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Autore: Harrys_bravery    17/12/2013    12 recensioni
Il venticinquenne Louis Tomlinson è uno dei più promettenti architetti di Londra. Testardo e continuamente in ritardo, avrà a che fare con il suo nuovo stagista: un diciottenne irriverente e malizioso dal nome di Harry Styles. Cosa succede quando una differenza di sette anni ti separa dall'altro? Ci si può ancora innamorare?
Dal testo:
“E comunque, non sono un ragazzino” disse sottolineando con una nota di stizza l’ultima parola. “Oh! Hai ragione, tu sei grande! Chissà quante cose avrai visto dall’ alto dei tuoi sedici anni” lo canzonò Louis andandosi a sedere dietro la scrivania. “Diciotto. Maggiorenne e consenziente” gli disse lui sfacciato, Louis credeva che avesse anche ammiccato ma non se ne accertò.
[Larry Stylinson]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo Autrice
Salve, questa è la prima OS che pubblico, ci ho lavorato per due giorni interi cercando di rendere i personaggi esattamente uguali a com'erano nella mia testa. So bene che tra Louis e Harry non ci sono sette anni di differenza, ma ai fini della trama l'età era importante :) Con questo mio scritto non intendo offendere i One Direction e si tratta di uno scritto senza scopi di lucro, ovviamente (Purtroppo çç) i ragazzi non mi appartengono.
Vi lascio alla lettura! Fatemi sapere se vi piace :) Potete lasciare una recensione o direttamente tramite posta qui su EFP. (Se volete vi dico anche il mio account twitter, ma in privato) Buona Lettura! :)
 

Grow me up



Louis era in ritardo. Louis era continuamente,costantemente,irrimediabilmente in ritardo.Ormai a lavoro nemmeno ci facevano più caso:lui arrivava in ufficio con i suoi dieci minuti abbondanti di ritardo, si sedeva alla sua scrivania e cominciava a lavorare ai suoi progetti, da buon architetto qual’era.  L’architettura l’aveva sempre affascinato, era stata da sempre la sua più grande passione. Non deve quindi stupire  il fatto che Louis Tomlinson si sia laureato in tempo record e che a soli venticinque anni lavori in uno dei centri più famosi dell’ intera nazione. Amava progettare case,strade,ponti,musei perché si illudeva di poter mettere ordine per lo meno sulla carta dal momento che nella sua vita questo si è rivelato completamente impossibile. Aveva una vita abbastanza incasinata l’architetto venticinquenne: viveva in un appartamento progettato da egli stesso al centro di Londra, ma non aveva mai il tempo per goderselo a pieno.Di rado infatti Louis metteva la parola “fine” ai suoi progetti in ufficio,anzi quasi mai ad essere onesti. Per questo le sere passate tra righe,matite,e plastici con una birra in mano erano una costante della vita di Louis. “Sei una palla,Loueh!”  gli ripeteva costantemente il suo migliore amico Zayn, e come dargli torto d’altronde?  Quel giorno però,Louis avrebbe dovuto essere puntuale, i colleghi si erano raccomandati affinchè lo fosse, ma è di Louis che parliamo,no? Ogni anno, gli studenti che frequentavano il quinto superiore del geometra facevano uno stage da loro, e oggi sarebbero arrivati gli stagisti. Ovviamente, Louis aveva completamente dimenticato tutto ciò, è per questo motivo che fu particolarmente sorpreso di trovare una testa riccioluta che si aggirava nel suo ufficio mentre entrava sorseggiando il suo caffè.
 
“Dai Harry! Non è così male! Facciamo pratica e saltiamo anche le ore di scuola! È una figata!” gli disse un eccitatissimo Niall. Niall era il migliore amico di Harry ed era costantemente esaltato per qualcosa. Il riccio trovava la cosa particolarmente irritante, soprattutto in momenti come quello in cui lo sconforto e la noia erano padroni.  “Non è una figata” disse Harry riprendendo il termine utilizzato da Niall mimando delle virgolette con l’indice e il medio di entrambe le mani. “è uno schifo. È una prova pratica, e io faccio schifo nella pratica” sentenziò sbuffando non perdendo però il ritmo e camminando con la sua classe per raggiungere l’agglomerato di uffici dove avrebbe dovuto svolgersi lo stage. “Harry, tu fai schifo anche nella teoria” gli ricordò Niall, guadagnandosi un pugno sul braccio dal riccio. “Già, grazie per avermelo ricordato!” rispose Harry ponendo fine alla discussione.
 
Tutti i suoi compagni erano stati affidati ad un architetto, Niall gli aveva sorriso entusiasta quando una mora alta un metro e ottanta abbastanza formosa gli aveva detto “Se sei pronto possiamo andare nel mio ufficio ed iniziare lo stage”. Harry era ancora in sala d’attesa. Già l’ idea di essere uno stagista gli faceva schifo, nella pratica faceva schifo, ma soprattutto tutti i suoi compagni erano ognuno nell’ ufficio di un architetto diverso tranne lui. Sbuffò pensando che si era beccato anche un architetto ritardatario. “Puoi aspettarlo nel suo ufficio,arriverà a momenti” gli disse una ragazza dagli occhi blu dietro alla spessa montatura nera, e lo scortò nell’ufficio dell’architetto a lui designato. Harry iniziò a guardarsi intorno. C’era il parquet sul pavimento e sul lato destro un’enorme scrivania in legno, dietro di essa una sedia girevole. La scrivania era sommersa da fogli con  progetti appena iniziati, finiti o accantonati, mentre sulla sinistra c’erano dei modellini realizzati con del materiale plastico. Rimase particolarmente affascinato dalla riproduzione del Buckingham Palace con tanto di omino rappresentante la regina affacciata da una delle finestre. Si chinò per osservarla meglio e sorrise. “Hei ragazzino! Che ci fai nel mio ufficio?” si sentì dire. Si voltò con l’intenzione di far pesare all’architetto il suo ritardo ma poi lo osservò e rimase senza parole. Capelli castani sparati in tutte le direzioni, un fisico abbastanza scolpito nonostante non fosse molto alto e dei meravigliosi occhi color ghiaccio in questo momento fissi sui suoi. Sembrava quasi irritato dalla presenza di Harry nel suo ufficio. “Sono Harry, lo stagista” sussurrò Harry, continuando a fissarlo.
 
