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Autore: Talulah    17/12/2013    3 recensioni
<< Un piccolo movimento fece dirigere gli sguardi di tutti verso uno dei migliori palchi, verso una splendente nobildonna, e un magnifico gentiluomo.
“ Lo zarevic! “ sussurrò qualcuno, “ è arrivato finalmente!”
Un silenzio stupefatto e incantato accolse la loro entrata, e dopo pochi minuti mormorii, bisbigli e sospiri sognanti riempirono la sala. (...)
Il teatro sprofondò nel silenzio, tutti erano impegnati a non perdere neanche un attimo di quel raro momento. Lo zarevic si avvicinò lentamente alla sua dama, per poi prendere la sua mano e portarla alle labbra con una naturalezza così elegante e perfetta da essere disarmante. Osservai la scena con una punta di invidia e triste desiderio. Quanto le sarebbe piaciuto ricevere un baciamano così regale, così perfetto, sarebbe stato un sogno se un gentiluomo l’avesse guardata con quell’emozione unica trasmettendole quell’attaccamento profondo. Sarebbe stato il sogno di tutte.. Avevo avuto molti corteggiatori essendo di ricca e nobile famiglia, ma mai nessun uomo mi aveva trattata come il Granduca stava facendo con la sua dama. Che signora fortunata, pensai con la triste invidia che si acuiva sempre più.
Non saprei ben dire quanti cuori sognanti infranti ci furono a teatro quella sera.. >>

Una storia piena di passione, amore e veleno, fatta per far sospirare le sognatrici. In un epoca dove tutto è basato su ricchezza e nobiltà, può l'amore vincere su tutto?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Russian Royal Family'
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Capitolo VII

A caccia di fanciulle

 















Mi guardai attorno, aspettando di riuscire a riprendere ed elaborare quello che era appena successo.
Guardai il mio vestito. Era tutto così terribilmente sbagliato. O era la mia vita ad essere talmente sbagliata da farmi sembrare ciò che era giusto sbagliato? Non lo sapevo. Sapevo soltanto che quello non era il mio mondo, che volevo tornare nella mia casa decente con i quotidiani abiti decenti.
Tutto quello.. Non ero io, non era per me, non era dove sarei dovuta essere. Così ingenua ero stata. Un’avventura del genere avrebbe potuto rovinare il modo di vedere le cose.. Il modo giusto. Se poi giusto era.
Mi toccai le labbra, sentii quella bocca calda, morbida e carnosa premuta contro la mia, quei capelli così soffici fra le mie dita. Mi morsi il labbro inferiore, cercando di trattenere un gemito e qualche lacrima di frustrazione. Avevo dato il mio primo bacio ad un uomo che, probabilmente, fra qualche ora non avrebbe ricordato neanche il proprio nome. Serrai le labbra, mi sistemai il vestito, e raccolsi in una disordinata pettinatura i miei capelli. Volevo andare via di lì, sentirmi nuovamente al sicuro. A passo svelto mi avviai verso la grande villa in fiamme. Entrai, ritrovandomi numerosi intrecci di corpi, balli sudici e scandalosi. Aggrottai la fronte, cercando in mezzo a quella folla di poco raccomandabili,  Ralph, oppure Jessica.
Sussultai improvvisamente sentendo una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai di scatto verso una Jessica pallida e disordinata. Annuii, avendo capito cosa volesse. Dovevamo trovare Ralph ed Andrew e andarcene al più presto da quel posto così dissoluto. Presi per mano Jessica, avendo individuato Ralph bere e chiacchierare con un uomo mascherato. Di tutta fretta arrivammo di fianco a lui. Lo scossi per un braccio attirando la sua attenzione.
<< Ralph, vogliamo andare via.. Vi prego ci porti via da qui, subito. >> dissi ferma e risoluta cercando di non fare tremolare la voce.
I miei sforzi erano vani. Ralph era brillo, e di certo la mia voce non gli interessava. << Ma certo belle donzelle, trottiamo verso il tramonto! >> disse con la voce impastata, rivolgendo un veloce cenno di saluto all’uomo mascherato, per poi avviarsi traballante verso la pista da ballo.
Un po’ incerti uscimmo dalla villa.
<< Ralph, mio fratello, dove si trova? >> chiese la marchesina con gli occhi rossi  e lucidi che parevano ancora più grandi su quel volto così pallido.
<< Non preoccupatevi signorina! Vostro fratello rimarrà qui fino all’alba temo, me l’ha riferito poco fa! Affitterà una carrozza.. >> borbottò perplesso aggrottando le sopracciglia, come se non riuscisse ad afferrare il senso delle sue stesse parole.
Jessica annuì ed io, stanca, non feci domande. Pagammo lo stalliere per recuperare la nostra carrozza. In pochi minuti fummo all’interno del sicuro abitacolo, in cui mi catapultai sollevata.
Sospirai guardandomi il vestito. Come ero stata stupida, indecente. Eppure non riuscivo a pentirmi proprio di tutto. Quel bacio, aveva risvegliato qualcosa dentro di me, forse la mia anima. Sentivo il cuore pompare forte al solo pensiero. Come era stato bello quel bacio. Sicuramente la colpa era tutta di quella mistura..
Mi addormentai rigida, stringendo forte la maniglia dello sportello.
 
