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Autore: Keros_    16/12/2013    2 recensioni
[Famous!Au] [Singer!Sebastian + Assistant!Blaine]
Sebastian è uno dei cantanti più in voga del momento, bello, ricco e talentuoso. Il suo personaggio è un po' eccentrico e spesso finisce per andare fuori dai suoi compiti, combinando disastri quasi impossibili da sistemare. All'ennesimo grattacapo che riceve, James Cristin, il manager del ragazzo, decide di tenerlo sott'occhio affibbiandogli un "baby-sitter", un ragazzo con cui dovrà passare la maggior parte del tempo. Questo ruolo finisce nelle mani di Blaine, il ragazzo che vive con James e sua figlia Elizabeth; nonostante i due Cristin non siano molto felici della scelta.
Stare a stretto contatto l'uno con l'altro per i due ragazzi non si rivela affatto facile e come si erano aspettati; questo perché sono simili e differenti allo stesso tempo. Entrambi con un passato difficile che li tormenta ancora.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Cooper Anderson, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1
 
 
Capitolo 1





Appena rimasero soli all’interno dell’ascensore, le preghiere di Blaine che Elizabeth non sollevasse la questione su ciò che aveva detto poco prima a Sebastian, si dissiparono nel nulla appena la ragazza lo guardò dritto negli occhi.

“Etero?” Chiese furente, cercando in tutti i modi di celare la rabbia che le divampava nel petto. “Ti sei impazzito per caso?! Hai idea di ciò che hai appena fatto?”

Blaine alzò le spalle, fissando quel oceano inquieto che erano gli occhi di Elizabeth. Rimase un attimo in silenzio, le labbra strette in una smorfia. Non sapeva dare una risposta ai quesiti che gli erano stati posti. Un po’ pazzo infondo lo era, quando Sebastian aveva fatto degli apprezzamenti tanto spinti su di lui non ci aveva più visto lucidamente e aveva agito di impulso; e per una sola ragione. “Gli ho detto l’unica cosa con la quale starà lontano da me e smetterà di mangiarmi con gli occhi.”

“No, idiota,” lo rimproverò subito lei, scuotendo lentamente la testa con una smorfia di stupore e disgusto in viso.

“Tutto questo non farà altro che aumentare il suo interesse nei suoi confronti. Il tuo non volerlo ammettere subito nonostante sia evidente, l’insultarlo, il non lasciarti abbindolare delle sue avance, non faranno altro che peggiorare il suo comportamento.”

Blaine era sconcertato che quelle parole uscissero da quelle labbra col lucidalabbra rosa che solitamente sostenevano tutt’altro. Non poteva credere alle sue orecchie e nemmeno a come Elizabeth potesse pensare una cosa del genere. “Stai dicendo che avrei dovuto farmi dire tutte quelle cose e restare in silenzio? Farmi mettere i piedi in testa?”

Elizabeth sbuffò sventolando la mano in aria come se stesse cacciando via una mosca che le dava fastidio. “Ma no, non intendevo questo-“ sospirò consolata e si portò una mano a spettinare la frangetta. Riprese controllo di se stessa e parlò con tono calmo e deciso allo stesso tempo. “Non sto dicendo questo, anzi ho ammirato il tuo comportamento, pensavo saresti capitolato ai suoi piedi nel giro di qualche secondo; ma quello che ti voglio dire io è: Non esagerare; o prenderà tutto come un gioco in cui lui è un professionista e noi, tu, non puoi permetterti una sconfitta.”

A Blaine non sfuggì la correzione che fece la ragazza, passando dal plurale al singolare. E questo lo portò a inclinare la testa da un lato e incrociare le braccia al petto, come ad accusarla. Sentiva quella solita voglia di urlarle contro, come gli veniva quando lei si comportava proprio come stava facendo in quel momento. “El-“

Ma lei era fin troppo furba anche solo per farsi rimproverare. Sembrava aver letto dentro quegli occhi cangianti, e decise che per non farsi attaccare doveva utilizzare la difesa migliore: attaccare a sua volta.

“E poi credevo che la fase ‘io sono etero’ l’avessimo già superata da un pezzo, che avessi fatto outing da un bel po’ di anni ormai.” Elizabeth fece una pausa, inarcando un sopracciglio. “O mi sbaglio?” continuò con gli occhi ridotti a due fessure e la voce fintamente sorpresa.

In quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e Blaine sgattaiolò fuori con passo spedito. Le sue gambe erano corte, tuttavia riusciva sempre ad avere un certo vantaggio sulla ragazza che indossava sempre un paio di tacchi a rallentarla. Credeva davvero di poter chiudere la questione in quel modo, ma una mano dalle unghie smaltate di rosa lo afferrarò per la camicia.

Poteva benissimo rispondere a quella domanda, doveva soltanto dire tre parole e probabilmente il discorso sarebbe finito lì. Poteva farlo, è vero, ma non voleva. Trovava estenuante dover ribadire sempre un concetto che di certo per lui non era dei più rosei  -esilarante come quel colore si addicesse perfettamente al discorso; soltanto i sette colori dell’arcobaleno accostati insieme gli facevano concorrenza.

“Blaine, mi sbaglio?” Chiese Elizabeth in un sussurro alle sue spalle. La stretta sulla sua spalla si strinse e Blaine si girò a guardarla. Era preoccupata e i suoi occhi non facevano altro che scrutarlo freneticamente in viso.

“No, non ti sbagli,” Rispose lui, abbozzando un sorriso. Tuttavia, nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, un nodo gli si formò nella gola e fu costretto a deglutire subito dopo.

Cosa che a Elizabeth non sfuggì.

“Sai che ne potremmo-“

“Smettila di preoccuparti!” Esclamò fermamente, altamente irritato di quelle accuse e i loro comportamenti. Si accorse di essere stato troppo brusco quando la ragazza sussultò timorosamente. “..Per favore,” aggiunse a quel punto, mettendole le braccia sulle spalle e tentare di abbracciarla.

Elizabeth si scansò prontamente. Non ne era sorpreso, di certo lei non era quel tipo di donna che si accoccolava così facilmente al petto di qualcun altro per farsi rassicurare e calmare la frustrazione; lei era quel qualcuno, che ti faceva stringere a sé.

Iniziò a camminare senza aspettarlo per il corridoio con il rumore dei tacchi che riecheggiava a ogni suo passo, sempre più distante.
 
 
*
 

Elizabeth aveva deciso di far colazione con Sebastian in giardino, sostenendo che l’aria pulita e il tepore del sole mattutino gli avrebbero fatto bene e punito allo stesso tempo, accecandolo con la forte luce.

Avevano fatto apparecchiare la tavola a bordo piscina e i domestici, ancora prima che dell’arrivo di Sebastian, avevano già portato i vassoi della colazione e le bevande. Blaine ne era rimasto stupito e li ringraziò calorosamente con un sorriso sulle labbra dato che la ragazza non si premurò nemmeno di rivolgergli un occhiata; al contrario non aveva fatto altro che leggere e cercare notizie sul suo preziosissimo I - pad, seduta comodamente su una poltrona vicino al tavolino, all’ombra.

Lui era rimasto in piedi, cosa di cui si pentì amaramente nel momento in cui Sebastian uscì di casa e si diresse verso di loro. Aveva avuto la decenza di mettere qualcosa  addosso: mutande e pantaloni. Era a torso scoperto e

Blaine si trovava indeciso sul dire che avesse fatto bene o meno. Quel fisico asciutto e muscoloso gli fecero seccare la gola e provare un brivido di eccitazione, era un piacere per gli occhi e in un altro momento sarebbe rimasto a guardarlo per ore.  Ma per come lo aveva trattato poco prima, Blaine era ancora furioso e cercava in tutti i modi di evitare di far cadere il suo sguardo su quei muscoli e la pelle leggermente abbronzata.

Sebastian lo superò facendogli un occhiolino, si sedette sulle sedia e poggiò i gomiti sul tavolo. Guardò Blaine con un sorriso. “Puoi sederti, non mordo mica,” disse rivolgendogli un ghigno, poi parve ripensare alle sue parole e aggiunse: “più che altro se me lo chiedi non lo faccio.”

Elizabeth sbuffò, sbatté l’apparecchio elettronico che aveva tra le mani sulle gambe e poi si alzò in piedi. “Smettila
Smythe, sei ridicolo,” disse mentre si sistemava la gonna per poi sedersi a tavola, accanto a lui. Lo guardò alzando un sopracciglio e gli porse l’ipad; lui la guardò fisso negli occhi, sbattendo più volte le palpebre e lei lo  appoggiò sul tavolo. “Vogliamo delle spiegazioni.”

Sebastian le rivolse un finto sorriso, “No, io le voglio da voi. Che ci fate qui?” chiese infine, voltandosi a guardare i vassoi con aria corrucciata. Optò per qualcosa di salato e si mise nel piatto del bacon. “Se non volete fare sesso, io non posso aiutarvi.”

“Sebastian!” lo rimproverò lei senza metterci troppa convinzione, evidentemente ci era abituata; accavallò le gambe e si sporse verso di lui. “Che ti è saltato in mente ieri sera?”

