Michael dava
pugni di cemento contro
il sacco di sabbia. Era il giorno prima del più importante
combattimento della
sua carriera di boxer: la finale del torneo dei pesi massimi degli
Stati Uniti
d’America. Gancio sinistro, gancio destro. Sinistro destro,
destro sinistro.
Con grinta e
forza si accaniva contro
il sacco di sabbia che simboleggiava il suo futuro avversario,
l’ucraino Igorek
Ivanov.
E mentre i suoi
pugni erano intenti a
smuovere quel sacco tanto robusto, la sua mente era portata a fissarsi
sul
passato, su un terribile passato.
Suo
figlio accusava dolori ed aveva la febbre alta. Fu portato in
ospedale dopo vari giorni in cui la febbre non sembrava scendere. I
medici
capirono che era necessario verificare cosa avesse il piccolo di soli
otto
anni, perché i suoi sintomi sembravano influenzali, ma
stentavano a diminuire
di intensità. Dopo vari accertamenti il medico Langella gli
si avvicinò con dei
risultati sconvolgenti.
<<
Lei è il signor Michael Gordon? >>.
<<
Si, sono io >>.
<<
Padre di Gary Gordon? >>.
<<
Esatto >>.
Il
medico fece un piccolo respiro a bocca chiusa, mentre sfogliava i
fogli dei risultati.
Michael
si sentiva andare in tachicardia.
<<
Mi rincresce molto dirle che… gli esami che abbiamo fatto
hanno
rivelato una rara malattia in suo figlio >>.
Rimase
paralizzato, con la bocca socchiusa. Le mani persero di
sensibilità, mentre il medico stringeva le labbra,
consapevole del dolore che
quella notizia stava portando all’uomo di fronte a lui.
<<
La malattia che ha colpito suo figlio è la fibrodisplasia
ossificante progressiva, detta F.O.P. >>.
Michael
era diventato una statua. Ingoiò faticosamente la saliva,
diventata
improvvisamente amara e disgustosa.
Il
dottore continuò: << Questa malattia fa
sì che ci siano varie cellule
che generano tessuto osseo in varie zone del corpo come tendini,
legamenti e
tessuto muscolare. Suo figlio sente dolore perché il suo
corpo si sta
ossificando >>.
Il
respiro divenne affannoso, i suoi occhi divennero rossi.
<<
Mi dispiace, signore >>. Concluse il medico.
Michael
dovette sedersi. Suo figlio non aveva molte speranze.
Sinistro,
sinistro, gancio destro. I
suoi colpi rimbombavano nel buio della notte e nel silenzio della
palestra
ormai vuota. I suoi denti, coperti dal paradenti, fuoriuscirono dalle
labbra e
le vene si gonfiarono parecchio.
Sua
moglie si strinse a lui piangente e rabbiosa: <<
Perché? Perché
proprio a lui? Non è giusto Michael, non è
giusto! >>.
<<
Mara… ti prego… fatti forza >>.
Non
sapeva cosa dire: come alleviare il dolore di una persona che sa di
dover affrontare una gravissima perdita? Forse un modo non
c’è.
La
F.O.P. colpisce una persona su due milioni. E’ una malattia
rarissima che
porta lentamente alla morte. Non c’è
possibilità di salvarsi, almeno con le tecnologie
moderne. Al piccolo Gary venivano somministrati FANS e corticosteroidi
per
inibire il dolore, ma era veramente l’unica cosa che i medici
potevano fare.
Rallentare la crescita delle ossa avrebbe provocato comunque problemi.
Inoltre
i medici sconsigliavano la rimozione delle parti ossificate,
perché ci sarebbe
comunque stata una veloce ricrescita, con complicazioni ben
più gravi.
Entrambi
i genitori erano distrutti.
Il
piccolo Gary accusava sempre più il dolore.
<<
Papà… fa male >>.
Michael
era seduto accanto al suo letto, mentre Mara restava fuori, per
evitare di farsi vedere piangere. La malattia stava strappando via
un’altra
vita.
<<
Gary non temere. Andrà tutto bene >>. Disse
lui,
trattenendo le lacrime e cercando di tenere normale il respiro.
<<
Quando… quando starò meglio… mi porti
a comprare un pallone di
calcio? >>.
Michael
annuì, accarezzando la guancia del figlioletto.
Gary,
debolissimo per le varie medicine, sorrise a fatica: <<
Sai…
Ronaldo ieri ha fatto un gol stupendo. Voglio giocare a calcio proprio
come
lui. Voglio andare a scuola calcio >>.
Michael
sorrise, cercando di controllare il tremolio delle labbra:
<< Ti ci porto non appena sarà tutto finito
>>. E gli fece un
occhiolino.
Gary
sorrise: << Grazie papà >>.
<<
Più forte! >>. Disse George
Curtis, suo allenatore da oltre vent’anni si era appena
alzato dalla sedia su
cui, nel buio, lo aveva osservato << Ho visto puttanelle
di strada fare
di meglio! >>.
Colpo dopo
colpo, il sacco di sabbia
sembrava consumarsi e crollare a terra da un momento
all’altro.
