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Autore: WrongandRight    16/12/2013    1 recensioni
Allen Walker è un ragazzo giovane cresciuto troppo in fretta che tende a nascondere tutto dentro di sé. A volte, più di altre, nelle rare giornate di calma, si ferma a pensare a quella che è la sua vita, alle sue emozioni e a vecchie parole del suo maestro con le quali si ritrova a dover confrontare la sua esistenza.
Partecipa al "Masochismo Contest"....attenzione...Spoiler!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Johnny Gill, Marian Cross
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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I personaggi sono opera della meravigliosa mente di Katsura Hoshino.
In questo capitolo si respira l'aria dell'Ordine...ho cercato di mettere in risalto questa sensazione di famiglia, seppur non gioiosa, che vi dovrebbe essere al suo interno.
Perché proprio vivendo delle grosse avversità loro sono uno dei gruppi più eterogenei e, al contempo, uniti che ci sia.
Spero possa essere di vostro gradimento. ^_^



~Past: Family~

 

Quello che Walker mai si sarebbe aspettato di trovare era lì davanti ai suoi occhi quella mattina.
Si era svegliato leggermente più tardi del suo solito, conscio della mancanza di missioni o di allenamenti o di servizi da rendere all'umanità. Sarebbe ripartito tra qualche giorno, questa volta insieme a Crowley, e aveva intenzione di godersi il riposo che la base gli donava.
Ormai quella era casa sua. Ma non poté non rimanere stupito quando, strofinandosi gli occhi ancora assonati, vide comparire di fronte a se un vassoio carico di Mitarashi Dango.
E con carico s'intendeva una piramide di notevoli dimensioni che sovrastava il suo letto.

Dapprima ebbe un po' di timore. Che Kanda gli avesse giocato qualche brutto scherzo dopo che lui gli aveva nascosto uno di quei cuscini-puzzetta sperimentati da Johnny?
Ma non avrebbe mai speso così tanto per un semplice scherzo. MAI.
 

Che il suo chef preferito, Jerry il fantastico, avesse sentito così tanto la sua mancanza da fargli arrivare quei deliziosi manicaretti? O voleva forse evitargli la fatica di doverlo servire all'ora di punta della colazione?

Non lo sapeva e forse non lo avrebbe mai saputo, ma poco importava. Quella visione gli scaldò il cuore e fece apparire sul suo volto un enorme sorriso, ridendo al pensiero del povero disgraziato che si era affaticato a portare tutto quel ben di Dio nella sua camera e grato per il suo gesto.

Senza pensarci un attimo si fiondò sul piatto, famelico.
Nemmeno 5 minuti per far rimanere sul vassoio solo gli spiedini...Cosa poteva farci se amava i Mitarashi Dango?

Si vestì lentamente, indossando la divisa nera ed argento che li contraddistingueva dalla gente comune, andò a lavarsi la faccia e prese con se il piccolo Timcanpy, che iniziò a svolazzargli intorno per poi posarsi sulla sua spalla destra.
 

“Non sarai arrabbiato perché ti ho mangiato tutto il cibo, vero? Sei un golem! Non ne hai bisogno!”
Rise mentre osservava la strana creatura mettere il broncio e sbuffare. Come potesse una macchina provare sentimenti e capire gli uomini rimaneva ancora un mistero per lui.

Stirò le braccia e la schiena e spalancò la porta della sua stanza.
Iniziava una nuova giornata all'interno dell'Ordine.

Dopo aver riportato il piatto nelle cucine, dove il buon Jerry lo accolse con uno dei suoi caldi abbracci e con la lista dei manicaretti per il pranzo, si diresse verso la sezione scientifica, sperando di trovare Johnny, o almeno Reever.
Era sempre così. La gente andava e veniva, in continuazione. Non poteva mai sapere chi vi fosse dei suoi colleghi..dei suoi amici, in quel luogo. Del resto andavano tenute sotto controllo tutte le sezioni e ultimamente gli attacchi degli Akuma si facevano sentire sempre di più; persino i generali erano stati richiamati al loro dovere. Ovviamente si erano fatti vivi tutti tranne il suo maestro, e sarebbe toccato a lui andarlo a riprendere. Al pensiero il ragazzo esalò un enorme sospiro.
Quell'uomo lo irritava. E figurarsi se c'era una persona così paziente da prendersi l'incarico di andare a cercarlo!
Dunque, nel dubbio amletico di non trovare i suoi colleghi, chi andare a cercare se non quei buontemponi della sezione scientifica? In realtà erano sempre a lavoro, ma come si divertivano loro non lo faceva nessuno! Komui poi ne combinava una diversa ogni giorno, non si poteva mai stare tranquilli! Ma questo era un bene. Ci metteva davvero tutto il suo impegno per risollevare il morale ai suoi dipendenti, che finivano per decimarsi giorno dopo giorno.

