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Autore: DouglasSpunk    16/12/2013    3 recensioni
Le persone hanno paura di tutto: dell'amore, della morte, delle malattie, di soffrire, dei cani, degli squali, della velocità; perfino delle farfalle. Si ha paura di sbagliare, di provare qualcosa, di perdere qualcuno a noi caro. Paura. La paura ci spinge a fare scelte. Chi ha paura, di solito, sceglie di non vivere. Non completamente, comunque. Io, Kristen Stewart, non esulavo da quella definizione.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno mondo, Aloha, Bonjour.

So cosa state pensando, siamo in ritardo di qualche giorno ma… credetemi, ne è valsa la pena. Preparatevi ad un capitolo infinito molto mooooltooo coinvolgente…
Non dico più niente e vi lascio alla lettura.
Come sempre… Godetevela!

 

 

2

Cared enough to let you walk away

Pov Kristen

Uscii dall'ascensore con il cuore in gola e un foglio in mano. Cos'era appena successo?
L'avevo incontrato. Robert. Lui... Era stato a pochi centimetri da me. Incontrarlo... Non era contemplato. Non ora, né mai. Ero tornata con il solo intento di... Beh, di non so cosa.
Perché avevo deciso di tornare? Per Cat? Per un film? Per cosa? Forse per tornare a respirare la sua stessa aria... E Cristo, per qualche minuto, per qualche secondo, avevo davvero assaggiato la sua stessa aria.
Aria satura di lui, del suo profumo; per qualche secondo avevo anche sentito il sapore della sua bocca. Rossa.
La sua bocca era ancora rossa; come ieri, come nelle interviste che avevo divorato, come le foto che avevo nascosto sotto al cuscino. Come il ricordo dell'ultimo bacio che ci eravamo scambiati. Quel bacio era stato calmo, non frettoloso, umido; bello.
Perchè ero tornata? Forse per darmi una seconda possibilità. Ma quale possibilità potevo avere?
Avevo pensato a tutto: ero stanca di avere paura. Non volevo più avere paura.

Se i messaggi sarebbero ritornati, l'avrei detto a qualcuno.
No. Non l'avrei mai fatto.
Tornare a Cannes era la soluzione. Dovevo tornarci. Mi mossi velocemente verso la finestra posta di fronte all'ascensore; aprii la vetrata, la spalancai, beandomi dell'aria pulita, disintossicandomi da quel profumo tanto cercato. Poi trovato. Ora evitato.
Ispirai più aria possibile: la realtà era che avevo paura.
Perchè ero tornata? Come avrei fatto a vivere senza di lui ora che l'avevo rivisto? Via. Andare via. Ancora una volta, stavolta per sempre. Non potevo di certo lavorare con lui... Baciarlo, far finta di amarlo.
Sorrisi amaramente.
No, io avrei solo fatto finta di far finta di amarlo. Robert Pattinson era l'amore della mia vita. E lo sarebbe stato sempre. Quindi non potevo mentire così. Non potevo farci questo. Lui... Lui aveva sofferto. L'avevo intuito guardando le foto, i suoi occhi.

Presi il cellulare dalla tasca e chiamai Ellie. Lei lo sapeva. Le avevo raccontato tutto una volta, in piena notte, dopo un incubo. Dopo lui e lei. Insieme.

"Nonono Rob no" non sognava da tempo. Mesi. O almeno, se lo aveva fatto non ne ricordava neanche un fotogramma di quei sogni. Troppi sonniferi, pochi incubi.
Non quella notte, comunque. Il giorno prima era stato il compleanno di Robert. Avrebbe voluto mandargli un regalo; in realtà gliel'aveva comprato. Un orologio in pelle, antico.
Era andata un giorno al mercatino vintage, e su una bancarella l'avevo visto: in un attimo s'era decisa a comprarlo. La visione del polso di Robert che lo indossava era bellissima.
Sul cinturino vi era un'incisione: "Ci ritroveremo sempre."
Non potè non acquistarlo.
Avrebbe voluto mandarglielo, farglielo avere; darlo a Tom, così da farglielo recapitare.
Ma poi aveva visto quelle foto. Come sempre, aveva passato ore della sua vita sui siti di gossip.
Tutto quello che andava sotto il tag "Robert Pattinson" lei lo visionava. Quella sera, quella volta, non l'aveva visto semplicemente uscire con qualcuno. No.
Sarebbe stato semplice in quel caso.
Era stato visto uscire da un locale. Con i suoi migliori amici. I loro migliori amici. Marcus, Jamie, Jack, Tom, Micaela, Katy, Sienna... C'erano tutti. Più Dylan. Ancora.
Era la seconda volta in una settimana che si vedeva con Robert. E faceva male.
Perché lo sapeva che l'uomo di cui era innamorata, non sarebbe stato in un angolino a piangere. No. Era preparata alla valanga di donne -sgualdrine-, con cui l'avrebbe visto.
A quello sì: un pugno nello stomaco, un bicchiere d'acqua, digiuno per un giorno e poi via. Come se mai fosse accaduto.
Ma Dylan... Lei c'era sempre. Ed era quella la sua paura: cosa avrebbe fatto quando Robert si sarebbe innamorato di qualcun'altra?
No.
No.
No.
Aveva paura dell'amore.
Forse per questo aveva sognato Robert... Morto. Quello, a dire il vero, era la sua paura peggiore.
"No no no" continuava a ripetere.
"Kristen? K?"
Ellie, quella volta l'aveva vista strana; persa. Quasi come se la sua amica si fosse stancata di raccontarle bugie. L'aveva accolta volentieri a casa sua. Era felice di averla con sé...
Ma avrebbe preferito saperla altrove. A casa. Fra le braccia di chi l'amava.
Cercò di svegliarla, di scuoterla: "Kristen, svegliati, è solo un incubo, ehi". Poi la mora urlò di più.
"Robert!" Ellie cadde dal letto, spinta da Kristen che ora la guardava stralunata: gli occhi sbarrati, i capelli sudati appiccicati alla fronte, le mani ad asciugare la pelle madida di sudore, il petto che si alzava troppo velocemente.
"K?" La bionda si alzò, avvicinandosi all'amica con calma, come si fa con un cucciolo impaurito. Come forse, proprio Kristen aveva fatto con Bear. O magari con Rob, dopo aver litigato.
"Ellie?" Arricciò il naso. "Che ci fai lì per terra?"

La voce rauca, ferma. Senza volerlo Ellie rise.
"Mi ci hai buttato te."
"Che?"
La ragazza le sorrise teneramente, chiedendole con gli occhi se poteva sdraiarsi accanto a lei; Kristen le fece spazio. "Cosa stavi sognando?"
"Io..." si spostò i capelli dalla pelle asciugandosi poi con la manica del pigiama.
"Sembravi impaurita. Troppo per essere un semplice incubo."
"Lo so. È che sembrava così vero che... Ellie è stato bruttissimo."
"Tesoro... Cosa succede?"

Che poi forse a qualcuno poteva dirlo. Non voleva mentirle. Si stava dmostrando un'amica impeccabile. Forse la più fidata. Ed aveva bisogno di parlarne.
Di dirlo ad alta voce. Così da renderlo reale, non solo una fantasia. Una paura. Così allungò un braccio verso il comodino, prese l'iPhone, fece
qualche movimento con il pollice e lo passò all'amica. Ellie lo afferrò, lesse: si portò una mano sulla bocca, sconvolta.

Poi si voltò verso K, come la chiamava lei. L'abbracciò. Stretta.
Kristen pianse. Ellie la strinse più forte.

"Tranquilla K... Non sei più sola".

Non era più sola.


Ellie mi era stata vicina come mai avrei potuto sperare. Non mi aveva mai rinfacciato gli errori, al contrario, mi aveva fatto sentire a casa... Ma casa mia era altrove.
Era Robert casa mia.

Ma ero stata bene con lei. Le volevo bene. Mi rispose dopo sette squilli. Probabilmente dormiva.