 
 
<< Vostra Grazia? Signorina? >> sentii scuotermi. Ralph, la voce di Ralph.
Socchiusi gli occhi, con il cuore che batteva forte per lo spavento del brusco risveglio.
<< Siamo quasi arrivati.. Svegliatevi Vostra Grazia >> sussurrò l’uomo.
Spalancai gli occhi di botto, raddrizzandomi e vergognandomi immediatamente per essermi addormentata. Che maleducata, pensai avvampando. Nel dormiveglia raccomandai a me stessa che l’indomani sarei stata una perfetta giovane donna.
Ringraziai Ralph e scendemmo dalla carrozza. Vidi Jessica sempre più pallida e tesa. Non ebbi la forza di chiederle cosa le fosse accaduto. Il sonno cominciava a divorarmi. Le serve ci portarono in una grande stanza con un letto altrettanto spazioso. Ci spogliarono, struccarono e pettinarono, mettendoci poi le nostre vestaglie, senza intimo: oramai Jessica ed io non riuscivamo neanche a reggerci in piedi. Mi misi nel grande letto, sotto le coperte fresche. Sentii Jessica addormentarsi al mio fianco e stringermi il busto. Il sonno, nero e pesante, ci avvolse immediatamente.
 
 
 
Mi risvegliai, confusa e stordita, udendo dei rumori. Socchiusi gli occhi. Splendenti lame di luce filtravano dalle tende. Doveva essere mattino inoltrato, il sole era già forte e caldo, alto nel cielo. Mi voltai verso le due serve che avevano cominciato a ripulire la stanza, mi misi seduta passandomi una mano sul volto, cercando di fermare il fiume di ricordi della notte appena passata.
<< Ben svegliata milady >> mi disse una serva con tono dolce. Una giovane ragazza.
<< Che ore sono? >> mormorai, cercando di sbarazzarmi della pesantezza dalle membra, dell’intorpidimento della mente.
<< L’orologio ha rintoccato il mezzogiorno circa mezz’ora fa, milady >> mi rispose, ritta e composta con un sorriso sul volto.
Sbarrai gli occhi, rendendomi conto dell’orario. Cielo, sarei dovuta essere a casa per l’ora di pranzo. Mi alzai immediatamente dal letto, traballando per le vertigini.
<< I miei abiti.. Mi servono i miei abiti e qualcuno che mi aiuti ad indossarli! >> dissi con tono autoritario. Il tempo scarseggiava, la fame m’attanagliava.
<< Immediatamente milady, il vostro bagno è già pronto >> mi sorrise, scortandomi in una grande stanza piena di vapore.
Feci una smorfia ricordando Eveline e la sua inefficienza.
<< Perfetto, ti ringrazio. Una di voi dovrà recuperare i miei abiti ed aiutarmi ad indossarli, fate in fretta >> raccomandai, sciogliendo i lacci della vestaglia facendola scivolare fino alle mie caviglie, e slegando i miei capelli che morbidi e spettinati caddero in onde scomposte.
Mi immersi nella vasca, velocemente mi passai gli oli profumati sulla pelle e sui capelli. Alcune serve mi risciacquarono fino a quando, pronta, non mi avvolsi in un panno e non venni scortata all’interno della stanza.
Dopo circa un quarto d’ora ero pronta. Andai allo specchio, beandomi soddisfatta del risultato. Adesso si che parevo una signora composta. I capelli erano stati legati in una lunga ed unica treccia che solcava tutta la schiena, il corpo era fasciato da un delizioso abito celeste pastello, dalla gonna non troppo voluminosa, un corpetto rigido che fasciava la stretta vita, maniche in pizzo che ricoprivano appena i gomiti, e una scollatura quadrata, composta. Dei quanti bianchi in pizzi ricoprivano le mie mani, e al mio collo faceva bella mostra di se un girocollo di perle, abbinato gli orecchini. Gli occhi, parevano più splendenti e chiari che mai. Ringraziai le serve, e a passo svelto mi avviai fuori dalla camera, scesi le scale e proseguii dritto, ritrovandomi nella sala accanto alla cucina. L’odore del latte caldo e del pane appena sfornato mi fece luccicare gli occhi. Mi feci servire del latte, con pane e marmellata; per il momento era il meglio per recuperare le energie perse.
Finito di mangiare il più velocemente e compostamente possibile la mia scarsa colazione, mi misi subito alla ricerca di Jessica. Dopo qualche minuto di ricerca in giro per la magione decisi di chiedere ad una cameriera che, paonazza in volto mi rispose che la marchesina era andata a fare una passeggiata nel parco con la severa richiesta di non essere disturbata per nessun motivo. Ritta sul posto congedai la serva. Il comportamento di Jessica era strano, dalla notte scorsa avevo trovato fin troppo anomalo il suo volto pallido e tirato per il carattere allegro della marchesina… Velocemente gettai un’occhiata all’orologio a pendolo che confermò le mie peggiori ipotesi: il tempo non era dalla mia parte. Corsi verso il portone principale della grande casa, richiamando il maggiordomo e dicendo di riferire alla marchesina che ero dovuta andare via e di ringraziare sia Jessica sia Andrew per la cortese ospitalità. Entro pochi minuti fui nella mia carrozza, pronta a ripartire alla volta della mia solita casa, della mia solita vita.