 

I suoi passi riecheggiavano per l'infinito corridoio, sempre affollato. La gente lo salutava allegra, riconoscendo in lui il nuovo salvatore.
L'Innocence che partorirà un grandioso distruttore del tempo.
Se fosse stato lui a sconfiggere il Conte...avrebbe gioito. E veramente questa volta. Avrebbe vendicato Mana e sarebbe stato libero di quel peso che lo ancorava al suolo, che gli attorcigliava le budella.

Ma quel giorno sembrava lontano come quelle persone attorno a lui, che erano lì ed era come se non ci fossero.

Nonostante la sua lieta mattinata Walker non poteva fare a meno di sentirsi un estraneo. Aveva vissuto tutta la sua vita per strada ed ora che aveva una casa...o quello che più le somigliava faceva fatica a distinguere il reale dal sogno, il materiale dalle creazioni della sua mente. E il suo occhio non aiutava certamente a semplificare la situazione.

Raggiunte le stanze dove i cervelloni esaminavano dati ed eseguivano calcoli, somiglianti più a simboli demoniaci che non a scritte umane, continuò a gironzolare in cerca dei suoi amici.

Amici. Quella parola gli suonava ancora così strana...così poco familiare. ..Tutta quella fratellanza lo aveva scombussolato e non poco. E adesso, loro erano diventati la sua droga.
Lui aveva conosciuto la depressione, l'oblio, la disperazione e, dopo che si erano affacciati su di lui quelle persone che gli infondevano affetto gratuito, non voleva più tornare indietro. Aveva paura a tornare bambino, aveva paura di tornare indietro, perché una volta conosciuta la felicità di condividere i propri pensieri e le proprie ansie con dei pari il passato sembrava una nuvola nera, una tempesta pronto ad assalirlo nuovamente. Ma lui era un giocoliere, era un pierrot, e camminare sul filo all'orlo del baratro era ciò a cui era abituato. Non per questo più facile, ma almeno un po' più tollerabile.

“Allen! Sono qui! Sei venuto per giocare a scacchi? Ho preso un po' di tempo libero apposta per te!”
Il giovane occhialuto che gli corse incontro sbracciandosi come un pazzo gli rivolse un caloroso sorriso a trentadue denti. Sembrava quasi portare il sole con lui quel giorno. Anzi, sembrava portarlo quasi tutti i giorni. Era sempre così sincero ed altruista che si riteneva fortunato a conoscerlo.

“Komui diventa ogni giorno più folle...ti ricordi del Komurin II? Sembra che il capo sezione sia dovuto andare a sabotare almeno altre due macchine come quella ed ha dovuto bruciare degli strambi progetti nella sua stanza..ma piuttosto, come va? Tutto bene?”

Johnny sapeva sempre come prenderlo per il verso giusto. L'aveva invitato a giocare a scacchi, gli aveva parlato di Komui, gli aveva chiesto come stava. Nessun cenno alle missioni, nessun cenno al lavoro, nessun cenno ai continui morti.

“Benissimo John! Stamattina ho trovato un piattone di Mitarashi Dango nella mia stanza, è stato un risveglio eccezionale!”
“E chi è stato?”
“Ottima domanda! E voi avete mai pensato a rinchiuderlo con una guardia dentro per farlo lavorare seriamente?”
“Non credo sarebbe fattibile...tanto inizierebbe a parlare al telefono con il nulla come al solito..”

I due proseguirono chiacchierando amabilmente del più e del meno intanto che si dirigevano in una delle sale comuni. Incontrarono Kanda, con il suo solito sguardo truce, che li snobbò pacatamente guardando dall'altra parte. Oramai non era una novità. Ognuno in quel posto sopravviveva come poteva ed ognuno aveva assunto delle caratteristiche particolari e peculiari tali da farli sembrare lunatici, strambi o, addirittura, sgarbati ad un occhio esterno. Loro invece, all'interno, avevano instaurato una sorta di equilibrio, di uguaglianza, per la quale vivano in condivisione di beni e di comune accordo....beh, quasi tutti. Kanda era il solito lupo solitario con problemi di egocentrismo, a detta di Allen, ma perlomeno era facilmente manipolabile da Maire e Tiedoll, che insistevano sul fatto che il giovane avesse in realtà un cuore d'oro.

Notando i vasi nel corridoio, Walker si ritrovò a pensare che più o meno era così che erano: dei vasi stracolmi dei più disparati fiori dai colori più diversi e, nonostante il contrasto di quei colori così diversi e la quantità sovrabbondante, belli da vedere, armoniosi alla vista.

