Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |       
Autore: WrongandRight    16/12/2013    1 recensioni
Allen Walker è un ragazzo giovane cresciuto troppo in fretta che tende a nascondere tutto dentro di sé. A volte, più di altre, nelle rare giornate di calma, si ferma a pensare a quella che è la sua vita, alle sue emozioni e a vecchie parole del suo maestro con le quali si ritrova a dover confrontare la sua esistenza.
Partecipa al "Masochismo Contest"....attenzione...Spoiler!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Johnny Gill, Marian Cross
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buondì a tutti! Questa ff è nata appositamente per un Contest, molto particolare e per il quale ringrazio la creatrice, visbs88, (che ha avuto molta pazienza con me U_U e, soprattuto, grazie alla quale ho potuto pubblicare una storia del genere a cui forse mai avrei pensato).
La particolarità stava nello scegliere un pacchetto carico di Prompt e crearci una storia. E' stato molto divertente dal mio punto di vista, quindi sono felice di aver partecipato.

Come al solito: i personaggi appartengono agli aventi di diritto, Katsura Hoshino in questo caso.
La ff è divisa in tre capitoli, di cui il secondo ed il terzo sono legati al primo, ma non strettamente tra loro.
Spero che il racconto possa in qualche modo interessarvi e, naturalmente, sono apprezzati tutti i commenti del caso! xDD

Dunque....buona lettura! ^_^




Stelle Buie





~Present: In trap~

La prigione in cui il giovane esorcista si trovava era stretta e buia.
La prigione in cui lui ed il suo amico erano chiusi era umida, fredda ed isolata dal mondo.
Le crepe nei muri facevano pensare ad una qualche possibilità di fuga, ma la verità era che nemmeno la sua Innocence poteva farlo uscire da lì.

Una finestrella, accuratamente chiusa da una grata di ferro, lasciava filtrare i raggi della tenue luna che candida cullava la notte. Ignara di quel che accadeva sotto di lei ed allo stesso tempo cosciente di tutto.
Gli innaturali capelli bianchi del ragazzo spiccavano in quell'angusto spazio, dove il tempo sembrava perdersi nel nulla, ed i suoi occhi, resi languidi dalle lacrime mai cadute e dal dolore represso e nascosto dalla sua sorridente maschera di gentilezza, vagavano nel nulla, cercando pace nel suo spirito.
Quella luna color latte nel mezzo del cielo senza stelle fece sobbalzare il suo stanco cuore. Una notte come quella l'aveva già vissuta, molti anni prima. Era sfocata nella sua memoria... Si poteva più definire un ricordo d'infanzia che non un vero brandello della sua storia.

Tese la mano quasi a voler fermare quel momento che tentava di scivolare via.
Ma, man mano che si concentrava sui tenui raggi e sull'aria che passava loro attraverso, chiazze di colore facevano la loro comparsa nella sua mente. Un velo di malinconia scese sulla sua figura ancora non cosciente di ciò che stava andando a ripescare in quegli antri bui. E ricordò: di quella sera... Del suo maestro... Tanto tempo prima...



“Muoviti moccioso!”
La voce del maestro Marian Cross era imperiosa, decisa. I suoi occhi infuocati guardavano il bambino che dietro di lui arrancava il passo a causa del freddo e della lunga camminata che avevano affrontato. Certamente il ribelle generale non aveva intenzione di rallentare il passo, di fermarsi o di aiutare la piccola creatura dietro di lui.
Una missione? Un allenamento speciale? Un presagio?
Niente di tutto ciò. Semplicemente voleva togliersi i creditori dalle calcagna e sparire prima che la polizia locale chiedesse di lui in tutte le bettole della città.
“Ma... Maestro! Io non ce la faccio più! Non possiamo fermarci due minuti? La prego...”
Il visino dolce ad affaticato della creatura per poco non fece crollare la determinazione dell'uomo. Per poco.
“Allen, smettila di fare il bambino insolente e muovi quei piedi! Non abbiamo tempo da perdere!”

Il piccolo mise il broncio, gonfiò le guance e piantò i piedi al suolo. Non si sarebbe mai permesso di farlo con nessun altro. Era un bambino gentile lui. Rispettava sempre gli altri e soprattutto gli adulti, come gli aveva insegnato Mana. Ma quell'uomo proprio gli dava sui nervi! Non si curava minimamente di lui, eppure era costretto a seguirlo! È vero, gli aveva salvato la vita... Ma con questo? Non poteva prendersi tutte le libertà del caso!