Guardai fuori dal finestrino improvvisamente triste. Avrei mai potuto essere me stessa con un uomo? Un uomo che mi sarebbe piaciuto? Avevo visto fin troppe donne tristi, ferite, tradite e sole, nonostante la presenza di mariti e servitù… Era quello il mio destino? Una vita così triste? Cominciavo a sentire il mio cuore… Che voleva essere con un solo giovane uomo.
Un solo giovane, pericoloso, impossibile uomo. Se mi fossi innamorata… Se ero così stupida da star già cominciando ad innamorarmi…
Al solo pensiero, mi presi il capo fra le mani, cercando di calmare i brividi ed il batticuore, la fame improvvisamente scomparsa sostituita da una fastidiosa stretta allo stomaco. La carrozza s’arrestò di colpo, ed io rizzai il capo di scatto, cercando di sistemarmi. Un valletto venne ad aprire lo sportello e ad aiutarmi a scendere, ed io trafelata corsi attraverso il piazzale e l’entrata della grande reggia. Mi diressi in cucina, dove vidi sul grande tavolaccio di legno le portate ormai fatte ritirare dalla sala da pranzo. Mi sentii in colpa per il ritardo e feci una sospiro. Feci per andare nella mia camera a riposare quando sentii dei singhiozzi. Subito riconobbi la piccola voce e, preoccupata, mi avvicinai verso la porta sul retro della cucina che dava sul vasto giardino e, seguendo attentamente il flebile pianto, arrivai ad un fagotto di vestiti infangati. Il cuore mi si strinse.
<< Josy.. >> chiamai dolcemente cercando di non spaventarlo.
Il bambino sollevò di scattò il capo, i grandi occhi lucidi e arrossati per il pianto. Grandi lacrime gli solcavano il piccolo viso.
Mi avvicinai con cautela, accovacciandomi con difficolta per la vaporosa gonna. Gli carezzai il capo e la schiena, sussurrandogli parole dolce per tranquillizzarlo. I singulti si calmarono nel piccolo corpicino e Josy finalmente rialzò il capo.
<< Cosa c’è che non va, tesoro? >> gli sussurrai, preoccupata.
A quella domanda il mento del piccolo Josy riprese a tremolare e gli angoli della piccola bocca s’inclinarono pericolosamente verso il basso. Lo abbracciai baciandogli il capo.
<< Va bene, potrai parlarmene quando vorrai tu, d’accordo? >>
Josy in risposta abbassò il capo in un muto assentimento.
Mi morsi il labbro, pensando velocemente, << ti va di venire con me a fare una passeggiata? Oltrepasseremo il bosco… C’è un gran bel ruscello sai… >> buttai fintamente a caso l’informazione.
Josy s’illuminò in viso, asciugandosi poi con la piccola mano sudicia il bel visetto tondo, e annuendo restio. Si alzò e cominciando a correre si allontanò da me. Mi alzai subito, cercando di raggiungerlo.
Josy si fermò per aspettarmi, e una volta vicina mi prese per mano in silenzio. A passo calmo superammo il piccolo boschetto, arrivando ad uno grande spazio aperto, pieno di fiori e erba verde, fin troppo alta per me. Vidi poco più in là il ruscello.
<< Visto? >> gli dissi con un sorriso puntando il ruscello con un dito, << eccolo lì Josy! >> gli strinsi un poco la manina.
Josy ridacchiò e subito corse in direzione del corso d’acqua. Lo seguii, pensando che lì, in quel piccolo posto nascosto agli occhi del mondo, non sarebbe stato grave divertirsi solo un po’. Raggiunsi Josy che ormai aveva i vestiti fradici, ma almeno il visetto limpido e pulito. Ridacchiava mentre si spruzzava i vestiti di acqua e appena fui a portata di schizzo, fui preda del piccolo Josy che senza pietà m’infradiciò il vestito ed i capelli. Cercando di contenere le risate assunsi una finta espressione sconvolta che fece ridere Josy ancora di più. Dopo essermi vendicata con qualche schizzo e cercando di acchiappare la piccola peste incredibilmente agile e veloce, mi avvicinai al ruscello mentre Josy intraprendeva qualche giravolta sporcandosi nuovamente di fango.