“Accomodati, Blaine.  Mi stanco per te a vederti alzato,” Disse il cantante al moro, ignorando del tutto la domanda che gli aveva rivolto la ragazza.

Elizabeth a quel punto gli portò una mano sotto al mento e lo costrinse a guardarla, “Hai idea di in quali guai ti sei cacciato?”

Sebastian tirò il viso indietro, guardandola con disprezzo, “Non osare mai più,” la minacciò a denti stretti per poi ritornare a guardare Blaine e fare cenno con la testa alla sedia che aveva accanto. “E’ da maleducati non accettare l’ospitalità di qualcuno, non te lo hanno detto?”

Lui guardò prima lui e poi Elizabeth che gli fece cenno di accontentarlo, e si mise a sedere accanto al cantante.

C’era un po’ di distanza tra loro, tuttavia poteva sentire benissimo il calore che emanava il suo corpo sulle braccia scoperte; in un batter d’occhio si ritrovò con la gola secca e dovette bere dell’acqua per rinfrescarsi. Sentiva le guance scarlatte.

“Ma guardalo,” disse Sebastian a nessuno in particolare, fissandolo, “è diventato rosso!” Si sporse in avanti e gli soffiò sulle labbra “Sei ancora più adorabile così.”

“Io non sono adorabile,” ribatté prontamente lui, tirando la testa indietro, “e non sono rosso in viso!”

“Io dico di si.”

“No, non lo sono.”

“Si che lo sei. E adesso basta!” Intervenne Elizabeth, guardando eloquentemente Blaine, facendogli capire di darci un taglio per continuare con le cose serie. “Sebastian, mio padre è preoccupato per te.”

Lui continuò a bere la sua aranciata tranquillamente, come se non avesse alcuna intenzione di risponderle. Quando ebbe finito poggiò di nuovo il bicchiere vuoto sul tavolo e si umettò le labbra. “Non è vero.”

Elizabeth lo guardò con gli occhi sgranati. “Perché diavolo non dovrebbe esserlo? Ti rendi conto che sei pure caduto a terra, in mezzo alla strada, e qualche demente l’ha fatta passare per un tuo svenimento, o no? Abbiamo dovuto chiamare i domestici per farci rassicurare e avere la conferma che almeno hai avuto il buon senso di bere molta acqua, mangiare, pisciare e andare a dormire! Sei uno sconsiderato. Mio padre è piombato giù dal letto. Ti rendi conto di tutto questo o no? Lo capisci che devi smetterla con queste cose o sei troppo ritardato affinché il tuo cervello possa arrivarci? Lo farai morire prima o poi.”

Sebastian divenne una tavola di legno a quelle ultime parole. La presa sulla forchetta era talmente salda d’avere le nocche bianche e tutti i muscoli del braccio tesi. Tuttavia nel suo viso, per metà nascosto dagli occhiali da sole, si poteva leggere soltanto la più totale tranquillità.

“Di quello che fai non me ne fregherebbe niente se non deturpasse la tua immagine o facesse preoccupare tutti. Nei primi articoli che abbiamo letto si parlava addirittura di overdose!”

“Non ero così drogato da morire.” Commentò Sebastian in un sussurro, per poi continuare a voce più alta: “Non ero affatto drogato, in realtà. Ma adesso che mi ci fai pensare, forse ho sbaglio a non farlo.”

“Non eri drogato?” Chiese Blaine confuso.

“Ho fumato soltanto qualche tir-..” si interruppe nel bel mezzo della frase e fece una smorfia. “Ho mentito, lo ero. E allora? Non ne sono dipendente e non sono né il primo e né l’ultimo ad averlo fatto.”

“A noi non interessa niente degli altri, a noi interessa di te! L’agente di Santana ha chiamato mio padre stamattina, era furibondo. Sai cosa succederebbe se decidessero di chiudere questa relazione? E capisci che, inoltre, con molta probabilità gli impegni dalla tua agenda verranno annullati perché nessuno vorrà avere a che fare con te?!”

“E’ sempre di business  che si tratta alla fine. Vi interessano i miei soldi, non me.” Sebastian cacciò via il piatto ancora intatto, continuando a guardare dritto davanti a sé.

Blaine voleva intervenire, dire qualcosa per calmare le acque e mettere a tacere quel litigio verbale che tra poco, conoscendo i due ragazzi- o almeno pensava di conoscerli- si sarebbe trasformato in un litigio fisico. Sembravano essere lì per tirarsi addosso qualcosa.  Inoltre avrebbe dovuto difendere i Cristin, lo sapeva bene; li conosceva, era cresciuto con Elizabeth e James era come un padre per lui. Nonostante ciò non riuscì a farlo. Stava conoscendo nuovi aspetti di loro e francamente aveva troppe domande per la testa a riguardo per riuscire a far qualcosa.

“Mio padre ti tratta come uno della famiglia, si è sempre preso cura di te quando dovevano essere i tuoi-”
Sebastian si girò bruscamente verso di lei a guardarla, battendo le mani sul tavolo e lei si zittì di colpo; non diede nessun segno di essere spaventata. Blaine, adesso che il cantante si era girato e gli era accanto , poteva finalmente guardare da vicino quel tatuaggio che aveva dietro al collo.

Fin da quando aveva visto la prima foto,  Blaine ne rimase molto perplesso. Il nome “Jeremy” era scritto in stampatello, ogni lettera grande quattro centimetri e aveva sempre qualche imperfezione, una sbavatura qua e là; come se fosse stato fatto a mano libera e con la paura di sbagliare. Con tutti i soldi che aveva, Sebastian avrebbe potuto farselo sistemare da anni o coprirselo in qualsiasi altro modo, invece non l’aveva mai fatto ritoccare. Inoltre non aveva mai spiegato il suo significato, come quello che aveva sul fianco. Un nome tatuato, soprattutto maschile, attirava sempre l’attenzione dei media, se poi non si voleva spiegare il motivo, le domande a riguardo aumentavano e Blaine, come quasi tutti, dubitava che Sebastian si fosse fatto il suo secondo nome senza un vero e proprio motivo.

“Guarda,” rispose Elizabeth, alzandosi dalla sedia, “pensala come vuoi. Io vado a chiamare mio padre, che voleva tue notizie.”  andò via camminando spedita, estraendo il cellulare dalla tasca.

“Mi ammiravi?” Chiese gentilmente Sebastian a Blaine pochi secondi dopo, guardandolo con un lieve ghigno  sulle labbra.

“I-io-“ lui si ammutolì di colpo, stava balbettando. “Stavo guardando il tatuaggio,” riprese subito dopo.

Sebastian si portò subito una mano a coprire il punto, sorridendo amaro. Tornò a prestare attenzione a ciò che c’era sul tavolo. “Abbiamo degli alcolici in questa casa,” urlò di punto in bianco, per farsi sentire da tutti i domestici, “perché non ne mettete mai a tavola? E’ così complicato prendere delle cazzo di bottiglie?! Portatemi del Courvoisier. Adesso!”

Due giovani donne, che erano rimaste lì per servire, partirono a passo spedito verso la casa, terrorizzate. Sebastian rise divertito a quella vista e si lasciò andare sullo schienale.

“Non puoi bere a quest’ora del mattino, sono appena le dieci!”

“Oh, si che posso. Lo faccio spesso.”

“Sebastian-“ Si interruppe, non sapendo bene come continuare. Era indeciso se rimproverarlo per come aveva trattato le due domestiche, Elizabeth, lui stesso o per come si era comportato il giorno prima. Avrebbe dovuto fare tutte e tre le cose contemporaneamente, ma rimase in silenzio a ponderare bene ed esporre il suo disappunto. El aveva decisamente ragione su di lui.

“Il gatto ti ha rubato la lingua, per caso?” lo incitò Sebastian, con un sorrisetto soddisfatto.
Blaine ebbe la voglia di mollargli un bel gancio destro, uno bello forte; poi si ricordò di ciò che aveva promesso a
James. Respirò affondo e represse l’orgoglio. “Quello che volevo dire è che non dovresti farlo. Bere a stomaco vuoto non fa bene al tuo organismo, né tanto meno drogarti!”

“Carino, è arrivato mamma chioccia,” lo canzonò, bevendo un altro sorso d’aranciata.

Fidati di me, James. Blaine si stava pentendo amaramente d’aver fatto quella promessa che non poteva rompere per niente al mondo.  Decise di fingere di non averlo sentito. “.. ed Elizabeth ha ragione: hai fatto preoccupare un sacco di persone con quello che è successo. Non ho letto gli articoli perché mi ha spiegato tutto James,” Sebastian mimò il nome con le labbra, “ma se non l’avesse fatto, non so cosa avrei pensato o come avrei reagito a un qualsiasi articolo che parlava di una tua overdose.”

L’altro sbuffò semplicemente.

“.. E-e ci hai pensato alla tua carriera? El ha ragione anche su questo: molte porte ti verranno sbattute in faccia per qualche tempo e-“

“Anche tu pensi solo al mio guadagno,” lo interruppe Sebastian, irritato e cinico. “Pensavo fossi un mio fan.”

