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Autore: Little Redbird    16/12/2013    8 recensioni
Storia scritta per il contest foglie di ghiaccio, seguendo la trama numero 2:
"Una coppia si sta recando in macchina verso il cottage dove trascorreranno le vacanze di natale. All'improvviso una gomma perde aria e i due si ritrovano persi in mezzo al nulla: intorno solo neve".
Prima classificata al contest Foglie di ghiaccio, indetto dal forum Soul's Art.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Foglie di ghiaccio e amare verità.
 

In macchina avrebbe regnato un completo silenzio, se non fosse stato per lo stereo in sottofondo.
Andrea e Marco non parlavano da quando avevano lasciato la casa dei genitori di Andrea. Erano passate già due ore, e ne mancavano ancora tre per raggiungere il cottage dove avrebbero trascorso il Capodanno.
“Vuoi davvero tenermi il muso per tutto il viaggio?”
Marco si voltò a guardare fuori dal finestrino, facendo finta di non averlo sentito.
“Ti ho detto che mi dispiace, ok? Cosa vuoi che faccia?”
Nessuna risposta.
Andrea tornò a prestare attenzione alla guida.
“Non voglio che tu faccia niente!” sbottò Marco. “Ora non puoi fare niente. Dovevi pensarci prima.”
Andrea sospirò nervoso. “ Ho ammesso di aver sbagliato, avrei dovuto parlare con la mia famiglia…”
“No, cazzo, Andrea!” lo interruppe l’altro. “Avresti dovuto parlarne con me! Io ero convinto che la tua famiglia sapesse di me! Ero arrivato con l’intenzione di conoscere i genitori del mio ragazzo e invece mi sono visto trattare come un amichetto delle elementari!” sputò fuori tutto d’un fiato. “Abbiamo dormito in un cazzo di letto a castello, per tutti gli dèi!”
“Non c’è bisogno di urlare” lo redarguì Andrea. “E nemmeno di citare Game of Thrones.”
Marco scosse la testa, esasperato. “Non ci arrivi, è inutile.”
“Ci arrivo, ok? Ho capito che ti sei sentito uno schifo in questi due giorni, ma possiamo dimenticarli almeno-
 non riuscì a terminare la frase.
Un rumore fortissimo li fece sobbalzare entrambi. Andrea mollò le mani dal volante, incapace di controllarlo. L’auto si rigirò su se stessa sulla strada ghiacciata dalla neve e l’unica cosa che i due ragazzi poterono fare fu prendersi per mano, tenersi stretti fino a quando il mondo - o almeno l’auto - non avesse smesso di girare.
Ma la macchina si fermò solo quando trovò sul suo cammino un albero. Era uno di quegli alberi che incantavano Marco, di quelli grandi, con le chiome sempre piene, e coperti di neve in quel periodo dell’anno.
Era fortunato, si disse, a vedere quello spettacolo dopo aver scampato la morte per un pelo.
La sua mano stava ancora stringendo quella di Andrea, che però non ricambiava la stretta. Si voltò a guardarlo. Era in una strana posizione, pensò. Come era arrivato a poggiare il petto sullo sterzo?
“Andrea?” chiamò stringendo più forte la sua mano.
Andrea non rispose, continuò a guardare fuori dal proprio finestrino in frantumi.
“Andre’ non fare lo scemo.”
Nell’abitacolo entrava il freddo pungente di fine Dicembre e lo stereo aveva smesso di suonare.
Marco slacciò la cintura che gli impediva di avvicinarsi e, dolorante, tirò indietro il suo ragazzo, facendolo appoggiare al sedile. “Andrea?” Lo schiaffeggiò un paio di volte.
Il giovane si riprese a fatica, sbatté le palpebre più volte per riuscire a mettere a fuoco Marco.
“Si congela” mormorò rauco. “Chiudi la finestra.”
Marco sospirò di sollievo. “Lo so” rispose tremando. “Siamo in macchina, Andrea. Riesci a riprenderti?” chiese, rinunciando al suo goffo tentativo di prenderlo in braccio. “Dobbiamo uscire e cercare di arrivare al cottage a piedi.”
Andrea sembrò rendersi conto solo in quel momento di dove si trovavano. “Non ci arriverai mai a piedi” gli bisbigliò battendo i denti. “Credo di star sanguinando.”
Quel mormorio arrivò come un pugno in faccia. Marco cercò qualche taglio sul corpo di Andrea ma non riusciva a vederne.