 

“No! Io sono stanco! E non morirò per colpa dei vostri stupidi giochi d'azzardo!”
“Ragazzino insolente! Lo sai quanti anni hai? Non dovresti parlare così ad una persona molto più anziana di te!”
Il bimbo tirò fuori la lingua e fece una sonora pernacchia allo scommettitore incallito.
La scena sarebbe potuta risultare comica se non si fosse svolta dopo lo scoccare della mezzanotte, in una stradina sterrata deserta e completamente al buio. Ed accanto ad un vecchio cimitero.
L'ira dell'esorcista fu diretta ed inaspettata.
“Come ti permetti?! Mana non ti ha insegnato l'educazione?! Sarebbe sicuramente disgustato dal tuo comportamento!”

Gli occhi di Allen si inumidirono e un piccolo singhiozzo percorse il suo corpicino mentre con voce fievole chiedeva scusa. Al ricordo del suo padre adottivo ed al pensiero che lui potesse essere deluso dal suo comportamento, tutte le sue lamentele cessarono. Abbassò il capo e iniziò a camminare. Dimenticò quindi del prato fiorito che avevano oltrepassato qualche minuto prima ed andò ad affiancare l'uomo.
Questi, intanto, si era accorto della durezza delle sue parole. La rabbia aveva parlato per lui ed aveva inferto quel colpo all'anima sofferente che ora gli si avvicinava. In fondo anche lui non avrebbe voluto parlare di Mana... La sua morte era ancora tabù. O quasi.
Guardò in giù e, dopo essersi acceso un sigaro, fece crollare la sua boria. Per quella sera poteva anche fingersi padre.

 

“Lascia perdere mammolletta. Tanto, come minimo, ti accascerai al suolo tra qualche minuto, quindi è meglio se facciamo una pausa ora.”

 

Voltò le spalle al bambino ed iniziò a camminare in direzione opposta a quella che stavano seguendo precedentemente. Affiancò il tetro cimitero e andò avanti.
“Seguimi. Non stare lì impalato, o prenderai freddo.”

 

I due tornarono indietro di qualche metro. Proprio lì. Proprio al prato fiorito di prima, una distesa di ciclamini e crisantemi che combattevano contro le temperature ormai quasi invernali.
Allen Walker non credeva a quello che stava accadendo. Il suo mentore gli aveva accordato una pausa e, per di più, lo stava portando lì dove voleva lui. In mezzo ai colori un po' sfumati dal buio delle piante... In mezzo a quella calma che il suo cuore anelava. Tra il rosso della passione, il giallo della conoscenza, il rosa della vitalità ed il cupo viola del pensiero. Dove tutto si univa alla lattea luce lunare ed al nero dell'oblio. Vide il suo maestro sedersi appoggiato ad un albero, e lo seguì.
Lo imitò e si mise affianco a lui, a qualche decimetro di distanza per non provocare la sua ira. Era un tizio capriccioso, il suo maestro.
Ma era felice di essere lì, con lui. Il suo salvatore che l'aveva tolto dalla strada e che, anche se in maniera un po' dubbia, si era preso cura di lui.

 

Dopo qualche attimo di esitazione, in cui i due si godettero l'aria della notte e rilassarono i muscoli affaticati, Marian, soffiando via il fumo che gli raschiava la gola, guardò in alto e si rivolse all'allievo.
“Allen..ti sei mai chiesto... Ti sei mai chiesto perché esistono le stelle?”
Un vento freddo accarezzò i volti dei due e riportarono il silenzio interrotto da quei pensieri.
Aveva paura a rispondere. Chissà dove voleva andare a parare...

E poi lui... Ci aveva mai pensato? No. Onestamente no.

“No, maestro. Non ci ho mai pensato.”
“E adesso, cosa ne pensi?”

Passò ancora qualche attimo di silenzio.

“Penso che siano lì perché l'universo è nato così. Non deve esserci un perché, no? Sono semplicemente degli oggetti luminosi nel cielo.”
“Quindi non credi che possano essere stati messi per guidare l'uomo nelle notti buie?”

Il ragazzino meditò un po' su quelle parole per poi dare la risposta nella maniera più semplice ed onesta che riuscì a dare. Era complesso esprimere i propri pensieri in maniera semplice, soprattutto se lo facevi per farti capire da qualcun altro... Non era abituato a dar voce a ciò in cui credeva.

“Sinceramente... Non saprei. Sono lì. L'uomo le usa per orientarsi, per vedere nella notte. L'uomo le usa per consolarsi quando è triste, per passare una serata con la persona amata...ma...ma le stelle non lo fanno per loro. Lo fanno perché è la loro natura, lo fanno perché sono nate così.”

Sentì una mano poggiarsi sul suo capo e scompigliargli i capelli. Il dolce e caldo tocco dell'esorcista diffuse un po' di tepore nel suo animo, quel tepore di chi si sente, almeno un po', accettato dal suo vicino. Il tepore di non sentirsi sempre nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

“Dunque se una di essa morisse... Cosa succederebbe?”
“Se una stella morisse?”
“Sì. Se una stella morisse. Se una stella diventasse buia e si confondesse col cielo.”
“Una stella buia?”