Blaine sapeva che doveva concentrarsi sulla prima frase, ma il suo cervello sembrò quasi annullarla nel momento esatto in cui disse la seconda. Sebastian si ricordava davvero di lui. Gongolò interiormente, lasciando trapelare solo un piccolissimo sorriso come reazione. “Sebastian, io non penso ai tuoi soldi, io non ci guadagno nulla in tutto questo ed essere fan significa anche criticare e ammettere dove l’artista sbaglia. Io ho l’opportunità di potertelo dire ed è ciò che sto facendo.” Lo fissò a lungo, cercando di capire cosa provasse dentro, ma il viso della star era soltanto una maschera di tranquillità impenetrabile, come se non l’avesse ascoltato. Doveva cambiare quella situazione, era irritante. “Mi spieghi perché sei convinto che James sia interessato solo ai tuoi soldi?”

“Perché non dovrei esserlo?” incalzò Sebastian, alzandosi sulla testa gli occhiali da sole. “Perché tu non lo pensi?”

Blaine capì subito ciò che stava cercando di fare, Sebastian non era così abile a mentire quando guardava negli occhi, perché questi erano sinceri ed espressivi; non come la sua voce, che riusciva ad insinuarsi dentro la sua mente e a scuoterla a suo piacimento. Voleva farlo dubitare e, in parte, c’era riuscito. “Perché io lo conosco. E conosco Elizabeth. So che si prende cura di te come non fa nessun altro e sono sconcertato dal modo in cui lo attacchi; ti tratta davvero come uno di famiglia,” Sebastian si irrigidì notevolmente sulla sedia. “Lui ti vuole-“

“Non dirlo.” Il cantante aveva tutti i muscoli delle braccia tese, gli occhi che guardavano verso il giardino dove le due donne stavano tornando con una scorta di liquori. La mano immobile, bloccata a metà nell’atto di chiudersi a pugno. Non aveva urlato, ma sembrava come se trattenesse una certa quantità di rabbia e dolore.

Blaine era rimasto confuso; in un altro caso avrebbe chiesto scusa per aver parlato troppo, ma in quel momento non credeva d’aver fatto qualcosa di sbagliato. Stava solo per dire che James gli voleva bene. Restò in silenzio per qualche secondo e decise di cambiare discorso.

“Portatele via,” disse Sebastian in un fil di voce alla domestica più grassoccia che stava poggiando le bottiglie sul tavolo. “Siete troppo lente e ho cambiato idea. La prossima volta vi licenzio,” Sebastian le congedò con un cenno della mano, mentre con l’altra si riportava di nuovo gli occhiali da sole sul naso; poi le poggiò entrambe sul tavolo e spingendone a pugno una.

“Io credo che dovresti dargli un’occhiata,” parlò lentamente, prendendo l’I - pad dal tavolo per sbloccarlo e porgerlo a Sebastian. “Sai.. Per curiosità.”

“Poggialo.”

“Come scusa?” Chiese lui, sbattendo più volte le palpebre.

“L’I - pad. Poggialo sul tavolo. Non lo prenderò fin quando me lo passerai tu,” gli spiegò Sebastian, regalandogli un sorriso sghembo.

Blaine si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo; conosceva quell’abitudine, ma se n’era completamente scordato. Fece come gli venne detto. “Meglio?”

“Non sai quanto, Killer,” gli rispose e anche se non poteva vederlo, sapeva che Sebastian gli aveva rivolto un occhiolino.
 


“..Quindi?”

“Quindi, Beth?” Suo padre dall’altro capo del telefono sbuffò. “Quindi lo ucciderei con le mie stesse mani. Si è giocato l’esibizione al WeDay di quest’anno e ho dovuto penare sette camicie per fargli fare quest’intervista.”

“Potresti sempre abbandonarlo,” propose lei con lentezza, temendo già di essere rimproverata. “Sai.. Seguire qualcun altro al suo posto..”

James sospirò, “A volte mi chiedo se non hai ragione tu, che sto sbagliando; e che dovrei seguire i tuoi consigli e lasciarlo.”

“Papà io ho sempre ragione,” rispose sollevata, accennando anche una piccola risata senza allegria. Sentire l’amarezza nella voce del padre le provocava sempre una certa angoscia.

“Si, ma tu sai qual è il problema. Conosci il mio modo di pensare e di agire. Non posso farlo.”

“Lo so,” concordò, non sapendo che altro dire a riguardo. “Loro.. Beh ecco - non.. Non hanno chiamato?”
Lui rise amaro. “No,” ci fu una lunga pausa,  “i suoi genitori hanno mandato un email, Laurent un messaggio; non ho ancora risposto.”

“Papà!” Lo rimproverò disgustata.

“Ho promesso. E queste sono cose che non ti riguardano, signorinella.” Tagliò corto lui, irritato da quel tono.

“Se fosse successo a me, tu non vorresti avere mie notizie? E dovresti promettere meno cose a Sebastian; lui le promesse che ti fa non le mantiene.”

“Penso che dovresti tornare da lui,” James cambiò discorso, non ammettendo repliche su quell’argomento. “Alle undici e mezza c’è la diretta e lui deve arrivare già truccato e presentabile. Non fargli lasciare altre dichiarazioni o parlare con qualcuno. Deve solo andare lì, mettersi davanti la videocamera e andare via.”

“Va bene. Altro?”

“Non voglio niente di eccentrico. Non voglio brillantini, luccichii vari, piume o chissà cosa che esce dalla testa di Jen. Soft.”

“Sarà fatto,” rispose lei annoiata, ritornando indietro verso il tavolo e i due ragazzi seduti lì.

“Ultima cosa: mi dispiace per l’università e so quanto ci tieni-“

“Va tutto bene, è quello che farò nella vita. Fare pratica è meglio che studiare la teoria, no?”
 
 
 
 
 

“No.”

“Come sarebbe a dire no?” Chiese Elizabeth iniziando ad alterarsi, guardando sprezzantemente la popstar stravaccata sulla poltrona di casa.

“Sei ritardata? Perché non credo ci siano molti significati da attribuire a una semplice parola di due lettere. Ma prego, lascia che ti illumini: è una negazione.”

Lei lo guardò negli occhi per un attimo, poi gli sorrise beffarda. “Senti, brutto stangone buono a nulla, hai da presenziare a un intervista per la quale James ha dovuto fare i capitomboli affinché accettassero di non tirare in ballo ciò che è successo stanotte, quindi farai bene a muoverti se non-“

“Sebastian, quello che El vuole dire è che ne va della tua immagine,” la interruppe Blaine, cercando di sistemare un po’ le cose.  Era in piedi accanto a lei, guardando il cantante leggere avidamente gli articoli su se stesso sull’ I - pad. Quando gli aveva chiesto di dargli un occhiata, non intendeva alzarsi di colpo dal tavolo e camminare a passo spedito dentro casa per poi gettarsi su un divano qualsiasi della prima stanza che  incontrava.

Il ragazzo fece una smorfia e un gesto con la mano senza nemmeno guardarlo, come a scacciare via quelle parole delle quali il suo interesse era pari a zero. Anzi, per mettersi ancora più comodo, si distese e alzò una gamba per portare il piede a penzoloni dietro lo schienale; con i muscoli delle gambe tesi e i pantaloni tirati.

“Fa qualcosa,” sussurrò Elizabeth all’orecchio del moro, facendolo andare nel panico. Alche spalancò gli occhi e fece un passo indietro, lasciando ricadere la mano che la ragazza aveva poggiato sul suo braccio. Lei alzò un sopracciglio.

“Cosa? Perché io?” farfugliò, sicuro che l’altro non li stava nemmeno ascoltando.

El sbuffò, lo afferrò per un gomito e lo costrinse a fare qualche passo indietro insieme a lei, per poi dare le spalle a Sebastian. Si guardarono un attimo negli occhi e poi perplessa chiese: “Blaine ti senti bene? Sei sbiancato di colpo, e si può sapere cos’è tutta questa tua preoccupazione? Non ti ho chiesto mica la luna, devi soltanto convincerlo a prepararsi e venire con noi. L’hai già fatto.”

Era vero, non meno di dieci minuti prima era riuscito a far leggere quegli articoli a Sebastian, ci sarebbe riuscito anche questa volta; non sarebbe stato difficile. E poi si trattava del suo lavoro, non poteva tirarsi già indietro o esserne terrorizzato solo perché qualcuno riponeva della fiducia in lui. “Si, scusa.”

“Blaine,” iniziò lei, “lo sai che.. Insomma.. Se te ne penti...” lasciò la frase in sospeso e lui ne le fu grato; non avrebbe comunque retto e sarebbe sbottato prima. Quel tono così preoccupato non riusciva a farselo piacere.

“Va tutto bene, ho avuto soltanto un attimo di.. Confusione.”

Gli occhi celesti di Elizabeth lo perlustrarono alla ricerca di qualche segnale che stesse mentendo, non trovandolo gli lasciò andare il braccio e tornarono davanti a Sebastian che, apparentemente, non si era nemmeno accorto che si fossero allontanati.

“Guardate qui,” disse infatti, senza accertarsi se lo stessero ascoltando o meno, “una ragazza come commento all’articolo di questo blog ha lasciato ‘Sebastian vai così, sei un grande!’,” finalmente si voltò a guardarli, “Non so se è ridicola o meno, ma sono soddisfatto.”

