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Autore: Mady    13/05/2008    2 recensioni
Vento. Le onde infrante sul bagnasciuga. Profumo di salsedine. Granelli di sabbia danzanti che si propagano verso l’orizzonte. Oceani sconfinati. Una ragazza dai lunghi capelli mossi, dorati tendenti al rosso e qualche lentiggine, ricordo di un’ infanzia vicina ormai abbandonata, gli occhi cerulei socchiusi dal vento. Laila è lì, che passeggia sulla spiaggia immensa e deserta.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bellezza della Notte

BELLEZZA DELLA NOTTE

Vento. Le onde infrante sul bagnasciuga. Profumo di salsedine. Granelli di sabbia danzanti che si propagano verso l’orizzonte. Oceani sconfinati. Una ragazza dai lunghi capelli mossi, dorati tendenti al rosso e qualche lentiggine, ricordo di un’ infanzia vicina ormai abbandonata, gli occhi cerulei socchiusi dal vento.  Laila è lì, che passeggia sulla spiaggia immensa e deserta. I capelli intrecciati dagli insistenti soffi che sembrano quasi volerle fare un dispetto. Sola. Piccoli getti d’acqua le accarezzano le caviglie facendola rabbrividire. È novembre, e l’aria gelida che le punge il viso l’accompagna, e lei la lascia fare, quasi voglia farsi guidare da questa.  non ha voglia di decidere dove andare, per questa volta sarà il vento a portarla. Chiude gli occhi. Ovunque va bene. Non  le interessa . vuole solo lasciarsi andare e dimenticare tutto per un’ attimo, per un’ attimo, vuole essere tutt’uno con quell’aria, quella sabbia, quelle onde insistenti che continuano a sbatterle contro e impregnare il suo corpo di salsedine. Prova ad afferrare l’aria intorno a lei, sposta un po’ di sabbia volteggiando tra i piccoli granelli,corre …

Un suono metallico, sconosciuto, estraneo a quel meraviglioso ecosistema infrange la poeticità creatasi intorno. È  il cellulare. Quel maledetto cellulare. Si era quasi dimenticata di averlo totalmente immersa in quel magnifico sogno ad occhi aperti.  Un messaggio. Non vuole vederlo. Quella stupida suoneria, che le era sembrata tanto simpatica quando l’aveva scelta, l’aveva svegliata, resuscitata da una trans tanto meravigliosa, un riposo tanto agognato …  Quell’ultimo mese era stato difficile, troppo per una ragazza di soli sedici anni. Troppe cose erano successe, cose che andando avanti, perdevano e prendevano importanza.  La scuola era già da un po’ che non funzionava, era diventato tutto così strano, insignificante. La sua concentrazione era calata, non prestava più attenzione, era totalmente estranea a quello che succedeva in classe. ma per questo c’era un motivo, un motivo ben preciso e più che sufficiente per giustificarla. Tutti avevano pensato che fosse stato a causa di Luca, che lei amava tanto, e che l’aveva inspiegabilmente lasciata. No, non era quello.  Quel verme l’aveva un motivo. Un motivo, per il quale non l’avrebbe mai perdonato. La scuola non aveva più senso perché tanto non avrebbe potuto finirla a causa di quella creatura che stava crescendo nel suo grembo, che respirava dentro di lei e che,  lo sapeva, ormai da settimane la sentiva piangere la notte nel suo letto, sovrastata dall’incubo del suo futuro. Era passato un pò di tempo prima che riuscisse ad accettarlo. Era stata forte. Aveva deciso che c‘è l’avrebbe fatta, che non aveva bisogno di lui, era riuscita ad illudersi nella convinzione che sarebbe andato tutto bene … non l’avrebbe mai voluto, le dispiaceva così tanto per quello che aveva fatto …