'Mi hai svegliata.' Appunto. 'Spero tu abbia una una valida motivazione.'
Sorrisi.
"O altrimenti?" Mi morsi un labbro, respirando aria pulita. Aria pura; senza Rob.
'O altrimenti... Non lo so. Boh. Uhm. Ti, ti, cucino io qualcosa, senza la tua supervisione, e ti costringo a mangiarla fino all'ultimo boccone.' Risi. Oh, mi serviva.
"Tutto, eh?" Sbuffò.
'Senti, ma mi hai svegliata per dirmi cosa?' Ancora un respiro.
"Che torno a casa." Silenzio.
'Non ho capito.' Ammise.
"Torno a casa, a Cannes."
'Casa tua non è Cannes.' Respiro. 'Mi dici cosa succede?' Espiro.
"L'ho visto."
'Chi?' Scossi la testa.
"Come chi? Rob!"
'Cazzo' Risi ancora. Stavolta con meno allegria. Forse era una risata nervosa.
"Già. È quello che ci siamo detti, in effetti."
'Cosa?'
"Cazzo..."
'Voi vi vedete dopo due anni e dite "cazzo"?'
"sì. Almeno all'inizio."
'Profondo.' Molto.

"Oh beh... Poi abbiamo litigato."
'Prevedibile. Poi?' Respiro.
"Era ubriaco. O almeno credo abbia alzato il gomito ieri." Espiro.
'Prevedibile anche questo. Thomas gli avrà detto che sei tornata in America.' Annuii più a me stessa che ad Ellie.
"Probabile."

'Poi? Avanti Kris, dimmi qualcosa che non so!'
"Mi ha..."
'Baciata?'
"Cosa? No. Peggio."
'Sbattuta sulle porte dell'ascensore e fatta sua stile spot Dior?'

Storsi il naso. Odiavo quella pubblicità.
"No."
'Bene. Perché non sarebbe stato positivo, insomma, almeno un po' d'attesa... Certo, dopo due anni che non scopi e vedi Robert Pattinson, immagino che gli ormoni abbiamo cominciato
 a volare, ballare la zumba e'

La interruppi.
"Mi ha ridato il post it con cui l'ho lasciato. L'aveva nel portafoglio".

Silenzio. Respiro. Aria pulita. Non è poi così pulita... Manca il profumo di Robert. Espiro. Mi pizzica la gola.

'Quest'uomo ti ama!' La sentii urlare dall'altra parte del mondo.
"No. Non più. Aveva un portafoglio nuova, sai? Magari gliel'ha regalato lei. O magari l'ha comprato da solo... Ed io non lo so. Io non so nulla della sua vita attuale. Aveva un portafogli
nuovo." Le dissi sull'orlo dell'isteria.

'K calmati. Fai un respiro profondo e lascia stare il portafogli, okay? Pensa solo che... Che ti ama.' Sbuffai.
"Non mi ama. Io non voglio che mi ami. Non me lo merito."
'Tu non lo meriti? Se c'è una persona al mondo che merita l'amore di quell'uomo, beh, quella sei tu. Solo che ancora lo devi capire. Ma va bene.'
Era la prima volta che si esprimeva su me e Robert. L'avevo sempre sentita dirmi che mi appoggiava.

"Tu non l'hai visto. Era"
'Arrabbiato?' Mi precedette. 'Sì, beh, Kristen, è normale. Quando l'amore della tua vita ti lascia così, senza una spiegazione, allora ci si incazza.'

"Lo so", fui costretta ad ammettere. "Il punto è un altro: Lui sarà nel film."
Ancora silenzio. Poi un colpo secco. Era caduta?
"ellie?"
'Ma porcocazzo K!'
"Che"
'Questa è sfiga.' Sentii un altro colpo. Ma cosa diamine? 'O fortuna' Altro colpo. 'Occristo, è il destino!'

"Ma che cazzo stai combinando?"
'Sono scivolata. Ora sto riversando su di una macchina infernale tutte le mie pene. E le tue, naturalmente.'
"Che dall'Ellese all'inglese sarebbe?"
'Picchio la caffettiera. Magari si decide a far uscire il caffè.' Tipico. Era una ragazza così sbadata... Amavo troppo Ellie e Tom insieme.
Chissà poi perché non avevano continuato la loro relazione.

'Comunque, perché vuoi tornare?'
"Come perché? Lui è il protagonista machile, io quello femminile." Le ricordai.
'Mh, mh, e quindi?'
"Come quindi?"
'Non vedo il problema.'
"Sei stupida." Ridacchiò.
'Sai cosa si dice delle bionde, no?' Scossi la testa, 'sono seria, K, dovresti accettare. Vedila così, sarà la tua ultima dose di Robert.'
Messa così, sembrava allettante come cosa.
"Le minacce." Le feci presente. Lei sembrò pensarci sopra.
'Provaci. Vedi cosa ne esce.'

"Qui non stiamo parlando di prove, okay? Parliamo della sua vita, della mia... Della vita di qualcuno." Mi alterai.
Lei lo percepì.
'Scusa. Ma sai cosa penso. Provaci, parla con Cat. Provaci Kristen... E poi ricordi? Siete Kristen e Robert contro loro.'
Sorrisi amaramente.
"Una volta. Tempo fa."
'Tesoro, mai dire mai.'
"Non sono qui per questo."
'Lo so. Fallo però. Non puoi vivere nella paura, non più.'
"Non è così semplice."

Le dissi con quel qualcosa che mi rendeva difficile parlare; quando si trattava di me e Robert nulla era facile. Non lo era mai stato.

'Kristen, ti fidi di me?'
Le avevo raccontato tutto. Dai timori alla paura più folle. Tutto. Avevo urlato, pianto e parlato a macchinetta.

"Certo che mi fido."
'E allora stammi a sentire: tu ora entrerai in quella stanza, saluterai Catherine. Ti concedo di avercela con lei. Poi però dovrai sorriderle, perchè le vuoi bene e lei ne vuole a te.
 Poi ti volterai verso Robert, e sorriderai anche a lui; che lui lo accetti o meno quel sorriso. Perché io lo so che vuoi sorridergli.'
"Ma"
'Sh. Poi firmerai quel contratto indipendetemente dalla scelta che farà Robert. Sei lì per quel lavoro, per quel film. Quante volte te l'ho fatto vedere in questi due anni, mh?'
sorrisi in uno sbuffo.

"Tante."
'Ecco. E quindi cosa farai?'
"Andrò in quella stanza"
'Continua'... Mi esortò.
"Firmerò il contratto e sorriderò a Rob."
'BRAVA!' Battè le mani. 'Oh il mio sogno che si realizza!'

Guardai l'orologio sul mio polso. Quello che avrei voluto dare a Rob, notando di essere in ritardo.

"Okay, se voglio firmare" volevo? "Devo sbrigarmi".

'Va bene', strascicò la "e" finale, 'ti lascio andare. Fammi sapere.'
"Certo."
'Bene. Ah K?'
"Uh?"
'Buona fortuna. Ti voglio bene.'
"Te ne voglio anche io."
'Andrà bene.'

Ci credetti. Ci credetti davvero fino a quando non aprii la porta che mi separava da Cahtrine ed il mio ex fidanzato.
Ex.
Perchè, ora, questo era Robert per me: il mio ex fidanzato.

"Ciao." Dissi con la voce fioca, quasi mi vergognassi per qualcosa. Robert guardò subito nella direzione in cui ero entrata. Mi fissò. Aveva le braccia conserte, strette al petto.
Non aveva lasciato la palestra, si notava dai bicipiti.

"Kristen Stewart!" Lui sussultò.
Venni investita da un ciclone di capelli lisci e profumo di viole. Mi abbracciò; rimasi spiazzata. Non ero più abituata al contatto fisico con le persone che fossero Ellie.
Paralizzata.
Rob lo notò. Oh, beh, lui notava sempre tutto.
Avvolsi le braccia intorno al busto di Catherine, ricordando chi lei fosse. In realtà fu un abbraccio strano. Così teso -da parte mia- da far spavento.
Com'è che mi ero ridotta ad aver paura anche degli amici? Di chi mi voleva bene?
Gli occhi bruciarono.
Si allontanò da me, sorrideva. Era dolce Catherine. Aveva il sorriso di una madre.