“No, tu non hai un briciolo di cervello, è differente.” 

Lui fece finta di non udirla, “Vedete che non c’è niente di cui preoccuparsi? I miei fans continuano ad amarmi ancora e mi trovano strafigo.”

Blaine si portò una mano a massaggiarsi la fronte, non sapendo proprio come evitare di riprendere quel discorso senza perdere tempo, erano già in ritardo; inoltre, aveva già tentato di fargli capire l’errore, ma a lui non sembrava importargliene e, ne era sicuro, James, Elizabeth o altri, gli avevano già spiegato le conseguenze di quelle azioni che avevano su di lui e i suoi fans, come se lui non fosse abbastanza maturo d’arrivarci da solo.  Riflettendoci, però, guardandolo con quel sorrisino stupido sulle labbra e quell’aria spavalda, forse immaturo lo era davvero.

“Sebastian, ascoltaci, quella ragazza sarà soltanto una su un milione. Molti altri saranno delusi dal tuo comportamento, per non parlare del messaggio sbaglio che dai,” iniziò avvicinandosi e lui tornò a sedersi composto.

“Hai letto ciò che dicono su di te molti altri, infangano anche le persone a cui tieni; Santana, ad esempio.”

“Santana”, ripeté lui velenoso, come se solo il nome della ragazza gli facesse rivoltare lo stomaco e gli facesse salire la bile per l’esofago.

Blaine continuò, non dandogli peso. “Questa è l’occasione per chiedere scusa e dare la tua versione di come sono andate le cose, se proprio vuoi.”

“La mia versione dei fatti, sarebbe una bugia, dolcezza. Mentire è meglio di ciò che ho fatto?” Domandò lui inarcando un sopracciglio, con aria di sfida e quella faccia irritante che gli fece venir voglia di mollargli un ceffone.

Era talmente spavaldo e sicuro di sé, come se lo conoscesse da tanto, com’era il suo modo di pensare e i suoi principi. Se non avesse saputo che stava cercando di metterlo in difficoltà, con molta probabilità Blaine, ancora una volta, in quel momento, l’avrebbe ammirato per quello. C’era un motivo per cui aveva continuato ad ammirarlo nonostante le dicerie su di lui.

“Non c’è nemmeno paragone,” iniziò adirato, sentendo il nervosismo pervadere il suo corpo. Purtroppo, o per fortuna, Elizabeth intervenne non permettendogli così di finire il discorso.

“E’ il messaggio che dai alla gente, Sebastian. Sappiamo tutti che, eticamente parlando, si trattano entrambe di due cose spregevoli; ma mettendole a confronto: non hanno le stesse conseguenze, nonostante bugie molto grandi possano portare a conseguenze disastrose, ma ai giorni nostri non muore nessuno per questo o, per quella che è nel tuo caso, un omissione di verità, uno storpiamento dell’andamento dei fatti; mentre la droga e l’alcool portano alla morte o alla dipendenza centinaia di persone al giorno. Quindi sì, mentire è meglio che drogarsi.”

“Sei noiosa come i discorsi che fai.” Fu l’unica risposta di Sebastian, che fece incupire gli altri due ragazzi. Non aggiunse altro per quasi un minuto. Abbandonò il tablet sul divano accanto a sé, poggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese il viso tra le mani, guardando un punto fisso non ben distinto sulla parete difronte.

Blaine, per chiedere spiegazioni, guardò la ragazza con aria interrogativa, lei in risposta alzò le spalle e si portò l’indice vicino la tempia facendolo ruotare in senso orario: svitato. Lui alzò gli occhi al cielo.

“Ok,” spezzò il silenzio il ragazzo, buttandosi indietro sullo schienale, “mi andrò a preparare e farò l’intervista a una condizione..,” Sebastian ed Elizabeth si scambiarono uno sguardo eloquente che Blaine non percepì, “.. Lui farà la doccia con me!”

Entrambi i due ragazzi spalancarono gli occhi all’unisono e poi sbottarono un “Cosa!?” perfettamente sincronizzato. Non c’era da stupirsi se venivano scambiati per gemelli diversi o fratello e sorella.

“Se non vi va bene la mia condizione, potete pure annullare il tutto. Oggi non ho proprio voglia di uscire di casa e quelli lì,” disse riferendosi ai uomini con cui era stato visto, “sicuramente saranno ancora a letto o in giro per casa.”

“Io non farò una cosa del genere,” si oppose Blaine, puntando il dito in aria.

“Almeno hai pensato a come farli tacere?” domandò invece la ragazza, come se il suo migliore amico non avesse nemmeno fiatato e quello era il problema principale. E in realtà lo era, ma questo lo infastidì comunque.

“Ci penserà tuo padre o tu,” rispose Sebastian scrollando le spalle.

“Il solito comodo,” commentò lei seccamente, poi cambiando discorso, lanciò un occhiata di sfuggita al ragazzo al suo fianco e poi tornò a guardarlo, “non se ne parla, Blaine non farà una cosa del genere; lui non vuol-”

“Ah-ah,”  la interruppe lui alzando un dito e una faccia strafottente, “io credo che debba essere lui a rispondere.”
La ragazza lo guardò con astio, uccidendolo venti volte in pochi secondi nella propria mente; intrecciò le braccia al petto e si voltò a guardare Blaine che in quel momento si trovava in difficoltà.

Perché sì, sì che voleva farsi la doccia con lui. Il pensiero di loro due completamente nudi sotto il getto d’acqua lo eccitava a dir poco; passargli lo shampoo tra i capelli e lavargli la schiena. Era uno dei suoi sogni ricorrenti, la cosa più assurda di tutto ciò che poteva desiderare. La trovava un idea erotica e intima, mostrare il proprio corpo a qualcuno, permettendo così di giudicarsi a vicenda, non è cosa da poco; ma ovviamente questo per Sebastian non era minimamente un problema, anzi Blaine era sicuro che provasse un certo piacere a farlo.

Tuttavia non si era immaginato così che dovesse accadere; quello era un ricatto, per divertirsi e affermare la sua autorità, prendersi gioco di lui ed Elizabeth. Era una cosa a cui lui non era disposto a sottomettersi.

“Ho già fatto la doccia stamattina, mi dispiace,” gli disse sarcastico, sentendosi fiero di sé stesso; cosa alquanto rara.

“Non ti preoccupare, a me dispiace per voi,” rispose Sebastian con un ghigno, “questo significa che dovrete annullare il tutto.”

“Sai, ieri sera hanno chiamato i tuoi genitori,” iniziò El con uno sguardo furbo, mentre Sebastian si faceva più attento, “conosci mio padre, non ha risposto. Però ricorda, io non sono lui.”

“Bel culetto, andresti a far preparare il bagno?”

Blaine decise di sorvolare sul appellativo che il ragazzo gli aveva dato e annuì. Lasciò uno sguardo ad entrambi i ragazzi e andò a cercare uno dei domestici; con quello che stavano per dirsi non voleva averci niente a che fare.

Sebastian deglutì a vuoto, guardando la ragazza che aveva di fronte che in quel momento, sembrava più grande, maestosa di quanto fosse in realtà, e di certo quell’effetto non erano i suoi tacchi a darglieli, ma il fatto che l’avesse incastrato e adesso era in gabbia; forse per questo che non si sopportavano più di tanto.

Scoppiò a ridere in modo teatrale, portandosi una mano sullo stomaco. “Oh, per un momento ci sono quasi cascato,” disse in tono leggero, riuscendo a celare la sua preoccupazione, “ti conosco, non faresti mai una cosa del genere. Avanti, disubbidire a James non è da te, non lo faresti mai.”

“Mio padre capirebbe,” fu l’unica risposta secca che ricevette.

Ora, ci sarebbero tanti e tanti termini per far capire meglio il concetto in cui il nostro caro Sebastian si trovava, ma nessuno rende come: era nella merda fino al collo. E anche se non nel senso letterale, lo era di certo a livello figurativo. I suoi sensi di colpa non lo avrebbero mai lasciato in pace, se davvero El  avesse fatto una cosa del genere.

“E tu riusciresti a sopportare il suo sguardo ferito e deluso?”

“Ma ti prego, non sai di cosa parli,” gli disse con una smorfia, stufa di tutta quella storia. Il modo in cui Sebastian continuasse a fare la vittima ed essere sfrontato allo stesso momento, le faceva venire sempre una gran voglia di mandarlo a quel paese, una volta per tutte.

Era sempre convinto che solo lui aveva sofferto nella sua vita, solo lui aveva sbagliato e che nessun altro l’avrebbe mai potuto comprendere cosa significava. Aveva avuto alti e bassi, questo sì, ma come tutti d’altronde, anche lei era rimasta indietro, nel passato, ma non lo faceva pesare come invece faceva lui.

Sebastian la guardò adirato, sentendo un formicolio lungo tutto il braccio e se fosse stato un ragazzo violento, quale fortunatamente non era, le avrebbe dato uno schiaffo. Decise invece di alzarsi in piedi, mordersi l’interno della guancia e andare via; stava giocando con il fuoco e quel giorno non aveva intenzione di scottarsi.

