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Autore: _Cthylla_    15/12/2013    3 recensioni
[ COMPLETA ]
Occhi di smeraldo, capelli d'ebano e...faccia di bronzo. Riassumibile in due parole: Emerald Lancaster. E questo Kevin Mask lo sa bene.
Dal capitolo3.2:
"«io sono riuscita a convincere mio padre a lasciarmi percorrere la strada che desidero, ed anche a farmi aiutare, diventando tutt’altro da quel che lui avrebbe voluto e continuando comunque ad andare d’amore e d’accordo con lui; tu invece detesti ancora Robin Mask, ma hai finito per diventare, guarda caso, un wrestler della League» osò perfino sorridergli ironicamente «non sei uscito molto dal tracciato».
E poco le importava che l’aria di Kevin stesse diventando pericolosa, Emerald non cedette di un punto.
«né tu né nessun altro avete il diritto di giudicarmi. Chiaro?»
«cristallino. E ribatto col tuo stesso concetto, Kevin Mask; dare giudizi a qualcuno espone al rischio di essere giudicati, anche in modi che possono non piacere. Tienilo a mente, quando parli con me» gli disse lei «perché io non temo di dire le cose in faccia alle persone, anche quando sono due volte più alte e tre volte più pesanti»."
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kevin Mask, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Warsman/Lord Flash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di smeraldo'
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All’incirca un anno prima…

 

 

 

“Sempre con quei pantaloncini corti…” pensò Kevin Mask, appena uscito di casa a prendere il giornale, guardando la moretta che da un paio di settimane passava correndo proprio davanti a casa sua. Cuffiette nelle orecchie, strani capelli neri sfumati di verde smeraldo raccolti in un ciuffo, e sguardo costantemente rivolto davanti a sé.

“E tra dieci metri…nove…otto…”

Eccola lì, come sempre, a fermarsi e tirare fuori dal piccolo marsupio grigio perla un pacchetto di Marlboro rosse, niente meno. 
Kevin Mask aveva pensato spesso che sarebbe morta di cancro ai polmoni tra massimo una diecina d’anni, se non avesse smesso.

Posò nuovamente il giornale a terra, aveva deciso: quella mattina le avrebbe rivolto la parola. Poco importava se fino a quel momento lei non lo aveva mai neppure degnato di un’occhiata.

L’inglese aveva pensato spesso e volentieri che quello fosse un fatto piuttosto strano, considerando che al suo arrivo in qualunque luogo gli occhi di tutte le ragazze finivano inevitabilmente su di lui; a volte ciò era anche piuttosto seccante perché, sciaguratamente, le sue coetanee sembravano incapaci di articolare discorsi compiuti o comunque interessanti.

Uscì rapidamente dal cancello, camminando come se nulla fosse verso la ragazza che stava scegliendo la canzone sull’I-Pod.

«Sai che quel che fai è una pura e semplice contraddizione, vero?»

Sentendosi interpellare la ragazza alzò lo sguardo e sollevò leggermente un sopracciglio. «Immagino che tu sia anche ansioso di dirmi perché».

Non sembrava importarle di stare parlando con una star del wrestling, né di arrivargli a malapena al petto. Anzi, sembrava perfino un po’scocciata, come se non si rendesse conto di che grande onore fosse il fatto che lui le avesse rivolto la parola.

Kevin la vide aspirare un’altra boccata di fumo, dopo aver portato la sigaretta tra le labbra sottili. 

«Allora? Intendi dirmelo o hai raggiunto il limite di parole giornaliero?» gli disse, con uno sguardo quasi divertito negli occhi verde smeraldo.

Smeraldo, smeraldo…quel colore doveva piacerle molto, pensò Kevin, visto che anche l’I-Pod, le meches sui capelli e la maglietta che indossava avevano la stessa tinta.

«Devo ridere?» le domandò l’inglese, un po’seccato. 

Lei fece spallucce. «Se ti va ridi, se non ti va non ridere. Dunque? Quale sarebbe questa contraddizione?»

Fu a quel punto che Kevin notò il suo accento londinese, più leggero del proprio ma comunque presente. Che fosse inglese anche lei, allora? Certo che la galassia era piccola…

«Corri per mantenerti in forma, quindi tieni alla tua salute. Poi però fumi Marlboro rosse, che ti uccidono i polmoni. Questo è il controsenso».

Per tutta risposta la ragazza tirò un’altra lunga boccata. «Ok. Adesso però mi verrebbe da domandarti una cosa».

«Ossia?»

«A te, che ti frega?»

Kevin ammutolì. Non era abituato a sentire qualcuno rivolgerglisi così, tantomeno una ragazza. «Niente».

«Allora perché ci tenevi tanto a dirmelo?»

Con quell’aria noncurante la ragazza aveva l’inquietante capacità di farlo sentire un perfetto idiota, e lui non era un idiota. Non si chiamava mica Kid Muscle o quasi peggio ancora -almeno a parer suo- Jeager Broken.