 
Louis si sbattè il palmo della mano sulla fronte.  “Oggi inizia lo stage non è vero?” chiese poi al ragazzo di fronte a lui che annuì semplicemente. Louis se ne era completamente dimenticato. Osservò il ragazzo: Alto (“avrà sedici anni ed è più alto di me?!” pensò ma non lo disse. L’altezza era un tasto dolente per lui), capelli ricci castani ed indomabili e smeraldi brillanti al posto degli occhi. La T-shirt che indossava lasciava intravedere una miriade di tatuaggi ed aveva dei muscoli niente male il ragazzino , pensò Louis prima di darsi dello stupido da solo. Che cosa gli saltava in mente?! Incasinato, stressato sì ma pedofilo no! “Allora, ragazzino, esattamente cos’è che dovremmo fare noi, insieme?” gli domandò pensando ad un centinaio di risposte, sessanta delle quali includevano un letto e delle luci soffuse. “Sei tu il capo qui!” gli rispose il ragazzo. “E comunque, non sono un ragazzino” disse sottolineando con una nota di stizza l’ultima parola. “Oh! Hai ragione, tu sei grande! Chissà quante cose avrai visto dall’ alto dei tuoi sedici anni” lo canzonò Louis andandosi a sedere dietro la scrivania. “Diciotto. Maggiorenne e consenziente” gli disse lui sfacciato, Louis credeva che avesse anche ammiccato ma non se ne accertò. “Sei una faccia tosta lo sai?” gli disse “Sono Louis. Louis Tomlinson, accomodati…” lasciò la frase in sospeso avendo già dimenticato il suo nome. “Harry” disse la voce roca del ragazzo “Harry Styles” .  “Allora, Harry Styles immagino che lo scopo di questo stage sia migliorare la pratica,mh? C’è qualcosa che non ti riesce bene e che vorresti vedessimo insieme?” domandò Louis in modo quasi professionale facendo sedere Harry di fronte a lui, separati solo dalla scrivania. Ed Harry voleva rispondergli che ,sì una cosa voleva proprio vederla, ma si morse la lingua e si trattenne sorridendo tra sé e sé. “Qualcosa tipo… tutto? Faccio schifo nella pratica” disse in un moto di sincerità. Louis rise, Harry si imbronciò ma poi Louis gli diede un buffetto sulla guancia e gli disse “Mi piaci, ragazzino. Mi piaci proprio” ed iniziò a cercare un progetto da riguardare assime al suo nuovo stagista.
 
“Quindi… il punto di fuga è la finestra!” concluse Harry, poggiato sulla scrivania con i gomiti e con Louis affianco. L’architetto gli diede uno scappellotto non troppo forte proprio sulla nuca. “è il portone,Harry! Il portone è il funto di fuga, da lì si dipanano tutti i prolungamenti,compresi quelli delle finestre” spiegò Louis indicandogli con l’indice una serie di linee fittizie che aveva cancellato dal suo progetto. Harry si mise le mani sul volto fingendosi disperato. “Faccio schifo”  sentenziò il riccio. “Nah, magari solo un po’” gli disse Louis ridendo e sedendosi sulla scrivania incuante di tutti i fogli che il suo sedere stava piegando. “Dovresti dire ” disse Harry sorridendo e poggiando i fianchi sulla scrivania, mettendosi affianco a Louis. “No Harry! Io ero anche peggio di te alla tua età e guarda dove sono adesso!” gli ripetè Louis. Harry scoppiò a ridere “Sincero e spontaneo, eh?” gli chiese sarcastico. Louis non gli rispose si alzò dalla scrivania e prese un altro progetto. “prova a trovare il punto di fuga delle linee prospettiche di questo palazzo” gli disse mettendogli un altro foglio sotto al naso per poi indietreggiare. Harry si piegò sul foglio tanto da poggiare gli avambracci sul tavolo e sporgere il suo sedere all’ indietro. Aveva dei fianchi sottili e un sedere ben delineato sotto gli skinny jeans neri che indossava. Louis lo stava spudoratamente ammirando ed Harry se ne accorse. Ridacchiò poi gli disse “è il portone!”. Louis si ridestò e smise di osservare il lato B di Harry. Gli si avvicinò dal lato per mostrargli le linee prospettiche sul progetto. Erano così vicini che se solo Louis avesse inclinato il capo quello sarebbe cascato sulla spalla di Harry. “Guarda questa linea, e questa. Guarda dove si congiungono…” iniziò a spiegare Louis, ma Harry non lo ascoltava troppo impegnato a decidere se il suo profumo fosse la nuova linea di Armani o una vecchia fragranza di Dolce&Gabbana.  Harry voltò il capo trovandosi gli occhi di ghiaccio di Louis ad un palmo dai suoi, le loro braccia si toccavano e Harry potè nettamente sentire un brivido percorregli la schiena. Louis,da vicino era bellissimo. Oh andiamo! Lo era anche da lontano, aggiunse mentalmente. “è la finestra!” disse Louis allontanandosi e dandogli un altro scappellotto sulla nuca. Harry si lamentò ma non fece in tempo ad aggiungere qualcosa che qualcuno bussò alla porta. “Avanti” disse Louis. La sua professoressa di disegno tecnico fece capolino dall’ uscio “è ora di andare,Harry. Per oggi basta così” disse e sorrise, poi,  a Louis.Detto ciò, si richiuse la porta alle spalle. Harry andò a prendere il giubbino di jeans che aveva lasciato sulla poltroncina. “Ci vediamo domani allora,Harry” gli disse Louis sorridendo. “Sai, ho capito la storia del punto di fuga” gli disse Harry davanti alla porta. “A sì?” chiese Louis dubbioso abbandonandosi contro lo schienale della sua sedia a rotelle. “Se io fossi un edificio, il mio sedere sarebbe il punto di fuga” gli disse Harry. Louis scoppiò a ridere. “E questo come lo sai,ragazzino?” domandò. “Lo so perché hai l’abitudine di fissare il punto di fuga di ogni progetto” gli disse facendogli l’occhiolino ed uscendo. Louis avvampò. L’aveva visto fissargli il didietro. Perfetto. Harry invece rise uscendo, pensando che quello Stage non era poi così male.
 