Aveva deciso di affrontare i suoi, di renderli partecipi di quell’ orrenda benedizione … non voleva che succedesse, aveva sperato fino all’ultimo che fosse solo un brutto sogno, un incubo che sarebbe scomparso appena aperti gli occhi … Un giorno era tornata a casa, dopo quella scuola che ormai non significava più nulla, e ,con voce ferma e le lacrime agli occhi aveva detto “sono incinta” . la notizia era piombata nella vita di tutti metallica, come pronunciata da una voce esterna e inespressiva; parole emanate da un narratore onnisciente e stanco, non curante di ciò che era appena stato detto perché già consapevole.  Un fulmine era arrivato in quel bel cielo azzurro e si era scagliato direttamente sull’albero che lei più amava. Quello che l’aveva nutrita e protetta e che più di tutti le aveva dato amore … Abbattendolo.  Sua madre giaceva lì, sotto i suoi occhi, inerme. L’avevano portata in ospedale. I medici aveva detto che aveva avuto un infarto, probabilmente a causa della scioccante notizia. Era entrata in coma e le sue condizioni andavano peggiorando giorno per giorno. Era colpa sua, sua e di quel mostro che si nutriva di lei e che tanto amava. Era troppo. Non riusciva a sopportarlo. Sapeva di essere stata egoista. Ma era davvero così ignobile che avesse cercato un luogo in cui poter restare sola? I sensi di colpa la attanagliavano, a volte, anche respirare era diventato difficile. sapeva che avrebbe dovuto rimanerle vicino, ma non c’è la faceva. Ne aveva veramente bisogno. Stare lì, da sola. senza centinaia di occhi che la fissavano, consapevoli del suo peccato ormai diventato evidente;  senza parole che la riguardavano e che esprimevano il loro giudizio, che la punivano o la assolvevano falsamente per ciò che aveva fatto. Un posto dove non avrebbe udito neanche il suo respiro … ed ora eccola qui, in quel luogo disperatamente cercato, dove aveva dimenticato tutto, dove il suo respiro era diventato un tutt’uno con il vento … Riportata bruscamente alla realtà. Non aveva letto il messaggio, sapeva già cosa c’era scritto,

                                                                                       -è morta-.

 Si era semplicemente limitata e lasciare scivolare il cellulare dalle mani …

 Eccola, guarda avanti. Il cellulare continua a squillare tra la sabbia. Richiude gli occhi e si tocca istintivamente la pancia. Chiede scusa. Scusa per quello che ha fatto. Scusa per quello che sta per fare . si abbandona nuovamente alla brezza marina e segue le onde che le accarezzano ormai le ginocchia cantando una ninna nanna. Una lacrima le attraversa il viso, le scivola sulle labbra intrise di salsedine e si ferma li, salta e indistinguibile dagli schizzi portati dal mare in tempesta.  “Non preoccuparti Amateia. Andrà tutto bene” . così dicendo si lega per sempre con quell’elemento che ha tanto amato. Nessuno, ora, avrebbe più potuto svegliarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un lento battito, pareti bianche e odore di candeggina. Cos’è il paradiso? No, non è possibile, il paradiso non può odorare di candeggina. Laila si guarda meglio intorno, deve ancora riprendersi del tutto, è … è  in un ospedale. Non ci crede. Com’era potuto accadere? Aveva detto addio a quella vita, addio per sempre, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di niente e invece eccola lì, incredula sopra un letto d’ospedale.

Ad un tratto sente delle grida da quella che dovrebbe essere una stanza adiacente o forse un corridoio:

“ Ma io voglio sapere come stà!”

“E’ un parente?”

“No ma…”

“Allora non può entrare, mi dispiace”

“Senta io ho salvato quella ragazza dall’annegamento. Non so chi sia nè se sta bene, se ha un posto dove stare. Lei deve cercare di capire, l’ho quasi vista morire tra le mie braccia”

Una piccola pausa, un secondo di silenzio. Chi era quell’uomo? A quanto pare era stato lui a salvarla, perché? In quell’attimo la testa della ragazza fu invasa da mille domande. Non aveva sentito il sospiro disperato affranto del suo salvatore che stava ricominciando a parlare.

“Io ho bisogno di sapere come sta, la prego è incinta è giovane” si stava parlando di lei “non me lo perdonerei mai se morisse”

Chi era?? Perché l’aveva salvata? A lui cosa importava della sua inutile vita? Basta. La testa iniziava a farle male. Doveva vederlo, vederlo e porgergli tutte quelle domande, era l’unica soluzione.

 

  
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