Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Madama Pigna    15/12/2013    2 recensioni
(Storia in fase di revisione) Dal capitolo 42:
E non poté fare a meno di ricordare come non fosse riuscito a fare niente, di fronte alle ferite di Farbauti.
Era un bambino inesperto, all’epoca, ma questo non fece alcuna differenza.
Per alcuni istanti, si bloccò lo stesso.
Temendo di fallire una seconda volta.
Temendo di veder morire suo fratello – e stavolta per davvero.

Piccola nota: il rating arancione si riferisce a singole scene e non all'intera storia. Segnalerò quindi i capitoli un po' più 'forti'.
Genere: Avventura, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest, Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tre figli di Laufey(e un mucchio di guai)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lo so, sono una str****. Non solo ho ritardato, ho anche riso della scomparsa dei pinguini! Leggete e capirete. Chiedo scusa per il ritardo, purtroppo è stata una settimana sterile di ispirazione.



 
 
 
 
 
Di fronte al mago, uno spettacolo alquanto.. strano era in atto.
 
Lady Sif, ripresasi dalla caduta, era diventata decisamente aggressiva, per usare un eufemismo.
 
Messa a quattro zampe sulla neve, i capelli in disordine e l’espressione da animale braccato (sfortunatamente Helblindi conosceva bene quella faccia), le pupille dilatate fino a divorare del tutto il blu dei suoi occhi, ringhiava contro i suoi compagni, che invano tentavano di farle tornare un po’ di senno. A volte si alzava in piedi e li attaccava con graffi o pugni, ogni tanto morsi, dimenticandosi del tutto di avere un’ottima spada giacente sulla neve.
 
Per un momento, un solo momento, Helblindi rimase imbambolato a fissare i cinque guerrieri.
Se non fosse stato per tutta la situazione in generale, quella scena avrebbe potuto persino farlo ridere, ma no, non lo faceva ridere, per gli Avi.
Notò il sangue fresco sul viso della guerriera. Immaginò certi suoi colleghi al posto suo: alcuni avrebbero davvero riso fino alle lacrime (dannati elfi neri. E il loro senso dell’umorismo da gran bastardi), altri invece avrebbero già agito (almeno i Vanir avevano un po’ di buon senso). Decise, perciò, di fare come questi ultimi.
 
Ipotizzò cosa fosse successo:  probabilmente, il contatto con Lady Sif era stato troppo violento. E non perché lei era una donna, o un’Asgardiana, ma perché non aveva la mente allenata di una maga e stava per essere disciolta nel tessuto dell’universo. Logico che avesse subito dei danni.. non proprio irrilevanti. Forse nella sua testa era ancora vicino al Vàn, cercando di proteggere sé stessa e Byleistr, poteva anche darsi. Helblindi aveva visto i ricordi della valchiria come se li avesse vissuti in prima persona, non vedeva perché non sarebbe potuto succedere il contrario.
 
Diamine, lui non era specializzato in telepatia. A dirla tutta, nemmeno nei colpi di fortuna, ma ora stava veramente cadendo troppo in basso.
Dovrebbero inventare una scienza per controllare la sorte, pensò.
 
Si avvicinò al gruppo. Gli uomini intorno a Lady Sif non volevano farle del male, e, notò sottilmente divertito, in questo modo erano piuttosto inconcludenti: peccato non aver visto la donna Asir graffiare la faccia di Thor Odinson. Allora che avrebbe riso. Comunque, i cinque cercavano di bloccarla, ma niente, si dimenava come un anguilla, urlando e ringhiando, e non c’era modo di tenerla buona.
 
- Uaaahhrr!!! -.
 
A un certo punto, ella si avventò su di lui, tirandogli un pugno sullo zigomo. Helblindi imprecò mentalmente, perché Lady Sif le dava piuttosto forte, ma si lasciò malmenare. Non visto, avvicinò la mano destra vicino alla nuca della donna, approfittando dello stato in cui versava fintanto che se la prendeva con la sua faccia.
Un luccichio blu delle dita, e i danni cerebrali della valchiria guarirono.
 