Facendo attenzione presi un fazzoletto di stoffa da una delle tasche nascoste della gonna bagnata, e me lo premetti sul viso, tamponando, cercando di asciugare l’acqua. Ma non bastava: i capelli gocciolavano e infradiciavano nuovamente il viso, ed i vestiti erano ancora bagnati, tardavano ad asciugarsi in quella fredda giornata di inizio febbraio. Per fortuna indossavo molteplici strati di tessuto, altrimenti un brutto malore sarebbe stato assicurato. Buttando frequenti occhiate a Josy,  assicurandomi di essere ad una distanza di sicurezza, mi allontanai di un po’, dando le spalle al piccolo ma tenendo le orecchie ben in ascolto.
Raggiunta una tranquilla e non troppo lontana sponda del piccolo corso d’acqua, cominciai a sbottonarmi il vestito, giusto quello che bastava a tamponarmi il corpetto bagnato e appiccicoso al contatto della serica pelle.
Il fazzoletto s’inumidì subito, così non persi altro tempo e in fretta alzai la gonna strizzando i lembi più fradici e così notai che le calze era rovinate, graffiate e sporche di fango e per di più, terribilmente irritanti al contatto con la pelle. Prima di avere l’opportunità di ripensarci, afferrai una giarrettiera per tirarla giù. Chi mai avrebbe potuto vedermi, in ogni caso?
Il fragore di uno sparo si diffuse nell’aria. Lanciai un gridolino spaventato, scivolando sul terreno bagnato per lo spavento e finendo con le ginocchia per terra. Sorreggendomi con le mani, il mio sguardo si precipitò immediatamente su Josy che sembrava spaventato, ma illeso. Sembrava guardare con intensità un punto preciso.
La furia m’invase. Chi diavolo aveva l’ardire di cacciare in quei posti? Ero quasi sicura di essere ancora sulla mia proprietà ed in ogni caso, non era forse pericoloso cacciare nelle vicinanze di abitazioni? Inspirai furibonda, sentendo delle grida di uomini in lontananza. Oh, gliene avrei dette quattro a quei mascalzoni! Improvvisamente, mentre cercavo di tirarmi su mi ricordai improvvisamente dello stato poco signorile in cui mi trovavo: i capelli fradici e disordinati erano ormai slegati, sentivo che il petto e il viso avevano assunto varie sfumature di rosso in maniera poco protocollare, le mani erano infangate, le calze strappate che non avevano minimamente attutito la caduta e che per questo avevano sbucciato le mie care ginocchia, il vestito era lercio, umido e spiegazzato e le mie adorabili scarpine erano in riva al ruscello.
Come se non bastasse, lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli si faceva sempre più vicino.
Questa era sicuramente una di quelle situazioni che Yolande avrebbe definito… Spiacevoli. 
Restai paralizzata per qualche secondo per poi togliermi in fretta e furia le calze. Una giarrettiera si strappò e rimase umida e pizzicante attaccata alla coscia, ma non v’era tempo! Le appallottolai buttandole poi in un cespuglio e corsi al ruscello per recuperare le scarpette, recuperai la prima e con il panico che dilagava e che insieme al freddo mi faceva battere i denti, cercai freneticamente l’altra scarpetta. Sentii i veloci piedini di Josy che correvano per raggiungermi e nascondersi dietro la mia gonna. Tremando dal freddo immersi un piede nell’acqua gelata intenzionata a raggiungere quello che ormai rimaneva di quella che una volta era un’elegante scarpetta da passeggio. Mentre tentavo di avvicinarmi, cercai di dare una parvenza di compostezz ai capelli umidicci, legandoli in una lunga treccia un po’ sformata.
Non feci in tempo ad acchiappare la mia scarpetta ed uno dei cacciatori mi raggiunse. M’immobilizzai per la furia, lo spavento e l’umiliazione, lo sguardo basso fisso sulla scarpetta.
Sentii distintamente degli uomini gridare in lontananza, ma uno era già lì, lo sapevo, lo sentivo.
Appena all’inizio di quello spiazzo erboso, si avvicinava lentamente a cavallo di una grande bestia scura, un giovane uomo dai capelli biondo rossicci.
Alzai lentamente lo sguardo e il fiato mi si mozzò incontrando un viso cupo dagli adombrati occhi color blu cobalto. Lo sguardo insolente mi squadrò da capo a piedi e le viscere mi si contorsero spasmodicamente.
Possibile che il mio destino fosse incontrarlo ovunque mi ritrovassi e in stati quasi sempre pietosi?
La grande bestia avanzò ancora pericolosamente ed io incespicai sul terreno freddo respirando affannosamente e rendendomi conto solo in quel momento di stringere ancora in mano la scarpetta. Il tremore aumentò e sentii anche Josy scosso da qualche sporadico singhiozzo, terrorizzato dalla vista di quel gigantesco uomo a cavallo.
