».
Ivy succhiò rumorosamente dalla cannuccia. «Problemi con i tuoi esperimenti?», chiese.
La scienziata si morse le labbra. «Non credevo che sarei mai arrivata al punto di dirlo, ma... è un argomento riservato. Non sono autorizzata a parlarne».
«Oh, andiamo Jane! Sono dentro questa storia, non puoi tenermi all'oscuro», insisté la ragazza, mordendo la cannuccia di plastica. «Khalida è mia madre, per quanto ti sembri strano, e mi ha salvato la vita. Voglio sapere come sta».
Jane sospirò. «Credimi, lo vorrei sapere anch'io», ammise, prima di capitolare. «Lo S.H.I.E.L.D. vuole che apriamo una connessione con Asgard, in modo da capire che sta succedendo lassù, ma fino ad adesso ogni tentativo è stato inutile».
Ivy arricciò le labbra. «Quelli sono praticamente dei... e non hanno un cellulare?», sbottò quasi sconvolta.
«Meglio se non ti racconto come ha reagito Thor la prima volta che ne ha visto uno», replicò Jane, sorridendo.
Ivy le era simpatica. Su quell'immensa scatola volante era una delle poche persone normali con cui aveva a che fare, escludendo Erik, ed era tutto dire, dati i problemi psichici che l'amico aveva affrontato subito dopo i fatti di New York*.
In più le ricordava Darcy, e l'amica-barra-stagista un poco le mancava. Più di una volta il suo umorismo scanzonato le era stato utile per affrontare alcuni momenti di sconforto. E, doveva ammetterlo, negli ultimi tempi, aveva avuto diversi  di quei momenti.
Per quanto le sarebbe piaciuto dire il contrario, la maggioranza di essi aveva a che fare con Thor, e la loro pseudo relazione.
Ormai Jane non sapeva più definire nemmeno con precisione cosa ci fosse tra lei e il Dio del Tuono, e il pensiero stava diventando sempre più inquietante. Lo amava, ma iniziava a sospettare che quella scusa non avrebbe retto ancora per molto.
Osservò per qualche istante il volto crucciato di Ivy, che con impegno continuava a masticare la cannuccia, immersa nei suoi pensieri.
Aprì la bocca, ma le parole si rifiutarono di uscire.
Era davvero così patetico che una donna della sua età si rivolgesse a una ragazzina di quanti? Sedici anni?
«Cosa c'è, Jane?», chiese Ivy, fissandola negli occhi. «Lo vedo che hai qualcosa sulla punta della lingua», aggiunse, per chiarire.
La scienziata non trattenne un nuovo sorriso. «Sei una ragazza intelligente», osservò.
Ivy scrollò le spalle. «Non più di tanto. Ma so leggere abbastanza bene le persone. Quando cresci come sono cresciuta io, impari a farlo».
Jane aggrottò le sopracciglia. Aveva già immaginato che la ragazza non avesse una storia piacevole alle spalle, d'altronde all'interno di quella specie di portaerei volante ognuno aveva la propria storia strappalacrime sul groppone, però non si aspettava che lei l'ammettesse con tanto candore.
«Perché, come sei cresciuta?», domandò, curiosa.
Ivy sogghignò, con un'espressione molto simile a quella tipica di Khalida Sabil, e fece segno di no con il dito indice. «Non cambiare discorso, tu mi stavi per fare un'altra domanda».
La scienziata incassò il colpo con un breve cenno delle mani, poi respirò a fondo. «Si tratta di Thor...», iniziò, ed Ivy raddrizzò la schiena ed assunse un'aria attenta. Aveva già intuito che l'argomento Thor era molto delicato per Jane. Si capiva perfino da come pronunciava il suo nome.
«Quando è venuto a casa tua... Come ti è sembrato?», concluse Jane, sistemandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Ivy rifletté per qualche secondo sulla risposta. «Non lo conosco, e quando ho visto lui e gli altri asgardiani ero molto perplessa, ma lui mi è sembrato... tormentato. Solo quando Khalida ha acconsentito ad aiutarlo si è concesso un sorriso», descrisse la ragazza, tentando di essere precisa.
Jane si pizzicò una pellicina del pollice destro. «E tra di loro... hai notato nulla di strano?», chiese, con la voce solo di un tono più bassa.
Ivy ci mise tre secondi netti a capire il senso di quella domanda e, per quanto indelicato, non poté fare a meno di scoppiare a ridere. «Tu sei gelosa!», esclamò, coprendosi la bocca con la mano per soffocare l'ilarità poi, rendendosi conto di essere stata maleducata, si affrettò a riparare il danno, ricomponendosi. «Non ne hai alcun motivo, te lo assicuro. Conosco mia madre, e non ha mostrato nessun interesse di quel tipo per Thor. Lui le ha parlato un po' come se lei fosse... che ne so... una collega? Ecco, sì direi che rende l'idea», concluse Ivy, soddisfatta della propria spiegazione.
Jane annuì lentamente. Sapeva che il suo timore era quantomeno ridicolo ma la consapevolezza non l'aveva reso meno doloroso, né aveva soffocato quell'irrazionale gelosia.
«E poi lei preferisce i mori», aggiunse Ivy, a mo' di battuta, passando in rassegna mentalmente i vari uomini, non molti in effetti, che Khalida aveva frequentato da quando vivevano insieme.
