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Autore: Helmyra    17/12/2013    1 recensioni
[TES Morrowind] “Sarò chiaro sin da subito, donna. Se preferisci sentirti tale, dato che indossi abiti maschili... ti tocca fare il callo a molte cose, il tuo nome sarà il male minore. Capisci cosa intendo?”
“Sì.” Rispose, con le mani che le prudevano per la rabbia.
“Purtroppo, ti ritrovi a pagare gli errori di un'altra persona. Ed io ho una reputazione da mantenere, giochiamo a carte scoperte, in modo da venirci incontro. Il nome è un male minore: dovrai mentire, rubare, uccidere. Fare il lavoro sporco, ciò che i tuoi superiori definiscono gavetta. Il labirinto in cui ti stai addentrando ti potrebbe portar via il senno. Sei un'elfa spensierata, anche se hai l'età per metter su famiglia: ti fingi adulta, ti fingi uomo. Sai mentire, bene. È un passo avanti.”
Aryon, il più giovane consigliere Telvanni, si ritrova contro l'intero concilio e una nuova, maldestra assistente da addestrare. Ma non tutto il male viene per nuocere...
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno seguente, Raldas si alzò di buona lena: fischiettava allegramente, mentre legava con una fettuccia i libri ed infilava il resto delle sue cose in una bisaccia colma all'inverosimile. Gli avevano anticipato che sarebbe stato un gioco da ragazzi imbrogliare il ministro Aryon e quella testa di legno dell'assistente, Mathendis. La sorte era stata alquanto magnanima nell'indicargli il padrone giusto da servire, un modello di vita che avrebbe sempre elogiato. Controllò le tasche dell'elegante pantalone, la cintura e l'imbragatura nascosta sotto la blusa di seta: il suo doppio, riflesso allo specchio, lo osservava impettito; un sorriso sardonico ad illuminargli il volto compiaciuto.

Già, non molti sapevano affidarsi alle persone giuste...

Galos gli aveva fatto comunicare quella mattina stessa che, finalmente, Aryon si era deciso a concedergli udienza. Quale onore! Aveva barattato la sua promozione per un pezzo di carta ammuffito e qualche carabattola di metallo. No, al contrario degli altri stregoni Telvanni, lui non era interessato a certe piccolezze: si sarebbe garantito un futuro brillante come protetto del giovane ministro, almeno di facciata. E al sopraggiungere dell'attimo propizio, se ne sarebbe sbarazzato senza complimenti. Oh, immaginava quanto avrebbe fatto piacere al padrone...

Galos era un misto di cortesia, pacatezza e dabbenaggine; come al solito. Anche quella mattina l'aveva accolto con familiarità, sebbene apparisse stanco e segnato dall'incontro precedente con Aryon.

“Ah, ma che importa?” Gli rivelò, stringendo le dita sulla lunga casacca damascata. “È da anni che attendo di ritirarmi a vita privata. Alla fine, il mio desiderio può concretizzarsi.”

Si sentì in colpa, ma durò poco... Raldas inclinò il capo, e il contorno della sua figura, proiettato dal bagliore tenue delle candele sullo scaffale, si impresse sulla retina per l'ultima volta. Avrebbe avuto nostalgia, però, dell'odore erboso di muschio e radici; delle gocce di condensa che brillavano contro le pareti del piccolo rifugio, ricavato da un fungo di modeste dimensioni.

Non dubitare... si ripeteva; mentre camminava, anzi correva, fino a raggiungere il molo.

L'amicizia che nutrivano per lui lo feriva nel profondo.

Ora o mai più, e continuava a convincersi di quella verità. Il primo obiettivo era stato raggiunto brillantemente, spettava a lui fare in modo che il resto fosse all'altezza.

 

Andato.

Galos preparò due fiale di pozioni dell'invisibilità in caso ne avesse avuto bisogno: era sicuro che gli sarebbe bastato praticare un buon incantesimo d'illusione per accedere di soppiatto nella stanza della spia. Entrare in un alloggio per viandanti era ben diverso dal violare le difese di una magione con tanto di trappole e guardie. Sentì di avere la fortuna dalla sua parte, e prese ad ispezionare le varie stanze.

Non trovò nulla di rilevante nelle altre: il liuto di un bardo, biancheria femminile... Evitare il fantasma della torre sud fu rischioso, più volte aveva portato la mano sul pugnale incantato, ma lo spirito non sembrò notare la sua presenza.