"Come sei bella! Guardati", mi accarezzò i capelli con fare gentile, poi passò alle guance. "Hai schiarito i capelli, sei ancora più bella!" Si girò verso Robert, "Vero Rob?"

Lui, ancora con le braccia incrociate e lo sguardo fisso su di me, corrucciò le sopracciglia. Oh lo riconoscevo quello sguardo. Mi stava fissando, squadrando;
mi stava facendo la radiografia. Mi sentii in soggezione. Nuda. Come se potesse vedere, sentire, capire, che lo amavo, che l'avevo lasciato con le lacrime sul viso e la morte nel cuore.
Stava paragonandomi alle donne che aveva avuto in questi mesi? Ero meno bella di quella bionda che aveva baciato? Gli facevo schifo? Mi odiava? Ero troppo sciatta in confronto a Lei?
Aprì la bocca, la mosse in modo impercettibile, forse me ne accorsi solo io.
Mi avrebbe detto che non ero all'altezza? Che c'era di meglio? O che mi trovava brutta? Preferiva le altre?

Sorrise. Non un sorriso normale, no. Non uno che aveva visto spesso. Irrisorio. Derisorio. Sarcastico.
Poi parlò.
"È sempre stata la più bella."

Forse morii un po' in quell'istante. O riacquistai un po' di me stessa. Forse mi sentii bene, forse mi sentii male. Non lo sapevo. Tutto quello ciò che sapevo era che Robert mi trovava
 bella. Era una cosa così stupida, eppure non potei evitare di sorridergli.
Lui distolse lo sguardo subito dopo aver fissato la mia bocca.
Smisi di sorridere.
Catherine ci guardò.

"Ed eccoli qui i miei Robsten!" Esclamò entusiasta.
"Robert e Kristen. Solo Robert e..." il tono sicuro e veloce con cui aveva parlato scemò sul mio nome non detto. Forse si era accorto e pentito subito dopo di averlo pronunciato pochi
 istanti prima.
"Kristen", dissi sottovoce; sussurandolo. Anche quello sembrava sbagliato. Lui tornò a guardarmi. Aveva il viso tinto di rosso. Forse per la rabbia.
"So come ti chiami". Sì, stava arrabbiando.
Avevo sbagliato ancora?
"Io"
"Beneee! Allora ragazzi, avete letto il copione? Bello vero? Oh sarete perfetti, già vi vedo"
"Sì" Le disse lui, fissandomi ancora, "ho letto il copione. Mi piace. Ma c'è un problema."
"Cioè?"
"Io con lei non ci lavoro".
"Sì beh, neanche io." Rob scosse la testa.
"Perfetto. È il tuo ruolo questo, no? Fai pure. Catherine, è stato bello rivederti. In caso tu abbia qualche altro copione, sia chiaro, copione che non includa lei", mi indicò,
"allora chiamami." Questo fece male.

"Robert fermati." Lo fermò Cat, "non so cosa sia successo tra di voi ma"
"Mi ha lasciato come un coglione." Il cuore mi si fermò. Mi sentii guardata, giudicata. Poi condannata.
"Non mi interessano le vostre vicessitudini personali; mi avete dato la vostra parola. Io per questo film voglio voi."
"Non è vero", stavolta fu il mio turno di parlare. "Non ti ho detto che avrei firmato, ma solo che ci avrei pensato."
"Hai lasciato la Francia, era un sì."
"ERI IN FRANCIA?" Urlò Rob. "Te ne sei andata in Francia?"Si infilò le dita nei capelli.
"Rob."
"Zitta. Zitta, muta devi stare. Non devi parlare. Te ne sei andata dall'altra parte del mondo pur di non avermi tra i piedi?"
Per salvarti. Catherine alzò i palmi delle mani in aria.

"Okay... Io vado a prendere la mia dose di caffeina. Voi fate pure... Uhm?"Uscì lasciandoci soli.
Però la sentii gracchiare un" Troppa tensione sessuale, troppa troppa! Sarà un capolavoro."

Robert si tappò la radice del naso tra il medio ed il pollice; si calmò.
Io forse trattenni il fiato.
"Che ci fai qui?"
"Cat mi ha chiamata e" Scosse la testa con vigore.
"No, no, cosa ci fai QUI! A Los Angeles." Non lo sapevo nemmeno io.
"Per il film." Stavolta annuì.
"Pretty woman l'hai sempre adorato."
"Te lo ricordi?"
Mi guardò in modo strano, poi andò a sedersi sulla scrivania, facendo tendere la stoffa dei jeans. Ah... Avevo sempre adorato il modo in cui le sue gambe si intrecciavano con le mie.

"Anche io, in effetti" tralasciò la mia domanda, "e l'idea mi piace."
"Non capisco dove tu voglia arrivare." Storse il naso.
"Senti, io accetto." Boom.

Il rumore mai sentito di un frigo rotto da un calcio venne sostituito dal rumore del mio cuore che esplodeva. Forse per la gioia. Forse per la paura.

"Tu fa' ciò che vuoi. Non mi interessa. Per me un'attrice vale l'altra. Non sei più nulla per me."

'Nulla per me'

'Nulla'

Nulla per lui.

Le labbra tremolarono, eco del tremore delle mani. Il cuore, che prima batteva così felice, ora restava muto. Aprii la bocca per parlare, ma non riuscii a dire una sola parola.
Quindi mi limitai ad annuire.

"Bene. Accetterai?" Deglutii.
"Io... Non lo so." L'avevo promesso ad Ellie.
"Fai come vuoi."
"Forse... Forse accetterò. Credo di sì."
"Perfetto."

Si alzò dalla scrivania e si avvicinò, tendendomi la sua mano. Le amavo le sue mani. Ma non capii il suo gesto.
Inarcai un sopracciglio, perplessa.

"Colleghi?" Colleghi? Io e lui? Forse notò la mia espressione scettica. Sorrise.
"Solo colleghi, Stewart. Niente passato in comune, niente di niente. Nessun pasasato, nessun futuro. Solo questo film."
Solo colleghi.

Stewart.

Freddo. Gelo. Inverno. Afferrai la sua mano.
Caldo. Fuoco. Primavera... E autunno, e inverno, e tutto il mondo insieme.
Perché noi quello eravamo. Tutto il mondo insieme.

"Solo colleghi, Pattinson." Ci stringemmo le mani.

Brividi.
Mi sorrise.
Aria pura.
Merda. Ero nei guai.


Giorno 1.

Partiamo dal presupposto che non ho mai avuto un diario, che odio scrivere a penna e che questa moleskine me l'ha regalata mia madre anni fa ma mai l'ho usata.
Poi Ellie mi ha convinta a "Buttar giù le idee" perché "ti fa bene, K! È una cosa scritta anche nei libri di psicologia".
Quindi eccomi qui... Cosa cazzo devo dire? Mi devo presentare?
Tipo, uhm, ciao sono Kristen e NO.
Iniziamo dal dire che oggi sono iniziale le riprese. 'Pretty woman -The remake' è ufficialmente iniziato.

Wow.

E non c'è entusiasmo in questo wow. Proprio niente. E dovrebbe... Insomma, è un film bellissimo, i miei fans ancora mi amano e c'è Robert (che mi odia). Wow.
Wow. Veramente wow.
Lui poi, oh, lui mi calcola tantissimo.
Davvero. Mi sposta la sedia quando devo sedermi, mi versa l'acqua, mi parla dei suoi sogni.
Certo. Nei miei, di sogni.
Facciamo il nostro lavoro. Non ci parliamo se non per dirci qualcosa che riguarda una scena.
Colleghi. Lo siamo.

Bella merda.



Giorno 2.

È un coglione. Chi? Robert Pattinson.
Perché?
Prendiamo in esempio questa mattina: è arrivato con dieci minuti di ritardo sul set. Che non sono tanti, ma per una produzione come questa, valgono oro. Era mezzo ubriaco.
Sono sinceramente preoccupata per il suo fegato. Non fosse che ho paura di Claire, la chiamerei.
Comunque, va bene che l'Edward di questo remake è un po' diverso da quello dell'originale, ma cazzo, presentarsi in quello stato su un set. A lavoro.