Il giorno successivo Louis era in ritardo,di nuovo. Harry lo aspettava seduto sulla sua sedia con le rotelle, girando su se stesso. Dieci minuti di attesa e qualcosa come cento giri sulla sedia dopo, Louis comparve dalla porta. “Hei ragazzino! Chi ti ha dato il permesso di metterti lì dietro?” gli disse senza neanche salutarlo, sfilandosi la giacca e posandola sull’ attaccapanni. “Sai, non sono esperto di questioni lavorative, ma sono quasi sicuro che dovresti arrivare puntuale a lavoro. A maggior ragione se hai uno stagista che ti aspetta” disse Harry ignorando ciò che il più grande aveva detto e continuando a girare sulla sedia. “Harry, togliti da lì. È la mia sedia, la mia scrivania, il mio ufficio… I miei orari” aggiunse in risposta a ciò che aveva insinuato il riccio. Harry si alzò sbuffando. “Ma quanto sei noioso. Diventare vecchi porta a questi effetti collaterali?” domandò. Louis lo fulminò con lo sguardo. “Non sono vecchio. Ho venticinque anni, un bellissimo appartamento, un lavoro soddisfacente ed uno stagista che fa schifo nella pratica”. “Scommetto che l’ultima volta che hai fatto qualcosa di divertente è stato durante l’ante-guarra!” continuò Harry imperterrito sedendosi sulla sedia di fronte a Louis, che impose la sua egemonia sulla sedia girevole. “Fai schifo anche in matematica? Non ero nato nell’ ante-guerra Harry. Ho venticinque anni!” disse ridendo.  Poi sbattè sotto al naso di Harry del materiale plastico verde. Harry alzò un sopracciglio “Che roba è?” chiese. “Alberi”. “Alberi?” domandò il più piccolo incerto. “Saranno alberi dopo che tu ci avrai lavorato sopra” si limitò a spiegare Louis con un alzata di spalle. Poi prese un pezzo di materiale verde e gli mostrò come fare. Harry osservò ammaliato le sue mani muoversi esperte e poi Louis gli sorrise incoraggiante e gli disse “prova tu,dai!”. Harry voleva impegnarsi. Per la prima volta voleva impegnarsi per qualcosa che avesse a che fare con la scuola. Semplicemente non voleva deludere Louis, e soprattutto non voleva che gli ripetesse quanto facesse schifo. Prese il materiale e iniziò a fare una pallina con le mani come aveva fatto Louis prima, ma non era semplice com’era stato per l’altro. Il materiale plastico si appiccicò alle sue dita e la sua pallina sembrava più un’ orecchietta. Guardò Louis con sguardo afflitto. Louis rise della sua espressione si alzò e si posizionò affianco a lui, gli prese le mani ed Harry sentì lo stesso brivido del giorno prima, quando le loro spalle si erano sfiorate. Con le mani di Harry tra le sue, Louis realizzò una chioma perfetta per il suo albero. “Non è poi così difficile,no?” gli disse l’architetto con le mani ancora posate su quelle del più piccolo. Harry arrossì un po’ e sussurrò un “No, se ci sei tu” ma non fu certo che Louis lo avesse recepito. Si osservarono per un istante, ancora vicini, ancora mani nelle mani, blu nel verde, verde nel blu. A Louis piacevano così tanto gli occhi di Harry, che si perdeva al loro interno e il tempo diventava secondario, se non inutile. In quell’ istante il cellulare di Harry prese a squillare. Louis lasciò le sue mani e si allontanò, come se qualcosa avesse rotto il momento, commentò però con un “Ragazzino il cellulare si spegne a lavoro” e raggiunse la sua scrivania. Harry prese il cellulare dai suoi skinny Jeans “Pronto? Niall? Che vuoi?” disse maledicendo mentalmente il suo migliore amico. Non ne era sicuro, ma Harry credeva che un attimo prima stesse succedendo qualcosa tra lui e Louis. “Ciao anche a te Haz” sbuffò l’irlandese dall’altro capo del telefono. “Ti volevo solo avvisare che la proff di disegno tecnico ha anticipato la scadenza del progetto a domani”. Harry sgranò gli occhi:lui il progetto non lo aveva nemmeno incominciato, la scadenza era la settimana successiva e il suo metodo di studio consisteva nel ridursi all’ultimo minuto tentando di strappare una sufficienza. “Che significa scadenza anticipata del progetto!? E che significa domani!?” urlò al telefono. Louis alzò lo sguardo dal suo folgio fissandolo incuriosito. L’amico di Harry parve rispondergli qualcosa che Louis non potè sentire, e il riccio rispose con un laconico “Merda!”. L’amico di Harry parlava ancora e il ragazzo disse semplicemente “Mi servirà un miracolo questa volta!” per poi salutarlo e riagganciare. Progetto,domani, ennesima insufficienza erano le parole che volavano nella sua testa testa. Aveva gli occhi sbarrati e già vedeva la F rossa sul suo foglio F4 completamente bianco finchè “Problemi ragazzino?” gli chiese Louis. Aspetta! Ma certo,Louis! Louis era il suo miracolo. “Lou…” inziò ingrandendo gli occhioni verdi e sbattendo le ciglia, sfoggiando la sua migliore espressione da cucciolo bastonato “Domani devo consegnare un progetto e.. Avere una sufficienza sarebbe grandioso! Ma non l’ ho ancora iniziato e, mi servirebbe un miracolo… E tu potresti…”. La frase rimase incompleta “Non ti farò i compiti ragazzino. Assolutamente!” disse categorico l’architetto.
 