“Ti fa male qualcosa?” gli chiese, ormai completamente terrorizzato.
“La gamba” si sentì rispondere.
Andrea era terribilmente calmo e questo lo spaventava più della possibilità che potesse iniziare ad urlare da un momento all’altro.
“Va bene” disse, facendosi coraggio. “Ora scendo, prendo le coperte dalla borsa, ti metto al caldo e vedo cos’hai alla gamba.”
Con le mani tremanti, aprì la portiera dal lato passeggero e uscì in strada - le gambe molli come gelatina. Si diresse verso il portabagagli e tirò fuori da un borsone una delle coperte che si erano portati. Si avviò dal lato di Andrea e quello che vide lo paralizzò per vari secondi.
La gomma anteriore era  forata e a fermare la loro macchina, dopo la slittata sul ghiaccio, era stato il guard-rail a bordo strada. Avevano rischiato di  precipitare giù per la montagna. Lo shock iniziale di quella scoperta lo abbandonò solo per lasciare posto ad una verità ancor più scioccante. Il guard-rail che li aveva salvati aveva quasi ucciso Andrea. Il metallo, in qualche assurdo modo, si era conficcato nella fiancata anteriore dell’auto, mancando di pochissimi centimetri lo sportello.
A fatica, si riprese dallo shock e cercò di aprire la portiera di Andrea, che si ostinava a restare chiusa, non importava quanto lui tirasse.
Alla fine, con le lacrime agli occhi ed una preghiera silenziosa nel cuore, riuscì ad aprirla quel tanto che bastava per infilarsi all’interno della macchina.
“Siamo…” non riuscì a terminare la frase poiché uno spesso rivolo di sangue cominciò a gocciolare dall’auto, macchiandogli le scarpe.
Ai piedi di Andrea c’era una pozza di sangue rosso lucente.
“Che c’è?” riuscì a mormoragli il suo ragazzo. Aveva il viso pallido come un cadavere e gli occhi erano contornati di viola.
“La tua gamba” gli disse sottovoce. Deglutì rumorosamente, cercando di mandare giù quel groppo alla gola. “Le lamiere… la tua gamba… c’è un’enorme lamiera nella tua gamba” gli disse, lasciando ormai libero sfogo alle lacrime.
Andrea lo guardò stranito. “Penso che me ne accorgerei.”
Marco gli gettò addosso la coperta e corse a prendere il cellulare dal cruscotto, pregando nessuno in particolare che ci fosse campo in quella strada sperduta. Chiamò l’ambulanza, balbettando con l’operatore che gentilmente chiedeva spiegazioni.
Quando posò il telefono e porse ad Andrea altre due coperte, sapeva già che era troppo tardi, che la strada ghiacciata avrebbe rallentato i soccorsi, che Andrea l’avrebbe lasciato.
Ormai in preda ad una crisi di pianto, si strinse come meglio poté sul corpo pallido e freddo del suo ragazzo.
“Ho sonno” si sentì mormorare tra i capelli.
“Devi stare sveglio, fa troppo freddo per dormire” rispose singhiozzando.
“Non ho freddo” fu la flebile risposta. “Voglio una sigaretta.”
Marco lo guardò attraverso la nebbia delle sue lacrime. “Te la prendo.”
Non gli era mai piaciuto che Andrea fumasse. Credeva che fosse stupido aspirare tutte quelle sostanze solo per il gusto di farlo. Gli aveva sempre detto che prima o poi si sarebbe beccato un tumore ai polmoni.
Sfilò una sigaretta dal pacchetto con mani tremanti e tornò da lui, ma Andrea si era addormentato, e con quale diritto avrebbe potuto svegliarlo dal quel dolce morire? Infilò la sigaretta nel taschino della giacca e chiuse la portiera.
Tornò al suo posto in macchina e poggiò la testa sulle coperte insanguinate che coprivano il corpo di Andrea, gelido come la neve che li circondava.
Non gli restava altro che aspettare di essere soccorso o morire di freddo.
Pur sapendo quanto suonasse sdolcinato e patetico, preferiva la seconda possibilità.
 


 

AN:
Questa storia è stata scritta per il contest Foglie di Ghiaccio, indetto dal forum Souls Art.
È la prima volta che scrivo di una coppia gay e spero di essere stata all'altezza. Ovviamente, ogni appunto o correzione sarà ben accetto.
   
 
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