<< State spaventando il bambino, Vostra Altezza, vi prego di fare indietreggiare il… Cavallo…>> mormorai poco convinta ma guardandolo negli occhi.
Sotto la luce di quel flebile, freddo e grigio sole, la sua pelle pareva d’alabastro, incredibilmente perfetta. Ricordai come sotto le dita aveva la consistenza della seta, così liscia, morbida e delicata.
Era un viso così giovane, quello e che pareva anche in gran forma, anche dopo una notte come quella appena passata.
Aleksej mi rivolse un sorriso beffardo, << qui la più spaventata mi sembrate voi, duchessa >> disse in tono ironico.
Espirai con forza, cercando di mantenere la calma e controllare il tremore. Feci per aprire la bocca e rispondere per le rime a quel principe presuntuoso, ma il Granduca mi battè sul tempo, con quel freddo accento russo.
<< Shchekolda*! Così finirete per fare congelare voi ed il bambino! >> proruppe con una luce strana negli occhi, smontando da cavallo.
Lo sguardo di Aleksej si era soffermato fin troppo sulla candida pelle scoperta del mio corpo ma in quell’istante non gli diedi la giusta importanza, troppo presa dal brivido che mi aveva percorsa al suono di quella parola così…
<< Cosa vuol dire? >> mormorai.
<< Cosa? >> chiese distratto, aprendo un borsa al lato del cavallo, da cui ne uscì una coperta.
<< Quella parola… Quella che avete detto prima… >>
Rimase interdetto per un attimo, come se non si fosse neppure accorto di aver parlato nella sua lingua madre << Niente che una signorina per bene dovrebbe sapere >> disse lanciandomi un’occhiata, << ma voi non credo siate una signorina per bene, in effetti >> mormorò con un sopracciglio alzato.
Avvampai sconvolta, << ma come osate! H-ho avuto la migliore educazione che una giovane donna d’Inghilterra possa desiderare! >> risposi affannata pensando che questo ovviamente non cambiava il fatto che il giovane principe mi aveva già sorpreso in atteggiamenti indecenti… Sentii il sangue affluire alla testa, << e poi voi non sembrate avere freddo, vestito così leggero! Perché dovrei averne io? >> borbottai, pentendomi immediatamente per quel tono e quella risposta da fanciulla lagnosa.
Lo sguardo dello zarevic si fece di pietra,
<< Io sono abituato a ben altre temperature, Vostra Grazia! E adesso smettetela di parlare e prendete questa dannata coperta, la porto sempre con me in caso di emergenza quando vado a cacciare, non sarà un granché ma almeno è pulita! Se non per voi, almeno per quel vostro povero bambino che sembra stia congelando! Avanti, non vi scotterà le dita! >> sbottò brusco, tendendolo con uno brusco gesto del braccio.
<< Non imprecate contro di me! >> dissi, il viso in fiamme.
Sotto lo sguardo freddo e scrutatore di Aleksej, accettai di malavoglia la coperta e con tutta la dignità che mi era rimasta, mi accovacciai vicino a Josy e gli avvolsi con cura la coperta sui vestitini fradici. Il piccolo nascose la testa nella coperta.
<< Attento tesoro, non sporcare la coperta, dobbiamo ridarla al Signore… >>
Josy nascose il viso ancora di più.
<< Non importa >> disse Aleksej, guardando attentamente il bambino.
Si avvicinò a Josy, gli si accovacciò accanto e scostando le coperte gli prese il piccolo volto pallido e bagnato di grosse lacrime fra una grande mano pallida, osservandolo.
<< Non v’assomiglia >> disse in tono piatto, << e cosa dice vostro marito a proposito delle vostre scorribande? O il poveretto è forse all’oscuro di ogni cosa? E quando mettete in pericolo la vita del suo erede, facendogli rischiare di buscarsi una polmonite, vi sorride comprensivo? >>
A quel tono e a quelle parole così taglienti, impallidii e balbettai una risposta incerta, << N-non è mio figlio… Ed io non posseggo un marito, Vostra Altezza… >>
Le sopracciglia del principe si aggrottarono e sotto quello sguardo così schietto, abbassai il capo, torturandomi la gonna.
<< E allora chi è il ragazzo? >> borbottò.
<< Il nipote della mia cuoca, Vostra Altezza >>
Mi guardò stranito, come se non avesse mai visto nessuno che perdesse il proprio tempo con i figli della servitù. Poi annuì distrattamente, inclinando leggermente il capo e continuando a guardare Josy che ormai non sapeva più dove nascondersi per evitare quello sguardo.