L'ho affrontato. "Rob potresti evitare la vodka", e lui, lui mi ha risposto "Come tu hai evitato me?".

E cosa potevo dirgli? Nulla. Abbiamo girato qualche piccola inquadratura "Bene", ha detto Cat.

"Bene" volevo ucciderla. "Bene" vuol dire "Rifalla".
Quindi domani dobbiamo rifare tutto. Che culo. Per stasera è tutto.

Ps. Ho mangiato spaghetti a pranzo.



Giorno 3

Sul set sono venuti a trovarmi Alicia, CJ e Scout. Era da tempo che non li sentivo o vedevo.
Rob, appena si è accorto di loro, ha cambiato strada. Oggi non era sbronzo.

CJ mi ha fatto leggere dei piccoli articoli su me e Robert. C'è chi grida al ritorno di fiamma, chi ha detto che in questi due anni mi sono nascosta a Londra, in un convento.

Ancora non capisco come abbiano fatto a non scoprire nulla. Be, comunque, oggi è stata una giornata normale. Abbiamo girato e siamo andati "benino".
Domani rifaremo qualcosa. Wow.

Ps. A cena Cameron ha cucinato le polpette... Quelle precotte.



Giorno 4.

Oggi sono successe tre cose fondamentali:
1. Ho rivisto Bear.
2. Siamo andati 'più che bene'
3. Rob mi ha parlato.

Ma partiamo dal primo punto.
Robert stamattina ha portato Bear sul set. È stata una bella cosa. Una delle più belle di questi ultimi due anni.
Ero in piedi, con Alicia; stavamo ripetendo una parte che non riuscivo a ricordare, quando sento la voce di Rob -che per inciso è sempre un colpo al cuore-, e poi un abbaiare famigliare.
Neanche il tempo di girarmi che mi sono trovata il mio cagnolone accanto che mi annusava i piedi.
Non mi ha riconosciuta, credo. Ho guardato Rob chiedendogli il permesso di accarezzarlo, lui ha fatto cenno positivo con il capo.
"Amore... Come sei bello!" gli ho sussurrato, coccolandolo. È sempre così morbido.
Mi ha riconosciuta dopo aver parlato; m'ha leccato la faccia, mi è saltato addosso fancendomi cadere sull'erba.

Ho riso così tanto... È stato bellissimo.
Non so perché Rob l'abbia portato sul set, ma è stato il momento in cui e lui ci siamo sorrisi a vicenda.

Abbiamo girato tante scena, addirittura una che non era in programma.

Cat ci ha detto "Oh... Più che bene!" Mi sono sentita felice. Come se tutto andasse al proprio posto. Credo che basti il suo sorriso.

Non sono mai stata una persona sentimentale, mai, dico "cazzo" ogni due per tre e bevo birra la mattina... Eppure se mi chiedessero la cosa più bella che io abbia mai visto,
 risponderei "Il suo sorriso".

Poi mi ha parlato. Parlato davvero.
"Dobbiamo provare", ancora non dice il mio nome.

Comunque, a pranzo, mentre giocavo con Bear, Lui si è avvicinato.
"Amore della mamma... Mi sei mancato così tanto"
 "Io no?" Ha chiesto.

Sì. Sì avrei voluto dirgl. Tu più di tutti. Più degli amici, più di mamma, più del mondo.

"Io no. Ovviamente. Ci vogliono sul set, comunque."

Poi abbiamo ancora girato. La sua pelle più volte ha toccato la mia. Il mondo mi è sembrato meno brutto. Ho avuto meno paura.
Il ché è abbastanza strano.
.
.
.
Oh a Diavolo! Ma chi voglio prendere in giro? Io sono innamorata di quell'uomo. Amo quella barba troppo lunga e troppo bionda, di quel sorriso e del suo acccento inglese.
Sono perfino innamorata di quel fegato oramai spappolato per il troppo alcolo; è suo, quindi lo amo.
Sono fottutamente innamorata di Robert Pattinson. Ed è questo che mi fotte.
Devo rimediare... Forse. Per oggi va bene così.

Ps. Ho cenato con delle patatine fritte. Cameron in cucina fa pena.



Giorno 5.

Sono incazzata.

Robert oggi è arrivato sul set in anticipo. Il ché non sarebbe una cosa grave -anzi-, se solo io non l'avessi osservato giocare con Bear... E beh, se solo non avessi fatto una cazzata.

In pratica: è arrivato sul set, visto che era in anticipo e non aveva nulla da fare, si è messo a lanciare la palla al cane.
Mi è sembrato così bello. È bello più di due anni fa.
Vabbè, sta di fatto che gli si è avvicinata una ragazza della produzione: biondissima, (male, male), gli ha chiesto se volesse qualcosa da bere e se dovesse coprire qualcosa con il trucco
 (domanda ovvia); lui ha risposto sì ad entrambe le domande. Al secondo sì si è toccato il collo.

Allora la ragazza è andata via, arrossendo. Povere Cassie, immagino l'effetto che uno come lui possa suscitare.
Si è rimesso a giocare con Bear, quando quest'ultimo mi si è avvicinato, l'ha fatto anche Robert.

"Ciao."
Avrei voluto chiedergli "ehi, ti ho fatto qualcosa? Ieri andavamo così bene", ma la risposta sarebbe stata ovvia. E allora vaffanculo, me lo sono tenuto dentro. Come sempre.
Però poi la cazzata è avvenuta quando Rob si è grattato di nuovo il collo. Più forte stavolta. Ho intravisto una parte di pelle arrossata, allora no, da povera cogliona quale sono,
 cosa ho fatto? Mi sono preoccupata! Sono scattata come una molla, portando una mano sulla sua epidermide irritata da... Indovina? Un succhiotto!
Lui è rimasto immobile. Fermo come una statua.
Io ho fissato le dita sulla sua giugolare.
Dio la sua pelle! Morbida. Poi mi sono ritratta, scottata dalla consapevolezza che una donna, altre labbra, l'avevano toccato.
Quando ho staccato le dita e me le sono portate sulla bocca, c'era Rob; il suo sapore. C'era, lo giuro. Non sono pazza.
Lui ha aperto la bocca, forse schifato, forse incazzato e prima che potesse urlare, sono scappata.

FANTASTICO.

ps. Oggi ho cucinato io. Sia lodato Gesù Cristo


Giorno 6.

... Giornata di merda. Mi astengo anche dal commentarla.
Ps. Sono ritornata alle patatine.


Giorno 7.
Mi ha chiesto se le chiacchiere dei giornali fossero vere:
"Sei lesbica? È per questo che mi hai lasciato?"
Credo che il mio schiaffo non lo dimenticherà così in fretta.

Ps. Amo il McDonald. Davvero.


Giorno 8.
Un sms.
Sono collassata sul set. Rob mi ha portata nel camerino.
"Stai bene? Vuoi dell'acqua?"
"Sì grazie". Mi ha versato l'acqua nel bicchiere, in silenzio; poi me l'ha passata e si è seduto sulla sedia posta di fronte al divanetto su cui ero appoggiata.

Ho bevuto, l'ho ringraziato.
Poi lui ha rovinato tutto: "Sei incinta? È per chquesto che mi hai lasciato! Per qualcun altro?"

Sono solo riuscita ad alzarmi, infuriarmi, aprire la porta ed urlargli
"VAFFANCULO".

Me ne sono andata, ma ho fatto in tempo a sentirlo ridere e dire
"Almeno ha ripreso colore!"

...non ho mangiato granché.


Giorno 9.

Ancora sms. Lui non mi parla.


Giorno 10.

Pensavo fosse finita. Evidentemente mi sbagliavo.


Giorno 11.

Ho paura. Tanta paura.


Giorno 12.

Gli ho chiesto di poter tenere Bear per una notte. Ha detto di no.
Bernie e Vanilla neanche me le fa vedere.


Giorno 13.