Dannato Harry,dannati occhi verdi, dannata espressione da cucciolo, dannata scadenza anticipata del progetto. Era ovvio che non era riuscito a resistergli, per questo aveva mandato un sms (dopo essersi scambiati i numeri di telefono) al suo stagista scrivendogli la via del suo appartamento. Già, il suo appartamento che vedeva al momento il divano utilizzato come armadio, fogli sparsi sul tavolo da pranzo e bottiglie di birra ammucchiate per formare una piramide. Dannato appartamento, dannato disordine e ancora dannato Harry che l’aveva abbindolato con i suoi occhioni. Fece in tempo a rimuovere i suoi indumenti dal divano per spostarli sul suo letto e gettare nella spazzatura le bottiglie di birra, che il campanello suonò. 20.00 precise, non come te Tomlinson, si disse Louis mentalmente e corse ad aprire ad Harry. “Ciao, Lou! Ho portato la pizza!” disse  il più piccolo sorridendo con i cartoni tra le mani. Louis afferrò i cartoni delle pizze e lo fece entrare. Harry si prese il suo tempo per ammirare l’appartamento. Ambiente unico tra soggiorno e cucina, divano ad angolo beige, un soppalco che rivelava una camera da letto. Era bellissimo. Rimase senza fiato e Louis sorrise, in fondo l’aveva progetato lui stesso. “Sei carino in tuta” gli disse il riccio indcando il cosiddetto “Abbigliamento da casa” come amava definirlo Louis. L’architetto lo ignorò, guidandolo verso il divano dove aprì il suo cartone di pizza porgendo ad Harry il proprio. Parlarono di tutto: il loro fumetto preferito, il loro primo bacio, come fossero cambiate le generazioni e soprattutto “quanto sei noioso,Lou!”.”Non chiamarmi Lou!” gli disse Louis dandogli un pizzicotto sul fianco, poco dopo,  mentre Harry era chino a tracciare le linee del progetto del Palazzo Ruccellai. “Troppo giovanile per un vecchietto come te?” gli chiese senza alzare lo sguardo dal foglio ma sorridendo. “Ragazzino, non provocarmi se vuoi una sufficienza al compito” rispose Louis. Poi con un colpo di bacino lo fece spostare. Il riccio sussultò e si girò verso Louis. “Non vedi che è tutto storto?” gli chiese piegandosi e prendendogli il righello dalle mani.  “Dammi qua, vai a vedere un po’ di tv sul divano altrimenti facciamo notte!” gli disse iniziando a cancellare le linee storte di Harry. Il riccio si sdraiò sul divano con tanto di testa sul bracciolo e scarpe su quello opposto. “Ragazzino, togli  le scarpe dal mio divano!” gli disse Louis ammonendolo. “Signorsì, Signore!” rispose sfilandosi le scarpe e mettendo in mostra i suoi calzini verde pastello sul divano. Louis sbuffò, per poi tornare al progetto di Harry. Un’ora dopo il progetto era finito ed era perfetto, degno di Louis Tomlinson. “Harry ho finito!” annunciò soddisfatto il più grande. Nessuna risposta. “hei ragazzino,dico a te!” disse avvicinandosi al divano. Lo trovò completamente addormentato, ranicchiato con le gambe al petto, la bocca dischiusa e le palpebre a coprire gli smeraldi che portava al posto degli occhi. Gli fece tenerezza, quel ragazzino era così impertinente e dolce allo stesso tempo… Come diavolo faceva!? Gli accarezzò una guancia, e poi i capelli ricci. Erano morbidissimi, le sue dita si perseso in quel groviglio di ricci e nodi e Louis si ritrovò a sorridere inconsciamente. Si sedette sul divano continuando ad accarezzare i capelli di Harry. Una carezza più marcata delle altre svegliò il più piccolo. “Lou?” mormorò Harry con la voce ancora impastata dal sonno,appena un po’ più roca. “Hei ragazzino” gli sussurrò Louis con ancora la mano immersa tra i suoi ricci. Harry si sollevò, un po’ spaesato e si stropicciò l’occhio come un cucciolo. Louis sorrise e ritrasse la mano. “Mi piaceva” protestò Harry, e allora l’architettò arrossì impercettibilmente. “Mi sono addormentato” mugugnò il più piccolo ancora stropicciandosi l’occhio. Poi parve tornare alla realtà “Oh no! Il progetto!” disse agitandosi un po’. “Stai tranquillo. L’ho finito, il tuo Palazzo Ruccellai è pronto. E sappi che se prendi meno di B la proff ti odia” commentò Louis pensando alla sua ora di duro lavoro. Harry si sbilanciò in avanti abbracciando il maggiore “Grazie,grazie,grazie!” disse Harry stringendolo. Louis sorrise e ricambiò la stretta. Harry si allontanò un po’ ma rimase vicinissimo al viso di Louis e spostò lo sguardo sulle sue labbra quasi desisderoso. Louis lo notò e non potè fare a meno di allontanarsi un altro po’, Harry era solo un ragazzino in fondo. Avevano sette anni di differenza, Harry era ancora a scuola, era decisamente troppo piccolo, troppo ingenuo e troppo puro per lui. Anche Harry si distanziò un po’ vista la reazione che aveva avuto Louis. A lui, però, non importava dell’ età. Louis gli piaceva, gli piaceva quando lo chiamava ragazzino o lo prendeva in giro, gli piaceva perfino quando lo faceva aspettare per oltre dieci minutti al mattino nel suo studio. “Sai Harry, se fossi più grande, probabilmente adesso ti bacerei” gli disse Louis. Harry rimase sorpreso, piacevolmente sorpreso, “E perché non lo fai?” sussurrò avvicinandosi alle sue labbra come prima che l’architetto si spostasse. “Per non passare per pedofilo” disse semplicemente Louis chinando il volto e avvicinandosi  un po’ di più a quello di Harry. “Maggiorenne e consenziente” rispose il riccio per poi colmare la distanza che intercorreva tra le loro labbra. Le labbra di Louis erano sottili e si aprirono in un sorriso durante il bacio non appena ebbe riconosciuto le stesse identiche parole che il più piccolo gli aveva rivolto il primo giorno, quando si erano conosciuti. Harry lo baciava avidamente, non aspettava altro da quando lo aveva visto il giorno prima in fondo. L’architetto incastrò le dita tra i suoi ricci e approfondì il bacio. Le loro lingue si incontrarono a metà strada, e presero ad esplorare l’una la bocca dell’altro, così sconosciuta ma al contempo stranamente familiare. Si staccarono con un sonoro schiocco e il più piccolo sorrise mostrando delle adorabili fossette. Louis gli morse la guancia destra, quasi a cercare di mangiare quei deliziosi buchetti ai lati del suo viso. “Un progetto ed un bacio? Bingo!” disse Harry sfiorandogli  la punta del naso col proprio. Il maggiore sorrise per poi sollevarlo di peso dal divano. Lo stagista, preso in contropiede si acchiappò e lui con le gambe e le braccia. “Hai avuto il tuo progetto e anche un bacio, ora fuori da casa mia ragazzino!” disse Louis trascinandolo verso la porta ma continuando a sorridere. Ed Harry andò via col suo foglio F4 sotto al braccio, ma non prima di aver rubato un altro bacio a Louis perché “io senza bacio della buonanotte non mi addormento,Lou!”.
 