Spostò lo sguardo su di me, guardandomi attentamente gli occhi, i capelli, la bocca, il seno e ciò che rimaneva della mia bella gonna. Poi fissò lo sguardo… Sul mio braccio?
<< Sono calze, quelle? >> domandò con una smorfia, osservando in realtà un punto alle mie spalle.
Avvampai violentemente e non riuscii a trattenere una risatina nervosa, coprendomi gli occhi con le mani.
Avrei tanto voluto morire.
Si sentì poco lontano lo scalpitio di alcuni cavalli ed alcune grida in quello che doveva essere russo.
<< YA zdes’*! >> gridò Aleksej ed io sentii di nuovo quel brivido, mentre i suoi occhi erano sempre fissi su di me.
I cavalli si fecero sempre più vicini, fino a quando all’inizio del piccolo spiazzo erboso, spuntarono quelle che dovevano essere le guardie personali di Aleksej.
Una delle guardie, si avvicinò di un poco rivolgendosi poi al principe, << Bud'te zdorovy, Vashe Vysochestvo? >>
<< Da >> disse non staccando mai lo sguardo da me, << aspettatemi lì >> disse facendo un gesto con la mano verso un posto della radura da cui sbucò un altro uomo elegantemente vestito, a cavallo e che, incredibilmente, non aveva l’aria di essere russo. Si avvicinò ed io in fretta cercai di riabbottonarmi il vestito e rassettarmi la gonna. Ero fradicia e sporca, ma almeno coperta.
L’uomo mi lanciò un’occhiata stranita che poi si trasformò in una lunga occhiata d’apprezzamento, mentre Aleksej sospirava pesantemente.
<< Vostra Altezza, ero così preoccupato, pensavo vi fosse accaduto qualcosa… >> disse l’uomo con aria apprensiva.
<< E’ tutto ok, John, sto bene >> sospirò come infastidito da tutta quell’eccessiva preoccupazione nei suoi confronti.
<< Ne sono lieto, Altezza… E voi, signorina, chi siete e cosa fate qui? Questa è proprietà privata… >> disse in tono di rimprovero.
D’improvviso mi ricordai dei nostri vicini. Quello doveva essere John Fane, il conte di Westmorland. Ed io ero ridotta in stracci, d’avanti a lui, per di più sulla sua proprietà a quanto pareva.
<< Oh, perdonatemi signore, io non sapevo di essere sulla vostra proprietà, credevo di essere ancora sulle mie terre in realtà.. Scusate, andrò via immediatamente…>> mormorai pallida, facendo per chinarmi su Josy che osservava interessato.
<< Le vostre terre? Non vi è un uomo a badare a voi, duchessa? >> replicò Aleksej, stizzito.
<< In realtà, Vostra Altezza, vi è una donna a badare alla mia fragile persona >> risposi piccata con un lieve sospiro mentre il Granduca continuava a guardarmi con espressione sempre più dubbiosa, << e ora, vogliate scusarmi per avere disturbato la vostra battuta di caccia signori, è un errore che non si ripeterà più e con il vostro permesso, vi lascio ai vostri impegni… >> mormorai non sapendo che altro aggiungere, vista la precaria situazione, cominciando a sollevare la malandata gonna e carezzando il capo del piccolo Josy, ancora intimorito.
 << Un momento.. >> disse l’uomo scendendo da cavallo, << voi siete la duchessina de Polignac, vero? La trovatella di Gabrielle! >> proruppe improvvisamente illuminato.
Strinsi le labbra a quell’appellativo. Venivo chiamata “trovatella” dagli aristocratici che, spesso e volentieri, si divertivano a mettermi a disagio. Mi sentivo esausta, troppo stanca anche solo per lenire il mio orgoglio ferito, ma forse qualcosa nell’espressione del mio volto balenò.
<< John >> sentì quella voce riprenderlo in maniera brusca.
<< Oh perdonatemi Vostra Grazia >> replicò il conte, con un espressione di puro dispiacere, << a volte parlo senza prima riflettere… Accettate le mie scuse, vi prego >> disse con le sopracciglia aggrottate, la bocca socchiusa e torturandosi le mani mentre mi scrutava bene in volto.
Trovai alquanto ilare la situazione, quindi, con un mezzo sorrisetto, accettai le scuse.
<< Non mi avete ancora perdonato, milady, me ne accorgo dal vostro sguardo >> disse con un sorriso cordiale il conte.
Arrossii leggermente non sapendo bene cosa dire, perdendo tempo nel torturare la gonna già malconcia.
Sentii Aleksej sospirare, << che cosa avete in mente, John? >> domandò freddo.
<< Mi è venuta un’ottima idea per farmi perdonare >> disse con un luccichio negli occhi, << milady, so che siete qui a Londra da poco e dovreste sentirvi un pesce fuor d’acqua credo…Fermatevi se mi ritenete inopportuno milady, alle volte lo sono senza accorgermene >> rispose arrossendo un poco ma mantenendo lo sguardo fermo.
<< Continuate pure, Lord Fane >> dissi con un sorriso timido e curioso.