La camera di Raldas era una delle ultime che dava sul corridoio sopraelevato, antistante l'atrio inferiore: Galos la trovò semivuota, il ragazzo non era tanto sprovveduto da lasciare tracce dietro di sé...

Smosse il materasso dalla branda, guardò nei cassetti dello scrittoio, sollevò i bauli e si ricordò di controllare persino sotto i tappeti: nulla che lo incriminasse.

Grugnì per la delusione, risoluto ad abbandonare la perquisizione... e guardando con la coda dell'occhio il muro opposto, proprio sotto un arazzo, scoprì un foglio accartocciato dietro una pianta. Magari, la brutta copia di una lettera rotolata via dalla scrivania, in maniera del tutto casuale.

Lo raccolse, e sebbene fosse pieno di cancellature, l'intestazione spiccava chiara e leggibile in cima.

Al custode del mio gemello.

Ah, un altro enigma: quindi, Raldas aveva un fratello? Questo spiegava molte cose, ma di chi mai si trattava? Un agente segreto, un membro Telvanni o forse un ostaggio nelle mani di qualcuno?

Maledizione, nuove supposizioni ad ingarbugliare la vicenda. L'avrebbe atteso a Tel Vos, per poi metterlo alle strette...

Doveva pur rimediare ai problemi che aveva causato, e risolvere quanto prima la faccenda.

 

Raldas s'inginocchiò di fronte al giovane maestro, e con eccessiva deferenza curvò la schiena fino a toccar terra. Aryon non ne fu impressionato, sebbene avesse notato quale cura nel vestire avesse riposto per rendersi presentabile al cospetto di un nobile Telvanni.

Quel viso ovale, dal mento appuntito e i lineamenti regolari, ricambiò il suo sorriso. I capelli lunghi, mossi e lucidi, erano trattenuti in un'ordinata coda da un nastro di seta con spirali dorate. Gli occhi, due braci incandescenti su quel volto di un pallido grigiore, si inclinavano verso le tempie; sormontati da un paio di sopracciglia sottili, scure come il carbone. In quei tratti squisiti, di un vigore signorile ed altero, Aryon riconobbe una somiglianza; lo stesso naso a punta dai contorni decisi. Con l'unica differenza che il giovane dunmer era piacente, richiamava a sé una fiducia istintiva. Riemerse per un attimo il ragazzo impacciato che era stato in passato, travolto da tanta sicurezza.

“Ministro...”

“Finalmente ci conosciamo, alzati.” Lo interruppe, ponendo subito fine alle scenette patetiche. “Galos mi ha parlato bene di te, e con immensa gioia ho ricevuto il tuo dono. Devo complimentarmi, hai svolto un lavoro eccellente nel recuperare un reperto simile. Mi riempie di soddisfazione sapere fino a che punto può spingersi il coraggio di un allievo Telvanni.”

Raldas ascoltò in silenzio e attese che finisse di pronunciare la frase per distrarlo con un inchino.

“No, basta.” E Aryon fece ondeggiare la mano in un cenno esasperato. “Non ho bisogno che mi si ricordi in continuazione chi comanda. Sempre che mi venga riservato rispetto, alla fin fine. Banale, non trovi? Non mi fa sentire speciale: quindi, credo che sorvoleremo sul vano servilismo, sì?”

“Ma...”

“Non preoccuparti, non ti farò punire per questo.” Scherzò lui, vagamente ironico. “A proposito, ho esaminato le tue credenziali. 'L'allievo conosce i rudimenti dell'Alterazione'; 'Sa compiere autonomamente una ricerca senza che gli vengano ricordate le fonti più importanti'; e una sfilza di piacevoli commenti a riempire il foglio. Ma è quel provetto illusionista a sorprendermi. Spicca rispetto ai restanti elogi, chissà come mai...”

“Be', Ministro...” Raldas si grattò il capo, imbarazzato. “In effetti, la materia mi incuriosisce parecchio. Mi affascina il potere di modificare l'aspetto delle cose, di cambiare la realtà circostante con la forza del proprio carisma. Magari, dal punto di vista di un incantatore o di un mistico, tale disciplina verrà ritenuta un mezzo, e non la chiave per svelare l'essenza dietro la materialità... Fatto sta che...”