 
Però continuava a picchiarlo a macchinetta.
Piuttosto seccato, a quel punto fece quello che avrebbe fatto persino il più esperto dei telepatici.
Gli tirò un sonoro schiaffo, che risuonò nelle orecchie dei presenti come il rumore che spezzò definitivamente la tensione. Una piccola rivalsa per la sberla che aveva dato inizio a tutto quel pandemonio.
 

Sif si risvegliò dal suo stato di lupa selvaggia, fortunatamente, e, come appena svegliatasi da un sogno, lo fissò in modo stralunato. – Ma che diamine..? -.
- Va meglio, adesso? -, chiese Helblindi, tranquillo.
- Io.. credo.. di sì -, disse, forse non ricordando bene il colpo di prima.
Però si era svegliata, lo si doveva riconoscere.
 
- Ottimo. Comunque la tua spada è là -, disse lui, indicandole la lama. Non aveva voglia di discutere, e in ogni caso non sarebbe andato in cerca di zizzania dopo aver visto i ricordi della valchiria.
Lei, almeno, un oggetto appartenuto a suo padre lo aveva. Lui invece solo i ricordi d’infanzia. Poteva capire la ragione di quel gesto. Un gesto stupido, istintivo e avventato, certo, ma dopotutto lui era stato il primo a sbagliare. Avrebbe dovuto prevenire quel genere di imprevisti, invece no, erano quasi morti.
 
Lui non era abituato a pensare anche all’incolumità degli altri, per gli Inferi. Quando ancora viveva a Jotunheim, di solito quello che se ne preoccupava era Byleistr. Lui invece tendeva sempre a crogiolarsi in stupidi sogni, rifiutandosi di tornare alla realtà. Perché la realtà di Jotunheim, a quel tempo, era davvero troppo orribile, e i tentativi  di Byleistr di farlo scendere dalle nuvole erano semplicemente stati inutili.
 
E anche dopo essersene andato era stato così: nella maggior parte delle situazioni pericolose in cui era stato coinvolto (ed erano non tantissime, ma abbastanza), di rado il pericolo riguardava qualcun altro. Quindi non era proprio abituato a pensare alla vita degli altri, un po’ per mancata abitudine, un po’ perché, sotto sotto, un pochino egoista lo era. Magari non erano molte le persone che lo conoscevano abbastanza bene da poterlo dire con sicurezza (avrebbe potuto contarle con le sole dita delle mani), però esistevano.

Dopotutto, negli ultimi secoli non era stato troppo amichevole con gli altri (perlopiù alieni disposti a ucciderlo a causa della sua natura di mago Jotun, ma su quello era meglio sorvolare).
 


- State tutti bene? –, chiese agli altri.
- Più o meno. Hogun si è rotto la gamba -, rispose Frandal, indicando il compagno d’armi seduto su un mucchio di neve. Il Gigante si avvicinò al Vanir, chinandosi per osservare meglio l’arto, poi scosse la testa.
- Non posso guarirla mentre siamo nel Ginnungagap. Troppo pericoloso. Mi sono già sforzato con i danni di Lady Sif e abbiamo già corso il rischio di rimetterci la pelle, oggi -.
- Allora è meglio non provarci un’altra volta -, concordò il Fosco, annuendo.
- Tutto questo perché Sif doveva recuperare la sua stupida spada-lancia -, grugnì Volstagg, che vista l’esperienza di nemmeno venti minuti prima era ancora troppo nervoso per avere un minimo di tatto, già di per sé una caratteristica mancante nella sua personalità di guerriero bonario.

La valchiria aveva appena riposto la sua arma nel fodero, quando udì quelle parole e gli lanciò un’occhiataccia. – Non è stata colpa mia quella specie di tempesta, Volstagg! E comunque conosci perfettamente il valore affettivo della mia.. -.
- Lo sai cosa intendo! Magari Hogun avrebbe ancora la gamba sana, e non avremmo rischiato tutti di morire o peggio se tu non avessi.. -.
 