Louis accartocciò il foglio e se lo gettò alle spalle insieme a tutti gli altri. Era chino sulla scrivania del suo ufficio da due ore a cercare di progettare un nuovo museo, ma niente, zero, nada. Non aveva l’ispirazione e lui voleva fare qualcosa di assolutamente originale, non il solito edificio noioso adibito a mostre noiose. Prese in mano la matita e tracciò per la cinquantesima volta il perimetro del futuro edificio sul foglio. In quel momento il cellulare squillò: un messaggio. Louis si accigliò, nessuno gli lasciava messaggi, Zayn preferiva chiamarlo direttamente e sua madre lo chiamava al telefono fisso. “Ho preso B+ al progetto. Ti devo la vita! Tu che fai? X :) ” Louis sorrise dopo aver letto il messaggio di Harry. “B+? è uno scherzo?! Il mio progetto era da A!  Comunque mi hanno detto che hanno spostato lo stage ad oggi pomeriggio. Sai dirmi  a che ora? X” scrisse, evitando volutamente di ripondere al “che fai?” perché, andiamo!, cosa avrebbe potuto dirgli? Cerco di ottenere l’incarico della mia vita ma il progetto più carino che ho rializzato fin’ ora sembra il tendone di un circo. “Alle 15.30 :)” Louis si passò la mano sugli occhi. Di male in peggio, aveva solo un paio d’ore per poter progettare qualcosa di decente prima dell’ arrivo di Harry. “Mi servirà del caffè…” gli scrisse deciso a ritornare a lavorare ignorando il cellulare, ma ancora una volta quest’ultimo squillò. “Io prendo una cioccolata calda, grazie ;)”.  Louis sbuffò e scosse la testa, ma sorrise. Era proprio un ragazzino.
 
Alle 15.30 Harry era nel suo ufficio e ,sorpresa delle sorprese, Louis era in ritardo. Il riccio lasciò cadere il suo zaino affianco alla sedia e ci si sedette sopra aspettando, come sempre, l’arrivo di Louis. L’architetto entrò dieci minuti dopo sorseggiando il suo caffè nel lungo bicchiere di Starbucks e tenendo con la mano libera un altro bicchiere. “Finalmente!” disse Harry vedendo la porta aprirsi. “Sei sempre in ritardo, dovrebbero davvero licenziarti!” sbuffò il più piccolo. “Hei ragazzino! Attento a come parli. Poi avevo bisogno di caffeina. Oh e ti ho preso anche la cioccolata calda,ingrato!” gli disse porgendogli il bicchiere. Gli occhi del riccio si illuminarono. Louis gli aveva preso la cioccolata calda, Louis aveva dato importanza al suo messaggio, Louis gli aveva fatto prendere B+, Louis si stava prendendo cura di lui pian piano. “Allora per oggi ti perdono” disse sfilandogli il bicchiere dalle mani ed iniziando a sorseggiare il liquido bollente. “Tu mi vizi” disse lo stagista dopo un po’ rivolgendosi a Louis. Il più grande rise e gli stampò un bacio sulla guancia andando a sedersi dietro la sua scrivania. “Decisamente” gli rispose gettando poi nel cestino il cicchere ormai vuoto del suo caffè. “Stai lavorando ad un progetto?” domandò Harry, che prima dell’ arrivo di Lou aveva notato i fogli accartocciati e gettati in un angolo. “Un museo, ma non ho ispirazione” disse semplicemente. “Posso vedere?”  chiese Harry alzandosi e aggirando la scrivania per avvicinarsi a Louis e al suo foglio. “Louis questo progetto è noioso! È da vecchi… è da te” disse poi guardandolo. Il maggiore gli pizzicò il fianco e Harry aggiunse “I musei sono già di per sè noiosi, almeno esteticamente rendilo…figo!” disse non trovando un aggettivo più adatto. “E sentiamo lei cosa consiglia, Signor Styles” disse Louis. Harry senza troppe cerimonie si sedette sulle sue gambe, facendo cigolare la sedia con le ruote. “Vetro! Vetro colorato, magari. Per ricordare ai poveri studenti che ci entreranno che c’è ancora un mondo meno palloso che li aspetta fuori” gli suggerì voltando poi il capo e trovando a pochi centimetri dal suo il volto di Louis. “Ragazzino, sei un genio! L’idea mi piace, mi piace tantissimo! Quasi ti darei un bacio!” disse il maggiore tanto era felice di aver ritrovato l’ispirazione che pareva ormai perduta.  Il più piccolo mise su un broncio adorabile e “Quasi?” chiese mostrando un po’ di delusione. Così Louis gli prese il volto tra le mani e gli scoccò un bacio a stampo su quelle labbra rosse e carnose.
 