Jane, che aveva finalmente deciso di bersi il suo caffè, ormai freddo, si lasciò sfuggire un sorriso sornione. «Eh già».
Ivy drizzò immediatamente le antenne. «E tu come lo sai? Khalida aveva qualcuno qui allo S.H.I.E.L.D.? Mi va bene praticamente chiunque ma, ti prego, non Coulson!», esclamò, eccitata.
Forse Khalida l'avrebbe ammazzata per essersi impicciata in quel modo, tra l'altro molto sleale, nella vita che aveva cercato di rendere segreta, e forse anche di dimenticare, ma lei non poteva farne a meno. Per quanto alcune cose della sua vita precedente l'avessero lasciata perplessa, o quasi sconvolta, era decisa ad andare in fondo alla storia. Credeva di meritarselo, ed era certa che nessuna notizia potesse cambiare il suo affetto per Khalida.
Jane, mentre tentava mentalmente di arrampicarsi sugli specchi, si stava pentendo amaramente di essersi lasciata scappare l'unica cosa di cui aveva scelto di non parlare alla ragazza.
Non tanto perché avesse premura di proteggere la reputazione di Khalida agli occhi della ragazza, quanto perché non era certa della veridicità di ciò che Thor le aveva raccontato.
Per come la vedeva lei, Thor credeva ciò che sperava fosse vero, senza curarsi di quanto fosse improbabile la cosa.
«Jane? Mi daresti una spiegazione?», la incalzò Ivy, con gli occhi scuri che brillavano.
«Non avrei dovuto dirlo, sono solo voci di corridoio», premise la scienziata, mordendosi l'interno della guancia. «Secondo Thor, tra Khalida e Loki c'era qualcosa».
«Qualcosa cosa?», insisté Ivy.
Jane si sentì arrossire. «Probabilmente una relazione».
Ivy immediatamente considerò le reticenze di Jane sull'argomento una sorta di pudore del tutto ipocrita. Era una donna adulta, e anche lei aveva una relazione con un uomo non propriamente umano. Tuttavia, comprese immediatamente dopo che il motivo dell'imbarazzo della donna non derivava da ciò che poteva aver fatto o meno Khalida. «Tu non pensi sia vero», osservò. «Perché?».
Jane si morse le labbra. «Ho visto Khalida in poche occasioni, e di sicuro tu sai meglio di me quanto sia difficile capire quello che pensa», iniziò, ed Ivy annuì, a darle ragione.
Conosceva Khalida, ma questo non significava che lei fosse in grado di capirla al volo, il miglior modo in cui lei e Khalida comunicavano era sempre a parole. Per il resto, Khalida era imperturbabile, spesso era in grado di mantenere la stessa espressione facciale per un giorno intero, che stesse correndo lungo la spiaggia o guardando una commedia in TV.
Jane prese il gesto di Ivy come un incoraggiamento. «Per quanto io sia in grado di fare alcune similitudini tra Khalida e Loki, credo che ipotizzare un legame sentimentale tra loro sia azzardato. Non ci sono le basi. È una teoria che non sta in piedi».
Ivy incrociò le braccia al petto. «Non penso che Thor crederebbe una cosa del genere, senza averne avuto qualche sentore».
«Non nego che sin dall'inizio è stato chiaro a tutti che tra Khalida e Loki c'era un... legame, ma io credo che tra loro si possa parlare di un'alleanza dettata dalle circostanze, non certo dall'affetto», continuò Jane.
Ivy sollevò appena un sopracciglio. «Sei molto pragmatica», per essere una che ha una relazione a distanza con un dio norreno, aggiunse mentalmente, ma con il buon senso di non esprimere i suoi dubbi ad alta voce.
Rimase in silenzio qualche istante, rimuginando su ciò che aveva saputo da Jane.
«Eppure credo che Thor possa avere ragione», esordì, alla fine.
Questa volta fu Jane a sollevare le sopracciglia. «Cosa te lo fa pensare?», indagò.
«Vivo con Khalida da poco più di un anno, e so con certezza che in tutto questo tempo non ha mai voluto avere una relazione con nessuno degli uomini che si sono interessati a lei. Mi sono sempre domandata se nel suo passato non ci fosse stato qualcuno che forse non era ancora riuscita a dimenticare. Forse adesso ho la risposta», raccontò.
Jane sorrise. «Sei giovane, Ivy, ed ottimista. Raramente le cose sono così semplici. Khalida ha avuto una vita complicata, forse semplicemente non voleva nessun legame».
«E io? Io sono un legame molto più pericoloso di un uomo», la contraddisse la ragazza.
In effetti, ragionò Jane, Ivy non aveva tutti i torti.
Gli occhi le caddero sul quadrante dell'orologio, la sua pausa era finita da un pezzo, e Selvig ormai doveva essere sull'orlo di una crisi di nervi, in balia di quella simpatica, e asfissiante, scienziata dal singolare accento che Fury gli aveva appioppato, insieme al suo compare che, neanche fossero una coppia di uccelli inseparabili, erano tutt'uno anche nel nome: Fitz-Simmons**.
«Non ti offendere, Ivy, ma sei veramente giovane. Forse quando Khalida tornerà, potrai avere chiarezza», fece, con fare conclusivo.
Ivy fece il broncio. «Io quella la vorrei adesso. Già non ci capisco niente di questi dei norreni, martelli e Ponti dell'Aurora dei miei stivali!».