Cameron ha trovato le gomme dell'auto tagliate.


Giorno 14.

Sola. Devo tornare a Cannes.


Giorno 15.

Ho sentito Tom. È stato bello. Gli voglio così bene...


Giorno 16.

Non sono andata sul set. Ho finto di stare male... Ho solo tanta paura.


Giorno 17.

Gli ho detto "ti amo" per finta... Forse dovrei virgolettare 'per finta'. Gli ho detto ti amo "per finta". Ecco, così va meglio.
Ah, Lui mi ha chiesto se stessi mangiando. Cosa vuole da me?

Ps. Nel camerino ho trovato un panino. Il mio preferito. L'ho buttato.

Ho avuto paura fosse avvelenato.
Ho paura di tutto.


Giorno 18.

La vita è fatta di scelte. Tante piccole scelte. Si sceglie un cioccolatino piuttosto che un altro, si sceglie un libro da leggere invece di un film.
Si sceglie di andare via, di combattere.
E poi ci sono cose che non ti lasciano libertà di scelta.
Non si scelgono certe emozioni, certi amori, accadono e basta. Voglio dire, io non ho scelto di amare Rob. È successo.
Mi sono innamorata di Robert Pattinson e questa cosa non è più cambiata.
Punto. Amen. Ho ingoiato il rospo e via.
In fondo scegliere non è poi così difficile. Così importante. Perché la vita è come i film forse, l'amore è come una commedia romantica.
C'è l'inizio, il mezzo e la fine.
Ci si innamora, poi accade il peggio, poi, se sei fortunato, sceglierai di buttarti ed avrai il tuo lieto fine. È sempre così...

Nei film.
Poi nella vita è tutto un altro paio di maniche. L'ho imparato oggi.

Oggi, diciottesimo giorni di riprese -di Robert-, ho deciso di non voler avere paura.

Sono andata sul set, ho allacciato la vestaglia color panna, leggera, profumata; ho chiuso gli occhi godendomi la musica che Robert suonava.
Intonava qualche nota semplice, che però non sembrava essere priva di senso. Come una melodia abbozzata.
Il ragazzino biondo dei 'ciak' ha dato inizia alla scena.
Sono entrata nella sala, lentamente, guardandolo mentre chino sui tasti, concentrato, sorrideva alla musica da lui creata.

Così bello...

Mi è parso quasi di disturbare quando ho deciso di fare il mio lavoro, avvicinandomi a lui. Applausi si sono levati dalla piccola folla. Rob ha fermato l'indice sul Do,
mezzo labbro superiore alzato.
Soddisfatto.

Così bello...

Forse è stata quella luce, forse il piano, forse solamente lui e quella bolla che inconsapevolmente ci ha unito, fatto sta che ho abbandonato Vivian e sono tornata Kristen.

"Non sapevo che suonassi." In realtà, nella vita vera, l'avevo saputo subito che suonava. La conferma l'ebbi una volta, nel 2008: eravamo in un ristorante e lui si alzò per andare a
suonare una melodia al piano, sconosciuta. Bellissima.

"Suono solo per gli estranei", mi ha guardata.
"Cominciavo ad intristirmi di sopra, così sola sola."
"Signori", si è voltato verso le comparse "volete lasciarci soli, per favore? Grazie". Poi è tornato a guardare me.
"La gente fa sempre tutto quello che dici tu?" Un silenzio così serio, teso. Così sensuale. Così noi. Ha posato le sue mani sui miei fianchi, posandomi col sedere sui tasti.

Così bello...

Note stonate; stavolta non eravamo noi, era la musica. Era finzione. Poi ha posato il capo sul mio ventre; io ho cominciato ad accarezzargli i capelli.
Come feci tempo fa, quando dopo aver superato una crisi, ci eravamo ritrovati a piangere l'uno nelle braccia dell'altro.

Così bello...

Lui in quell'occasione mi disse che m'amava e che senza di me non ce la faceva; io gli dissi le stesse cose.

'ti amo'

'ti amo anche io.'

Così lui ha alzato la testa dal mio stomaco e mi ha guardata davvero, facendomi capire era Lui. Robert. Non Edward.
Oh amore mio, io lo sapevo già.

Le sue mani sono corse al nodo che teneva chiusa la vetaglia, piano, con delicatezza. Il copione non richiedeva quello... Poi l'ha sciolto.
Sempre guardandomi negli occhi.

Così bello...

È stato come dirgli "Ciao amore, come stai? Io bene. Mi sei mancato"

Così bello...

Ha spalancato quel pezzo di stoffa inutile. L'affanno tipico delle prime volte camuffato da abitudine.
Ancora note stonate; poi le sue labbra sulle mie. Dolci. Delicate.
Nei giorni precedenti ci eravamo già sfiorati la bocca, ma mai così.
Non so esattamente cosa è accaduto, ma il mio cuore ha perso un colpo quando si è accorto della caduta di quel muro fatto di risentimento.

Robert era lì.

Così bello...

Poi mi ha presa fra le braccia; ho abbracciato il suo collo con le mie braccia. Mi ha fatta sdraiare completamente sulla coda del pianoforte.

Così bello... Così noi.

Ha allungato una mano verso il mio volto, accarezzandomi, ma non smettendo mai di guardarmi.

Il fuoco. I brividi.

Le sue labbra, ancora una volta, hanno toccato le mie. Un morso, un bacio; poi il copione diceva che io avrei dovuto ritrarmi, ma a quella bocca io non ce l'ho fatta a dire no.

Ho ricambiato il suo bacio. Catherine non ci ha fermati. La sua mano destra è scesa sulla mia bocca, saggiando con i polpastrelli la morbidezza di essa.
Poi la sua corsa è continuata.

Sul collo.

Così bello...

Sullo sterno.

Così bello..

Tra i seni.

Così bello...

Sullo stomaco.

Così bello...

Ho tirato la testa all'indietro quando il calore delle sue dita hanno raggiunto l'ombelico, poi più giù.
Si è fermato lì, sulla mia intimità.

Mi ha guardata. L'ho guardato, e poi mi sono resa conto che io mai ho avuto scelta.
Amare Robert non è mai stata una mia scelta, forse se potessi, sceglierei di non amarlo.

Ma non posso.
Amarlo è stato automatico. È stato come avere paura.

Io da Robert Pattinson non guarirò mai. Perché siamo noi. Robert e Kristen. Kristen e Robert.

Ed io lo amo.

Ecco cosa vorrei dirgli. Quindi userò queste ultime righe di diario per dirgli una cosa.


Ciao Robert, sono Kristen. Lo so che mi odi, ma io beh, io Ti amo... E probabilmente, quasi sicuramente, ti amerò per sempre. Forse è questo il problema.



Pov Robert.

Bere. Avevo bisogno di bere. Per dimenticare, per cancellare il sapore delle sue labbra.
Chiusi gli occhi stropicciando le mani sulle palpebre. Sesso. Avevo bisogno anche di sesso.
Per dimenticare Lei, per cancellarla.

Una volta, tempo fa, pensavo che il sesso senza amore fosse una cazzata. Una cosa inconcepibile.

Poi Lei se n'era andata e a me questo era rimasto: il sesso. Solo bionde, a volte rosse, se è possibile alte. Il contrario di lei.

Entrai nella saletta privata del locale; un locale 'in', uno di quelli frequentato da donne bellissime, ben viste. Disponibili.

"Amico, puzzi di vodka", mi voltai verso Jamie, sorridendo.
"Ah, ah. Stasera solo vodka. Ieri era la serata Gin." Gli risposi ridendo. Perché ridevo rimaneva un mistero.
"La serata Coca Cola a quando?"
"Uhm. Non lo so."

"Probabilmente mai." Si intromise una voce familiare. Mi volsi verso di essa.
"Ciao Tom", lo salutammo in coro. Strano che fosse qui, di solito rimaneva a casa con Sienna e Marlowe.

Tom era proprietario della vita che aveva sempre desiderato: una casa col giardino, una moglie affettuosa e una figlia da adorare. Una famiglia.
Lo odiavo per questo. Lui aveva la vita dei miei sogni.