Si schiaffeggiò la fronte a causa di quella strana emicrania, un dolore così acuto da trafiggergli il cervello. Cercò un punto d'appoggio, ma lottò con tutte le forze per combattere quello spirito malefico che intendeva insidiarsi nel suo corpo.

E recuperò il senno, ritrovandosi proprio di fronte a lui; faccia a faccia con l'istigatore di tale male.

“Ah, mi dispiace, mi dispiace per te...” Soggiunse Aryon, non aveva tempo da perdere. “Devo porgerti le più sentite condoglianze. Ho inviato dei corrieri a Vas, poiché era mio desiderio avere il beneplacito di Adram nella tua promozione. Purtroppo è venuto a mancare in circostanze ignote, e poco lascia intendere chi sia stato a...”

Una voce frenò il flusso di parole, vivida e stentorea, un'ingiunzione alla quale era tenuto a sottomettersi.

Vi sbagliate. Daris Adram è stato trucidato dalla Gilda dei Guerrieri; è colpa loro... loro...

“No!” Urlò Aryon, scoprendo i denti in atto di difesa come una belva feroce. “Fino a quando persisterai questo gioco perverso? Non ne hai abbastanza, vero?”

“Ministro?” Raldas sgranò gli occhi, inebetito, o fingendo sbigottimento.

“Sangue... ecco cosa ti incrimina. Sei tu! Sei stato tu ad uccidere Daris Adram, perché aveva scoperto tutto. Chi eri in realtà, forse... o piuttosto, un retroscena che ti riguarda. Per quanto tu possa essere attento, il sospetto è più forte... è il dubbio che salva l'autoconsapevolezza delle menti libere. Hai adoperato i tuoi trucchetti su di lui, hai ingannato la sua fiducia.”

“Uno stregone Telvanni non lancia in simili accuse, se non ha prove a suo carico. Maestro, vi prego, riconsiderate le vostre affermazioni, soprattutto adesso. Mettetevi nei miei panni, ho appena saputo della morte del mio mentore, ormai non può più proteggermi, e sono qui ad essere oggetto di dubbi e rancori...”

“Non prendermi in giro, per favore...” Aryon si sentì offeso, insultato nell'intimo. “Quando ho ricevuto le tue credenziali, la prima cosa che ho fatto è metterti alle calcagna una spia. Sì, qualcuno che padroneggia gli stessi incantesimi e alquanto smaliziato. Neanche Galos ne era al corrente, perché intendevo osservare anche il suo comportamento. E sai che mi hanno riferito?”

Si avvicinò al ragazzo, ma egli non indietreggiò... anzi, rimase fermo a ricambiare la sua rabbia con aria di sfida.

“Sei riuscito a plagiarlo. Vuoi che applauda e lodi tanta sagacia? Va bene, se ti fa sentire meglio... ma non hai né il potere né l'esperienza per praticare certe magie. Oh, certo... ti piacerebbe dimostrare a chiunque che sei il più forte, eh? Ma questo ti tradisce.” E Aryon indicò la gemma rubiconda, languida e fremente come non mai. “Questo amuleto, frutto di anni di sperimentazione, lezioso simulacro per l'anima lorda che infonde ad esso vitalità: quella di un venerabile ghoul di cenere. Non hai neanche idea di cosa porti appeso al collo, Raldas. Dammelo, e farò in modo che questa storia rimanga tra noi.”

“Mai e poi mai!” Il giovane dunmer strinse le mani attorno alla pietra, proteggendola da sguardi indesiderati. “Grazie ad esso sono quel che sono. È ciò che mi garantirà una vita eccellente. No, mi dispiace.”

“Dammelo.” Lo esortò, con fare titubante.

“Me lo dice in continuazione, il padrone. E continua a dirmelo anche ora... sono un buono a nulla, un fallito. Ma su una cosa ha ragione: ci sono elfi peggiori di me, in questo, e grazie a lui posso salvarmi. Mi ha detto: 'Se non riesci a convincerlo con le buone, versa il suo sangue'; ed è quello che farò anche con voi. Perché non avete ceduto, eh? Perché? Sarebbe andato tutto bene e avreste vissuto qualche mese in più. Invece, mi vedo costretto a togliervi la vita: sono addolorato, in fin dei conti siete una brava persona. Arrendersi ai sentimentalismi è però sbagliato: sarà un colpo secco, ambedue non avremo il tempo di realizzarlo.”

