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Autore: Romioneisnice    16/12/2013    1 recensioni
"Un sorriso mi increspò le labbra.
Esiste davvero il lieto fine.
Forse aveva ragione Emily.
Il mondo in realtà è un bel posto dove vivere."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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p.o.v Winter

quando mi svegliai Harry era già in piedi, si stava vestendo.
"Ehi." dissi io.
"ehi." rispose lui allacciandosi i pantaloni.
Venne verso di me e mi diede un bacio sulla fronte.
"oggi dovrai sistemare le cose con Josh." disse cercando la sua maglietta.
La luce veniva soffusa dalla finestra e il suo corpo atletico era illluminato come una scultura greca.
"In che senso?" chiesi.
"bhe. Devi dirli che tu sei mia." disse lui tranquillamente.
Dovevo ancora abituarmici.
Ad essere di qualcuno.
Ad essere di Harry.
"mi sono comportata così male con lui." mormorai, ricordandomi che l'avevo usato per far ingelosire Harry.
"ti perdonerà." disse lui prima di uscire in corridoio.
"Ehi Harry, dove vai?" urlai con una nota di panico nella voce.
La testa riccioluta ricomprave immediatamente: "Tranquilla, cucciola, vado a prendere la colazione. Torno subito." un sorriso mi increspò di nuovo le labbra.
"Harry..." cominciai, ma lui non mi fece finire.

"se vuoi possiamo andarci insieme..." disse lui quasi deluso.
"No,no. Sai posso stare cinque minuti lontana da te. Solo... non chiamarmi più cucciola, d'accordo?" chiesi dolcemente.
Lui sorrise: "Ok, Win."
stava per scomparire di nuovo quando lo richiamai: "Però non metterci molto." lui sorrise di nuovo e stavolta andò davvero.
Mi buttai di nuovo sul letto, cercando di godermi a pieno quel momento perfetto.
Non sapevo come sarebbe andata avanti, come sarebbe potuta funzionare. Insomma.
Era assurdo.
Assurdo.
Questo aggettivo lo uso parecchio ultimamente.
Ma è vero.
È tutto assurdo.
io.
Harry.
Il nostro rapporto.
Ma perchè avrebbe dovuto importarmene?
Ricordo che Emily diceva sempre: "fai le cose che ti rendono felice, anche se poco usate, perchè devi essere triste in un modo convenzionale quando puoi essere felice?"
era più saggia lei, a soli dieci anni, che io a quasi il doppio.
Sorrisi nel ricordare mia sorella.
All'improvviso mi ricordai che non ne avevo ancora parlato con Harry.
A dire la verità non ne ho mai parlato con nessuno.
I miei amici hanno vissuto con me quella terribile esperienza, non ho dovuto spiegargliela.
Gli piscologi mi hanno semplicemente dato le pillole, anche se più volte hanno provato a farmi estorcere come mi sentivo al riguardo.
Non li l'ho ma detto.
Era forse necessario?
Come pensi che stia una ragazza che ha appena perso la sorella, a cui era legatissima?
Forse era venuto il momento di parlarne, e forse Harry era la persona giusta. Sarebbe piaciuto così tanto ad Emily.