«Comunque… niente più commenti sulle Marlboro» lo avvisò lei «In fin dei conti io non ne ho fatti sulla quantità di birra che bevi».

Ecco, lo aveva nuovamente preso in contropiede. «La quantità di?… Ma che c’entra?»

“Ma più che altro, lei che ne sa di quanta birra bevo?!” pensò.

«fumare fa male, ma se non lo sai nemmeno sbronzarsi fa tutto questo gran bene alla salute».

«Tu cosa ne sai di quanto bevo? Mi spii?»

Kevin sapeva che non viveva troppo lontano da dove viveva lui, pur non sapendo in quale casa abitasse di preciso; la vedeva tornare dalla corsa e svoltare in una via - che lui sapeva essere chiusa - ad un paio di case di distanza.

«Non ne ho bisogno. Il portone che, prima di capire che era quello sbagliato, hai tentato in tutti i modi di aprire due notti fa era quello di casa mia» fece un sorrisetto ironico guardandolo dritto in faccia «Per la cronaca, attraversandolo non avresti trovato il mondo di Narnia».

Quelli erano i rari momenti in cui Kevin si sentiva fortunato a portare una maschera di ferro sul volto, visto quanto era arrossito. Aveva il brutto difetto di ricordare ogni dettaglio delle proprie sbronze, infatti si era domandato di chi fosse quella casa, ed ecco la risposta. Era proprio la sua, maledetta la birra e chi l’aveva inventata.

«Magari provando nell’armadio di casa tua avresti avuto più fortuna» concluse lei.

Kevin Mask non rispose neanche, limitandosi a girare sui tacchi e battere in ritirata verso casa. Aveva fatto una serie di pessime figure e, se fosse rimasto lì un altro po’, probabilmente avrebbe finito per tramortirla con un pugno in testa purché smettesse di prenderlo in giro. Come si permetteva?! E il brutto era che, dopo Narnia, non poteva nemmeno dirle di chiudere la bocca.

«Batti in ritirata? Non ti facevo un vigliacco».

A quelle parole l’inglese smise bruscamente di camminare, voltandosi nuovamente verso di lei. «Io non sono un vigliacco».

«Buon per te».

«È solo che non mi va di sprecare tempo a parlare con te» continuò.

«Ma tu guarda, è lo stesso motivo per cui io non ti avevo mai calcolato finora: sapevo che sarebbe stata una perdita di tempo…dai, uno che ancora crede all’esistenza di Narnia…» la ragazza fece schioccare la lingua contro il palato «È un caso disperato».

«Vedi di smetterla» la intimò l’inglese, riavvicinandosi lentamente. 

Lei spense la sigaretta e la gettò nel cestino per poi, quasi come fosse stata una sfida, riaccenderne di seguito un’altra.

«Mettila così, Kevin Mask, la prossima volta che vorrai avvicinare una ragazza di’ semplicemente “Ciao” invece che sputare sentenze sui suoi vizi» gli stava sorridendo leggermente, adesso «Non tutte le ragazze le accettano, anche se provengono da una specie di star».

Oh, perlomeno quello lo aveva riconosciuto. «Me ne ricorderò. Assodato che conosci il mio nome, sarebbe il caso che mi dicessi il tuo».

La ragazza fece degli anelli di fumo, avendo comunque la cortesia di non soffiarglieli in viso. «Se fossi stato meno ubriaco magari due sere fa l’avresti visto scritto sul campanello».

«Mi è sembrato di averti detto di smetterla! Guarda che altrimenti…»

«…batterai ancora in ritirata?» disse lei con espressione alquanto divertita per poi, notando l’occhiataccia, porgergli velocemente la mano destra «Mi chiamo Emerald J. V. P. Lancaster ».

Indeciso se stritolarle le dita o meno, alla fine l’inglese scelse la seconda opzione. «Kevin Mask. Ma questo lo sapevi già» commentò «J.V.P.?»

«Janice Verbena Phoebe» Emerald alzò gli occhi al cielo «Rispettivamente mia madre, mia nonna materna e mia nonna paterna, lascia perdere».

«Verbena è un nome strano» commentò Kevin.

Eccolo di nuovo, quel sorrisetto ironico. «È più strano camminare con una lattina blu in testa»

«Senti un po’…» avviò a protestare l’inglese, immediatamente interrotto da Emerald che sollevò il dito indice davanti al viso.

«Ascolterò eventuali rimostranze solo se riuscirai a prendermi» disse rapidamente lei «Cosa, come ti dimostrerò, niente affatto facile da farsi, my dear».

«Londinese, eh?» le domandò il lottatore, ottenendo in risposta un’alzata di spalle.

«Forse si, forse no…perché dovrei dare tutte queste informazioni ad uno sconosciuto?»

Kevin incrociò le braccia davanti al petto. «Non sono uno sconosciuto. Il mio nome lo conosci».

Lei alzò gli occhi al cielo e fischiò ad un uomo che passava dall’altra parte della strada. «Ehi tu! Come ti chiami?»