Jane ridacchiò. «Sarebbe Ponte dell'Arcobaleno», la corresse, bonariamente, poi frugò per qualche istante nella grande borsa che portava sempre con sé, estraendone un piccolo libro formato tascabile che aveva comprato una vita prima, poco dopo i fatti del New Mexico. «Tieni, questo potrebbe aiutarti», disse, porgendolo ad Ivy che, con aria confusa, lo prese, leggendo contemporaneamente il titolo.
«Miti e leggende del nord... un libro di mitologia? Seriamente?», fece, scettica.
Jane annuì. «Ti darà qualche risposta. Adesso perdonami ma devo tornare al mio lavoro».
Ma Ivy si era già buttata a capofitto nella lettura del libricino, e Jane dovette accontentarsi del suo lieve sorriso, come ringraziamento.

La morte era sempre stata accanto ad Odino.
A cominciare dalla terribile guerra contro Jotunheim, il Padre degli Dei l'aveva percepita addosso, un velo di ghiaccio sulla pelle, una condanna dettata dal suo ruolo, dispensatore tanto di vita quanto di giudizi di morte.
Ed ora la sentiva respirargli sul collo con più forza. Vittoriosa, incombeva in quella piccola stanza, gettando la sua ombra sul corpo esanime di chi, per tempo immemorabile era stata il suo posto in cui tornare, colei che lo lavava dalla morte, purificandolo. Frigga era sempre stata la parte migliore di essere Re, di essere padre... forse addirittura di essere vivo, ed ora se n'era andata.
Molte volte in precedenza la mente di Odino si era soffermata sul futuro.
Era consapevole, ed accettava, che la morte sarebbe giunta col tempo, ma non aveva mai contemplato la possibilità che lei se ne andasse prima di lui.
Il grande Padre degli Dei ora non sapeva cosa fare, fermo immobile accanto al feretro della propria sposa, che non aveva saputo proteggere. Il senso di colpa era solo poco inferire all'ira, e Odino sentiva che i confini tra l'uno e altra erano pericolosamente labili.
Si sentiva fragile e vecchio oltremisura.
Osservò il corpo della sua Regina stringendo le mani sulla propria lancia, come a cercare un modo per non crollare a terra, sopraffatto.
Frigga era abbigliata come nel giorno in cui l'aveva sposata, il volto immobile e sereno celato da un velo candido, le mani giunte sull'elsa dalla spada che le aveva donato per la nascita di Thor.
Odino chiuse l'occhio, lasciando scivolare sulla guancia una sola lacrima, l'unica che si sarebbe concesso.
Le altre le avrebbe lasciate al popolo, a chi poteva permettersi di mostrarsi debole.
Un capogiro lo colse impreparato e dovette cercare a tastoni un sostegno, finendo per appoggiarsi alla parete poco distante da lui.
«Mio Re», intervenne prontamente Amora, accorrendo al suo fianco, senza toccarlo. «Non dovreste affaticarvi», aggiunse.
Odino strinse i pugni, raddrizzando le spalle.
«Devo farlo», mormorò, quasi a sé stesso, poi guardò negli occhi l'asgardiana al suo fianco. «Avevo chiesto di non essere disturbato», aggiunse.
Amora chinò gli occhi. «Perdonatemi, ma sono giunte notizie, ed ero impaziente di comunicarvele».
Odino intuì immediatamente di che cosa si trattasse. «Quindi Thor è tornato».
«Sì, e ha condotto con sé Loki», spiegò Amora.
Odino sospirò pesantemente. «Così sia». Gungnir picchiò leggermente a terra e due Falchi Rossi comparvero dal fondo della sala. «Preparate tutto per il funerale», ordinò il Padre degli Dei, ammantandosi per un istante del potere di un tempo.
«Diremo addio alla Regina questa notte».

La superficie del ghiaccio tremò, e una lieve crepa si formò in corrispondenza del piede destro di Thanos.
Sotto di lui, la luce riflessa delle stelle scomparve, assorbita dalla familiare finestra di tenebra che si spalancò come una bocca affamata, con i contorni che ondeggiavano lievemente.
La figura bianca e sfocata dell'asgardiana apparve, lontana e poco riconoscibile, indice della fretta con cui la sua interlocutrice aveva aperto il portale.
Thanos sorrise, significava che aveva buone notizie.
«È qui», annunciò la donna.
Benché distorta dalla grande distanza, l'Eterno riconobbe la sfumatura impaziente in quelle parole e ne godette. La fretta, la brama, era sempre stata una nemica degli asgardiani, e lui era un maestro nel manipolare i difetti dei propri avversari, in modo che fossero sconfitti da se stessi, oltre che da lui.
«Bene. Hai preparato tutto come ti ho ordinato?».
«Sì, mio signore», annuì la dea, con referenza. «La riconoscerete, porta con sé un'arma dalla fattura insolita, creata dal potere del Tesseract».
«Dove la troveremo?».
«Quando inizierà l'attacco, ritengo che Thor tenterà di proteggerla portandola via attraverso il Bifrost. Potrebbe affidare a me il compito di scortarla. Se così fosse, feritemi, in modo che non possano sospettare di me», pianificò con precisione l'asgardiana, celando sotto il velo un sorriso compiaciuto.
Thanos accettò la condizione con un debole cenno. «La tua devozione verrà ricordata dovutamente, asgardiana», promise, lasciando svanire il collegamento bruscamente.