Il bambino scostò lo sguardo dal cielo e guardò in basso, verso l'orizzonte. La fronte corrucciata, di chi sta seriamente pensando alla domanda appena fattagli. Il vento agitava i suoi capelli color della neve e, dato il gelo, si poteva dire che la neve stesse per arrivare. Il fumo del sigaro del generale Cross si mescolava a quel vento e creava disegni strani, grigi e volubili, morenti il secondo dopo che erano nati.

 

“Be'... Penso che qualcuno ci farà caso... Ma non tutti. Ad alcuni dispiacerà, ma andranno avanti, continueranno a camminare. Continueranno a guardare le altre, di stelle. Per sognare non è necessaria per forza quella stella.”

 

Guardò il volto del mentore che, invece, guardava il vuoto.

 

“Agli uomini non importa che quella stella sia morta. A loro interessa l'utilità generica delle stelle, il significato generico delle stelle. Non la singola. Però... Quella stella buia avrà svolto il suo lavoro. Avrà brillato, avrà guidato tante persone ed ora andrà a riposarsi!”

Il volto di Allen si aprì in un grosso sorriso pronunciando quelle parole. Se non fosse stato così egoista da chiedere il ritorno del suo padrino, ora egli sarebbe tra le stelle, in pace. E forse in parte lo era, dopo averlo maledetto.
Marian si voltò verso di lui, lo guardò negli occhi e disse qualcosa che il piccolo non si sarebbe mai immaginato di sentire.

 

“Hai ragione. Sei buono Allen. Sei buono e saggio. Ricordati ciò che hai detto oggi, perché noi siamo come quelle stelle lassù nella volta celeste. Noi combattiamo per gli umani, li salviamo, ma non dobbiamo essere ringraziati per questo, non dobbiamo essere ricordati. Il nostro compito è quello di illuminare loro la strada e... E se un giorno dovessimo morire, pazienza! Il nostro compito l'abbiamo svolto, ed anche se nessuno le ricorderà il segno l'abbiamo lasciato e possiamo andarcene col cuore in pace”

Il giovane esorcista guardò la figura dai capelli rossi come il fuoco accanto a lui, guardò quella figura che stava bisbigliando nell'oscurità che forse aveva più paura di lui a rimanere da sola, e per un attimo giurò di aver visto passare la stanchezza nei suoi occhi. Il fuoco del sigaro faceva risplendere il suo volto che ora sembrava più pallido e più vecchio del normale.

Un sospiro uscì dalle sue labbra e poi, riprendendo il tono severo che gli apparteneva, anche delle parole.

“Andiamo, sfaticato. Abbiamo perso fin troppo tempo. Non vorrai che i creditori tornino ad inseguirmi, spero? Anche perché li lascerei nelle tue mani!”
Una risata triste sfuggì alla gola dell'uomo che intanto si era alzato e aveva ripreso a camminare.
Il bambino raccolse un fiore, un crisantemo giallo, e lo nascose nella giacca del giubbotto. Si alzò anche lui e trotterellando si mise nella scia del fumatore. Non voleva di certo finire a dover sistemare i casini di quel folle! Lo vide gettare il sigaro a terra e spegnerlo con la scarpa. Seguì i suoi movimenti e si addentrarono nella notte.


Avrebbe dovuto dirglielo allora. Non aveva capito esattamente di cosa stesse parlando Marian, quel giorno. Non aveva capito quanto importanti potessero essere quelle stelle buie.
Probabilmente anche lui stava diventando una di esse... Nessuno lo avrebbe più considerato un portatore di pace. Sarebbe morto. E se non fisicamente almeno nello spirito.
Avrebbe dovuto dirglielo che anche se una stella scompare il suo segno rimane. E se anche gli uomini non ne hanno memoria, le altre stelle ricordano tutto. Ricordano chi è scomparso e lo piangono e ne sentono la mancanza... Percepiscono quel vuoto... Quella mancanza di massa generatrice di attrazione gravitazionale che tiene unite le terre nel cielo.
Non era mai stato bravo con la scienza, quello era campo di Komui, ma era sicuro che queste stelle buie potessero avere effetti devastanti su quelle ancora accese...

Avrebbe voluto dirglielo al suo maestro che per lui era un secondo padre. Che per lui era una guida, nonostante fosse stato trattato come l'ultima ruota del carro.

Quella luna bianca, quella luce che ora era accecante per il peso che riportava nella sua memoria e sulle sue palpebre stanche... Era sicuro che Cross fosse lì, su quella luna, a vegliare su loro. Voleva sperarlo.
 

Una calda lacrima scorse sul viso del ragazzo maledetto. Un brivido freddo lungo tutto il corpo che niente aveva a che fare con l'umidità della cella.
In trappola, chiuso tra mura di pietra e mura di dolore.

Ringraziò di essere solo per poter sfogare la sua disperazione, senza maschere e senza pudore.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: WrongandRight