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Autore: berenis    16/12/2013    3 recensioni
«Papà, mi racconti ancora la tua storia?»
«Ancora? Ma sarà la decima volta che la ascolti!» mia figlia mi tira per la manica della giacca invitandomi a sedere sul divano accanto a lei.
«Ti prego, mi piace tanto» continua con la sua vocina e quegli occhi da cerbiatta che ogni volta m’impediscono di dirle di no.
«E va bene! Però questa volta comincerò da quella famosa estate…»
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 7.


Passò un po’ di tempo dall’ultima volta che ero stato al Sant’Angelo Village.
Smisi di andarci quando morì Arianna.
A vent’anni cominciai ad andare all’università e decisi di volermi laureare in letteratura solo per lei, anche se non lo avrebbe mai saputo.
Studiando i vari autori più importanti mi resi conto di capire perfettamente quello che provava Petrarca alla morte di Laura: i colori, gli odori, i suoni, qualsiasi aspetto della primavera non mi trasmettevano più le stesse sensazioni poiché la mia era Arianna, ma lei non c’era più.
Mi sentivo vicino e simile a lui, condividevo le sue sofferenze, con la differenza che anziché piangere disperatamente come facevo io, lui scriveva poesie meravigliose.
Quando non studiavo, lavoravo nel bar che c’era vicino casa mia.
Erano tutti molto carini, specialmente la figlia del proprietario, Eleonora, un anno più piccola di me, che sembrava apprezzare particolarmente la mia compagnia.
Anche a me faceva piacere stare con lei, dovevo ammetterlo.
Una mattina le chiesi di uscire e lei mi rispose di sì senza esitare, come se non stesse aspettando altro.
«Sabato sera?» le domandai.
«Va benissimo.»
«Ti passo a prendere alle otto?»
«Perfetto» mi rispose sorridendo e mi diede un bacio sulla guancia per poi sparire dietro al bancone.
Il mio turno era appena finito, così ripiegai il grembiule, lo riposi nell’apposito spazio e tornai a casa.
Smisi di abitare con i miei genitori l’anno precedente. Mi trasferii a Venezia.
Sara però volle venire con me. Diceva che senza una figura femminile non ce l’avrei potuta fare, specialmente senza di lei. Egocentrica. Però le volevo bene e mi era stata davvero molto vicina nel periodo seguente la morte di Arianna e anche dopo.
Il nostro rapporto migliorò molto, il che mi faceva piacere.
Quel giorno, quando tornai a casa la trovai ai fornelli che cucinava qualcosa, e non appena mi vide entrare mi chiese sorridendo: «Che è successo?»
“Possibile che non le sfugga mai niente?” pensai.
Risi e scossi la testa. «Ho chiesto ad Eleonora di uscire» ammisi rassegnato, sapendo per certo che se anche non lo avessi fatto, lo avrebbe capito ugualmente.
Lei mi guardò, sgranò gli occhi e lasciò quello che aveva in mano sul piano del lavandino per precipitarsi ad abbracciarmi emettendo stridolii di gioia.
«Sei contenta, ho capito» dissi ridendo.
«Moltissimo» rispose per poi tornare ai fornelli.
I giorni che precedevano l’uscita di sabato furono un’agonia, e quando quella sera arrivò, il mio corpo era un fascio di nervi.
La cosa buffa era che non capivo perché.
Fui sotto casa di Eleonora alle otto in punto, e quando suonai il campanello venne ad aprirmi sua madre, che si complimentò con me per il mio abbigliamento elegante.
Quando vidi arrivare Eleonora rimasi di sasso. Strizzai gli occhi per capire se stessi sognando o meno, ma quando mi sfiorò il braccio mi resi conto che era proprio la realtà.
Era bellissima, con i capelli quasi biondi e ricci raccolti da una parte e una ciocca lasciata libera che le ricadeva delicatamente su un lato della fronte.
Gli occhi verdi risaltavano col trucco non eccessivo che si era messa, e il suo corpo era coperto da un vestito celeste stretto attorno al busto e più morbido sui fianchi, fino a metà coscia. Indossava anche i tacchi, neri come i braccialetti, la collana e la piccola pochette che teneva tra le mani.
Non era di certo così che la vedevo tutti i giorni al bar.
«Sei bellissima» le sussurrai sorridendo.
«Anche tu» mi rispose, e salimmo nella mia macchina.
Non ero granché certo di quello che stavo facendo, ma lei mi infondeva sicurezza e tranquillità.
Stavo finalmente bene dopo tanto tempo in cui non avevo fatto altro che soffrire.
Sapeva già da prima di Arianna. Le avevo raccontato tutto e ogni tanto era perfino lei, a lavoro, durante la pausa pranzo, a chiedermi qualche notizia in più.
Sapeva quanto ero stato male ed ero certo che lei non me ne avrebbe mai fatto.
Quella sera fu fantastica e, dopo averla baciata, ci tenni a precisare una cosa.
«Eleonora, tu mi piaci veramente tanto e sono felice di averti incontrata e di essere qui con te stasera, ma se davvero mi vuoi, credo tu debba convivere col fatto che non dimenticherò mai Arianna e il mio cuore, in parte, apparterrà sempre a lei. Credo tu abbia scelto la persona sbagliata con cui cercare di essere felice» le dissi sincero.
«No. Arianna ci è riuscita. Lascia provare anche a me» mi rispose.
E così feci. Riuscii ad innamorarmi anch’io, ma il mio cuore sapeva che per quanto potessi amarla, non sarebbe mai riuscita a sostituire Arianna.
Lei era il ricordo di un amore senza fine.
 