George era
consapevole della
situazione di Michael, ma doveva sforzarlo di dare il massimo,
perché
purtroppo, nella vita, gli eventi non sanno aspettarti: doveva
prepararlo al
meglio, anche se la situazione era terribilmente dura.
<<
Ancora, ancora! >>.
Michael dava
ancora più forza nei
pugni sotto gli incitamenti del maestro, ma la sua mente era sempre
rivolta
indietro, nei ricordi.
Gary
aveva preso una polmonite: era lo stadio finale della malattia.
La
malattia è mortale perché crea crisi
respiratorie, poiché la cassa
toracica si ossifica tutta. Crisi respiratorie, polmonite, asfissia
sono i
principali assassini che caratterizzano la F.O.P.
Mara
era senza energie, mentre vedeva morire suo figlio, senza poterlo
aiutare.
Michael
aveva persino comprato il pallone a suo figlio. Glielo fece
vedere: aveva l’autografo di Cristiano Ronaldo.
<<
Gary hai visto? E’ Ronaldo, l’ha autografato per te
>>.
Disse, cercando di sorridere il più naturalmente possibile.
Gary
sorrise, ma non riuscì a dire una sola parola. Non ne era
più capace.
Michael
era abbastanza famoso da poter contattare Ronaldo e chiedergli un
autografo. Il campione non ci pensò su due volte e gli
spedì un pallone della
nazionale portoghese con tanto di autografo.
Gary
spense il suo sorriso non appena vide una lacrima rigare la guancia
del padre, fino a scendere e a perdersi sotto il colletto della camicia.
Michael
si asciugò velocissimo e lo abbracciò dolcemente,
attento non
fargli male.
Si
sentiva strozzare in gola, si sentiva morire molto più di
suo figlio:
<< Ti voglio bene Gary, ti voglio tanto bene
>>.
Un gancio, un
pugno. La mente troppo
ingombrata. Un ricordo che lo mise ko: una piccola lapide. Le braccia
che si
appesantirono, le gambe che si inchiodarono a terra. E Michael smise di
lottare.
George scrutava incredulo il suo allievo, che era rimasto pietrificato.
Respirava velocemente, con sguardo rabbioso e pugni stretti dentro i
guantoni.
La testa china in avanti e la voglia di combattere ormai spenta negli
occhi.
George
scavalcò le corde del ring e
lo raggiunse in fretta, nonostante l’età.
<<
Michael, figliolo! >>.
Michael guardava
fisso a terra,
George serrò i denti. Era sempre stato duro con lui, ma in
realtà Michael era
il figlio che lui non aveva mai avuto. Lo amava più di
chiunque altro e vederlo
in quelle condizioni lo distruggeva.
<<
Ci ho provato >>. Ripeté
più volte il boxer << Ci ho provato, George
>>.
<<
Tu... Michael… >>.
<<
Mi manca George… >>.
Strinse i denti, sforzandosi, ma le lacrime uscirono lo stesso
<< Mi
manca un sacco >>.
L’anziano
gli strinse la spalla lì
vicino: << Michael… mi dispiace con tutto il
cuore, lo sai… >>. Respirò
pesantemente, per poi farsi forza, tirando fuori i denti ed iniziando
ad urlare
<< ma tu devi combattere! Non darla vinta a questa
disgrazia! Tuo figlio
tifa per te in questo momento! Ora più che mai!
>>.
Michael strinse
le labbra.
<<
Io… non permetterò che tu ti
arrenda! Tu a quell’ucraino del cazzo gli fai un culo
così! Se ti fermi ora non
avrai nemmeno la soddisfazione di averci provato! >>.
L’allievo
alzò il capo, guardandolo
negli occhi.
George
continuò: << Devi salire
su quel ring! Per Mara, per te, per Gary! >>.
Michael sorrise
tra le lacrime:
<< Io ce la metterò tutta, te lo prometto
>>.
George sorrise,
dandogli una pacca
sulla stessa spalla di prima: << Bravo ragazzo. Coraggio
>>.
Ed ecco che il
giorno arrivò. Michael
stava di fronte al suo avversario. Alto 2,08 metri, biondo e con occhi
azzurri.
<<
Buona fortuna >>.
Disse Michael.
<<
Anche a te >>. Rispose
Igorek.
I due fecero il
saluto con i pugni.
George
urlò forte: << Spaccagli
il culo! >>.
Mara guardava
commossa suo marito dagli
spalti
Michael era
pronto: “Per te, piccolo
mio”.
Ma questa storia
non vuole parlare
dell’esito di questo incontro, ma della risposta ad una
semplice domanda: Cosa
fa di un uomo un vincente?
Il vincente
è colui che sa incassare
i colpi, soffrire, cadere a terra, ma poi rialzarsi. Il vincente
è colui che ha
il coraggio di accusare un dolore, di non vergognarsi di soffrire. Il
vincente
è colui che sa rialzarsi e reagire. Il vincente è
colui che non si arrende mai,
nemmeno di fronte alla più grande sofferenza. Solo il
vincente sa davvero che
cos’è vivere.
Michael,
scendendo in campo
nonostante il dolore, ha dimostrato proprio questo. E poco conta se
vincerà o
perderà. Salire sul ring è già una
vittoria.
Buona fortuna
campione.