«Come procediamo?», domandò la voce graffiante di Malekith, alle spalle del Titano.
«Prepara la tua flotta», replicò Thanos, fissando gli occhi su qualcosa che lui solo sembrava vedere. «Questa notte ha inizio la caduta di Asgard».

Uno sbuffo d'aria fredda sulla nuca.
Khalida si voltò di scatto, pronta a difendersi, le mani alzate in posizione di guardia.
Niente, dietro di lei solo il letto coperto da lenzuola candide e lo specchio, che le rimandava la sua immagine, in modo innocente e beffardo al tempo stesso.
La donna storse il naso, osservando il ricco vestito che indossava con un fastidioso senso di deja-vú.
Il corpetto di pelle dorata, rivestito di placche metalliche intarsiate riccamente con l'immagine di un grande albero, le stringeva dolorosamente la cassa toracica, e la stoffa verde scuro dell'abito, dai riflessi oro cupo, pizzicava sulla pelle.
In un'altra situazione forse si sarebbe potuta sentire bella, quasi lusingata, ma era stanca, e sul suo viso le tracce del lungo viaggio e della pericolosa dipendenza da Match erano evidenti, nonostante l'impegno delle ancelle per farla apparire al meglio.
Le tre ragazze, fortunatamente silenziose, l'avevano lasciata da pochi istanti, dicendole di attendere di essere convocata per l'inizio della cerimonia.
Aveva deciso di partecipare al funerale per rispetto nei confronti di Frigga e perché, in ogni caso, prima del mattino seguente non le sarebbe stato permesso di utilizzare il Bifrost, dato che il dispositivo era stato blindato per ordine di Odino, dopo l'arrivo di tutti gli ospiti che avrebbero partecipato al funerale.
Khalida sospirò forte.
Ogni secondo passato su Asgard le pesava. Non vedeva l'ora di poggiare nuovamente piede sulla Terra, anche a costo di affrontare Fury, o la rabbia di Ivy.
Un nuovo sussurro freddo tra i capelli la costrinse a voltarsi nuovamente in direzione della porta.
Si sforzò di non sussultare, per non dare a Loki la soddisfazione di vederla spaventata.
«Mi domandavo quando saresti venuto a finire il lavoro», disse, accertandosi con la coda dell'occhio che Match fosse sul letto, dove l'aveva lasciato.
Loki sogghignò. «Mi piace avere un pubblico, ormai dovresti saperlo. Non hai nulla da temere, per ora».
«Questo mi rassicura molto», replicò lei, sarcastica. «Che cosa vuoi?».
Loki incrociò le mani dietro la schiena, facendo qualche passo avanti. «Ti conosco abbastanza per sapere che non fai mai niente per niente», iniziò. «Perché hai aiutato Thor? Che vantaggio ne trai?».
Khalida si morse le labbra, «Perché ti interessa?», domandò per prendere tempo.
Loki sapeva di averle fatto esattamente l'unica domanda a cui lei non voleva rispondere e sentiva il bisogno di qualche minuto per elaborare una mezza verità soddisfacente. Non avrebbe mai potuto, né voleva, mentirgli come aveva fatto con Thor.
«Non sapere mi... indispone. E non credo che ti piacerebbe vedermi irritato», replicò Loki, avvicinandosi ancora.
Khalida sorrise, prendendo un breve respiro. «L'ho fatto per onorare una promessa che avevo fatto a Frigga, durante il mio primo soggiorno ad Asgard», iniziò, trattenendo a stento un ghigno per l'espressione attonita che era passata e svanita in un lampo sul volto solitamente impassibile di Loki.
Khalida si sedette sul bordo del letto, lasciando che le mani sfiorassero la superficie di Match, per alleviare un poco il malessere che le provocava la lontananza dal manufatto.
Non ebbe bisogno che Loki la incoraggiasse, era decisa ad essere sincera con lui, almeno in parte.
«Lei lo sapeva», proseguì, «Sapeva che Thanos sarebbe venuto per cercarti e che l'avrebbe uccisa. Quel giorno, poco prima della partenza per la Terra, mi mandò a chiamare e mi fece promettere che, quando uno dei suoi figli avrebbe avuto bisogno del mio aiuto, io glielo avrei dato», Khalida si interruppe, lisciando con la mano la stoffa della manica dell'abito, notando solo in quel momento che era dello stesso colore del mantello che indossava Loki.
Dubitava che fosse un caso, ma preferì sorvolare. «Quando Thor è venuto a cercarmi, ho capito che era arrivato il momento di mantenere quella promessa. Era desiderio di Frigga che entrambi i suoi figli le dicessero addio. Se non da fratelli, almeno da alleati».
Loki sollevò le sopracciglia, ostentando stupore e ignorando il peso di quella confessione. Ci avrebbe riflettuto quando la cosa sarebbe stata profittevole, se mai lo fosse diventata. «Hai rischiato la tua vita per mantenere una promessa... ti sei ammorbidita parecchio, Khalida».
Lei incrociò le braccia al petto. «Anch'io, per quanto ti sembrerà strano, non sono priva d'onore».
Loki fece un cenno del capo, come per accettare quella spiegazione. «E cosa ti avrebbe dato la Regina, in cambio della tua promessa?», domandò, con il sorriso di chi ha appena risolto un enigma particolarmente difficile.