 


Helblindi stava per zittire i due guerrieri, dicendogli che non aveva alcun senso discutere ora che erano tutti salvi e più o meno sani. Lui aveva i suoi difetti, d’accordo, ma perché loro dovevano essere così infantili?
Avrebbe volentieri esposto la sua opinione al riguardo, se un mal di testa atroce non gli avesse bloccato le parole in gola. Mugugnò, portandosi una mano alla testa. Quella posizione stava diventando un’abitudine, e non era affatto una buona notizia.
 
- Non ho lasciato volontariamente la presa! -, rispose la guerriera alla provocazione del Voluminoso, e il tono di voce alto con cui lo disse non migliorò la sua situazione.
 
Oh, perché non si era applicato un po’ di più, in quel genere di incantesimi?!
Si sentiva come uno studente durante una verifica difficile.
La differenza? Conosceva abbastanza bene Midgard da sapere che almeno un alunno, in quel mondo, non rischiava di morire se un esame andava male. Non di solito, almeno.
 
- State zitti.. -, mormorò. L’energia del Vuoto Pieno stava di nuovo premendo su di loro. Per questo era stato stupido: aveva formulato l’incantesimo precedente come se il Ginnungagap fosse stato qualcosa di quieto, come uno stagno, o un pozzo. Ma il Vuoto Pieno non era uno stagno, era un oceano in continua, perpetua tempesta, la massa primordiale dove l’incontro di luce e buio, bianco e nero, bene e male e opposti in generale non aveva mai tregua. Era il Caos che generava l’ordine e i suoi momenti di quiete erano talmente rari e brevi che erano stati fortunati ad essere ancora vivi.
 
Lui non era il mago più potente dei Nove Regni, dannazione. Uno dei più forti, di questo ne era sicuro, ma non il primo.
 
Concentrazione.. Devo trovare la mia concentrazione..
 
Ma la passata esperienza con la valchiria aveva riportato a galla memorie che Helblindi avrebbe voluto solo dimenticare. Il Caos si stava intromettendo nella sua mente e poteva soltanto peggiorare le cose.
 
 
 
- Vorrei vedere te al mio posto! Neanche tu sai combattere! -.
- Ma io ho altri talenti, fratellino -.
 
- Mollami, Helblindi! Usare la magia non vale! -.
E questi era soltanto i primi. Ricordi felici, tutto sommato, ma che ne anticipavano altri molto meno allegri.
 
 
 
- Questo cosa?! Helblindi, mi stai spaventando. Di cosa stai..? -.
- C’è uno strano odore! E’.. non lo so.. sembra quasi cuoio, solo con un po’ di metallo e un’altra cosa che non capisco cos’è. Però pizzica -.
[…]
- Lasciatemi! Lasciatemi!! -.
 
La prima volta che era stato costretto a versare il sangue di qualcun altro. La prima, ma non l’unica.
 
 
 
- State zitti.. -, bisbigliò, e non sapeva nemmeno lui se era riferito agli Asgardiani o ai ricordi nella sua mente. La testa gli faceva sempre più male.
 
 
- Sono realista. Non è come quando eravamo bambini noi, quando non c’erano carestie e malanni. Se non imparano a cavarsela ora, non impareranno mai. E tu in quel modo non li aiuti, parlando di.. Cos’erano stavolta? Draghi e ricchezze nascoste sotto le caverne? -.
- Perlomeno da grandi non saranno degli apatici senza cuore come te -.
[…]
- Non puoi comportarti così con tutti! -.
- E tu non puoi fare così sempre! Non puoi vivere nell’illusione che vada tutto bene, Helblindi! Un giorno le tue speranze finiranno per farti del male, e io potrei non essere lì a proteggerti! O peggio, dovrei assistere senza poter fare niente! Cresci un po’, maledizione! La vita non è fatta di latte e miele! -.
 
Suo fratello aveva ragione. Aveva sempre avuto ragione.
 
