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Autore: Fidia    13/05/2008    0 recensioni
A quel tempo mi dicevo pienamente soddisfatto di vivere in montagna. Avevo una bella casa, una moglie intelligente e comprensiva, rifuggivo la noia con geniali espedienti e trascorrevo le mie giornate giù nell’orto, a potare le aiuole e coltivare zucche. Una vita normale. Fino a che non arrivò Lei.
Una storia priva di senso per coloro che non amano l'interpretazione...
Genere: Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella strana luce nel cielo

Quella mattina leggermente soleggiata scendevo lungo il pendio alberato, che si snodava fino a valle. Non sapevo dove stavo andando. Erano i miei piedi a condurmi. Ma ero sotto pressione e avevo bisogno di svago. Di una boccata d’aria fresca.
Abitavo in montagna con Cora, mia moglie, ed un vecchio cane cui non m’ero mai preso la briga di dare un nome. Il clima si andava irrigidendo. Si capiva dalle nuvole in avvicinamento che l’inverno era alle porte e che le foglie croccanti e rosse dell’autunno sarebbero presto scomparse dalla scena, rimpiazzate da candidi fiocchi di neve bianca.
A quel tempo mi dicevo pienamente soddisfatto di vivere in montagna. Avevo una bella casa, una moglie intelligente e comprensiva, rifuggivo la noia con geniali espedienti e trascorrevo le mie giornate giù nell’orto, a potare le aiuole e coltivare zucche. Una vita normale. Fino a che non arrivò Lei.
Stavo scendendo, quindi, verso valle. Da una vita sentivo lo scroscio di un fiumiciattolo o di un ruscello ma in tutti gli anni che vivevo lì non ero ancora riuscito a capire se un corso d’acqua ci fosse realmente o se fosse frutto della mia fervida immaginazione. E mentre scendevo, mi chiesi da quanto tempo non osservavo il cielo. Dovevano essere passati anni… Secoli… Sì, beh… un’occhiata gliela lanciavo, qualche volta, alla sera, prima di coricarmi, o all’alba, quando i raggi tenui del sole sorgente tingevano le colline all’orizzonte. Però… Guardare non è osservare. Decisamente no. E volevo provare ancora l’ebbrezza dell’osservare il cielo. Così alzai gli occhi. Quel gesto mi fece sentire piccolo piccolo. Sì, il cielo sopra di me, con quelle nuvole bianche e rosastre, dominava la scena come un tiranno. E io cos’ero in confronto al Creato? Un puntino. Forse meno. Comunque, era una bella sensazione. Va bene, ero piccolo piccolo, ma bastava abituarsi a questo complesso d’inferiorità e poi non si ci faceva più caso. Poi ti restava addosso la sensazione di aver osservato il cielo e la tristezza di essere tanto piccolo non ti sfiorava più.
L’avevo sempre pensato che nel cielo ci fosse qualcosa di magico. Sì, sembra la solita frase fatta. Eppure tra gli squarci delle nuvole vedevo enormi finestre che si affacciavano su un cosmo infinito. Mi girai su me stesso, accorgendomi che ero solo nella valle. Beh, non proprio solo. C’era sempre il vento, e quei deliziosi animaletti silvani che si nascondono nelle tane e raccattano cibo per il gelido inverno. Ma non c’erano altri uomini… Malgrado ciò, osservando il cielo sentivo una Presenza. Non il solito essere sovrannaturale che mi protegge e mi consola quando sono afflitto o addolorato. Qualcosa di diverso, ma della stessa potenza.
Ero partito di casa allo scopo di alleggerire il peso morale che il vivere mi caricava sulle spalle (e trovare all’occorrenza quel maledetto fiumiciattolo). E adesso me ne tornavo, la coda fra le gambe, con una sensazione insondabile, che sembrava schiacciarmi con la sua gravità. Beh, non avevo raggiunto l’obiettivo, allora.
Entrai in casa e Cora mi rivolse un sorriso smagliante. Lavava i piatti della sera prima nell’acquaio, se mi ricordo bene. Mi sedetti a tavola nonostante non fosse ancora tempo di colazione e provai a capire che mi stava succedendo.
<< Ti è mai capitato che fai una passeggiata per tentare di svagare e te ne torni ancora più appesantito di prima? >> domandai con aria meditabonda.
Mia moglie mi lanciò un’occhiata perplessa. << E’ una cosa che capita a tutti… >>
“A tutti…” ripetei. No, non ne ero convinto. La sensazione che avevo trovato giù a valle era mia, solo mia. Ma Cora non poteva capirlo. Parlai ancora del peso morale che portavo sulle spalle guardandolo da un’altra sfaccettatura: << E ti è mai capitato di provare una sensazione che sei sicura di provare solo tu? >>
Cora lasciò i piatti e allontanò le mani coperte dai guanti dal lavello pieno d’acqua. << Oh, Micky, ma che t’è successo? Hai fatto qualche incontro particolare? >>
Ci pensai su. << Può darsi! >>
<< Ah, e devo preoccuparmi? >>
<< Non credo >>
Si mise i guanti e continuò a sciacquare via gli ultimi residui di cibo dalle pentole incrostate. << Comunque, mi sembri strano! E se è vero che ti conosco, tu hai incontrato qualcuno… >>
Scossi la testa e cominciai a battere i piedi per terra, con impazienza. << Hai un pezzo di carta? >>
<< Un pezzo di carta? >>
Scattai in piedi. << Sì, dai, non farmi perdere tempo! Ce l’hai o no un pezzo di carta? >>
<< C’è il quaderno dove scrivo i conti del panettiere! >>
<< Va bene lo stesso. Dov’è? >>
<< Nella libreria… >>
Andai a guardare e lo trovai. Afferrai maldestramente una penna dal portapennarelli, che si rovesciò. La mano mi tremava, ma riuscii comunque a scrivere.