Khalida si alzò dal letto, portando con sé Match. Guardò Loki dritto negli occhi. «Non voglio mentirti, Loki, per cui non costringermi a rispondere a questa domanda», ammise, sentendosi nuovamente vulnerabile come quel maledetto giorno alla Bocca del Demone, quando aveva ammesso di lavorare ancora con lo S.H.I.E.L.D.
Loki sembrò accettare senza problemi le reticenze di Khalida, ma la donna immaginò che stesse solo rimandando la questione ad un tempo più conveniente. Seguì gli occhi dell'alieno mentre, con un'occhiata sommaria, passava in rassegna ogni centimetro del suo corpo.
«Vedo che la porti sempre con te», commentò, riferendosi a Match.
Khalida storse la bocca. «Vuoi davvero fingere di non sapere il perché?».
Loki ammiccò. «Non puoi dire che non ti avevo avvisato».
Khalida ingoiò la risposta tagliente che aveva sulla punta della lingua, e anche la scarica di energia danzante sul cristallo di Match. «Quanto tempo mi rimane?».
Loki piegò la testa di lato.
Era interessante, illuminante quasi, il modo in cui Khalida aveva posto la domanda. Per come la conosceva, avrebbe dovuto chiedere un modo per rimediare, invece sembrava aver accettato il suo destino.
Ormai era palese che qualcosa in quegli anni aveva prodotto un cambiamento nell'animo dell'umana e, sebbene conoscere cosa non fosse rilevante, Loki sapeva già che in qualche modo l'avrebbe scoperto.
L'ignoranza era l'unica cosa che non poteva sopportare.
«Saresti dovuta morire solo per lo sforzo di trovarmi», rispose.
«Ma non è successo», concluse per lui Khalida.
Loki la guardò di nuovo da capo a piedi. «Evidentemente», affermò, sarcastico.
«Perché?», chiese Khalida.
Loki assottigliò gli occhi. «Appoggiarsi all'energia del Bifrost è stata una mossa intelligente, ti ha risparmiato la maggioranza delle energie».
«Non è stata una mia idea», ammise Khalida, scatenando un nuovo sorriso di condiscendenza sul volto dell'alieno. «La... voce, dentro Match mi ha spiegato come fare».
Loki sollevò un sopracciglio. «Fiammifero? La chiami davvero così?», domandò, sogghignando.
«Rende l'idea», si giustificò Khalida.
«Voi umani dovreste smetterla con questo vizio dei nomi», ridacchiò Loki, sinceramente divertito.
Khalida si unì alla risata, riscoprendosi nostalgica nei confronti della complicità, benché effimera, che era riuscita a costruire con lui nei momenti in cui era prigioniero.
Il pensiero le fece morire il sorriso sulle labbra. Quel legame che sentiva con Loki era pericoloso, tanto quanto giocare alla roulette russa.
Anche se finora le era andata bene, questo non significava che il colpo non fosse lì, nella canna, pronto ad ucciderla.
Qualcuno bussò discretamente alla porta della stanza.
«Lady Khalida, la cerimonia sta per iniziare», annunciò la voce di un'ancella.
Loki sollevò teatralmente un sopracciglio. «Lady, eh? Noto con piacere che hai fatto carriera», commentò sarcastico.
«Finiscila, da fastidio più a me che a te», lo freddò lei, scostandolo e avvicinandosi alla porta.
Loki la osservò di lato, lasciando scorrere gli occhi lungo l'abito regale. Le donava, e vederle addosso quel colore, nonostante tutto, non lo lasciava indifferente. Lo divertiva il modo in cui Thor tentava ancora, disperatamente, di suscitare in lui sentimenti che non erano nella sua natura.
Match, come lo chiamava lei, emise un lampo intenso, quando Khalida ci serrò le dita intorno.
«Non guardarmi così», lo ammonì, senza voltarsi.
Loki si avvicinò, lentamente. «Perché?», le sospirò a pochi millimetri dall'orecchio. «Hai paura che ti piaccia?».
Khalida strinse gli occhi, colpita ma non disposta ad ammetterlo, soprattutto perché non ce n'era alcun bisogno.
«Lady Khalida...», chiamò di nuovo l'ancella.
«Arrivo!», la interruppe Khalida, aprendo la porta.
Loki la fissò negli occhi. «Questa conversazione non è finita», avvisò, prima di scomparire così come era arrivato.
Khalida fissò il vuoto per un secondo, poi si riscosse e uscì dalla stanza senza voltarsi.
 
Il funerale era stato solenne, ma a suo modo commovente.
Khalida si era resa conto, con un senso fastidioso di stupore e un sentimento che assomigliava al rimpianto, che quella era, di fatto, la prima volta che assisteva ad una cerimonia funebre.
Il pensiero l'aveva irritata, forse perché le aveva rammentato le tante vite che aveva tolto. Per quanto non rinnegasse il suo passato, spesso preferiva non soffermarsi su quei ricordi, che rimanevano comunque amari e dolorosi.
Era rimasta in disparte, mentre il popolo diceva addio alla propria Regina, ma non abbastanza. Molti asgardiani l'aveva squadrata in malo modo, sussurrandole alle spalle in merito ad una mancanza di rispetto. Se fosse dovuto al suo abbigliamento, che non aveva certo scelto lei, o per il bagliore costante di Match, Khalida non lo sapeva e non le interessava.
Uno schiamazzo di risa le fece storcere la bocca.