 
 
Vedeva ogni ricordo davanti agli occhi come se lo vivesse per la prima volta. A volte provava felicità, ma spesso sentiva la rabbia scorrere dentro di lui come un accompagnamento al sangue nelle sue vene. Ma non poteva permetterlo. Doveva combatterlo.. Non poteva lasciarsi divenire preda delle sue memorie, anche quando erano le più terribili.
E non era ancora arrivata la peggiore..
 

- Ancora un po’, fratello! Resisti! -.
- Non.. Non ce la faccio.. Il dolore… E’ troppo.. -.
 
No! Quello no! Qualunque cosa, ma non quello! Non avrebbero resistito un istante di più, se avesse rivissuto quell’esperienza in quel modo!

Concentrazione concentrazione concentrazione.. Doveva concentrarsi su qualcos’altro. Qualsiasi altra cosa, che non avesse a che fare con suo fratello, con Jotunheim e con tutto quello che ne seguiva.
C’era una frase.. Una frase che una persona gli diceva spesso, molto tempo fa..
 
Sai, credo che la vera concentrazione si trovi a un certo punto tra la rabbia e la serenità!*
 
Ma certo!
Indubbiamente era quello che gli serviva. Riuscì a isolare quei ricordi, e tornò alla realtà, dove Volstagg e Sif, mentre Thor e gli altri cercavano inutilmente di riappacificarli, stavano discutendo ancora. Nemmeno si erano resi conto di come stava! Dannati Asir guerrafondai!

Ma la tempesta del Ginnungagap, comunque, non era passata. L’energia premeva contro la sfera di protezione intorno a loro, riducendola sensibilmente e creando scosse di terremoto. I pinguini erano spariti.
Facendo forza su quelle difese, il Ginnungagap premeva anche sulla loro fonte, ossia: il suo cervello.
 
 
- STATE ZITTI!! -, urlò lo Jotun, gemendo poi per il dolore alla testa. Snocciolò mentalmente un paio imprecazioni alla Midgardiana qua e là (non proprio di quel genere adatto a essere trascritto, sfortunatamente), per sua disgrazia le più colorite dei Nove Regni ma che.. beh, erano fin troppo espressive. E calzavano perfettamente alla situazione generale in cui si trovavano.
 
 
Cadde a terra, benedicendo la neve fredda che, in quella pelle calda, addormentava un po’ quella spiacevolissima sensazione. Chiuse gli occhi. Avrebbe voluto strapparsi i capelli dal dolore, lui non era in grado di gestirlo fino a quei livelli insopportabili. Conosceva i suoi limiti, per la miseria, e non avrebbe sopportato un minuto di più quel dolore. Era come se dei coltelli incandescenti lo stessero pugnalando più volte, contemporaneamente, rompendogli il crani e riducendo a brandelli bruciacchiati il suo cervello.
Forse urlò, ma non ne era troppo sicuro.
 
 


Poi, come tutto era iniziato, tutto finì.
Quando riaprì le palpebre, le dieci iridi dei guerrieri lo accolsero, sopra di lui, con aria preoccupata.

- Certo che ce ne vuole per attirare la vostra attenzione.. Capisco perché Loki abbia fatto tutto quel casino: voi cinque rendereste matti chiunque -, mormorò lo Jotun. Nella sua testa, però, c'era una sola parola.

Ahi, ahi, ahi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
*: Alours, questa, forse alcune di voi l’avranno riconosciuta, è una citazione presa da Xmen: l’inizio. Detta da Charles Xavier, e indovinate un po’ a chi era riferita? A Eric Lensherr, ossia Magneto, ovvero il ‘prestavolto’ di Helblindi. Non ho fatto una specie di copia-incolla, sia chiaro, ma il personaggio interpretato da Michael Fassbender in quel film mi aveva molto affascinato, ed il tema della rabbia, caratteristica di Helblindi, era una cosa che accomunava entrambi i personaggi. La citazione, in questo caso, è detta da un personaggio completamente differente dal professor Xavier, ma che in questa fic, temo, non vedremo :)
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Madama Pigna