La mia, di vita, invece, faceva schifo.
Una ragazza diversa tutte le sere; nessuna valeva la pena di rischiare. Alcol; la gola che bruciava era meglio del cuore che faceva male sotto il peso dei ricordi.

Una casa troppo grande, poco personale, asettica; la poca voglia di abitarci con lei, la troppa fretta di tornarci con altre donne.
Ma in fondo è la vita che mi ero scelto.
Squallida. Profondamente squallida.

"Robert, ti sto cercando da ore". Mi sedetti, stanco, sulla poltroncina nera di velluto -squallida pure quella-, e strofinai una mano sul volto.
"Beh, ora mia hai trovato." Lo sentii sospirare.
"Dobbiamo parlare."
"Chi sei tu? La mia fidanzata? Di solito lo dicono loro."
"Dobbiamo parlare, Rob."
"Ma va? E dire che pensavo volessi ballare."

Jamie rise. Tom no.

"Cos'è stasera, fai l'ubriaco incazzato?"
"Non sono ubriaco." Gli dissi. "Non ancora", aggiunsi. Il mio migliore amico si alzò dalla poltroncina su cui era seduto e mi si avvicinò. Era divertente Tom incazzato.

"TU! La devi smettere, okay? Mi hai rotto il cazzo, Cristo Santo. Tratti tutti come se fossero Merda", lo fermai.
"Non tutti." Lui annuì.
"Ovvio. Non tutti. Quelle che ti porti a letto le tratti bene, no?"
"Esattamente." Mi trovai un dito contro il viso. Quello indice.

Ahi.

"Sai cosa? Sei un fesso. Sei un fesso, rincoglionito, ubriaconone che lascia andare la donna della sua vita. Ecco cosa sei."
Ora ero io quello incazzato. Lui non sapeva... Lui aveva una vita perfetta.

"Ma tu cosa vuoi da me, mh?"
"Nulla. Voglio solo che tu la smetta con questa merda di vita." Lo fissai.

Tom Sturridge si era trasferito in America un anno e mezzo fa, dopo tre mesi dalla fuga di Kristen. Lo fece perchè la sua carriera da attore aveva preso una svolta improvvisa
vedendolo protagonista di una serie tv super seguita, il set era a Los Angeles.

Questa, ovviamente, era la versione ufficiale. La versione ufficiosa ma sincera, era che Tom voleva starmi vicino perché preoccupato per me.
Gli ero grato per questo. Gli volevo bene, ma quel suo trattarmi con severità, come se lui fosse l'uomo più vissuto del mondo, come se fosse mio padre, mi irritava.

La sua vita mi irritava.
"Questa 'merda di vita', come la chiami tu, È la MIA di vita. Me la sono scelta io, la voglio così. A me piace così."
"Balle." Forse.
"Lo dici tu."
"State calmi", si intromise Jamie. Oh, anche lui mi stava sul culo. E tanto, anche. Tra qualche mese sposerà Dakota.
Io... Io al massimo avrei sposato la vodka. Ottima moglie.

"Ma cosa cazzo volete da me? Cosa? È la mia vita. A me piace così. Se a voi non sta bene, beh, la porta sapete dov'è."

Jamie scosse la testa. Tom si fece rosso in viso.

"Sei il mio migliore amico, Rob. Abbiamo giurato anni fa che se un giorno ci fossimo ritrovati in una situazione simile, per una donna, l'altro l'avrebbe aiutato: io sto mantendendo la
promessa fatta."
"Ed eccolo il punto focale del problema: KRISTEN." Dire il suo nome mi fece male.
"Cosa c'entra Kris?"
Forse, una vita fa, ero felice della loro intesa; sapere che la propria fidanzata ed il tuo migliore amico sono come fratello e sorella, è qualcosa di assurdamente bello.
Eravamo un trio noi tre.
Lo amavo.

Ora mi dava fastidio. Perché lui poteva chiamarla 'Kris' ed io no? Perché con lui ci aveva subito ripreso confidenza? Sembravano, erano, così amici che quasi la gelosia mi divorava.
Perché io lei e lui, giorni fa, li avevo sentiti ridere; li avevo visti abbracciarsi. A me non era permesso avere i suoi sorrisi.
"Non. Chiamarla. Kris." Gli ansimai contro. Lui non indietreggiò, né sembrò stupito.
"Ma che cazzo ti piglia?"
"Voi la difendete sempre, Cristo. Dite che l'ho lasciata andare, ma sapete cosa? È facile parlare quando la sera tornate a casa e ci trovate la persona che vi ama.
È facile parlare quando la donna che vi ama e dice di farlo, non ti tradisce e ti resta accanto."

"Stai esagerando."
"No Credimi Tom, non esagero. Lei mi ha lasciato come se io nulla fossi. E forse avete ragione. Questa vita mi fa schifo, ed ho detto una cazzata prima.
Non me la sono scelta io questa merda di vita, è stata lei, la vostra amata Kristen, a buttarmici in questa merda. Ed io altro non faccio che gallegiarci... Per non affogare."

Lo aggirai, presi la bottiglia di rum e mi ci aggrappai.Uscii e tentai di scordarmi di Lei. Di me.
Ecco il potere che Kristen aveva su di me. Fuori dal locale c'era una rossa niente male; me la sono portata a casa. Come si fa con i cani, o con le cose.

In effetti, questo erano le donne per me: oggetti. Non che io dessi loro false speranze.
Neanche una notte intera ci passavo insieme. Troppo intimo.
A loro, comunque, non dispiaceva: io usavo il loro corpo per dimenticare
Lei, loro usavano Robert Pattinson per qualche minuto di notorietà ed un paio di orgasmi. Ci guadagnavamo entrambi.
Un contratto equo. Non questa sera, però.

L'avevo baciata, toccata, palpata. Ci eravamo messi in auto subito. Lì volevo farmela. Sui sedili posteriori.
Hannah, si chiamava. Piuttosto carina. Forse troppo lontana dai miei standard. Troppo minuta.
Le avevo baciato il collo, poi i seni; ancora toccatine varie.
Era tutto così... Monotono.

"Non ti piace?" mi chiese, guardandomi in modo curioso. Forse doveva essere la sua espressione seducente.

"Uh?" Non capii a cosa si stava riferendo. Lei di tutta risposta volse lo sguardo verso la il suo pugno chiuso intorno alla mia "erezione". Ecco il problema.
Non ci riuscivo più. Cazzo.

"Merda, non un'altra volta!"

"Ti succede spesso?" sembrava demoralizzata. La guardai, ammonendola. Poi me la scostai di dosso, facendola cadere a peso morto sul sedile.
Mi sedetti, appoggiando la testa sul finestrino freddo.

"Non mi succede spesso", puntualizzai stizzito.
"Allora sono io?" aveva gli occhi da cucciolo bastonato. No ti prego, non i sensi di colpa.

"Non sei tu, tranquilla."
"Allora..."

"Allora" mi grattai il mento. "Senti, sei molto carina, davvero, ma"
"Allora vedi? È colpa mia." Scossi la testa, negando.
"Nono"
"Sei gay..."
"Che? No! Ma cosa ti salta in mente?" Gridai scandalizzato. "È colpa di Kristen stronza Stewart!"

La vidi aggrottare le sopracciglia, perplessa. Era una ragazza abbastanza facile da leggere.

"Aspetta", si sedette meglio, con le gambe incrociate, rivolta verso di me. Io mi appoggiai ancora di più allo sportello. "Kristen Stewart? La tua storica ex? L'attrice?"
Annuii. "Sì, sì ed ancora sì"
"Okay. Allora non capisco." Sbuffai. Ci aggiustammo io i pantaloni e le mutande, lei la gonna.

"Quella strega mi ha fatto qualcosa."
"Eh?"
"Da quando l'ho vista rimanerci male per quel cazzo di succhiotto..."
"Succhiotto?"
"...io non riesco più a scopare. Cristo Santo!" Sbattei un pugno sulla pelle del sedile.