Come nella maggioranza delle culture, ad Asgard il trionfo della morte era seguito dalla celebrazione della vita.
Il banchetto era nel vivo, e Khalida aveva accettato di parteciparci solo per educazione, ma se ne stava rapidamente pentendo.
Il cibo non la allettava, e preferiva non bere. Essere lucida era la sua unica difesa.
Si guardò intorno cercando volti familiari nelle lunghe tavolate imbandite, ma non riuscì a scorgere nessuno a lei noto.
Come Thor aveva disposto, tutti gli alleati di Asgard erano giunti per rendere omaggio a Frigga, e gli ospiti erano innumerevoli.
Sperando di non attirare troppo l'attenzione, Khalida si alzò, dirigendosi verso i corridoi bui e deserti della reggia.
Non aveva mai avuto modo di visitarla a dovere e un poco le dispiaceva.
Vagò per le stanze, sbirciando attraverso ogni porta che trovò aperta, fino a che la luce danzante di un braciere non attirò la sua attenzione.
Si appiattì contro la parete, allungando lentamente il collo per spiare al di là dell'angolo. Due soldati, sostavano di fronte ad un piccolo fuoco, chiacchierando sottovoce fra di loro.
Khalida aggrottò le sopracciglia. Tutti i membri dei Falchi Rossi, le guardie reali, stavano partecipando al banchetto, e l'intero palazzo era, apparentemente, non sorvegliato.
Tranne quella stanza.
Un brivido di curiosità percorse la schiena di Khalida, che aguzzò la vista, portandosi più vicina.
Anche ad un osservatore distratto, sarebbe stato evidente che i due soldati non avevano alcuna voglia di fare il loro dovere.
«Non so che darei per un sorso di quella birra. Dicono che il Padre degli Dei abbia aperto le botti più pregiate, per salutare degnamente la Regina. Erano dai tempi della vittoria su Jothuneim che non accadeva», brontolò quello che tra i due sembrava più giovane.
L'altro, dall'aria più seria, non commentò, anche se un brillio nei suoi occhi suggerì che non fosse in disaccordo con il compagno.
Khalida dedicò un lungo sguardo alla grande porta alle spalle dei due asgardiani, domandandosi cosa potesse celare di così prezioso da meritare sorveglianza quando persino il Bifrost era rimasto incustodito.
I due battenti sembravano di legno massiccio, rivestiti di spesse placche di metallo color ottone brunito decorate con un bassorilievo molto elaborato.
Raffigurava una scena di battaglia cruenta, in cui scintillanti guerrieri asgardiani trionfavano platealmente contro un esercito i cui soldati indossavano maschere da combattimento che ne celavano i lineamenti. Ai lati del cranio sporgevano lunghe orecchie a punta.
Khalida non aveva bisogno di altri elementi per capire che quelli dovevano essere i famosi Elfi Oscuri.
Esaminò con più interesse la porta, interessata a cogliere indizi sull'antico nemico che minacciava Asgard nuovamente.
I cadaveri degli Elfi erano a decine, sparsi su un terreno roccioso aspro e brullo. Nel cielo non c'erano stelle, né luna, né sole. Il paesaggio non sembrava appartenere alla scintillante Asgard, per cui immaginò che quel deserto di rocce fosse sul pianeta natale degli Elfi, di cui non ricordavano il nome.
Al centro della scena una figura in piedi reggeva Gungnir, la lancia di Odino, il capo ornato da un imponente elmo decorato da corna di montone***. Lo stesso che aveva visto indosso ad Amora quando l'aveva incontrata la prima volta.
Forse non era un particolare rilevante, ma Khalida se lo segnò mentalmente, avrebbe chiesto delucidazioni a Thor il giorno dopo, prima della partenza.
Una folata di vento fece ondeggiare le pesanti tende di una delle grandi finestre, impedendo ai due soldati di guardia la visuale sul corridoio buio dove Khalida si era nascosta. Il suo corpo agì per lei e in pochi istanti sgusciò dietro la porta, più leggera di quanto si aspettasse, chiudendosela alle spalle senza fare rumore.
Le sfuggì un sorriso compiaciuto.
Anche se era fuori allenamento, se la cavava ancora.
Non appena si guardò intorno, riconobbe la stanza: era la sala delle armi, la stessa che aveva visto nelle illusioni di Loki.
Improvvisamente seppe identificare il motivo che l'aveva spinta a gironzolare per i corridoi di Asgard e ad intrufolarsi in quella stanza, e la cosa la infastidì non poco, perché era l'unico aspetto del suo carattere che non sapeva controllare.
La curiosità era sempre stata uno dei suoi peggiori difetti.
Tutti i suoi supervisori dell'esercito l'avevano detto un'infinità di volte: un soldato non chiede mai perché un soldato esegue gli ordini, punto.
Tuttavia, Khalida, aveva accettato quella sua pecca, diventando qualcosa di più di un semplice soldato, una donna d'azione con un lavoro in cui i perché erano importanti quasi quanto le azioni.
Ma ben presto anche nell'Intelligence il perché aveva perso importanza, sostituito dai numeri, dai risultati, dai nomi spuntati da una lista. E Khalida era diventata un peso, un'agente scomodo, troppo intelligente per poter essere controllata.