“Ah...” Aryon sentì il cuore infrangersi, al sol pensiero che qualcuno avesse manipolato il ragazzo per vederlo morto. “La deferenza, la gentilezza... erano insincere recite, vero? Mi ero comunque stancato del tuo atteggiamento passivo-aggressivo.” E si rimboccò le mani della veste, pronto a sferrare il colpo in qualsiasi momento. “Hai lasciato che fosse il tuo maestro a chinarsi di fronte a te. Ebbene, io per anni ho venerato il mio. Anziché passare il tempo ad ordire sordidi intrighi, ho appreso da lui. L'ho ascoltato, ho cercato di comprenderlo persino quando i suoi rimproveri mi ferivano. Non hai appreso l'umiltà di fronte alla Scienza; solo così si raggiunge la vera conoscenza, che consente di ambire al meglio. No, non dire altro: ho scoperto il tuo piano; consegnati a me, prima che le conseguenze possano aggravarsi.”

Non ricevette una risposta: Raldas gli si lanciò contro urlando, lo afferrò per il collo e conficcò dita ed unghie lungo la trachea, cominciando a drenare sangue ed anima.

“Muori, muori! Maledetto!” Urlava in lacrime, allo stesso tempo pentito e deciso a colpire.

Aryon gli bloccò i polsi, prima serrandoli debolmente, poi lasciando che una scarica elettrica lo allontanasse da lui. Raldas cadde a terra, tramortito.

“Basta, ti prego.”

Tese una mano, un invito a rialzarsi... a dimenticare l'accaduto. Il ragazzo lo fissò sbigottito.

“Chi è stato, eh? Dimmi chi è stato. Cosa ti hanno promesso per ridurti in questo stato? Farò in modo che paghino.”

Fu tentato di stringergliela, ma si bloccò nell'atto: il rubino – infido, malevolo – risucchiava l'ultimo barlume di bontà rimastogli. Raldas sputò su quella mano che gli offriva il perdono.

“Allora è così.” Non pronunciò quelle parole con acredine, bensì con infinita rassegnazione. Lavò via la saliva con un fazzoletto e chiuse gli occhi.

“Guardie, scortatelo in prigione.”

Delle ombre sfocate, a poco a poco, tornarono a rendersi visibili attorno a lui: Turedus afferrò Ralvas per la collottola e lo spinse dritto verso gli stipiti della porta. In pochi attimi fu completamente accerchiato.

“Voi... voi non siete mai stato in pericolo e avete agito altrimenti, perché?”

“Io... volevo sincerarmi che non fosse come avevo immaginato. Che le mie impressioni erano dettate dal pessimismo, da una scena che tende a ripetersi di continuo. Ormai ho smesso di sorprendermi.”

“Dove... dove lo confineremo?” Domandò la guardia del corpo, interdetto.

“Nelle segrete in fondo al sotterraneo... ci sono ancora i daedra, vero?”

“Sì... attaccano a vista chiunque si infiltri nei corridoi.”

“Bene, gettatelo lì. Se sopravvive si sarà guadagnato la sua libertà, altrimenti avrà pagato col sangue.”

“No, i daedra no!” Ruggì Raldas, in preda ad una crisi isterica. “Non ho pozioni con me, non sono preparato! Mi dilanieranno, vi prego!”

“Dimostra che vali più degli altri, allora. Un altro Telvanni non ti avrebbe concesso una seconda possibilità: non ti punirò per questo, ho detto. Non sarò io a versare il tuo sangue, adesso dipende da te.”

Lo trascinarono via, e nell'udirne le grida disperate Aryon non era sicuro di aver fatto la scelta giusta. Si accasciò sulla sedia, risoluto a lasciarsi alle spalle quella storia al più presto.

“Maestro...” La voce modulata di Galos richiamò la sua attenzione.

“Ah, sei qui.”

“Vedete... mi dispiace. Assecondare il mio egoismo vi ha posto in grave pericolo, ed io mi sento responsabile. Sono pronto a fare ammenda in qualsiasi modo; cacciatemi via senza referenze, confiscatemi gli oggetti di valore...”