"Oddio"
"Già! Non scopo. Non mi si alza. Vedo quegli occhi e quel modo di guardarmi e nulla... Non si alza." Mi grattai una guancia.
"Beh con le altre. Con lei sì, lui" indicai il mio amichetto delle parti basse, "lui con lei funziona. E pure bene. Stamattina stavo per venire su quel cazzo di pianoforte."

Mi bastava pensare a Lei, qualsiasi parte di Lei, ed ero eccitato da far schifo.
Mi aveva fatto qualcosa.

"Uh, okay. Sono finita in una fan fiction e non lo so. Okay. Senti, secondo me dovresti parlarne con qualcuno."
"Qualcuno? Un dottore? Odio i dottori. Poi mi si alza, funziona, solo"
"Solo non con noi comuni mortali che non siamo Kristen Stewart." sì beh, messa così era ancora più patetica come cosa.

"No. Ha funzionato fino a quando non è riapparsa nella mia vita, lo farà ancora." Lei scosse la testa.
"Davvero, dovresti parlarle. Insomma, perché vi siete lasciati?"
Le sorrisi amaro.
"Ah vorrei saperlo."
"Parlale lo stesso."
"A chi? La mia ex?"
"Sì."
"L'attrice?"
"Sì."
"No. Non se ne parla." Parlare sul serio con Kristen? No. Assolutamente no. Cazzo no.

"Parlaci."
"Mi toglie la fattura?" Rise.
"No. Ma magari risolvi il problema lì sotto", indicò il 'problema' che al momento, al solo pensiero di Kristen, si era fatto piuttosto ingombrante.
Snervante.
Perché non potevo desiderare una ragazza come Hannah? Sembrava una di quelle di cui puoi innamorarti.
Semplice.

Non era Kristen. Nessuno era Kristen, e questo sarebbe sempre stato il mio solo e vero problema.

"Senti, questa è la cosa più surreale che mi sia mai accaduta."

Indossò le scarpe dal tacco alto, aprì la portiera e scese. Feci lo stesso anche io.
Poi si aggiustò i capelli tagliati corti.

"Mi spiace."
"Fa nulla. Ho baciato Robert Pattinson, voglio dire..." Le sorrisi. L'effetto dell'alcol cominciava a svanire.
"Comunque, parlaci con lei."
"Vedrò."
"No, davvero, fallo. Insomma, mi sembra evidente ci sia qualcosa che non va."
"Eh."
"Ed è ancora più palese che Lei sia la soluzione."
"Forse."
"La ami, no?" Amarla? Amare Kristen? Amare colei che mi aveva lasciato, tradito, umiliato? No. Come si può amare una persona simile?
Come si può amare chi ci fa male? Chi ci pianta un coltello nel cuore.
E magari quel coltello gliel'avevi dato tu perché ti fidavi.

No. Non amavo Kristen. Non più.
Forse era ossessione.
In fondo Lei era sempre stata la mia ossessione; avevo stravolto la mia vita per entrare nella sua.
Quindi sì, non era amore ma ossessione. Qualcosa di malato.

"No." Hannah mi guardò. "Non la amo. La odio."
"L'odio è un sentimento comune all'amore, sai?"
Le sorrisi sghembo.

"Cazzate. Io odio i cavoli. Li odio proprio."
"Certo. Ma non si può odiare chi si ha amato fino a... Beh, fino a ridursi così."
"Mh. Bella teoria. Mi spiace per questa serata. Alla prossima."

La lasciai lì, andando dalla parte del pilota. Aprii la sportiera.
"Ehi!"
"Cosa?"

"Diglielo."
"Eh?"

"Diglielo che l'ami." Sorrise triste. "Io non posso più dirlo al mio fidanzato, ed ho il cuore pieno di quelle due parole. Diglielo che l'ami. Magari poi risolvi il problema.
Si sa che voi maschi ragionate col cazzo invece del cervello."

Annuii, sorridendo.

"Grazie."
"Prego."
"Mi spiace per il tuo ragazzo", avevo capito che era morto. I suoi occhioni si inumidirono.

"Spiace anche a me per il tuo cuore... E per tutti gli orgasmi che mi sono persa stasera."

Scossi la testa, chiusi lo sportello, misi in moto.
"Vuoi un passaggio?"
"No. Và da lei e dille che l'ami."

Annuii.

Poi andai da lei per dirle che l'odiavo.
Kristen stava da Cameron. Lo aveva saputo da Cam stesso; ancora ci parlavo con lui. I primi tempi gli chiedevo spesso di Kristen... Poi avevo capito che neanche lui sapeva dove sua
sorella se n'era andata.

Bevvi l'ennesimo sorso di un liquore trovato nell'auto, e presi fiato.
La macchina di Cameron non c'era.
Deglutii.
Le luci, però, erano accese.
Ancora un sorso.
Diedi un'occhiata all'ora: era tardi, quasi mattina.

Perché era sveglia? Che stesse parlando con il suo nuovo fidanzato?
Mi innervosii.

Bevvi ancora, ancora, fino a svuotare la bottiglia di liquore. Tirai su col naso, strusciai la manica sulle labbra ed uscii dall'auto.

Un passo, un giramento di testa.
Due passi, due insulti da rivolgerle.
Tre passi, tre baci da darle.
Quattro passi, quattro morsi da lenire.

Bussai.
Il campanello sembrò essere il rumore più fastidioso del mondo... Beh, il più fastidioso dopo la sua risata che precette l'apertura della porta.
Rideva mentre era al telefono.

"Cam te l'avevo detto di port", si fermò quando si rese conto di chi c'era di fronte a lei.

Le sorrisi sfrontato.
"Ciao."
Lei deglutì, e sempre guardandomi parlò al suo interlocutore.

"Als, ti devo lasciare... No è tutto okay. Sì. A domani. Anche io" Arrossì.

Anche io.
L'amava anche lei?
Ti amo anche io.

"Ciao." Rispose al mio ciao. "Vuoi entrare?" Negai col capo.
"Esci."
"Ma... Sono in pigiama e", la squadrai. Aveva dei pantaloncini neri e una canotta grigia.
"Fa niente. Non è una cosa lunga."
"O, okay." Socchiuse la porta alle sue spalle, incrociò le braccia al petto e camminò fino a sedersi in veranda.
Sembrava stanca.
"Puzzi di alcol." Sbottò, arricciando il naso.
"Non sei la prima che me lo dice."

"Mpf." Mi appoggiai con la schiena alla balaustra di ferro, ed imitai la postura delle sue braccia.
"Ho disturbato il sesso telefonico con il fidanzato francese?"
Assottigliò gli occhi.

"Che? Fidanzato Francese?"
"Non è francese?"
"Non ce l'ho un fidanzato", ammise, mordendosi le labbra.
"Certo. Ovvio. Magari hai una fidanzata?" Non ci credevo davvero a quelle voci, ma mi piaceva vederla diventare rossa di rabbia.
"Ma la smetti con questa storia? Sei ridicolo. Non ho un fidanzato, nè una fidanzata. Non sono lesbica, lo sai meglio di me."

Sorrisi.
Alzò il capo verso il cielo, annusando l'aria.

"Puzzi anche di profumo femminile." Disse senza smettere di fissare la luna.
"Sono stato con una donna." Chiuse gli occhi, mordendosi di più il labbro inferiore.

"Perché sei qui?" Si voltò di scatto verso me.
"Perché mi hanno detto che dovevo parlarti. Che dovevo dirti cosa provo."
Non smise di guardarmi.
"E?"
Alzai un angolo di bocca, imitando un sorriso.
"E, beh, ci ho pensato tanto a cosa volevo dirti... Ce ne sarebbero di cose, ma mi limito a due cose."

Si sistemò meglio sulla sedia, abbracciando il suo busto con le braccia.

"Cioè?"
"Ti odio." Sbarrò gli occhi. "E voglio sapere perché."
"Perché cosa?"

Mi avvicinai a lei di colpo, abbandonando la mia posa da finto indifferente, e fermandomi ad un anelito dai suoi occhi.

"Perché mi hai lasciato?"
Le mancò il respirò.
"Perché hai rovinato tutto? Perché sei scappata?" Tentò di ridere con scarso successo.
"Sono quattro cose, non due."