«Eeehm…Frank?»

«Lo domandi a me?...tutto a posto, continua pure a camminare» disse Emerald con un cenno, per poi tornare a rivolgersi a Kevin «Ecco, conosco anche il suo nome, quindi adesso andando secondo il tuo ragionamento Frank è il mio nuovo amichetto del cuore?»

Stavolta fu l’inglese ad alzare gli occhi al cielo. «Stai iniziando a seccarmi».

«Problemi tuoi. Comunque, perché non saresti uno sconosciuto?»

«Perché ti vedo correre ogni mattina» avviò a rispondere, accorgendosi che come motivazione effettivamente era alquanto debole.

«Considerando che ti passo davanti ad un metro e mezzo massimo di distanza se non mi avessi vista avresti avuto seri problemi agli occhi» commentò Emerald «Cooooomunque, la sfida è ancora valida. Se riuscirai a prendermi ti dirò tutto quello che vuoi sapere» si appoggiò al palo della luce con la schiena e gli sorrise ancora «Andata?»

«Non faremmo prima se rispondessi e basta?»

«Hai paura di non prendermi o sei troppo pigro per fare una corsetta? Bada che tra l’ozio e la birra metterai su un rotolo di ciccia tale che potrò nascondermici sotto».

Mask lanciò l’impermeabile blu scuro nel proprio giardino. «Non mi sono mai tirato indietro davanti a una sfida, quindi perché cominciare adesso? Sarò gentile, Lancaster» fece scrocchiare le dita delle mani «Ti concederò cinque secondi di vantaggio».

“Lancaster…ho come l’idea di averlo già sentito, ma dove?” pensò.

«A partire da…?»

«Adesso».

Un ultimo sorrisetto ed in un attimo la ragazza aveva già percorso un centinaio di metri. 
Ma quanto accidenti correva, quella?!

«Comincia a correre, Mask!» ebbe perfino la sfacciataggine di urlargli arrivata al terzo secondo di vantaggio e, pur non essendo il tipo d’uomo che corre dietro ad una donna, per una volta Kevin Mask obbedì senza stare a discutere.

Correndo e correndo ebbe la conferma di quel che aveva già largamente intuito: non l’avrebbe presa. Lei era sempre duecento metri avanti, per quanto lui potesse correre forte, per quanti ostacoli potessero trovare sulla loro strada. 

Saltarono steccati, saltarono persone, finirono addirittura correre sui tetti dei palazzi del centro; sembrava la classica scena tra Willy il Coyote e Mimì lo Struzzo.

“Sono certo che non abbia la mia stessa resistenza. La prenderò, la pren…dov’è finita?!” Kevin si guardò attorno, ma sul tetto di quel palazzo non c’era più nessuno. 
Fece correre lo sguardo sulla strada… eccola lì, ad almeno trecento metri di distanza. 
Lei, prima di sparire in un vicolo,
lo salutò perfino.

“Non finisce qui” pensò Kevin Mask “Passi davanti a casa mia tutte le mattine, arriverà quella in cui ti prenderò”.

«Lassù, sul tetto! È Kevin Mask!» urlò qualcuno da sotto. 

Il Cavaliere Mascherato pensò che fosse meglio dileguarsi prima di essere assediato da una torma di ragazze urlanti…nella quale, di certo, Emerald Lancaster non sarebbe stata presente.

È in corso la Massima Sfida dei Muscle, perché diamine non pensano a quella?!” pensò fuggendo via, ed occhieggiando l’immagine di Kid Muscle contro For Colossus sul grande schermo al plasma.

Kid Muscle…quello sciocco…era da non credersi che ad avere il titolo di wrestlers più forti della galassia fossero i Kinniku, le cui teste di generazione in generazione diventavano sempre più vuote. Ma sarebbe venuto il momento di vendicare il nome dei Mask, era per quel motivo che lui si allenava in solitaria  da una vita.

Il pensiero tornò alla ragazza. Chissà, forse con Emerald a cui correre dietro ogni mattina il lupo solitario avrebbe finito per diventare un po’meno solitario.

Non si riteneva un misantropo, solo qualcuno che non sopportava le persone frivole e stupide com’erano Kid Muscle e compagnia. Se trovava qualcuno con cui valeva la pena “perdere tempo”, perché non avrebbe dovuto farlo? Certo, la ragazza non sembrava un tipino facile. Ma non pensava nemmeno che gli fosse ostile, non per come gli aveva sorriso…

***

È un capitolo breve, lo so, ma pensavo che il loro primo incontro ne meritasse uno tutto per sé. Adesso la questione è una sola: ne volete uno che parli di quando Kevin riuscirà finalmente ad acchiappare la nostra sfuggente londinese cercando di farsi rivelare quel che gli interessa, oppure preferite un piccolo salto in avanti nel tempo? Dite, dite…

Grazie a giuliaxace e all’immancabile Cyberluna per aver recensito il prologo :)



creata con Dolldivine. Un po'le somiglia. 


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