Dopo tre anni di convivenza decidemmo di sposarci.
Alcuni mesi dopo il matrimonio lei scoprì di essere incinta.
Eravamo giovani ma ci sentivamo pronti a costruire una famiglia insieme.
Diventare padre fu la cosa più bella ed emozionante della mia vita.
Nacque una femmina, il ventuno aprile, in piena primavera.
Ora la nostra bambina ha cinque anni. Ha un viso dolce contornato da mossi capelli castani e gli occhi verdi come quelli della madre, mentre molti dicono che abbia la mia stessa bocca.
È solare, allegra e bellissima.
Il suo nome è Arianna. 
 
 
«Ma dov’è l’altra Arianna, papà?»
«Queste sono cose che nessuno sa, piccola mia. Ma credo che sia un po’ dentro di me e anche dentro di te» le rispondo.
«Davvero?» mi domanda ancora alzando la testa e guardandomi.
«Sì.»
«Ma io ti ricordo lei almeno un po’?»
Annuisco. «Perché me lo chiedi?»
«Perché così se anche lei non c’è più ci sono io al suo posto e io sono qui, quindi anche lei lo è. Non piangere papà» dice con quell’innocenza che solo i bambini sono in grado di avere, e io non posso far altro che stringere forte mia figlia ed amarla ancora di più perché lei è la forza e la primavera che mi erano state portate via e che credevo di aver perso per sempre.
 


The end.


 

Ciao a tutti.
Dunque, siamo arrivati alla conclusione. È la prima storia che inizio e che riesco anche a finire. Come vi ho già detto, questa è stata molto corta poiché in realtà è un racconto non una vera storia o una fanfiction.
Questo racconto verrà pubblicato entro un mese o poco più sulla rivista online bibliomanie.it (scorrendo verso il basso, nella sezione "narrare").
Sono al settimo cielo :')
Beh, ci tengo a ringraziare le persone che hanno letto e recensito, e anche quelle che hanno letto e basta, che sono rimaste in 'silenzio'.
Mi auguro che vi sia piaciuta e spero di aver toccato un pochino i vostri cuori.
Grazie mille,
alla prossima,
v.

ATTENZIOOONEEEE! FINALMENTE QUESTO RACCONTO È STATO PUBBLICATO ANCHE SULLA RIVISTA ONLINE DI CUI VI PARLAVO! PER CHI VOLESSE, L'INDIRIZZO È QUESTO.
Prof, anche se non può leggere, sappia che la amo con tutto il mio cuore. GRAZIE. 

 
   
 
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