“Galos, io non intendo seguire la tradizione Telvanni in tal maniera, e credo che tu l'abbia capito. E non inizierò adesso: siediti, mi hai accennato che ci sono novità... sono tutto orecchi.”

“Ho perlustrato la stanza di Raldas stamattina e dopo vani tentativi, ho rinvenuto questo... nascosto dietro una pianta.”

“La bozza di una lettera, eh? Niente male, vediamo di cosa si tratta.”

“Ah, non è molto illuminante sotto certi punti di vista.” Galos continuò a tormentarsi le dita, con le mani giunte l'una nell'altra. “Ma è curioso l'appellativo rivolto al destinatario. Custode del mio gemello: avete idea chi ne sia il referente?”

La spia gli aveva riferito che lo scambio di informazioni avveniva tramite agenti diversi, mai era capitato che Raldas fosse avvistato con la stessa persona. Purtroppo, i pedinamenti non avevano portato ad una pista certa, poiché le spie erano altrettanto competenti nel camuffare il loro aspetto e far uso delle magie d'invisibilità.

“Ammesso che il gemello sia una persona: ti dirò, Galos... non so perché, ma sono convinto che si tratti di un gioco di parole. Se è così, faticheremo alquanto a venirne a capo. Potrebbe essere qualsiasi cosa.”

“Eppure, spesso appellativi e soprannomi vengono affibbiati in base ad elementi riconoscibili. Senza dubbio qualcosa di ovvio; solo che l'eccessiva pomposità fa pensare ad altro...”

Pomposità. La leva che mette in moto l'ingranaggio.

“Grazie, Galos. Mi hai aiutato più di quanto immagini, ma è giusto che tu ti riposi, adesso. Ecco, torna a Sadrith Mora o a Tel Branora se vuoi, ma resta sempre in attesa di ulteriori sviluppi. Proverò a decifrare il rebus, e casomai ci fossero dei risvolti positivi... ti farò sapere. Prendi la medicina solo a scopo preventivo, se non mostri sintomi strani entro le prossime quarantotto ore significa che ti sei pienamente ripreso.”

“Ha provato ad impadronirsi della mente... e quell'amuleto aveva davvero un incredibile ascendente su di me. Ringraziarvi adeguatamente mi è quasi impossibile, maestro. Soprattutto perché ho dubitato di voi, e ho sbagliato.”

“Non preoccuparti, torna a casa.” Lo rassicurò, sentendo che piano piano ogni cosa sarebbe tornata alla normalità.

 

 

Si accomodò alla scrivania, di fronte l'amuleto e la lettera incompiuta: credeva che avrebbe risolto in poche ore, ma erano già due giorni che persisteva in quella snervante routine. Si allontanava dallo scrittoio, camminando avanti e indietro per lo studio con una tazza di tè tra le mani, augurandosi di trovare la soluzione in un momento inatteso. Consultava un libro, si soffermava a decantare una pozione o a miscelare le spezie per preparare l'ennesima brocca d'infuso. Ma nulla, la sua buona stella l'aveva abbandonato.

Forse confidava troppo nel ripetersi di certe intuizioni, quando rilassava la mente e aveva modo di metabolizzare nozioni e formule: sì, le rivelazioni giungevano quando meno immaginava... disteso sul letto, ad occhi chiusi. Oppure, mentre era a tavola a consumare un frugale pasto.

Il finale non differiva mai: era costretto ad alzarsi e a tornare a lavoro, per mettere in atto le ritrovate idee.

Stavolta, l'enigma gli sottraeva sonno ed appetito.

Al custode del mio gemello.

Avevano ritrovato il corpo di Raldas dilaniato dai denti di daedroth e dagli artigli delle messaggere alate di Azura. Sembrava che il ragazzo avesse cercato di opporre resistenza; ma neanche l'amuleto, lo strumento che gli infondeva potere, era riuscito a salvarlo da una misera morte. Aryon non vide, lo seppe solo a fatto compiuto, quando Turedus gli riferì che le sue spoglie mortali riposavano sotto un cumulo di rocce e all'ombra di un albero, poco a largo della torre.

Il dolore fisico della ferita rinnovava quello emotivo del fallimento: invidiava la fermezza mentale degli ottenebrati, persi nel loro sublime fanatismo nei confronti del maestro. Chi aveva operato un simile condizionamento spirituale doveva essere esperto nel farsi ubbidire, quasi quanto nel comandare.