Elizabeth lo afferrò per un gomito, costringendolo a fermarsi e voltarsi verso di lei. “Sul favore che ti avevo chiesto... Non calcare troppo la mano.”

Lui ghignò, “Non ti preoccupare, Blaine mi irrita veramente.”
 
 
 
 
 
 
*
 

 
Quando arrivarono agli studios affinché Sebastian potesse fare l’intervista, Blaine sapeva che alcune fans accanite si sarebbero presentate. James aveva annunciato la notizia su Twitter, di conseguenza non era più un tabù, ma il ragazzo si sorprese comunque di trovare tutta quella folla. Conosceva in prima persona le Smythers e la loro passione, ma quando passarono in mezzo a loro e assalirono la limousine, si ritrovò a pregare Dio che non la ribaltassero.

Appena intravidero James da lontano, che li stava aspettando appena dietro le quinte, Sebastian divenne ancora più rigido e acido di quanto già non fosse, fucilando con gli occhi chiunque gli si avvicinasse. Nonostante questo, quando furono d’uno di fronte all’altro, il ragazzo abbassò lo sguardo, salutandolo con un cenno del capo e rispondendo in modo freddo ma educato.

“Siete in ritardo,” Esordì l’uomo; gli lanciò una leggera occhiata e poi tornò a compilare un modulo che aveva tra le mani, “avevo detto a mia figlia niente lustrini, paillette o brillantini” continuò calcando bene le ultime due parole per rimproverare Elizabeth in modo indiretto, la quale si fece piccolissima.

Blaine non si ricordava niente del genere nell’outfit che la stilista aveva scelto per Sebastian, quindi si voltò a guardarlo. Forse l’uomo si riferiva alle piccole borchie sui polsini e le spalline della giacca che indossava il ragazzo; altre spiegazioni non potevano esserci, dato che i jeans neri erano completamente semplici, sulla maglia vi era stampato solo un teschio e le scarpe non erano niente di così particolare.

Lui lo trovava  un abbigliamento molto sobrio rispetto a come era solito vestire Sebastian. Il trucco non era eccessivo, Lola gli aveva fatto una base chiara e gli aveva messo soltanto la matita dentro la palpebra inferiore. Alcune volte gli avevano messo addirittura il mascara e l’ombretto nero, Blaine non riusciva a capire cosa c’era che non andasse, per lui Sebastian era addirittura un po’ strano in quel modo.

“Io credo che così stia bene,” intervenne, sorridendo a James, “è sobrio, così fa capire che si vuole dare un limite, che si è pentito, ma al tempo stesso non farà preoccupare i fans e non darà l’idea di un cambiamento troppo radicale.”

Lui fece una piccola risata in risposta, lo afferrò per una spalla e lo attirò a sé, poi battendogli la mano sul petto, parlò agli altri due ragazzi, “Vedete? Lui si che è intelligente. Amore non te la prendere, ma sapevo che quella ragazza fissata con la moda ti avrebbe trascinata!”

Il viso di Elizabeth si trasformò in una maschera di stupore, boccheggiando a vuoto, facendo ridere il padre e Blaine, mentre Sebastian restava impassibile. La ragazza a quel punto strinse i pugni e se ne andò via farfugliando un “Vado a informare che Sebastian è già pronto.”

Nel momento esatto in cui tutti e tre restarono soli, calò su di essi tensione e imbarazzo. Blaine improvvisamente si sentì di troppo, come a volte gli succedeva quando era con James e dei suoi colleghi. Decise di andarsene, magari con la scusa di seguire Elizabeth, ma in quel momento l’uomo iniziò a parlare e il modo remissivo di comportarsi di Sebastian lo incuriosì.

“Ti sei divertito questa notte?”

“Si.. È  stata interessante,” rispose sul vago, spostando lo sguardo.

“Ne sono lieto. Lo è stata anche la mia, sai?” James fece una pausa, stringendo ancora di più Blaine a sé, il quale si trovò un po’ spiazzato dalla cosa; guardò la giovane star negli occhi e questi li spostò da un’altra parte. “Essere svegliato alle prime luci dell’alba dall’incessante squillare del cellulare e del pc è salutare; soprattutto se portano le notizie di un mio cantante paparazzato in uno stato pietoso.”

Sebastian serrò la mascella, deglutendo a fatica. Continuava a guardare un punto non ben definito, senza più quell’aria spavalda che lo distingueva sempre. Per un momento, un preciso istante, a Blaine ricordò un piccolo gattino indifeso, con le orecchie basse che veniva rimproverato dal padrone; poi parlò con il tono deciso e quell’immagine sfumò dalla sua mente.

 “Nessuno doveva venirlo a sapere. Doveva essere una sera come le altre e invece è successo questo,” per un attimo i due paia di occhi verdi s’incontrarono, “non dirò che mi dispiace, o che non accadrà più;” continuò secco, prima di tornare a guardare chissà dove.

“Non c’è bisogno che tu lo dica -anche se lo vorrei, sì- perché da oggi, Blaine,” James gli diede un’altra pacca sul petto, “Sarà i miei occhi e le mie orecchie; dovrai ascoltarlo e se lui ti dirà che non potrai fare una cosa, tu non la farai. Mi sono stufato di tutti questi spaventi che mi fai prendere.”

Sebastian posò gli occhi sul moro, incolore. Fece un piccolo ghigno e al posto di lamentarsi, come entrambi  gli altri due si aspettavano, disse annoiato: “Come vuoi.”

James fece un sorriso tirato, fingendo che tutto andasse bene. “Queste sono le domande che ti farà Will,” cambiò discorso, staccando un foglio dal blocco che aveva in mano, “sotto ci sono le risposte che dovrai dare, leggile e fa in modo di ricordartele il più possibile quando sarai davanti alla telecamera.”

Blaine li guardò confusi per un attimo, “Lui non dovrebbe sapere cosa gli chiederà o avere le risposte già pronte!”
James e Sebastian si guardarono per un attimo, poi posarono gli occhi su di lui e fecero una smorfia, come se avesse appena parlato in una lingua a loro sconosciuta. Così continuò “E’ un intervista! Di solito funziona così!”

“Non in questo caso,” intervenne l’uomo, mettendosi di fronte a lui, “voglio che parlino del disco e che allontanino un po’ i pettegolezzi, per evitare scherzi ho fatto un compromesso: loro mi hanno dato le domande sicure e loro potranno fargliene qualcuna di personale che non conosciamo.”

“A cui lui risponderà sinceramente, giusto?” Chiese Blaine, innocentemente.

“Mi stavo ritirando da un party di una mia cara amica e i miei amici mi hanno.. Accompagnato? Non regge.”

James guardò il moro, dispiaciuto, poi si voltò verso Sebastian, scuotendo il capo. “Non deve reggere, deve placare un po’ le acque. Qualcuno ci crederà comunque e io farò in modo di rendere il tutto molto veritiero. I media faranno del gossip con una versione ufficiale.”

Sebastian annuì senza averlo nemmeno ascoltato, “Io non dirò che Santana mi aspettava a casa, né tanto meno farò le mie pubbliche scuse.”

“Sebastian,” iniziò James, con tono autoritario, ma l’arrivo di una ragazza vestita di vero con un tesserino appuntato al petto, lo fece interrompere.

“Stiamo per cominciare. Signor Smythe, è desiderato di là.”

“Grazie dolcezza,” la ringraziò lui, facendole un occhiolino.
 
 
*
 
 

“..Sebastian, raccontami un po’ del tuo nuovo album,” disse Will Shouster accavallando le gambe in modo mascolino, “Come sarà? Hai già iniziato a lavorarci?”

James si irrigidì accanto a Blaine; erano dietro le quinte, distanti di un solo metro all’inquadratura delle telecamere.

L’intervista stava già andando avanti da una decina di minuti ormai e avevano fatto un gioco di dieci domande botta e risposta, il manager non si era preoccupato ma adesso, pareva che il conduttore avesse toccato un tasto dolente, perché l’uomo stava trattenendo il fiato.

Il cantante strinse le labbra, in difficoltà, prima di inumidirle con la lingua e sorridere all’uomo al suo fianco. “Sai Will, è una domanda che tutti i miei fans mi fanno di continuo a cui io non do mai una risposta,” si sistemò meglio sulla poltrona, avvicinandosi all’altro, “e tutti stanno letteralmente impazzendo,” continuò alzando le mani al cielo, imitando un’esplosione, “la notte il cellulare continua a squillare per tutti i tweet che mi mandano-“

“Beh, siamo tutti ansiosi di sentire qualche tua nuova canzone, come puoi biasimarci?” Lo interruppe Will, accennando una piccola risata.

“Non lo faccio infatti,” rispose subito, “la mia voce è troppo soave e la mia musica troppo cool per non voler essere ascoltata,” continuò poggiandosi una mano sul petto, “ma nonostante io voglia mantenere il tutto top secret, sono disposto a darti delle anticipazioni.”