Lo scienziato lo risvegliò dai suoi pensieri, a quanto pare erano arrivati e lui non se n'era accorto...doveva imparare a focalizzarsi di più, non poteva permettersi di essere così distratto, anche se...qui poteva essere se stesso, non un gentiluomo ma un quindicenne un po' troppo maturo.


Passarono il pomeriggio così. In maniera tranquilla, senza preoccupazioni se non quelle del cavallo che attentava alla vita del re o della torre impossibilitata dall'arroccare mentre l'altro schierava la sua apertura alla siciliana. Trascorsero le ore senza accennare a smettere e senza sentirsi annoiati. Fu alle 16 che Linalee li trovò là dentro, mentre ridevano della povera difesa che il maledetto aveva creato per il suo re. Li chiamò per andare insieme alla mensa anche se era presto perché “domattina dobbiamo partire, sarà bene salutare tutti finché sono liberi”.
I due la guardarono riluttanti, si stavano divertendo troppo per lasciare il loro tavolo da gioco. Johnny aveva assunto delle espressioni ridicole durante la partita che avevano deconcentrato il giovane e lui, per controbattere, lo aveva distratto con alcuni dei suoi trucchetti da baro del poker. Si erano fatti anche portare il gelato da Tup e da Numero 65, praticamente schiavizzandoli, ma questi erano dettagli trascurabili.
Però era vero che sarebbe dovuti andare a salutare tutti....insomma chissà quando le missioni avrebbero riportato all'Ordine tutti gli esorcisti e gli assistenti di campo...se fossero tornati, ovviamente.
Difatti ogni saluto somigliava quasi ad un addio..ma la gioia di ritrovarsi, quella era ciò che tutti attendevano. Una piccola festa che si trasformava in baraonda e dove non vi era posto per le lacrime ma soltanto per gli abbracci.
Così si ritrovarono tutti lì, nella grande sala da pranzo. I tavoli addobbati a festa e tonnellate di dolci. Il quantitativo di zucchero era sufficiente a rendere tutti diabetici, non che a qualcuno importasse, tanto c'era fin troppo da muoversi e da consumare.
L'allegrissimo volto di Komui si fece largo tra di loro facendo il rituale saluto a chi partiva e d'incoraggiamento al lavoro a chi rimaneva. La sua capacità di fare il buffone in qualsiasi momento alleggerì notevolmente l'atmosfera.

Ed Allen si sentì bene. Come raramente gli era successo. Perché erano tutti disperati lì dentro. Tutti uguali.
 

Chi perde la propria ragione di vita cerca finché non trova qualcun altro che abbia il suo stesso dolore.
 

Avevano perso tutto e per questo ogni minimo gesto, ogni sorriso, ogni parola non detta valeva più di mille parole, di saggi e di poesie; per loro la vita e la felicità erano questo: sapere di esserci e di sostenersi anche se se erano dall'altro capo del mondo, anche nelle situazioni più impervie, sia nel dolore che nella noia, nella felicità, nelle drastiche decisioni. Un'unica massa più splendente del giallo sole nel cielo.

E si potevano permettere di tutto. Persino insultare Kanda e mettergli addosso una parrucca in stile afro mentre non guardava...o aggiungere ingredienti strani alla sua amatissima soba. Se ci fosse stato Lavi probabilmente avrebbe escogitato qualche malvagio piano per spiare le ragazze dell'Ordine o per rinchiudere nello sgabuzzino Bookman.

Alla fine dei festeggiamenti la stanza sembrava più un campo di battaglia con tutte le bottiglie sparse sul suolo, i tavoli ingombri di avanzi di cibo e di gente accasciata su di essi e di persone deliranti. Per assurdo l'unico rimasto completamente sobrio era proprio quel folle di Komui...ciò significava che lui era perennemente ubriaco?

Chissà...non si poneva molte domande il giovane che tornava nella sua stanza con la testa leggera e desideroso di buttarsi sul letto e sulle calde coperte. Alla fine aveva ceduto anche lui alla tentazione dell'alcool spinto da niente popò di meno che Crowley, cosa che l'aveva lasciato alquanto scioccato.
 

Era stato tutto così luminoso che faticava a crederci.
Quando tolse la divisa per andare accoccolarsi sotto le lenzuola guardò lo stemma che vi era ricamato sopra. A lui sembrava davvero come una stella luccicante. E quando erano insieme erano proprio così: una stella viva e brillante capace di illuminare tutto con la propria sola energia.
Si addormentò cullato dai suoi pensieri.

Quella notte Mana non sarebbe comparso nei suoi sogni, gli incubi poteva lasciarli ad un'altra notte.

 

   
 
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