<< Avete mai sentito parlare di Almack’s, milady? >> domandò curioso il conte che, vedendomi strabuzzare gli occhi, sorrise con un luccichio malizioso nello sguardo, << oh ma certo che ne avete sentito parlare! >> si rimbeccò allegramente.
<< Per l’amor di Dio John! Dove volete arrivare? >> lo riprese brusco Aleksej.
<< Vostra Altezza, avevo pensato di invitare Sua Grazia da Almack’s domani sera. Non ci siete mai stata milady, vero? >> domandò con un sorriso.
<< No milord, ne ho sentito parlare, ma non ho ancora avuto il piacere di partecipare ad una serata del Club… >> mormorai arrossendo un poco.
Il Conte però, era particolarmente schietto, e infatti… << Immagino che non sarebbe stato facile per voi parteciparvi, vista la situazione… Gli aristocratici sono così pignoli sui titoli nobiliari e più antichi sono e più gli aggrada >> disse con un sospiro.
Aleksej era rimasto in silenzio ad ascoltare, le sopracciglia leggermente aggrottate e dritto come un fuso.
<< Milord, voi sapete già quindi che nonostante il mio titolo riuscire a fare parte del club, per me, non sarebbe facile… >> borbottai in imbarazzo sperando che la conversazione si chiudesse il prima possibile.
<< Milady, con delle degne raccomandazioni, anche voi potreste avere le giuste opportunità che vi spettano >> sorrise.
Sussultai, avvampando al pensiero. Era umiliante aver bisogno di raccomandazioni per entrare a fare parte della società decente. Ma io ero solo una trovatella. A labbra strette, mentre la mente divagava pensando che tutto questo stesse succedendo proprio davanti a lui, proprio davanti al Principe e che il conte aveva implicitamente consigliato una raccomandazione del Granduca… Mi ritornarono alla mente le immagini della precedente nottata, e un violento rossore si impadronì del mio volto. Non riuscivo ancora a crederci, se fossi stata nel pieno delle mie facoltà non mi sarei mai lasciata andare fra le sue braccia in quel modo, come una donna di malaffare.
E ora un’altra umiliazione, pensai mordendomi le labbra mentre mi accorgevo con grande pena della mia vista appannata. Abbassai immediatamente lo sguardo, pregando che nessuno si fosse accorto di niente, uomini della scorta inclusi.
Nel preciso istante in cui mi ritrovai ad abbassare lo sguardo per la vergogna, sentii l’imponente presenza di Aleksej avvicinarmisi. Non mi toccava, ma mi era vicino.
Fu piacevole e spiacevole nello stesso momento. Era bello pensare che potesse essere così dolce, ma atroce credere che lo stesse facendo solo per compassione, pensai con una smorfia che cercai di mascherare con un blando sorriso.
<< Lord Westmorland dice il vero, Vostra Grazia. Se lo desiderate, naturalmente… Organizzare un incontro con le Patronesse non sarà difficile >> mormorò con un sospiro.
<< Di certo non per Sua Altezza >> concordò il conte per rasserenare la situazione.
Sentii il Granduca allontanarsi e dire con voce fredda e impassibile, << allora è deciso, Vostra Grazia. Passerò a prendervi questo pomeriggio, così che voi possiate partecipare al thè di questo pomeriggio con le Patronesse. La carrozza sarà da voi alle quattro, ora andate a prepararvi >> mi congedò con una fredda cordialità nella voce.
<< Splendido! >> propruppe il conte con eccessiva contentezza, << non vedo l’ora di passare più tempo con voi, milady e salutate da parte mia la vostra tutrice, sarà un piacere trascorrere la serata con due così belle donne >> sorrise gentile, << e buona fortuna per il vostro incontro con le Patronesse, Vostra Grazia! >> si congedò salendo in groppa al suo stallonee partendo via al galoppo raggiungendo dei servi poco più in la.
Fatta la dovuta riverenza, mi voltai vrso il Granduca, profundendomi in ringraziamenti con voce bassa ma ferma, per fortuna.
Con viso impassibile, Aleksej inclinò lievemente il capo per poi salire in groppa al suo bellissimo stallone e partendo al galoppo.
Non ero sicura di riuscire a muovermi senza inciampare, visto il tremore che affliggeva il mio corpo, così mi voltai lentamente verso Josy, il cui viso spuntava dalla coperta del Granduca.
Solo dopo mi accorsi di avere freddo.
Solo dopo mi accorsi di stare tremando.
Solo dopo mi accorsi che quel suono che mi rimbombava nelle orecchie, non era lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli, ma il mio cuore. 