Blaine si ritrovò a sorridere inconsapevolmente; non perché volesse sapere qualcosa in più riguardante il nuovo album, ma perché Sebastian sembrava così naturale  e divertente che lo metteva di buon umore. Se gliel’avessero chiesto, non avrebbe saputo rispondere se il cantante stesse fingendo o meno. Tutto ciò che sapeva era che ci sapeva fare; sapeva attirare l’attenzione, essere affabile e gentile. Era il Sebastian di cui Blaine si era preso una gran cotta.

Era il modo con cui conversava scherzando con Will e le sue risposte sarcastiche e stronze, a farlo diventare rosso quando il ragazzo poggiò per un attimo il suo sguardo su di lui. Si ritrovò a chiedersi perché fin da subito erano partiti col piede sbagliato, perché Sebastian sembrasse voler stare distante da lui; entrambi riuscivano a creare una certa affinità con chiunque, ma tra loro non c’erano riusciti e Blaine sperò che quella fosse solo una condizione temporanea.

“Ci dirai la data del rilascio?” Chiese speranzoso l’intervistatore, ridacchiando.

“Ho detto che darò delle anticipazioni, non che vi rovinerò la sorpresa,” rispose suadente, guardando prima Will e poi la telecamera per fare un occhiolino. “Ho deciso di fare qualcosa di diverso, questa volta.”

“Diverso come?” Will poi si girò verso la telecamera, “Adesso siamo curiosi, no?”

“Beh,” Sebastian fece finta di ridacchiare, “ho voglia di canzoni che parlino d’altro oltre la bella vita, i party e quelle cose lì. Io e San abbiamo deciso di fare anche unaltro duetto per l’album e vorrei cantare qualcosa su emozioni diverse di quelle del dopo - sbornia..”

“Qualcosa come l’amore?”

Lui lo guardò sorpreso, battendo più volte le palpebre, “È così che chiami quella cosa che ti fa sentire un idiota e ti fa venire dolore di pancia come se dovessi sempre andare al bagno? Allora sì.”

Ci fu un risolino generale, anche James stesso fece uno sbuffo per mascherare una risata.

“Non  è così male alla fine, e tu dovresti saperlo; nonostante l’amore, le farfalle nello stomaco finisco, dopo un po’.” commentò Will facendo un piccolo sorriso.

Blaine non seppe bene come fosse accaduto, ma per un battito di ciglia il suo sguardo s’incrociò con quello di Sebastian prima che questi, tornando a guardare l’uomo seduto al suo fianco, farfugliasse un “Già,” amaro.

“... Ma credo che con la splendida ragazza che hai, Santana Lopez, questa fase ancora debba arrivare per voi.”
In quel momento un bagliore proprio illuminò quelle iridi verde smeraldo che tutti stavano guardando e nello stesso istante James ed Elizabeth trasalirono. Quella sarebbe stata la fine di tutto. Un pericolo incombente sopra le loro teste. Conoscevano bene quegli occhi espressivi e quel ghigno mellifluo e trionfante.

“Chiedi di staccare la trasmissione, far mandare la pubblicità, qualunque cosa!” Esordì James preoccupato, rivolto alla figlia; lei annuì e scomparve in quello stesso istante a cercare chi di competenza.

Blaine, che non aveva ancora capito cosa stesse succedendo, si voltò a guardare l’uomo al suo fianco, con gli occhi
spalancati, completamente confuso. “Cosa sta succedendo?”

“No, no, no,” rispose Sebastian al posto dell’agente, seduto sulla poltrona al centro dell’inquadratura, accanto a Will, “Ti sbagli purtroppo; i nostri succhi gastrici hanno digerito queste farfalle già da un po’.”

“Perché non mandano la pubblicità?” sbottò a quel punto James, andando su tutte le furie. Si voltò a destra e a sinistra, alla disperata ricerca di poter fermare quello che stava accadendo. “Torno subito,” disse poi rivolto a Blaine, per poi andare via pure lui.

Il moro in tutto quello, non sapendo cosa fare, restò lì, affamato di conoscenza e posseduto dalla curiosità. Voleva capire fino  a che punto Sebastian si sarebbe spinto e quali fossero le sue vere intenzioni; per quanto riguardava il motivo, non era difficile dedurlo: voleva prendersi la rivincita, ribellarsi per così dire.

“Vuoi dirmi che state passando un brutto periodo?”

“Periodo? Non abbiamo mica il ciclo! Solo lei perché è una donna e diventa davvero una gran stronza in quei giorni. No. Dico solo che sinceramente: sto iniziando a stufarmi.”

Blaine spalancò gli occhi. Will fece altrettanto. I cameramen restarono a bocca aperta e calò un silenzio tombale.

“E’ sempre la solita, ma adesso sta iniziando davvero a darmi sui nervi. Non posso fare quello, non posso fare l’altro. Per non dire che è sempre più isterica, sta davvero uscendo fuori di testa! E-“

“Non credi di star esagerando un po’?” lo interruppe Will,  cercando di frenargli la lingua e guardando la spalla del cantante dove un ragazzo in divisa nera si stava sbracciando per attirare la sua attenzione e un altro faceva cenno di tagliare su quell’argomento.

Quella domanda per Sebastian fu solo benzina sul fuoco. Fece una finta risata, senza allegria; “Oh no, direi che sono molto clemente; Non ho mica detto che si diverte a prendere in giro Rachel Berry insieme alle sue amiche Brittany e Quinn, offendendo anche loro alle spalle.”

“Direi che ne parliamo dopo,” cambiò argomento l'altro, poggiandogli una mano sulla gamba. Si voltò verso le telecamere, “perché adesso è arrivato il momento della pubblicità!”

Dopo tre secondi le telecamere si spensero e un mormorio generale investì la quiete di poco prima. Elizabeth comparve quasi per magia al fianco di Blaine, la quale lo afferrò per la mano e fece per trascinarlo con sé verso

Sebastian che, tranquillamente, era ancora sulla poltrona, non degnandosi nemmeno d’ascoltare ciò che Will gli stava dicendo; ma i due ragazzi si fermarono in momento in cui James li superò camminando come una furia e fece loro segno di restare lì.

Sebastian appena lo ebbe di fronte restò immobile, eppure i suoi occhi lo tradirono con un leggero tremito. Dopo un lieve battibecco, la giovane star si alzò e seguì il manager nel camerino.

“Lo sapevo che non era una buona idea fargli fare quest’intervista,” borbottò Elizabeth a nessuno in particolare, battendo ritmicamente il piede a terra ; rossa dalla rabbia. “Quello è un idiota e mio padre ancora gli da fiducia!”

“Beh, almeno i fans sanno che è vivo e sta bene,” cercò di consolarla Blaine, non sapendo che altro dire. La abbracciò e la strinse a sé, sentendo di poco i suoi muscoli cedere a quel contatto.

“Ancora per poco,” rispose poggiando la testa contro il suo petto, “appena Santana saprà di tutto questo, lo ucciderà.”

Blaine fece una smorfia poggiando il mento tra i capelli della ragazza, non trovando niente da obbiettare e non volendo infierire maggiormente.
 

 
Pochi minuti dopo, due minuti prima della messa in onda, Sebastian e James tornarono in sala, entrambi furiosi e rossi in viso come se avessero appena litigato. Si scambiarono uno sguardo d’intesa prima che il ragazzo si allontanasse dall’uomo per andarsi a sedere accanto a Will Shouster.

James tornò dai due ragazzi che si aspettavano qualche spiegazione, ma non spiccicò parola, si mise le mani in tasca e rimase immobile per il resto dell’intervista.

“Tre... Due.. Uno..” Il cameraman fece un cenno con la mano per far capire che erano in diretta e tutti si zittirono.

“Allora Sebastian, stavi parlando-“

“Sai cosa? In estate farò un Tour Europeo, con ben tre tappe in Italia, come tu sai bene amo il cibo italiano e voglio andare a Napoli per mangiare una pizza.”

“Hai intenzione di fare un tour mondiale?” Chiese subito Will, prendendo la palla al balzo.

“Non so, è molto impegnativo come progetto,” rispose accavallando le gambe, “ma sicuramente farò dei concerti in Europa; sono due anni che non mangio del buon cibo!”

“Andresti per il cibo?”

“Per cos’altro, sennò?”
 
 
*
 
 
Se quella mattina Blaine credeva che quella giornata non potesse andare peggio, si dovette ricredere nell’istante esatto in cui lasciarono lo studio televisivo e lui e El presero un taxi per lasciare Sebastian e James da soli.

Purtroppo l’intervista non aveva avuto gli effetti sperati; o almeno non tutti. Tutti adesso erano a conoscenza della sua –quasi- ottima salute, nuove informazioni sul CD sui cui aveva mentito dicendo che ci stava già lavorando, quando in realtà non aveva nemmeno dato un occhiata alle canzoni che alcuni autori avevano scritto per lui; e i dubbi sulla sua false relazione tra lui e Santana, sulla sua omosessualità sarebbero sbucati dal nulla nel giro di poche ore. In poche parole: il quadro generale non era un granché; in compenso, la sua popolarità avrebbe avuto un picco.