Diedi un pugno al muro dietro la sua schiena. Kristen sobbalzò.

"Non cercare di fare la simpatica. Non ti riesce."
Deglutì.

"Io... Scusa."
"Non mi interessano le tue patetiche scuse. Dimmi perché. Ora." Scosse la testa più di una volta.

"Vai via, Rob."
"Vai via? Mi stai mandando via?" Guardarla negli occhi era così difficile. Cristo... Sembravano feriti.

"Sì, lo sto facendo. Non amo parlare con la gente ubriaca."
Risi. Risi sguaiatamente. Allontanandomi e buttando la testa all'indietro. Lei non parlava con chi era ubriaco... Oh beh, io ero perennemente ubriaco.

Smisi di ridere all'improvviso.

"E ci parli con chi è ubriaco per colpa tua?"
"Non è colpa mia se tu vivi di alcol."
"Oh sì che lo è. È sempre colpa tua, Kristen. Lo è da quando mi hai lasciato con un cazzo di biglietto, senza una spiegazione; hai idea di quanto fossi preoccupato?"

Continuava a negare.

"Capisci? Io, il fesso che era stato lasciato senza motivo, si preoccupava perché nessuno sapeva tu dove fossi. HO CHIAMATO UN CAZZO DI INVESTIGATORE
PRIVATO,
 DIAMINE!"
"Non urlare, non urlare. Ti prego non urlare." Stava piangendo. No, le sue lacrime ora non mi toccavano più.

"L'ho davvero chiamato quel tipo, capisci? Poi mi sono detto che se non volevi essere trovata dovevo assecondarti. Eri andata via, quindi mi odiavi."

"Non"
"NON STO URLANDO! TI STO SOLO DICENDO COME STANNO LE COSE, STRONZA! TI STO DICENDO CHE TI ODIO."
"Non"
"IO TI ODIO!"
"IO NO!"

Mi calmai. Avevo il fiatone, così come Kristen. Ero così stanco di combattere, di pensare per poi dire cose che le avrebbero fatto male.
Stanco di sentirmi vuoto. Io volevo sentire.
"Dimmi perché, Kristen. Dimmi perché hai deciso di buttare via tutto. Dimmi perché mi hai lasciato solo mentre tu eri chissà dove, chissà con chi.
 Dimmi perché mi hai costretto a
buttare quell'anello di fidanzamento che avevo nella tasca da due giorni; come uno stupido stavo
aspettando il momento giusto."


I suoi singhiozzi erano troppo forti per non essere sentiti.

"Se ti avessi chiesto di sposarmi mi avresti detto no? Non dirmi che saresti scappata il giorno delle nozze."
Tirò su col naso, asciugandosi le ciglia con i polsi.
"Sì." Leccò le lacrime dalla sua bocca. "Sì."
"Cosa 'sì'?" Deglutì.
"Ti avrei detto sì. Avrei accettato"

Io credevo di non avere rimpianti. I rimpianti li avevo sempre lasciati agli altri, ai personaggi dei miei film.
I rimpianti sono i peggiori nemici della vita di una persona.
Mai, mai ne avevo avuti.
Poi lei se n'era uscita con quella sillaba.
Con quella frase. Mi avrebbe sposato.
Se le avessi chiesto di sposarmi prima, se non avessi avuto questa assurda idea di aspettare il giorno giusto, Lei mi avrebbe detto sì.

Non sarebbe andata via.

E allora perché? Perché era andata via? Perché mi aveva lasciato? Perché non mi odiava?
Glielo chiesi.

Mi accostai a lei, di scatto, inginocchiandomi ai suoi piedi. Appoggiai il capo sul suo basso ventre.
Sentivo. Sentivo tutto.

I rimpianti, il cuore che batteva, i ricordi, la rabbia, la paura. Le sue braccia mi strinsero; le sue dita tirarono i miei capelli.
Sentivo l'amore, l'odio, i timori, gli sbagli, le cose giuste, i baci, gli abbracci, le parole.

"Ti avrei detto sì."

Sentivo i silenzi, le lacrime -mie, sue-, la musica, le notti passate a parlare, il profumo di cioccolato.
"E allora perché? Perché ci hai fatto questo?"
"Non lo so, Rob. Non lo so più nemmeno io."

Alzai il viso; mi sentivo i capelli bagnati. Aveva le guance scarlatte.
Portò le mani sui miei zigomi, accarezzandomi coi pollici. Fece combaciare la sua fronte con la mia, singhiozzò. Ci guardammo per lunghi istanti.

Avevo sempre amato i suoi occhi. Sempre.
E di più amavo fare mie ogni sfumatura di quel verde. Lo facevo spesso.

"Dimmi perché."
"Rob..."
"Dimmi perché. Dimmi perché ti odio. Dai una motivazione a tutto questo."
"Non posso."
"Perché mi fai questo?"
"Io... Ti prego Rob, ti prego." Sfiorai i nostri nasi, freddi entrambi.

"Dimmi perché."
"E tu non guardarmi così."
"Così come?"
"Come se mi amassi." Sorrisi.
"Io ti odio, non ti amo."
"Io non ti odio." La fissai a lungo.
"Ma non mi ami." Una nuova lacrima.
"Non guardarmi in questo modo."
"Se avessi un altro modo per guardarti, beh, credimi, lo userei."

"Sei così ubriaco."
"Sei così bella."

"Hai il profumo di un'altra donna addosso."
"Cancellalo col tuo."

"Non avvicinarti."
"Perché?"
"Perché non ti odio."

Uno sfioramento con le labbra. Il suo sapore appena accennato.
Respirò.

"Perché sei andata via?"
"Perché non ti odio."
"Perché non ti odio."

Ancora uno sfioramento con le labbra. Il suo sapore lieve.
Respirò un'altra volta.

"Perché sei andata via?"
"Perché non ti odio."
"Balle."

"Non baciarmi."
"Ma voglio farlo."
"Lo voglio anche io." Sospirai.

"Se mi avvicino ti lasci andare?"
"Se ti avvicini facciamo l'amore, Rob."

Mi avvicinai.

"Rimani con me stanotte. Stai con me. Tienimi con te, Kristen. Dimentichiamoci di tutto. Non mi interessa nulla di questi due anni.
Niente spiegazioni, niente parole. Solo io e te.
Vieni con me. Stai con me. Solo per stanotte. "


"Io non posso." La odiavo.

"DIMMI PERCHÉ MALEDIZIONE!"
"... Perché non ti odio, Robert."

Poi mi baciò. Le sue labbra sulle mie. Così dolci. Così belle. Così rosse.
Così mie.

Non la odiavo.
Non avrei mai potuto odiarla; perché era Kristen, perché era la donna della mia vita.
L'unica che avrei voluto sposare, l'unica che avrei voluto come madre dei miei figli.
Perché Hannah aveva ragione, chi si dona come ci eravamo dati noi, non si scorda.

Ci si rincorre, ci si lascia, ci si odia e ci si ama.
Ci si insulta e ci si bacia.

Lei si staccò.
Portò due dita sulle sue labbra.

Le sorrisi. Un sorriso triste.
Non mi odiava... Ma non mi amava.

"Vai via. Ti prego. Va via" Mi alzai asciugandomi il volto dalle lacrime. Le sue. Forse le mie.

"Lo capirò perché sei andata via. E quando accadrà, stai ben sicura che mi farò odiare."



POV Kristen.

Che poi ci ero abituata alla paura.
Ci ero abituata al senso di amaro in bocca.
Ci ero abituata a questo schifo di vita.
Ci ero abituata al batticuore, allo stomaco divorato.
Ci ero abituata all'insonnia.

Ma questa volta era diverso. La paura era così reale, tangibile... Era vera.
Lui era andato via. La paura era tornata.

Con un sms ed una frase.


"Io ti avevo avvertito, puttana."







Beh, non c'è molto da dire... Almeno da parte nostra. Lasciamo a voi la parola.
Come sempre, un bacio da parte nostra.
Helen & Rose.

 

   
 
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