Si massaggiò il collo, per alleviare il bruciore dei graffi ancora presenti: aveva rifiutato di farsi fasciare, pagandone amare conseguenze. E dire che l'escoriazione causata dal pendente di Neloth era di lieve entità, rispetto al fastidio che era costretto a sopportare in quel momento...

Un dunmer che evita di imporsi e non usa i suoi gioielli è un perdente.

La soluzione era sempre stata ad un palmo di naso, e come uno sciocco non ci aveva riflettuto abbastanza. Si era tradito ancor prima di ordire lo spregevole inganno, aveva considerato altre strade per il semplice fatto che la corrispondenza apparisse fin troppo ovvia.

Banalità pretenziose e senza mordente in un romanzo da quattro soldi, in cui investigatori principianti ed ispettori disillusi affrontano il signorotto di turno, convinto di essere l'incarnazione del genio supremo. Non molti hanno l'immaginazione per trasporre in realtà la trama contorta di un mistero, e questo Aryon lo sapeva. In un ambiente chiuso pochi sono i colpevoli, spesso ridicola caricatura di loro stessi. E di misteri all'acqua di rose ed indagini tediose ne era piena l'intera casata Telvanni.

Un aruspice si sarebbe ritrovato con ben poco da prevedere: piuttosto, avrebbe cambiato professione emigrando verso nuovi lidi, dove i suoi servigi venivano pagati a peso d'oro.

Per fortuna, prediligeva la logica alle tetre visioni nel futuro.

Pensa alla cosa più ovvia, giudica dalle apparenze.

Ecco cosa avrebbe fatto, si sarebbe soffermato sull'aspetto dei due gioielli... e prese ad elaborare la sua teoria. Non faticò a ricavare una possibile interpretazione, questa volta.

Tuttavia, si sentì defraudato del gusto per l'ignoto.

 

“Oh, di nuovo tu. Cosa ti ho detto l'ultima volta? Se ci tieni a non diventare un cadavere carbonizzato che diffonde ai sette venti il prelibato lezzo di carne abbrustolita, modera le parole e comportati con deferenza. Sei un monellaccio dispettoso, ma la mia pazienza ha un limite.”

Aryon avrebbe aggiunto che anche l'indecenza non era da meno, ma preferì tener la bocca chiusa. Neloth si mostrò ospitale e rispettoso come sempre, presentandosi alla vista del giovane ministro in stivali di broccato, braghe di lino e veste da camera slacciata. Arara Uvulas, modello esemplare di timidezza e pudicizia, sviava lo sguardo dal petto nudo del maestro e dalla biancheria che aderiva alla sua muscolatura snella e asciutta.

“Ah, dunque non mi è concesso rivolgervi la parola, dopo il battibecco della scorsa volta? Peccato, e dire che intendevo porgervi le più sincere scuse.”

“Mph.” Neloth soffiò col naso come una belva infastidita, volgendosi di lato a braccia conserte. “Anch'io da giovane ero turbolento, impetuoso... ad esser franco, lo sono tuttora. Sì, suppongo che tu abbia imparato la lezione, hai il mio perdono. Mettiamo le cose in chiaro, però: vale sempre lo stesso discorso. Non provocarmi ed io sarò magnanimo. Intesi?”

“Come comandate, Ministro.” Sul volto di Aryon comparve un sorriso dolce, benevolo quanto Masser al primo quarto di luna.

“Ah, bravo ragazzo. Mi fa piacere che siamo giunti ad un'intesa. Adesso possiamo parlare.”

“D'accordo;” continuò l'altro, affettato. “smettetela, però, di affermare che siete anziano. Ho riflettuto a lungo sulle vostre parole, e ho dedotto che avete ancora il vigore per combattere, compiere grandi imprese ed affrontare il pericolo. E naturalmente, per amare e generare ancora una nidiata di piccoli dunmer.”

“Ha! Puoi metterci la mano sul fuoco. Di tanto in tanto mi cedono le ginocchia, ma di sicuro non mi tirerei indietro di fronte a certe proposte. La mano sapiente e l'occhio attento di un buon giardiniere rinvigoriscono pure le piante più avvizzite: orbene, a me piace pensare che il tocco delicato e timoroso di una fanciulla operi un simile miracolo persino su un corpo virile temprato da anni di fatiche. Sai cosa intendo, vero?”