Questo non lo disse a Elizabeth mentre pranzavano, in uno dei ristoranti più ricchi e riservati del quartiere più In. Li tutti la conoscevano come la figlia di James e assistente di Sebastian, ciò che diceva poteva arrivare ad orecchie indiscrete; ma quel giorno il rischio non c’era, mangiarono in religioso silenzio, interrotto soltanto per chiedersi di passarsi l’acqua.

Blaine avrebbe preferito parlare, farsi dare delle spiegazioni su.. Tutto; El invece non ne aveva alcuna intenzione e lo si poteva intuire dal modo in cui mangiava guardando il suo piatto. Era nervosa e insolita, di certo quello non era il suo comportamento abituale, sempre pronta a dire la sua e cercare di mettere al posto le cose.

Gli sembrava di non riconoscerla. Anzi, c’era qualcosa che riconoscesse? C’era qualcosa di vero in tutto quello? Si sentiva come se il suo mondo fosse irrimediabilmente cambiato, anche le persone. Non si domandava il motivo per cui Elizabeth e Sebastian si guardavano in cagnesco, non era difficile capirlo, ma quell’odio malcelato che rivolgevano; per mesi tutti gli avevano fatto credere di essere ottimi amici e invece, conoscendo lei, poteva ben dire che non lo erano mai stati. Che tutte quelle feste, festini, divertimenti, scatti equivoci in ogni luogo di loro due, fosse solo Sebastian che ci andava di nascosto e lei che poi lo andava a riprendere? Può darsi, ma questo non spiegava il disprezzo; Elizabeth viveva attraverso degli schemi ben precisi e odiava quando qualcuno li infrangeva, ma lui stesso l’aveva fatto un sacco di volte, ciò nonostante continuavano ad essere come fratelli, nessun risentimento. Che fossero stati insieme? Blaine ci pensò su per tutto il pranzo, guardandola di sottecchi, poi arrivò che era un ipotesi, se non impossibile, quasi; Da quanto aveva lasciato intendere quella mattina Sebastian, lui era gay. O anche se fosse stato bisessuale, non riusciva proprio a immaginarsi loro due insieme come coppia. Elizabeth non avrebbe mai fatto una cosa del genere conoscendo la sua cotta, e anche se era brava a mentire, lui la conosceva bene da poterla scoprire.

Due cose, in tutto questo, erano certe: avevano dei segreti e lei aveva un certo potere su di lui.

In tutto questo, poteva essere certo di dire le stesse cose, seppure in maniera amplificata, per James. Sebastian sembrava letteralmente un altro quando si parlava di lui. L’immagine del ragazzo che quella mattina si bloccava nel sentire il suo nome, era ancora vivida nella sua mente; come se Sebastian ne avesse paura e l’avrebbe pensato davvero se non fosse che conosceva davvero James. Ma infondo, poteva ancora dirlo? Aveva i dubbi anche su quello. Poi capì che lui non aveva paura di James, ma del suo giudizio; non era difficile capirne il motivo. Come lui, anche Sebastian provava molta  ammirazione per l’uomo e si vedeva nel modo in cui gli parlava e stava al suo posto che gli voleva bene. E questa era una cosa che si poteva benissimo vedere dall’esterno; quando erano vicini, Blaine aveva l’impressione che la figura del manager diventasse sempre più grande, mentre quella del cantante sempre più minuta. Era una cosa strana che non gli era mai capitata prima, che nemmeno lui riusciva a razionalizzare, ma che lui percepiva così.

Dopo pranzo,  tornarono a Villa Smythe, dove già dall’entrata ebbero un brutto presentimento; se possibile, i paparazzi si erano moltiplicati da quella mattina. Blaine percorse il vialetto a velocità sostenuta e piantò la macchina di colpo quando ne vide un’altra parcheggiata davanti casa. Elizabeth ebbe la sua stessa reazione, seduta accanto a lui, spalancando gli occhi mentre il terrore s’impadroniva di lei.

“Ti vengo a prendere stasera, ok?” disse svelta, guardando la casa come se dalle finestre vi avesse appena visto passare un fantasma.

“Non mi dovevi fare da mentore e spiegarmi come agire in queste situazioni?” Domandò a sua volta, sorridendo beffardo.

“Vuoi sapere come comportarti?” ripeté lei, slacciando la cintura di sicurezza, “Dattela a gambe,” aprì lo sportello della macchina, “ma siccome non puoi farlo o saresti già licenziato in partenza, il mio unico consiglio è quello di chiamare la sicurezza.”

“La sicurezza!?” disse facendo una smorfia, sicuro che la ragazza stesse davvero esagerando. Andiamo, si trattavano di due ragazzi civili, due star di fama internazionale, non di animali. Scese dalla macchina e sorrise alla ragazza, “Ti chiamo io.”

Dopo essersi salutati ed essere entrato in casa, Blaine si dovette ricredere. Elizabeth non aveva per niente esagerato, aveva ragione a dire di scappare. Già dall’ingresso si potevano sentire con chiarezza le parole urlate dal piano superiore.

Con un po’ di suggestione addosso, si diresse verso le scale e, arrivato al piano superiore, ci mise qualche secondo per capire da quale, tra le tante  stanze della casa, provenissero le urla. Entrò nella stanza  tentennando, gli occhi attenti per poter capire meglio quello che stava succedendo.

E beh, non ci voleva mica un genio. Santana sembrava star per esplodere, rossa in viso, le vene del collo gonfie, gli occhi scuri che brillavano di risentimento, mentre urlava di tutto e di più a Sebastian. Quest’ultimo invece sembrava non sentirla nemmeno, guardandola come fosse un insetto particolarmente disgustoso, spiaccicato sul parabrezza della sua macchina e questo sembrava darle ancora più fastidio. Non si può litigare se non si è in due, no?

“...Ti prenderò a pugni sui denti la prossima volta che dirai una cosa del genere sul mio conto.”

"Ah-ah."

"Dimentichi forse da dove vengo? O chi sono?" continuò l'ispanica spingendolo, "Sappi che un sacco di materiale per poterti spedire in prigione!"

"Secondo te mi dona l'arancio?"

Santana divenne verde dalla rabbia,la discussione peggiorò ancora di più, e anche Sebastian iniziò a rispondere.


*
 

La discussione finì grazie all’arrivo di James, che fece il suo ingresso nella stanza con un mezzo di rose e una piccola scatola in velluto tra le mani. I due litiganti di si ricomposero all’istante, allontanandosi tra di loro. Sebastian ghignò appena, nel vedere la ragazza così a disagio.

“Signorina Lopez,” esordì il manager, con un sorriso dolce, “spero mi perdonerà se non posso dirle che oggi è un piacere vederla.”

“Non ti preoccupare di questo,” rispose lei ancora innervosita, restando ancora sulla difensiva, “Ma di questa mangusta.”

Sebastian la guardò con disprezzo, riuscendo a trattenere a stento la rabbia.

“Sarò felice di prenderne nota,” commentò James, un po’ infastidito da quell’osservazione, ma se ne accorse solo Blaine. Si avvicinò all’ispanica e gli porse ciò che aveva portato, “Sono per lei, in segno di scuse.”

Tutti e tre i ragazzi, sembrarono un po’ sorpresi da quel gesto, tanto che Blaine corrugò le sopracciglia, Sebastian lo guardò per  un momento come fosse un alieno, per poi sbuffare, e Santana intrecciò le braccia al seno, confusa.

“Li prenda, non mordono,” la invogliò James, non vedendola per nulla intenzionata a farlo.

“Ok,” ribetté lei spavalda, afferrando i fiori portandoli vicino al viso per guardarli meglio. “Fanno schifo,” decretò in fine, alzando gli occhi al cielo; li sbatté con forza con contro il petto di Sebastian che si fece male e farfugliò qualcosa d’indistinto mentre il mazzo cadeva a terra.

Blaine la guardò attentamente e, forse per la prima volta in vita sua, provava ammirazione verso di lei. Nonostante la sua facciata da dura e da “Diva” con la D maiuscola, l’avevano capito tutti che James l’aveva sorpresa e il mazzo era stato apprezzato e i fiori più che adorati; ma aveva deciso comunque di comportarsi da stronza e utilizzarli per ferire Sebastian.

“Avendo preso in considerazione questa possibilità, le ho preso qualcos’altro;” continuò James, non dandosi per vinto, porgendogli la scatoletta.

Santana l’aprì, ma da dove era messo Blaine, non si vedeva cosa c’era al suo interno; doveva essere qualcosa di molto costoso, data la faccia sorpresa e meravigliata della ragazza. Subito dopo si ricompose, si schiarì la gola e fece una smorfia sdegnata. “Troppe sdolcinatezze.” disse richiudendo il cofanetto. “MrCristin, questo non mi porterà a cambiare l’idea sulla decisione che ho preso.”

“Lo so,” rispose lui, un po’ afflitto; evidentemente non era ciò che sia spettava dicesse. “Lo prenda come.. Beh, un invito a rifletterci a fondo.”

“Sa benissimo che non lo farò,” era un misto tra un’affermazione e  una domanda; Santana accennò un sorriso e poi lo superò per andare via; si voltò per guardare gli altri due ragazzi come per minacciarli e poi uscì dalla stanza.