Louis aveva ottenunto l’incarico. L’idea dei vetri colorati in un museo è stata considerata tanto bizzarra quanto innovativa, quindi il lavoro era suo. Per festeggiare il maggiore aveva portato la sua piccola fonte di ispirazione a cena fuori. Si erano divertiti un sacco perché Harry sembrava un pesce fuor d’acqua in ambienti così “da vecchi” come li definiva lui. La serata si era conclusa con loro due che pomiciavano davanti alla porta di casa di Harry, ma questi sono dettagli. Non era chiaro cosa fossero Louis ed Harry: amici? Fidanzati? Colleghi? Ma Zayn aveva detto a Louis che quando parlava del più piccolo gli si illuminavano gli occhi e questo gli stava più che bene. Forse avrebbero dovuto discuterne… Insomma è una situazione insolita vedersi quasi tutti i giorni, baciarsi quasi tutto il tempo eppure non essere fidanzati, no? Louis stava creando al computer un modello in 3D di una camera da letto, aveva una montatura di occhiali nera che schermava i suoi meravigliosi occhi azzurri. Quando lavorava davanti al computer i suoi occhi si affaticavano troppo, quindi doveva tenere gli occhiali. Il suo cellulare squillò e il nome di “Harry x” comparve sullo schermo. Il ricco l’aveva modificato dicendo “Harry è troppo freddo, aggiungiamoci un bacino dai!”. Ma lui doveva essere a scuola a quell’ ora. Si accigliò e un po’ preoccupato rispose. “Louis! Ho un problema!”  lo investì la voce di Harry. In quel momento mille ipotesi si scontrarono nella mente di Louis la maggior parte delle quali vedeva il riccio in punto di morte. “Che cosa è successo,piccolo? Non farmi preoccupare!” disse già ansioso. “Da ‘ragazzino’ a ‘piccolo’? Dio, ti farò preoccupare più spesso,invece!” Louis rise. Non poteva essere nulla di poi così grave se Harry si preoccupava solamente dei nomignoli che gli affibiava. “Il professore di matematica vuole vedere mio padre, dice che devo applicarmi di più e blablabla” disse Harry mordendosi il labbro inferiore. “E quindi?” Louis davvero non capiva il punto della questione. “Se io lo dico a mio padre mi ammazza. Non sto minimamente esagerando! L’ultima volta mi ha tolto l’Xbox: sono stato costretto a correre a casa di Niall per finire GTA!” disse scandalizzato. A quel punto Louis rise ancora più forte. “Senza considerare che sarei in punizione per tipo… Il resto della mia vita. Quindi non potrei vederti” aggiunse sapendo che questo sarebbe bastato per convincere Louis. Touché, infatti. L’architetto sospirò “E cosa dovrei fare io? Devo andare da tuo padre e dirgli così sarò io, poi, quello in fin di vita perché ho ben sette anni più di te e tuo padre non mi sembra un tipo comprensivo” sentenziò Louis. “Ma Lou…” Oh no. Louis tremò un po’. Quando Harry lo chiamava Lou significava solo una cosa: stava cercando di convincerlo a fare quello che voleva lui. “Tu hai sette anni più di me… Sei così adulto, maturo, così uomo…” disse lasciando la frase in sospeso. “non mi fingerò tuo padre Harry. Scordatelo.” Rispose comprendendo dove stava andando a parare. “Ti prego, ti prego, ti prego! Solo per questa volta! Poi ti prometto che mi impegno in matematica. E dai Lou! Che ti costa?” supplicava il riccio, ma sapeva già che Louis avrebbe accettato: ci teneva troppo a lui, forse non lo amava ancora, ma decisamente ci teneva un sacco. “Mi devi un favore. E comunque non funzionerà!” disse il castano ormai completamente vinto.
 
Louis era in sala insegnanti. Aspettava sia Harry che il professore. Cosa gli toccava fare? Maledetto ragazzino! La porta si aprì e Harry fece capolino dall’ uscio. Si sedette sulla sedia affianco a quella di suo “padre” per l’occasione e gli scoccò un bacio sulle labbra, un innocente bacio a stampo. Louis gli diede uno scappellotto dietro la nuca “è così che ti comporti con tuo padre?” gli disse. “Geloso?” rispose il riccio ammiccando. “Sì!” non negò l’altro. “Sei bello con gli occhiali, sai? Sembri un intellettuale.” Louis lo ignorò. La porta si aprì rivelando un uomo alto a muscoloso, capelli castani tirati all’indietro col gel e un po’ di barbetta sul mento e sotto al naso. “Salve signor Styles, sono Liam Payne l’insegnante di matematica di suo figlio” si presentò. Louis gli strinse la mano. “è molto giovane! Deve aver avuto Harry quando era davvero un ragazzino!” disse Liam sorridendo. “Sì, sa com’è, la prima cotta… Poi eravamo ragazzi, chi aveva la testa per le precauzioni? Nessuno immaginava sarebbe venuto fuori questo birbante.” Commentò scuotendo i capelli di Harry. “Sì, basta dettagli, grazie papà” sbuffò il riccio. Louis fu costretto a ricacciare indietro una risata.  “Suo figlio è davvero geniale, solo che non si applica. C’è per caso qualche distrazione? Non so Harry, una fidanzatina?” chiese Liam rivolgendosi al ragazzo. Questa volta Louis non ce la fece a tenersi e gli scappò una risatina. “Non c’è nessuna fidanzatina.” Rispose Harry  incrociando le braccia al petto. Louis se la rideva? Cos’era un due contro uno? “Allora perché non studi matematica? È l’unica materia in cui non rendi. Tra l’altro la professoressa mi ha detto che sei molto migliorato grazie allo stage nella pratica”.  A quelle parole Louis gongolò un po’. “La matematica non mi piace, non la capisco!” sbuffò Harry come un bambino coi capricci. L’architetto avrebbe voluto coccolarlo o per lo meno stringergli la mano, ma si trattenne. “Signor Styles, deve stargli un po’ dietro. È l’ultimo anno non può permettersi di essere bocciato… In vista degli esami,poi!” sentenziò l’insegnante. “Cercherò di stargli un po’ più addosso” disse Louis e notò il sorrisino sulle labbra di Harry, “Ma sa, con il lavoro non è sempre possibile” continuò. “Confido nel suo aiuto, spero di non rivederla presto a questo punto. Significherebbe che il nostro caro Harry ha messo la testa a posto!” Liam e Louis si strinsero la mano. Appena fuori da scuola Louis diede un sonoro scappellotto sul collo di Harry. “Ahi! Louis sei impazzito!?” . “Impegnati in matematica, ragazzino. Sono stato chiaro?” Harry annuì massaggiandosi la parte della nuca, poi si aprì in un sorriso malizioso e disse “Ma devi starmi un po’ più addosso”. Louis gli sculacciò giocosamente quel sedere tondo e sodo e gli schioccò un bacio a fior di labbra.
 
