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Autore: Mokona_    15/12/2013    4 recensioni
Buonsalve!
Mokona è qui con una nuova jerza (probabilmente con accenni alle altre coppie, qua e là, che non fa male).
Come potete capire dal titolo, questa sarà una raccolta di tutte le "prime volte" vissute da Jellal e Erza; perchè sono quei piccoli ma importanti momenti che rendono un rapporto speciale, no?
Quindi, tanta jerza e tanto fluff tutto per voi!
Enjoy your read!
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erza Scarlet, Gerard, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The first time…
         Erza have coocked chilli for Jellal





 
 
Jellal rabbrividì, scuotendo con violenza la testa per librare i capelli disordinati da un po’ dell’acqua che li impregnava. Era stata davvero una pessima idea, la sua, quella di ignorare gli avvertimenti di Erza e non prendere un ombrello: così in quel momento era bagnato come un pulcino, appena tornato da una missione, davanti alla porta di casa. Sperando che Erza non si sarebbe arrabbiata troppo (cosa tra l’altro alquanto improbabile, visti i suoi sbalzi d’umore dovuti alla gravidanza, bussò alla porta.)
Con suo sommo stupore, quando lo vide Titania si limitò a scoccargli un’occhiataccia, prima di scostarsi per farlo entrare. Gli lasciò un veloce bacio a fior di labbra, per poi prendergli il mantello: “Va’ a farti una doccia veloce, la cena è quasi pronta.” Disse gentilmente. Jellal rispose al suo sorriso, cercando di trattenersi dall’abbracciarla (non poteva inzuppare pure lei) e ancora una volta ringraziando Mavis per avergli fatto incontrare un angelo così meraviglioso.
La maga sospirò, dirigendosi verso la cucina, e chiedendosi se anche la creatura che portava in grembo quando le avrebbe disubbidito avrebbe avuto la stessa colpevole faccia da cucciolo bastonato di quell’adorabile testone di suo marito.
 
 
Jellal stava finendo di asciugarsi i capelli quando Erza lo chiamò per la cena: mentre scendeva le scale, cercò di capire a quale piatto corrispondesse quello strano e forte profumo che riempiva la casa. Per qualche motivo aveva una brutta sensazione.
Iniziò a pensare che probabilmente la moglie aveva di nuovo provato una di quelle ricette prese da chissà dove, provenienti da chissà quali eremi paesini; l’ultima volta che aveva cucinato Jellal si era visto costretto a mangiare quelle che alla fine si erano rivelate essere cavallette fritte. Il mago rabbrividì al pensiero.
Ma questa volta non poteva aver preparato nulla di troppo eccessivo, in fondo era incinta, no?
Rassicurato da quest’ultimo pensiero Jellal entrò in cucina, dove trovò un’Erza che agitava maracas nella sua direzione, un pesante poncho e un sombrero abbinato: “Questa sera si mangia messicano!” Annunciò, con un sorriso entusiasta in volto. Jellal la fissò corrucciato per qualche secondo, e solo quando l’altra l’ebbe rassicurato che lei avrebbe mangiato qualcosa di più leggero e salutare per lei e il loro bambino (o bambina) si lasciò andare a una risata; smise di ridere, però, quando Erza aggiunse: “E visto che io non posso mangiare queste cose, nella tua porzione ho messo dose doppia di peperoncini.”.
Jellal deglutì.
Peperoncini.
Era ovvio, era cibo messicano, e vedeva Guacamole, Enchiladas e Burrito, non doveva aspettarsi altro che peperoncino e salse piccanti ovunque.
Ma il peperoncino….Troppo peperoncino…
Jellal deglutì nuovamente, ma subito dopo cercò di sorridere in modo convincente, quindi si mise a sedere. Iniziando a mangiare, subito sentì la bocco andargli in fiamme. Non aveva mai avuto problemi con il peperoncino…Almeno, non fino a quel giorno. Al pensiero, il boccone che stava ingoiando gli si bloccò in gola, e dovette farsi violenza per non sputarlo.
“Jellal, tutto bene? Non ti piace? Hai uno strano colorito…” Gli chiese allora Erza, preoccupata, vedendo il volto del marito farsi verdastro. Il mago scosse la testa, rivolgendole un sorriso convinto, senza accorgersi di star sudando freddo:”No, è tutto buonissimo.”. Ed era vero: Erza era una cuoca eccellente, ma lui non riusciva proprio a sopportare quell’abnorme quantità di salse piccanti. Allo stesso tempo, però, non voleva far dispiacere l’altra: conoscendola, era sicuro che avesse passato tutto il pomeriggio a cercare di preparare quella cena, e non voleva in alcun modo rendere vano il suo lavoro. Tuttavia non passò molto tempo prima che Jellal posasse le posate, il volto che ormai aveva perso totalmente il suo colorito originale: “Scusami, Erza. Non ce la faccio.”.
“Cosa?” Chiese allora la maga, convinta di aver fatto qualche disastro.
“Sono…I peperoncini.” La maga sbattè un paio di volte le palpebre: in fondo, Jellal non aveva mai avuto problemi a mangiare piatti con il peperoncino.
“E’ il troppo peperoncino –spiegò allora lui- non riesco a mangiarne così tanto…E’-….M-mi ricorda troppo un certo episodio, che…”.
Erza osservò preoccupata l’altro, che sembrava avere serie difficoltà nel trovare le parole giuste.
“Oh, al diavolo –esclamò infine il mago, prima di nascondere il volto dietro una mano- E’ per quel giorno al Dai Matou Enbu.”.
Titania spalancò gli occhi: erano passati anni, e lui ancora non aveva superato quel trauma? Non riuscì a trattenere una risata.
“E perché non me l’hai mai detto?” Chiese quindi, cercando di contenersi, e non farlo sentire più a disagio di quanto non lo fosse già.
“…Mi vergognavo.” Rispose lui, lo sguardo fisso a terra.
E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Erza scoppiò a ridere, mentre la tonalità del colore di Jellal dal verde si stava velocemente trasformando in rosso.
Quasi non si sentì neanche in colpa per l’espressione mortificata e abbattuta dell’altro.
Quasi.
E va bene, non avrebbe più cucinato piatti a base di peperoncino.
 