Mentre scendeva i gradini, lasciandosi avvolgere dal pesante silenzio della sala, la donna per la prima volta realizzò che probabilmente il caso di Manaar le era stato assegnato con la precisa intenzione di provarla, forse addirittura per dare un valido motivo ai suoi superiori per liberarsi di lei.
Ma in fondo non era importante, ragionò Khalida, cercare i perché di quegli eventi. Oltre che impossibile, era pressoché inutile.
Il passato non sarebbe cambiato, né la morte della ragazza sarebbe diventata più leggera da sopportare.
Lasciando vagare gli occhi sugli alti soffitti ad ogiva, segnati da sottili scanalature, fiocamente illuminate da un bagliore diffuso, Khalida respirò lentamente, cercando di carpire più particolari che poteva.
Il piccolo camminamento di marmo nero era costeggiato da piccoli fossati, larghi pochi metri, in cui galleggiava dell'acqua nera che non rifletteva la luce.
Al di là di questi, piccole nicchie ospitavano circa una decina di manufatti, alcuni erano di forme piuttosto riconoscibili – una spada, un guanto di placche di metallo, un bastone lungo circa due metri diviso in tre parti**** – mentre altri erano decisamente insoliti, come quell'occhio di metallo dorato che, benché immobile, la faceva sentire osservata.
Il fondo della stanza era formato da una griglia di metallo, le cui sbarre erano larghe come il braccio di Khalida, alta fino al soffitto. Se al di là ci fosse qualcosa, gli occhi della donna non erano in grado di vederlo.
Al centro della stanza, su un piedistallo, c'era il manufatto dall'aspetto più ordinario: un parallelepipedo che a prima vista appariva molto leggero, di metallo e vetro.
All'interno si muoveva un vapore bianco e azzurro, che si spingeva contro le pareti, avvolgendosi in continui mulinelli senza fine.
La superficie era coperta da un sottile strato di brina, anche se nella stanza non faceva affatto freddo.
Khalida allungò la mano lentamente, decisa a verificare l'effettiva temperatura del manufatto.
«Non hai perso nemmeno la cattiva abitudine di toccare ciò che potrebbe ucciderti», la fermò la voce di Loki, divertita, eppure incrinata da una freddezza glaciale che a Khalida fece correre un brivido lungo la schiena. Si sforzò comunque di conservare la apparenze, anche se involontariamente era trasalita. «Tu non hai perso quella di comparirmi alle spalle», osservò, voltandosi.
Loki sollevò un angolo della bocca, accennando una smorfia che non assomigliava per niente ad un sorriso.
Per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, Khalida poteva intuire che fosse quantomeno turbato. L'aveva osservato, durante il funerale e sapeva che l'addio a quella che, lo ammettesse o meno, era stata sua madre per lunghissimi anni, non poteva averlo lasciato indifferente. Ed ora Khalida la vedeva, la sentiva, la fredda rabbia sotto i suoi occhi chiari, la stessa rabbia venefica che l'aveva già condotto alla rovina una volta.
Non aveva intenzione di affrontare l'argomento. Loki era padrone delle sue azioni e ciò che pensava lei non l'avrebbe di certo fatto desistere dai piani che già gli frullavano in mente, in più teneva davvero ad arrivare tutta intera al mattino seguente.
Tuttavia il fatto di aver colto quella piccola briciola dell'anima di Loki, che lui celava con ostentata superbia, la faceva sentire una privilegiata, gettandole contemporaneamente addosso una responsabilità che forse era troppo pesante, e che sicuramente non era disposta a portare ancora a lungo.
Doveva pensare ad Ivy. Tornare da lei era il suo unico desiderio, l'aveva promesso, e non aveva nessuna intenzione di deluderla ancora, come già aveva fatto andandosene per quell'avventura che, fortunatamente, era al suo epilogo.
«Che cos'è?», domandò, posando gli occhi di nuovo sul piedistallo.
La nebbia azzurra aveva preso a vorticare più rapidamente, ma sembrò acquietarsi quando Loki avvicinò con grazia una mano, posando la punta delle dita su una delle decorazioni di metallo.
«Lo Scrigno degli Antichi Inverni», rispose.
Khalida sollevò le sopracciglia. «In effetti siete più bravi voi, con i nomi», osservò.
Avrebbe voluto aggiungere dell'altro, ma la voce le morì improvvisamente sulla labbra, quando la pelle di Loki mutò gradualmente, sopraffatta da una ragnatela di inchiostro blu e venature di ghiaccio.
In pochi secondi, davanti a lei non c'erano più i trasparenti occhi verdi che aveva imparato a leggere, a capire e a temere, ma solo due pozze di sangue, rosso vivo, screziato di nero e morte: due occhi che non conosceva.
Chiuse ripetutamente le palpebre, come a controllare che quella non fosse solo l'ennesima illusione, un semplice inganno, ma Loki rimase lì, immobile a scrutare la sua reazione.
Aveva già visto l'aspetto originario di Loki, ma allora era solo un neonato, e non poteva certo paragonare le due cose.
Era una prova.
Loki aveva sempre amato testare il suo carattere e la sua sincerità, giocando con i suoi sentimenti, spiandoli con l'intensa determinazione di utilizzarli a suo piacimento.
Aveva sempre affrontato quei test con dignità e fierezza, convinta di ciò che sentiva, e non vergognandosene; ma allora non c'era Ivy da difendere, e l'ultima cosa che voleva era che Loki intuisse la sua esistenza e l'importanza che la ragazza aveva per lei.