Erano passati due mesi ormai. Due mesi di stage, due mesi di “Lou, sei davvero un vecchio!”, due mesi di “hei,ragazzino!”, due mesi di baci rubati durante il lavoro nello studio di Louis, due mesi di coccole sul divano di casa Tomlinson, due mesi di battutine maliziose, due mesi di Louis&Harry, due mesi di Harry&Louis. Le cose sembravano andare a gonfie vele, non si erano spinti troppo oltre, e Louis non voleva mettere fretta a l riccio. Harry non dava peso alla differenza d’età che c’era tra loro due. Louis lo faceva stare bene, lo faceva sentire coccolato e protetto, non gli interessava nient’altro. L’architetto ci pensava continuamente. Cosa avrebbero detto i genitori di Harry se avessero scoperto che stava con uno così più grande di lui? Una volta, durante un litigio Zayn gli disse “Certo, puoi permetterti di avere solo i ragazzini di quell’età!” insultando lui ed Harry in un sol botto. Poi ovviamente avevano fatto pace e Zayn gli aveva fatto mille scuse. Lo stagista e l’architetto avevano anche litigato un paio di volte. La causa? Niall Horan. Migliore amico di Harry, eterissimo a detta sua, dalla sessualità ambigua secondo il punto di vista di Louis. Era geloso Lou, che poteva farci? Aveva aspettato venticinque anni per trovare una persona come lui e non voleva che gliela portassero via.  Avevano anche iniziato ad essere poco cauti a lavoro, tanto che Eleanor, la collega impicciona di Louis che aveva il vizio di entrare senza bussare, li aveva quasi sorpresi a baciarsi. Le conseguenze per Louis potevano essere davvero drastiche: licenziamento. Era il suo stagista, in fondo. Dovevano avere un rapporto professionale…  Louis in quel periodo era particolarmente stressato. Doveva creare progetti su porgetti, appartamenti, scuole, musei. Come se questo non bastasse, lo stage con Harry stava per finire, quindi avrebbe dovuto compilare tutta una serie di documenti  e lui il tempo non lo aveva. In più Eleanor l’impicciona aveva cominciato a fare domande impertinenti e a ficcare il naso in affari che sicuramente non la riguardavano. Era stressato, lavorava il doppio, portava praticamente tutti i suoi progetti a casa, non deve sorprendere il fatto che fosse a tutti gli effetti una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.  Harry era sdraiato sul divano nel salotto di Louis quella sera, faceva noiosamente zapping col telecomando perché Louis non lo degnava di uno sguardo, preso com’era a tracciare le linee di chissà quale progetto. Si alzò dal divano e si schiarì la gola “Io vado. Vedo che sei occupato e… ehm, ti lascio lavorare. Ti sono solo d’intralcio” disse incamminandosi verso l’attaccapanni per riprendere la sua giacca. “Harry” sbuffò l’architetto, ma senza alzare gli occhi dal foglio, “ne abbiamo già parlato. Non ti sto ignorando, ho solo molto da fare!”. Si, ma Harry ci rimaneva male comunque… Lo stage era quasi finito quindi si vedevano di rado nel suo ufficio, aspettava con ansia la sera per poter stare con lui, dopo aver studiato duramente tutto il pomeriggio (anche e soprattutto matematica!) per riuscire a ritagliarsi un attimo in cui poter stare finalmente insieme.E Louis? Lo abbandonava sul divano, manco fosse un soprammobile e non lo degnava di uno sguardo, fatta eccezione per il bacio a fior di labbra che gli dava quando entrava nel suo appartamento. Harry, davvero non voleva fare la figura del bambino, ma sì, ci rimaneva male. E anche parecchio. E poi lui era emotivo, e si odiava quando faceva così, perché gli veniva da piangere e i suoi occhi si riempivano di lacrime e si sentiva ancora più stupido. “Sì, certo” disse il riccio prendendo la giacca. Il fatto è che lui è solo un ragazzino, come lo definisce Louis, quindi ha paura che il maggiore stia per lasciarlo, ha paura che abbia trovato qualcuno meglio di lui, magari della sua stessa età e che quindi si capiscano meglio. Louis alzò un attimo gli occhi dal foglio e vide Harry con i lacrimoni agli occhi. Da un lato la cosa lo intenerì a dismisura e gli lasciò l’amaro in bocca perché, insomma, era lui la causa di quelle lacrime; dall’ altro lo infastidì oltremodo: possibile che non lo capisse? Che  non capisse la sua situazione? “Harry!” lo richiamò. Il riccio non si girò e prese la giacca dall’attaccapanni. “Harry possibile che tu non mi capisca mai?!” cominciò lasciando matita e righello, incrociando le braccia al petto. “Ho tantissimo lavoro da fare, i tuoi documenti da compilare, uno stress enorme ma cosa puoi saperne tu? La cosa più difficile che hai fatto oggi è stata un’equazione di secondo grado!” Louis si stava sfogando, stava buttando via tutto lo stress e la pressione accumulata in quei giorni, solo in un modo completamente sbagliato e con la persona meno adatta. Harry incassò il colpo abbassando le spalle e ,ancora di schiena rispetto a Louis, in silenzio si mise semplicemente la giacca. “In più quell’impicciona della Calder non fa che pormi domande scomode. Hai idea del casino che si creerebbe se scoprissero che mi pomicio lo stagista? Io sarei licenziato, accusato di pedofilia e tu probabilmente bocciato! Io non ce la faccio più, Harry. Ti chiedo solo un po’ di comprensione ma è come parlare al muro!” Ormai Louis stava urlando e Harry stava silenziosamente piangendo, senza farsi vedere dal più grande, ancora di spalle. Voleva fagli presente che lo stage sarebbe finito tra qualche giorno, quindi il rischio di licenziamento era notevolmente diminuito, voleva dirgli che capiva, ma che colpa ne aveva se aveva bisogno di lui? “La verità è che tu non sai un bel niente di cosa significhi lavorare, niente di niente. Vivi ancora in un mondo tutto tuo in cui papà ti da anche la paghetta magari!” aggiunse Louis con voce sprezzante. Un singhiozzo sfuggì alle labbra di Harry e le sue spalle tremarono un po’. Che diavolo stava facendo? Stava urlando contro l’unica persona che gli era rimasta vicino? Harry si asciugò gli occhi con il dorso della mano e poi si voltò incontrando con i suoi occhi pieni di lacrime quelli color ghiaccio di Louis. All’architetto mancò il respiro. Aveva fatto piangere il suo piccolo, gli aveva gridato contro, e ora i suoi occhi erano umidi per colpa sua. Certo erano meravigliosi, sembravano delle foglie appena baciate dalla rugiada. Louis si massaggiò il ponte del naso e poi gli disse “Devi ancora maturare Harry, sei solo un ragazzino”. A questo punto Louis si aspettava una scena abbastanza melodrammatica del riccio che gli urlava contro e usciva sbattendo la porta, ma tutto quello che sussurrò tra le lacrime fu “Crescimi tu”. Quelle parole fecero tremare Louis, più di un terremoto, più di un “Ti amo”. Aveva appena sputato veleno su Harry e lui gli stava chiedendo di restare, di tenerlo con sé, di crescerlo. Gli stava dicendo sono il tuo piccolo Louis, il tuo ragazzino, e se vuoi un uomo fammi diventare un uomo, ma tienimi con te. Louis si avvicinò ad Harry un po’ riluttante, aveva paura che il riccio si sottraesse al suo tocco, ma quello non si mosse. Louis gli posò il palmo aperto della mano sul volto e con il pollice gli asciugò una lacrima, poi si avvicinò al suo viso e lo baciò. Era un bacio lento e romantico che sapeva di “Perdonami, sono un coglione!” e di “Ti prego, non lasciarmi andare”. Quando si staccarono Louis posò la fronte su quella del riccio, stando sempre sulla punta delle dita (maledetta altezza!), e gli sorrise. Harry gli sorrise di rimando schioccandogli un altro bacio a fior di labbra. “Scusami, sono sotto pressione e non penso a ciò che dico! Dio, Harry, io ti amo così tanto che a volte ho paura. Ho paura di perderti, ho paura che qualcuno possa giudicarti perché stai con un vecchio come me”. Gli disse tutto d’un fiato. “Ti amo anch’io Lou. Ma sei un vecchietto isterico comunque” disse ridendo. “Ti crescerò io, ragazzino. Promesso” sussurrò praticamente sulle sue labbra. Ed era una promessa che aveva tutta l’intenzione di mantenere. Incastrò le dita tra i ricci di Harry e lo baciò, questa volta in modo appassionato, per fagli capire che c’era e ci sarebbe stato sempre. Gli sfilò la giacca perché avere la giacca addosso significava che stava per andare via, invece lui doveva restare. Sempre baciandolo, lo trascinò sul divano, dove lo fece sdraiare poggiandosi poi sopra di lui. Continuò a baciarlo come se non ci fosse un domani, e forse non c’era perché in quel momento tutto era assolutamente perfetto, Louis non riusciva a pensare ad altro che a Harry, e il tempo pareva fermato. Continuarono a baciarsi finché i vestiti non furono di troppo, continuarono a stringersi e a sussurrarsi “ti amo” a vicenda nelle orecchie, continuarono ad amarsi in tutti i modi possibili. Louis baciò via dalle guance di Harry il rossore quando questi gli confessò “è la mia prima volta Lou…” . E allora Louis si impegnò di più, affinchè fosse perfetta, perché Harry doveva ricordarsela con un sorriso, non doveva provare alcun dolore. Quando fu completamente dentro di lui, Louis gli sussurrò una serie infinita di “Scusami, ti amo, sei mio” direttamente nelle orecchie mandando in estasi il riccio sotto di lui.
 