“Certamente, ministro.”

“Non darmela a bere, te lo leggo in faccia. Quanto tempo è passato dall'ultima volta che sei stato con una donna? Ti capisco, comunque. Soffermarsi sulla prima a disposizione è deludente, bisogna aspirare al meglio. Chi sceglieresti, tra una cortigiana spudorata e il delicato fiore di una giovane signora Telvanni?”

“La giovinetta, per caso?”

“Per caso? È una scelta più che obbligata, ragazzo mio. E vuoi sapere perché? La cortigiana ti slaccia i pantaloni e predispone l'atto in modo che sia lei a gestire il tuo tempo. Per non parlare degli attributi! Un'infida servitrice, colei che ti fa credere di avere la situazione in pugno, ma dalla quale dipendi per la realizzazione dei desideri più segreti. Invece, la giovane nobile... si concede perché deve, la stessa famiglia la sprona a farlo nei confronti del suo signore e padrone. Tanta inesperienza può nuocere all'entusiasmo maschile, quando si è assaliti dagli scrupoli... ma un cuore indurito ne ricava il massimo profitto. E quando imparerà che non si ama solo coi baci... ti stupirà col proprio ardore. Pazienza, ragazzo: si dice sempre che le dunmer siano disinibite, in realtà la maggior parte di loro è un pozzo di diffidenza al quale puoi attingere solo con i mezzi giusti.”

Aveva portato il discorso nella direzione giusta: Arara Uvulas abbandonò la stanza, coprendo le gote arrossate con le maniche della ricca veste. Erano rimasti soli, lui e Neloth.

“Non lo metto in dubbio. A dire il vero, il motivo della visita è differente... ma non fraintendetemi, è una fortuna che dedichiate il vostro tempo per... uh, istruirmi in materie di vita così pregnanti.”

“Avanti, dimmi di cosa si tratta.”

“Be', ho qui per voi un regalo.”

“Mph. Per me? Devi esser impazzito. Cosa ti spinge a mostrarmi tanta cortesia?”

Fu solo al termine della domanda che Neloth intuì le implicazioni di un gesto fin troppo affabile.

Le labbra di Aryon si curvarono in un impercettibile manifestazione di sdegno, quando infilò le mani nelle tasche del prezioso abito di seta e ne tirò fuori il rubino, reggendolo per la catenella. L'oro della montatura riluceva di una minacciosa luce verdastra, che donava al lucido metallo una patina leggermente ossidata.

Senza troppi complimenti lo gettò a terra, ai piedi dell'interlocutore.

“Mi stai prendendo in giro, spero.”

“No, vi restituisco ciò che è vostro. Con l'ingiunzione a preservare per voi simili tesori.”

“Sragioni, ragazzo mio. Non comprendo ciò che intendi.”

“Volete che sia io a spiegare gli eventi per filo e per segno? Va bene. Raldas Odrano era una spia istigata contro di me, un giovane elfo oscuro troppo ambizioso che avete utilizzato per il vostro tornaconto personale. Ignoro se fosse già al servizio di Daris Adram, ma nell'intera faccenda questo non contava... finché lo stregone non ha scoperto che Raldas si serviva dell'amuleto per comunicare con voi ed alterare le menti dei poveri, ignari malcapitati. Sarebbe andata fin troppo bene, se non aveste commesso degli errori apparentemente irrilevanti.”

“Ah, bella questa. Quindi, io sarei il mandante di quel tirapiedi da strapazzo? Non farmi ridere. Questo è un amuleto come tanti e non prova alcuna colpevolezza. Rimangiati ciò che hai detto, Aryon. Altrimenti, sarò costretto a reclamare diritto di soddisfazione di fronte al Concilio.”

“Davvero? Per vostra sfortuna, abbiamo adoperato contro Raldas gli stessi mezzi di cui si era servito per tenderci il tranello. E sapete cosa abbiamo scoperto? Che esisteva un oggetto magico simile a quello che gli era stato donato, creato da uno stregone che ha infuso disprezzo e tracotanza nel cuore dell'incantesimo. Un mago è anche un abile pittore, non tralascia mai di firmare le opere di cui va fiero. E voi siete arrivato al punto di creare due oggetti simili, per fare in modo che l'anima del ragazzo si confacesse sempre più alla vostra. Esistono diversi metodi per ottenere un risultato apprezzabile... soprattutto se miravate a raggiungere una perfetta complementarietà.”