Deglutì, decisa a non mostrare il disagio.
«Così è questo il tuo vero aspetto», commentò.
Loki sorrise, mostrando i denti. «Non fingere di non avere paura».
Khalida sollevò il mento. «Non serve la pelle blu, per quello, Loki», gli fece notare, ammettendo ciò che, in un altro momento non gli avrebbe concesso, nel tentativo estremo di celare il grande segreto di Ivy.
Se l'amore e l'affetto erano sentimenti che Loki disprezzava, la paura la comprendeva e sapeva dargli il giusto valore.
Confessare di provarla, era forse la più grande lusinga, e verità, che Khalida potesse fare nei confronti di Loki.
Stava giocando a carte sempre più scoperte, bluffando senza sosta con il maestro degli inganni.
Era pericoloso, non lo negava.
Ciò nonostante, Khalida era abbastanza obiettiva per ammettere che, mostrandosi a lei nel suo vero aspetto, qualunque fosse la sua motivazione, Loki stava facendo un importante passo verso di lei.
Poteva nascondersi dietro scuse blande, ma loro due avevano sempre camminato su strade parallele, distanti, eppure allo stesso passo.
Ora era il suo turno.
Avanzò piano, ed esitò solo un attimo, prima di sollevare le mani verso il volto di Loki.
Lui reagì in modo repentino, bloccandole i polsi con un movimento quasi invisibile.
Khalida irrigidì i muscoli, e si lasciò sfuggire una breve esclamazione di dolore mentre la pelle di ghiaccio le ustionava la carne.
«Credevi che toccare me fosse meno pericoloso?», sibilò Loki, accennando brevemente allo Scrigno con la testa.
Khalida ingoiò il dolore, che scemava, man mano che la pelle di Loki tornava al colore abituale.
«No, ma questo non mi ha mai impedito di farlo», mormorò in risposta, sollevando il viso con fierezza.
Non si diede il tempo di pensare oltre, e proseguì spingendosi in avanti con tutto il peso del corpo, fino a posare le labbra su quelle di Loki.
Come nella Bocca del Demone, il gesto aveva molti significati, e l'affetto non era sicuramente tra i più rilevanti.
La bocca di Loki era fredda e immobile.
Sapeva di neve, rabbia e sangue e, quando finalmente si ammorbidì per ricambiare il bacio, Khalida sentì il suo respiro di gelo tra le labbra, e parte di quella rabbia la condivise, ed accettò, comprendendo quanto profondo dovesse essere il dolore che stava dilaniando il cuore di Loki, la grandezza della sua solitudine ora che anche l'ultima persona per cui provava un minimo di calore se n'era andata.
Quando Loki si allontanò impercettibilmente, Khalida poggiò istintivamente la fronte sulla sua, socchiudendo le palpebre, trovando di nuovo quegli occhi chiari a scrutarla con intensità.
«Cosa mi stai nascondendo, Khalida?», domandò Loki, in un filo di voce doloroso tanto quanto un pugnale nel cuore.
Khalida abbassò lo sguardo, sconfitta.
Con la coda dell'occhio, percepì un lampo rosso filtrare da sotto i battenti della pesante porta.
Poi rimasero solo rumore e polvere.
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...suspance...

Lo so, sono cattiva, ma non è difficile immaginare cosa sia accaduto :P ho dato qualche indizio qua e là...
ok, veniamo alle note:

* alzi la mano chi non ha adorato Selvig fuori di cucuzza in TDW! "avevo un Dio nel mio cervello" e io gongolavo come una scema XD ok, ho fatto un piccolo riferimento a questo fatto, dato che le immediate conseguenze del dopo NY nella prima parte di Similitudini non erano state spiegate e potevo permettermi la lieve digressione.

** Cross-over con Marvel Agent's of SHIELD, per chi non lo segue, Fitz-Simmons sono due scienziati del team capitanato da Coulson. Lui Fitz, lei Simmons sono adorabili, e si completano le frasi a vicenda come se fossero, appunto, una coppia di inseparabili

*** Quella descritta non è altro che la stessa identica scena iniziale di TDW in cui si vede la prima battaglia contro gli Elfi scuri. Lo devo ammettere, a livello di battaglia e/o armamenti avevo la testa piuttosto vuota, per cui, dato che comunque noi tutti abbiamo nella testa le immagini fresche di TDW, farò molti riferimenti alla mitologia degli elfi, al loro modo di vestire e di combattere per come ce l'hanno mostrata nel film. ci sarà anche una versione riveduta e adattata dei Dannati *sì si chiama pigrizia, lo so*

**** altro cross-over con Agent's of SHIELD, nella 1x09 compare un'arma asgardiana che viene ritrovata sulla terra, il bastone qui citato. se volete saperne di più, guardatevi la puntata :P

Il capitolo è lungo e articolato e, anche se sembra inutile, la conversazione tra Ivy e Jane avrà una sua utilità tra poco, in particolare una cosa, ma non vi dico quale XD
Le due conversazione tra Loki e Khalida possono sembrare forse un po' ripetitive, ma tenete presente dello stato d'animo di Loki nella seconda, avevo bisogno che fosse in uno stato d'animo più fragile della precedente per riuscire a sciogliere qualche nodo.

Direi che ho finito, attendo i commenti!! *e i pomodori in caso*

Dal prossimo capitolo si balla!

A presto
Nicole
  
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