Oggi ho incontrato Lei.

Il dolore alla mano si alleggerì. E anche il peso morale che mi si era caricato sulle spalle quando mi trovavo a osservare il cielo, a dire la verità.
Mia moglie si tolse il grembiule e lanciò uno sguardo al quaderno coi conti del panettiere.
<< Che c’è scritto? >>
<< Niente… >>
<< Niente... ripeté mia moglie. << Che vuol dire niente? Ma se t’ho trovato con la penna in mano! Niente… >>
<< Lasciami in pace, Cora. Dai da mangiare al quel povero cane, che mi muore di fame! >>
<< Certo, certo… Come dici tu… >>. La sentii sbuffare.

Non ho visto che sembianze aveva. A dire il vero non so bene Chi è. Non La vedo, ma La percepisco. A un certo punto mi sono venuti i brividi. Lei mi ha seguito fino a casa. E’ dietro di me.

Mi voltai.

No, che dico! E’ dentro di me… Ecco che riprendono i dubbi amletici! E pensare che stamattina mi ero svegliato col desiderio di svagare…

Alzai gli occhi verso il cielo ancora una volta. C’era una luce strana in mezzo alle nuvole. Possibile che in quarantasette anni di vita non l’avessi mai vista?
<< Cora! Cora! >>
<< Che c’è? >>
Entrò in camera trafelata. Evidentemente stava dando davvero del cibo a quel povero cane.
<< La vedi? Là, tra le nuvole! >>
<< Cosa dovrei vedere? C’è il sole >>
<< Ma non il sole! >> sbottai. << Guarda meglio! Quella luce, quella luce strana! >>
<< Che è? Adesso sei anche un mistico? >>
<< No, non è Dio! >> esclamai. << Qualcosa di diverso… >>
<< Ma allora cos’è? Io l’ho detto che avevi problemi alla vista… Fammi vedere che hai scritto, dai! >>
Nascosi il quaderno del panettiere dietro le spalle e continuai a fissare il cielo.
<< Ti sei incantato? >> Cora mi fissava seriamente preoccupata.
<< Ma c’è, qualcosa! >>
<< Non c’è niente, è una tua impressione! Capita a tutti, di avere certe allucinazione… >>
<< No >> risposi. << Non a tutti… >>
  
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