PROLOGO

Tolsimir ripose la penna e sistemò il calamaio. Si alzò dalla sedia e raccolse le sue cose, spostandole verso l'uscita dalla piccola cabina sottocoperta, poi tornò sui suoi passi. Si voltò di nuovo verso il giaciglio sulla sinistra, dove riposava la sua Shily e rimase a guardarla con sguardo incantato. Molti ricordi gli affioravano nella mente, alcuni positivi, altri meno, ma tutti degni di essere rivissuti, almeno a giudizio dell'elfo.

Agitò il capo quasi a scrollarsi di dosso la dimensione onirica che la visione di quel viso dolce frastagliato di rossi capelli lisci gli aveva affossato nella mente: per quanto tempo era rimasto immobile a fissarla? Nemmeno lui stesso sembrava esserne consapevole.

Ma ora doveva andare. Avrebbe lasciato detto al capitano di salpare quella notte stessa, di portare Shily lontano da lì. Cosa sarebbe successo poi, lo ignorava, anche se temeva qualche strana reazione da parte dell'infiammabile indole della sua amata. Ma era ormai deciso.

Quella stessa notte, egli sarebbe andato incontro al suo destino. Ormai sentiva di non avere più nulla da perdere.

Nella stanza, accanto al letto, il vestito rosso preferito da Shily era stato fatto rammendare e ripiegato con cura: su di esso, un foglio intriso di inchiostro e lacrime, parole amare di un amore perduto o dimenticato, strade ormai divise da un cuore trafitto.

Mia amata Shily,

sono soltanto a un passo da te, seduto a scrivere queste righe. Mi volto a guardarti sognante, spesso, forse troppo. Se non ci fosse altro che il tuo viso a occupare la vista per tutta l'eternità, il mio cuore non potrebbe immaginarsi più felice. Il mio sguardo si accoccola fragile sui tuoi occhi chiusi, sulla tua pelle liscia, sulle tonalità cremisi della tua bocca che nella pace del sonno finalmente non digrigna parole rabbiose. La mia mano invece scorre lenta e incerta su questa pagina, perché la mente le comanda di scrivere parole difficili da accettare.

In questi giorni tante cose sono successe, molte sono cambiate, alcune sono state sconvolte. E ogni notte l'ho trascorsa immerso nei pensieri e nei dubbi. Più volte ho cercato di capire quanto di vero ci fosse nelle tue parole: ancora adesso non saprei distinguerlo. Non credo che il tuo cuore gelido, che avevi scaldato soltanto per me, abbia cessato di battermi addosso, come un tempo. Non credo che ciò che vedevo nei tuoi occhi possa essersi consumato sino alle ceneri di un ricordo sfilacciato. Non credo che la mia vita possa più essere quella di un tempo e mai mi darò pace per questo. Tuttavia ho deciso, rispetterò la tua scelta.

Ti lascerò percorrere la tua strada da sola, ti lascerò tornare sul tuo sentiero solitario, quello che percorrevi la prima volta che ci siamo incontrati. Non ci sarà più il tuo elfetto a infastidirti, a dirti cosa è giusto o non è giusto fare, a farti arrabbiare, a farti sorridere, a farti piangere.

Lascerò solo una cosa per me stesso.

Troverò chi ci ha fatto tutto questo, chi ti ha portata via da me. E stavolta non conoscerò il significato della parola perdono, farò tutto quello che ti avrei detto di non fare. E credo proprio che mi piacerà. Nell'attimo in cui trafiggerò il suo cuore o sarà lui a trapassare il mio, il mio destino sarà compiuto. Tutto quello che verrà dopo, vivrà nella sola speranza di rivedere i tuoi occhi viola, risentire il tuo respiro su di me, le mie labbra sulle tue.

Un giorno, in questa vita o nell'altra.

E semmai dovessi avere bisogno di me, non dovrai fare altro che voltarti ad ovest al tramonto, ove l'ombra del lupo nero saluterà il congedarsi del Sole e seguirà i tuoi passi delicati guidata dal soffio di eterno amore.

Tuo, al di fuori del tempo, Tolsimir