Una volta rimasti soli, Blaine ebbe un brutto presentimento. Un’altra discussione stava per scoppiare, sentiva l’elettricità nell’aria. Guardò Sebastian, curioso di vedere se nei suoi occhi ci fosse un qualsiasi segno di rimorso o di scusa, ma trovò solo il vuoto.

Al posto di un’accusa, come si era immaginato, dalle labbra di James, quando parlò, lo fece più che con sé stesso che con loro. “Vado a chiamare qualcuno per ripulire.”

Blaine non sapeva bene cosa sarebbe accaduto una volta rimasto solo con Sebastian; una cosa era certa: non quello che accadde. Si era immaginato che sfogasse la sua frustrazione, che se ne andasse e lo lasciasse lì, da solo; oppure che rimanesse in silenzio, o dicesse qualcosa di acido riguardo tutta la vicenda o- la qualsiasi cosa, ma non che si avvicinasse a lui e gli portasse una mano sotto al mento per potersi guardare negli occhi.

“Dai dillo.”

“D-dire cosa?” Chiese accigliato, ritraendosi subito da quel tocco. Sentiva le guance e le orecchie andare a fuoco, sicuramente era arrossito come un pomodoro.

“Che sei gay, cos’altro altrimenti?”

Blaine lo guardò indispettito, si morse il labbro per non essere maleducato. “Non sono omosessuale, smettila adesso.”

“Sei rosso in volto.”

“Si, per la rabbia,” controbatté subito, facendo qualche passo indietro. Odiava toccare quel discorso, odiava doverne parlare e rimanere con le spalle al muro per confessare. Era una cosa che non si sentiva di dire a Sebastian e c’era quella costante paura a bloccarlo. Cosa sarebbe successo se avesse ammesso il suo orientamento sessuale? Molto probabilmente nulla, Sebastian lo avrebbe pure lasciato in pace, ma sapeva che anche se avesse provato a far uscire quelle parole che affermavano la sua teoria, gli sarebbero rimaste bloccate in gola.

“Scommettiamo che se ti bacio, finiamo per farlo selvaggiamente?”
Quello fu troppo. Blaine spalancò le palpebre e la bocca per la sorpresa, sentendo l’irritazione crescere. “Io credo invece che finiremo per fare un bel niente. Di tutti i disastri che hai causato tra ieri e oggi, il tuo unico pensiero è il mio orientamento sessuale?! Sapevo che eri strano ma così è troppo.”

Per qualche istante, calò un silenzio teso. Blaine sperava che quello servisse a cambiar argomento. Sebastian lo guardò per un lungo istante, come a leggerlo dentro. “Tu non riesci a dire la parola gay, vero?”

“Cos- Certo che riesco a dirlo!”

“Dillo.”

Blaine s’indispettì e per questo dovette fare un respiro profondo per calmarsi. "Io non ti devo dimostrare niente. Invece mi spieghi perché è da stamattina che ti comporti così con me? Quando ci siamo visti, le altre volte, anche se per cinque minuti, eri gentile, simpatico e divertente; conoscevo già il tuo brutto carattere, ma cos’è cambiato dall’ultima volta a oggi? Io non capisco, e tutto quest’accanimento contro i miei confronti? Solo perché tu sei omosessuale o.. O quello che sei, questo non.. Non significa che.. Debba esserlo.. Anch’io, ecco.”

“Bel discorsetto,” Sebastian ghignò, “soprattutto nella parte in cui parlando di finocchi balbetti. Tenero, davvero,” continuò riavvicinandosi a lui, “l’unico motivo per la quale ‘ce l’ho tanto con te’ è che sei eccitante e ruzzolare tra le lenzuola con te è una delle cose che voglio di più, ecco tutto.”

“M-ma ti senti quando parli!?” controbatté Blaine, infuriato e rosso, facendo di nuovo un passo indietro, “No, perché per me non lo fai. Sei disgustoso e devi iniziare a cambiare i toni se vuoi che andremo d’accordo o-“

“O cosa?” lo interruppe Sebastian, strafottente, “Renderai la mia vita un vero inferno? E’ questo quello che vuoi fare? Perché a questo gioco, io sono più bravo.”

“Staremo a vedere,” fu tutto ciò che uscì dalle sue labbra.

“Blaine?” Entrambi i due ragazzi si voltarono di scatto nello stesso momento, trovando James sull’uscio con le mani in tasca, che li guardava pensieroso. “Vieni, ti accompagno alla macchina.”

Lui non se lo fece ripetere due volte, annuì, guardò un per un attimo Sebastian e poi lo superò, facendo scontrare la spalla contro il suo braccio. Affiancò l’uomo e insieme si diressero verso l’ascensore, in silenzio. Non appena le ante si chiusero, James parlò.

“Di’ a Beth che stasera non dormo a casa.”

“O – okay.” farfugliò lui in risposta, confuso, “Perché?”

“Resto qui,” James scrollò le spalle, “dille solo questo e che ci vediamo domani a pranzo. Tu potrai venire domani
mattina verso le nove, io alle nove e mezzo ho un impegno.”

Blaine annuì, rivolgendogli un flebile sorriso. Conosceva la sua espressione e quel tono di voce: era stanco, stressato e arrabbiato insieme, rigido come un manichino. Sembrava un po’ triste, anche.

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto, usciti in giardino, James gli passò le chiavi della macchina, “Non arrivare in ritardo, non voglio prendere un taxi.”

“Sta tranquillo, sarò come un orologio svizzero,” lo rassicurò il ragazzo, allegro, cercando di metterlo di buon umore, ma fallì. Vedere il signor Cristin in quel modo, gli metteva sempre una grande angoscia; era come un padre per lui e quell’espressione spenta, per una persona così solare, sul suo viso non si addiceva. “Perché lo fai?” Chiese ad un certo punto, mentre apriva la portiera. “Il tuo lavoro non è questo; restare qui, a dormire la sera e non –questo dovrebbe essere il mio-,  rimproverarlo come se fosse un bambino e rimediare a tutti i suoi errori. Tu non dovresti solo.. procurargli dei lavori e prenderti chissà quale percentuale dei suoi guadagni?”

James scoppiò a ridere, come se gli avesse appena detto una barzelletta, ma non fingeva. Si ricompose subito e gli rivolse un sorriso sincero, poggiandogli una mano sulla spalla; “Stai passando troppo tempo con mia figlia, inizi a ragionare come lei,” disse scherzando, poi continuò serio: “Questo va oltre il mio lavoro, lo sai tu, lo so io, lo sa El e anche Sebastian; ma ci sono cose che al momento non posso spiegarti e che mia figlia non può comprendere, forse un giorno si, chissà. Quello che voglio dirti è: non preoccuparti per me, io sono un adulto, so quello che faccio, così come che va oltre il mio compito.”

Blaine annuì, rimase per un istante in silenzio, non sapendo bene cosa dire; James era stato chiaro -più o meno- e gentile.

“Ora vai e non mi rigare la macchina!” continuò quest’ultimo, lasciando la presa sulla spalla e allontanandosi.

“Non rimane comunque  un tuo compito quello che fai per lui,” disse solo, sedendosi sul sedile e chiudendo la portiera.

“Neanche quello di farti venire a vivere con noi era un mio compito, Blaine.”

James non era stato duro, non l’aveva rimproverato, aveva parlato normalmente, ma il ricciolo si pentì amaramente d’averlo detto. Mise in moto l’auto e partì per tornare a casa.

Per tutto il tempo della strada non mise musica, rimase solo con i suoi pensieri e ripensò a quella giornata: a Sebastian, a come l’aveva visto nudo e a come prima il solo pensiero l’avrebbe eccitato da morire e reso felice, e di come adesso invece lo faceva soltanto deglutire e gli faceva salire il nervoso. Pensò a come ci aveva provato spudoratamente e come tutto fosse sbagliato. Pensò alla tutta la rabbia che aveva provato quel giorno, costantemente. Pensò a quante cose non sapesse e perché i Cristin venivano disprezzati così tanto da Sebastian.

Era confuso.

Pensò soprattutto a ciò che aveva detto a James e come si era intromesso nei  suoi affari. Si sentiva incolpa e stupido; era stato così ipocrita e superficiale. Aveva parlato proprio lui. Ripensando a quella giornata non si sentiva nemmeno sé stesso; era possibile cambiare in un solo giorno?

O forse era lui, che non si ricordava chi era veramente? 



 

Okokok, so che il capitolo è ancora più WTF del precedente (se non si fosse capito è proprio questo il bello) e dovrei darvi davvero tante spiegazioni, ma al momento devo scappare e proprio non posso. 
 
Ci tenevo a precisare però una cosa che ho dimenticato di dire nelle note del prologo: Questa è una storia romanzata e so benissimo che i personaggi famosi (dello stesso calibro di questo Sebastian) lavorano con un sacco di persone oltre che con la stilista, manager ecc ecc, e voi capirete che per vari motivi non posso inserirli tutti, ma farò del mio meglio ;) 
Detto questo, al prossimo capitolo! 
Tanti baci e unicorni per voi!
Keros_


P.s. vorrei ringraziare tutte le persone che leggono, recensiscono o hanno inserito la storia tra preferite\ricordate\seguite.
 
   
 
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