 









MiniWiki:

*1) "
Shchekolda" significa "diamine"
*2) "YA zdes'" significa "sono qui"
*3) "Bud'te zdorovy, Vashe Vysochestvo?" significa "state bene, Vostra Altezza?"

*4) "Da" significa "sì" 

Premetto un cosa... Potrei tranquillamente aver sbagliato, visto che ho fatto molto affidamento sulle traduzioni sul web (in mia difesa non mi sono buttata solo su Google Traduttore perché sappiamo tutti che la qualità di quelle traduzioni è pessima)... Quindi, abbiate pietà, e ovviamente, se ho sbagliato qualcosa fatemelo sapere e provvederò a correggere il prima possibile :D









L'angolino di Mrs Johnson

Salve a tutti, carissimissimissimi lettori... :D
E via con le lapidazioni giustificate. So perfettamente che con questa storia i tempi di aggiornamento sono stati a dir poco (pochissimo, in realtà) vergognosi ma purtroppo ci sono stati vari problemi che mi hanno tenuta molto lontana da questa storia... Forse c'è qualcuno che mi capirà, ma, in breve, non è facile continuare una storia i cui personaggi sono ispirati a persone realmente esistenti nella mia vita, di cui fanno e 
facevano parte del mio mondo... Per cui un po' per voglia di non ritirarla del tutto fuori, un po' per alcuni scopiazzamenti che ci sono stati, avevo fermato le pubblicazioni qui su EFP, me ne sono dispiaciuta tantissimo, ma per il momento era meglio così... Anche perché un conto è scrivere una schifezza e leggerla da soli, un conto è farla leggere a voi... Ci ho messo e ci metto tanto impegno in questa storia, quindi darvi da leggere dei capitoli squallidi, scritti forzatamente, tanto per mi avrebbe spezzato il cuore, mmmmaaaaaaa, dicendo qualcosa di meno deprimente, la storia l'ho continuata per conto mio :D è cresciuta e finita sul mio computer, ora che ho deciso di ricominciare a pubblicare qui su EFP, devo solo rivedere, correggere e rifinire i capitoli, ma per il resto è tutto fatto e infatti il secondo volume della saga dei Romanov è già avviato :D Quindi in marcia,e rimettiamoci al passo! Mi scuso ancora immensamente... Spero di riuscire ad aggiornare ogni settimana, ma essendo i capitoli abbastanza lunghi e la mia vita abbastanza impegnata, non posso promettervi che non ci saranno altri ritardi D: 
Detto questo, ovviamente, ringrazio a più non posso Coglilarosa che nonostante tutto il tempo passato mi ha invogliato a ritornare qui su EFP con Amore Illegittimo... E' fantastico sapere che ci sono lettrici a cui è piaciuta talmente tanto AI da non averla abbandonata... Grazie davvero, siete un'enorme soddisfazione! 
Al prossimo capitolo :) 
  
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