Harry non impiegò molto a tornare.
Infatti feci in tempo solo a vestirmi che lui era già tornato.
In una mano teneva un sacchetto pieno, dal quale scaturiva il profumo intenso delle brioche appena sfornate.
"Eccomi." disse lui esibendo un sorriso a trantadue denti.
"eccoti" dissi io avvicinandomi e baciandolo sulla bocca.
Decidemmo di mangiare nel giardino, era ancora presto e non faceva molto caldo.
Inoltre era completamente deserto.
Superammo il posto dove mi ero conficcata le spine, ma, su mia richiesta, ci sedemmo vicino al cespuglio di rose.
Volevo avere Emily accanto, in questo momento felice.
Harry si era procurato un telo da pic-nic, così non dovemmo preoccuparci del contatto con l'erba, anche se non mi avrebbe dato fastidio.
Harry mi passò un cornetto alla mela e alla cannella.
Era un gusto particolare, ma il mio preferito.
"
non ci credo! Sai che è il mio gusto preferito?" chiesi, realmente stupita. L'odore intenso della cannella mi inondò.
"Lo immaginavo. Sai. Tu profumi di mele e cannella." disse serio, prendendo anche lui un cornetto al medesimo gusto.
Mangiammo in silenzio, contemplando la natura intorno a noi.
Le rose erano ancora nel massimo della loro bellezza.
Il silenzio era intervellato dal rumore delle api che viaggiavano da una corolla ad un'altra e dal frusciare del vento.
"sai. Mia sorella, Emily, era molto diversa da me."
Harry mi guardava serio, aspettando che io continuassi.
"Aveva dei lunghi capelli biondi. Di un biondo talmente intenso che sembravano raggi del sole. Aveva degli occhi color miele. Tutti l'adoravano.
 
Era gentile, cordiale.
Pensava che tutto luccicasse, che tutto fosse bello.
Il suo sorriso era qualcosa di magico.
Si zittivano tutti quando rideva.
La sua risata era contagiosa, ma nessuna era al suo livello.
Era così buona.
Ma era indifesa.
Non sapeva che il mondo fosse cattivo.
Era mio compito non fargielo capire.

Proteggerla.
Aveva due anni meno di me.
Ma era molto più intelligente. Era brillante." presi una piccola pausa.
Harry era davanti a me, mi guardava come se tutto quello che stessi dicendo fosse oro colato.
Sorrisi.
"un giorno stavamo andando a scuola, io le tenevo la mano.
Temevo che qualcuno me la portasse via.
Una creatura così fragile e bella, una preda facile.
Ma no.
Io non l'avrei permesso.
Lei era tutto ciò che c'era di bello nel mondo.
Era tutto quello che io non sarò mai.
Dolce, buona, gentile, fiduciosa.
La tenevo stretta.
Lei non si lamentava.
Però ad un certo punto le venne in mente che si era dimenticata una cosa in giardino. Eravamo appena uscite di casa, e non era molto distante.
Così le permisi di andare.
Da sola.
Mentre stava tornando da me vidi un uomo. Portava un impermeabile giallo, e mi parve cattivo. Così chiamai Emily, e le dissi di sbrigarsi, che avremmo fatto tardi a scuola.
Era così vicina.
Lei affrettò il passo. Ho visto l'uomo avvicinarsi a lei. La chiamai di nuovo. Doveva sbrigarsi.
Sapevo che quell'uomo le avrebbe fatto del male.
Corsi verso di lei, ma era troppo tardi. L'uomo l'aveva già sgozzata. Corsi ancora, anche se sapevo che quell'uomo avrebbe fatto del male pure a me. L'uomo era fermo, davanti a lei. Lo riconobbi. Era l'uomo che era spesso nei giornali. Si divertiva a sgozzare i bambini. Sentì la rabbia crescermi nel petto. Così scoppiai ad urlare, mentre mi avvicinavo al corpo di mia sorella.
Ricordo ancora.
Era sdraiata, sulla strada. Il sangue rosso vivo sgorgava in maniera impressionante dalla sua gola pallida.
Ricordo di aver visto una rosa rossa nella sua piccola manina.
Era andata a cogliermi una rosa. Lo faceva sempre quando sentiva che ero preoccupata.
I suoi grandi occhi color miele, chiusi per sempre. L'uomo con l'impermeabile si mise a ridere mentre piangevo ed urlavo, cercando di frenare la cascata di sangue che proveniva dal corpo esamine di mia sorella.
Sapevo che era morta.
Il suo piccolo cuoricino non batteva più. Delle persone accorsero in strada, sentendomi urlare. Molti ebbero paura e rientrarano.
Urlavo soccorso.
Quell'uomo era lì. Ma nessuno faceva niente.
Fu quando l'uomo mi sollevò da terra e minacciò di sgozzarmi che la gente reagì. Un uomo dalla corporatura grossa colse l'uomo di sprovvista, facendo perderli la presa su di me. Mi ritrovai accasciata a terra, in mezzo al sangue di 
Emily.
Sentì la sirena della poilizia e il frastuono dell'elicottero, sopra la mia testa. Ricordo che l'uomo veniva strattonato e ammanettato.