Angolino di Mokona_
Buonsalve.
Sì, sono viva.
La scuola.
Non ce la posso fare.
Martedì interroga biologia, mercoledì abbiamo la simulazione della terza prova con verifica di fisica, inglese, storia e filosofia (anche se facciamo il quarto), venerdì verifica di ginnastica (teorica…compatitemi), sabato verifica di italiano. E con tutta probabilità il 21 parto per andare giù a Napoli dai nonni. E questi sono i motivi per cui la prossima settimana o non aggiorno, o aggiorno in ritardo.
Ora, riguardo la fic qua sopra…non mi piace per niente come mi è venuta, soprattutto la parte finale.
Ma è un headcanon che adoro, quindi niente. Oh, e mi sono anche fatta la cultura sulla cucina messicana. Yay (?)
Ora, visto che fa schifo e che la scorsa settimana non ho aggiornato, ecco qua sotto….un bonus! –spara i coriandoli (?)-
Insomma, un seguito (più o meno) di questo capitolo. Che mi è venuto almeno un po’ meglio, perché sapete che adoro scrivere dei miei adorabili jerza babies.
 
E ora, avanti con il bonussss!!!! (????)
 




 
 
 
 
The first time...
     Erza have recovered Jellal’s injuries

 
 




“Ahi.
Ahi, ahi, ahi! Erza, aspetta, fa male!”.
“Jellal, sei una femminuccia.”.
“Sta’ zitto, Wally!”.
“Jellal, vuoi stare un attimino fermo, per favore?”.
Il bambino incrociò le braccia, mettendo il broncio.
Certo, per loro era facile parlare: loro non avevano uno stupidissimo sassolino conficcato nel ginocchio!
E di certo non avrebbe mai voluto fare quella figura proprio davanti a Erza; ma era stata la bambina ad insistere nel voler essere lei ad estrarre il sassolino.
Strinse gli occhi, Jellal, mentre sentiva Erza tentare nuovamente nell’impresa. Digrignando i denti, riuscì a borbottare: “Non siete costretti ad assistere, sapete?” Sapeva che l’avrebbero ignorato, quindi fu più che grato a nonno Rob, quando lo sentì dire, dall’altra parte della piccola cella, a voce abbastanza alta per essere sentita da tutti i bambini: “Oh, che storia buffa mi è venuta in mente!” Naturalmente, un secondo dopo si erano radunati tutti intorno a lui. Certo, tutti tranne Erza e Jellal, l’una troppo concentrata nel suo compito, l’altro troppo preso dal dolore lancinante al ginocchio. Come diavolo era possibile che quella cosina così piccola facesse persino più male delle frustate delle guardie? Chiedendosi quando quel supplizio sarebbe finito, continuava a stringere i denti; Erza dovette chiamarlo più di una volta per fargli aprire gli occhi. Quando lo fece, il bambino visualizzò un piccolo sassolino sporco e insanguinato sulla mano di Erza. Il bambino tirò un sospiro di sollievo, suscitando così una risatina da parte dell’altra.
Un broncio infantile si appropriò nuovamente del volto di Jellal. Erza lo trovò troppo carino, e non riuscì a non arrossire, perdendosi in chissà quali fantasie. Fu riportata alla realtà dalle parole di Jellal: ”Grazie mille, mi hai salvato la vita.”.
Erza sorrise.
Si sporse verso di lui, e poggiò le sue labbra sulla sua guancia.
Dopo qualche secondo si allontanò, sussurrandogli: “Era per ringraziarti per l’altra volta.”.
Jellal non fece in tempo a registrare ciò che era appena successo, che Erza già corsa verso i loro amici.
Il bambino si toccò la guancia nel punto in cui aveva sentito le labbra dell’altra.
Capì che si riferiva a quando l’aveva bendata.
Sentì il volto stranamente in fiamme, e una sensazione di calore nel petto.
Sorrise.
In fondo, era valsa la pensa sopportare tutto quel dolore.
Avrebbe aiutato Erza ogni volta che ne avrebbe avuto bisogno.
Per sempre.
 

 





 
Angolino di Mokona_(2) (???)
Ecco, non ho scritto cavolate. A volte, (E LO DICO PER ESPERIENZE PERSONALI, CHE CAVOLO) le piccole piccole ferite fanno molto, molto più male di grandi botte o simile. Fino a un certo punto, ma vabbè. Secondo una mia personale riflessione è perchè il dolore è concentrato su un singolo punto, quindi si sente di più, Oh, vabbè, scusate se ho scritto cavolate troppo grandi. Ma dai, è ft, posso. (???) Meglio che me ne vado a studiare, va'. -.-
Ciao.
Kiss
Mokona_
   
 
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