Solo mezz’ora dopo, ancora nudi, abbracciati sul divano con le gambe intrecciate, la sfuriata di Louis sembrava ormai lontana anni luce. Harry strisciò il naso nell’ incavo del collo di Louis, e il maggiore continuò ad accarezzargli i capelli sorridendo. “Lou, ma tu non dovevi lavorare?” gli chiese Harry poggiando il mento sul suo petto per guardarlo nei suoi meravigliosi occhioni blu. “Ho avuto un contrattempo” gli rispose sporgendosi a baciarlo sulle labbra. “Sei bellissimo” aggiunse poi. Harry sorrise “neanche tu sei male vecchietto!” lo prese in giro. “Attento a quel che dici, ragazzino!” lo rimproverò bonariamente Louis. Si amavano: finalmente l’avevano capito, finalmente se l’erano detto. A Louis non importava più di avere sette anni in più rispetto ad Harry e venti progetti da consegnare a fine mese. Ad Harry bastava la presenza di Louis, bastava che Louis lo crescesse, che lo tenesse con sé e lo amasse come aveva fatto quel giorno, sempre. Harry sapeva che Louis avrebbe mantenuto la promessa, perché lo amava, perché era un uomo di parola e perché era suo. Gli tirò un morso al centro del petto. Louis si lamentò “Harry, ma che fai?”. “Marco il territorio” rispose con un’alzata di spalle. “Non serve, sono già tuo”  gli sussurrò Louis prima di baciarlo ancora, ancora e ancora.
THE END.
  
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