Poi sentì l'urlo di dolore di mia madre. Un urlo lancinante che ricordo ancora adesso. Vidi i capelli rossi di mia madre cadere vicino a Emily, piangendo. Mio padre mi sollevò dalla pozza di sangue e mi portò all'ospedale.
Non parlai, non piansi, non feci niente.
Per un mese e mezzo.
Silenzio.
Ricordo solo di aver voluto morire.
Non avevo protetto mia sorella.
Se solo non fossi stata così stupida da lasciarla andare da sola, se solo le avessi impedito di andare, se solo fossi corsa prima, se solo non fossi talmente preoccupata da invogliarla ad andare a prendere la rosa.
Se fossi morta anche io, avrei potuto proteggerla, nel cielo.
Mia madre era distrutta.
Mi guardava silenziosamente, poi iniziava a piangere, supplicandomi di parlare. Sapevo che avrebbe preferito che fossi morta io, non Emily.
Tutti lo avrebbero preferito.
In fondo io ero la figlia cinica e insensibile.
Non ero per niente adorabile come lei.
Non sono facile da amare.
E anche io avrei preferito, morire al posto suo.
Molti dottori mi visitarono. E anche la polizia, per interrogarmi. Ma io non parlai, mai.
Rimasi lì, con lo sguardo vacuo.
Il dolore nel petto, simile ad una morsa.
Un giorno mia madre venne all'ospedale, come sempre. Ero ricoverata lì. Avevano paura potessi fare qualcosa di stupido.
Portò un mazzo di rose rosse.
Ricordo che quando la prima lacrima scese sulla mia guancia, mi sembrò che fosse Emily.
Mi sembrò che mi stesse accarezzando. Mi sembrò che la sua calda manina mi stesse coccolando come era solita fare quando ero giù di morale.
Ricordo che non smisi di piangere, vogliosa di sentire ancora quel contatto.
Mia madre si inginocchiò vicino a me. E piangemmo insieme. Nessuna delle due parlò.
Poi sentì sulla pelle un raggio di luce.
Era ancora gennaio, ed era raro.
Aveva lo stesso riflesso dei capelli di Emily.
Io e mia madre ci guardammo.
Entrambe lo sapevamo.
Emily era lì, con noi.
E lo sarebbe sempre stata.
In ogni rosa rossa, in ogni raggio di sole, in ogni cosa bella.
Da quel giorno ripresi a parlare, a fare le cose di sempre.
Ci trasferimmo, quella casa era diventata troppo triste. Negli anni hanno cercato di farmi parlare. Di raccontare ai dottori come mi sono sentita. Non li l'ho mai detto. Non ci vuole molta fantasia. Sei il primo a cui lo racconto." dissi asciugandomi le lacrime che scendevano copiose sul mio viso.

Emily era lì.
In quelle lacrime.
Mi stava accarezzando.
Emily era lì.
In quel sole.
Mi stava baciando.
Emily era lì.
Nella dolcezza delle mele e della cannella.
Emily era lì.
Nel ragazzo dagli occhi verdi che mi osservava, con delle lacrime che li rigavano il viso.
Stranamente mi sentivo meglio.
Come se anche lui adesso potesse vederla.
Come se anche lei adesso potesse vedere lui.
Harry mi abbracciò. Un abbraccio caldo. Di quelli che vogliono dire infinite cose.
Mi crogiolai in quell'abbraccio, mi asciugai le lacrime e sorrisi.
Mi staccai dolcemente dall'abbraccio e mi alzai.
Non era più il tempo delle lacrime.
Non più.
Andava tutto bene.

 

  
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