“Ti atteggi di nuovo a saputello, eh? Si vede che hai speso la maggior parte della tua vita sui libri. Avanti, a questo punto sono curioso di sapere dove vuoi arrivare.”

Al custode del mio gemello: è l'incipit di una lettera che Galos ha ritrovato nella camera d'albergo di Raldas. Il gemello in questione è il gioiello di famiglia che mi avete scagliato contro, quando ho provocato la vostra ira durante la scorsa visita. E sapete perché? Un mago provetto e un pittore sensibile alle bellezze della natura conoscono la forza intrinseca dei colori: più che gemello, direi che lo smeraldo che recavate con voi ne era l'opposto. Il metallo della montatura esplica, tuttavia, il legame tra i due talismani: il rubino ha una luminescenza verde, lo smeraldo un'aura infuocata. In questo modo, le gemme sono complementari e in qualche modo gemelle. È l'unica ragione plausibile per motivare le mie affermazioni... quanto al potere degli amuleti, posso dire che l'ho sperimentato sulla mia pelle.”

Neloth si accomodò a sedere e prese a battere le mani, sfoggiando un'espressione compiaciuta.

“Ti devo fare i miei complimenti, sbarbatello. Divayth Fyr è stato davvero lungimirante quando ha deciso di prenderti a servizio. In effetti, questo oggetto mi appartiene ed io ne sono il creatore, non ho remore ad ammetterlo.”

Aryon mosse un passo avanti, agitato da sentimenti contrastanti. Lo squadrava come se nulla fosse dal suo ricco seggio, del tutto impassibile a certi sentimenti che sentiva prendere il sopravvento su di lui: ira, rancore, frustrazione...

“Tuttavia, anche tu hai commesso un piccolo, irrilevante errore. La mia casa è aperta a tutti: stregoni, maghi, servi, belle signore... persino ladri. Desideravo riavere il rubino, ma il mago guerriero che ho assoldato sta ancora investigando sul furto. Invece, eccolo qui... il mio adorato gioiello.”

“Quindi... sostenete che vi è stato sottratto con la forza? Affatto! Posso affermare il contrario...”

“Difficile da dimostrare, a meno che tu non voglia spaccarmi in due in cranio a forza di tentare una lettura approfondita dei miei pensieri. Non te lo consiglio, poiché in quel caso saresti tu a non uscirne vivo.”

Era bastata una stupida giustificazione a smontare le sue deduzioni. Abbassò il capo e strinse i pugni, rivendicando la vita di un ragazzo di cui non conosceva neanche la reale identità. Alla fine, Raldas Odrano si era rivelato un nome fittizio.

“...Devo dire, però, che mi sono divertito a sentirti blaterare con convinzione tutte quelle congetture. Leggere troppi libri ti ha guastato il cervello: dovresti uscire da quella torre, ragazzo. Indulgere nell'ebbrezza dei liquori e della voluttà. Ah, non c'è molto da fare lì a Vos, vero? Come mi dispiace. Ti stai perdendo il meglio della vita, i giorni passano e la prospettiva del domani si riduce ad una visione inconcludente.”

L'alcol non l'avrebbe aiutato. Neanche il sonno, il gioco, o dormire tra braccia di una prostituta.

Lo schernivano, finché avevano la possibilità di preservare i loro interessi e di ottenere il supporto incondizionato dei propri vassalli. Era meglio chiudere la questione e lasciare una vittima impunita.

Gli rivolse un'ultima occhiata astiosa e svanì nel nulla, mentre una risata baritonale accompagnava la sua partenza.

 


Capitolo lungo, forse fin troppo... ma mi sembrava dispersivo frammentarlo ancora. Raldas è davvero la spia, purtroppo... spero di aver curato abbastanza il suo carattere, finché ha avuto un ruolo nella storia. :)
Vado molto a rilento negli ultimi giorni... non sono arrivata ad un punto morto, ho ancora delle idee, ma non riesco ad esprimerle come vorrei. I personaggi parlano troppo, forse dovrei impegnarli di più. Ho altro materiale pronto, da rileggere e revisionare. Prima di Natale potrei pubblicare un nuovo capitolo, giusto per velocizzare le cose. :)

Be', buone feste! :D

  
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