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Autore: Clockwise    17/12/2013    1 recensioni
Teneva gli occhi chiusi quando cantava, ma se li avesse aperti, se avesse potuto vedere quel momento, allora l’avrebbe vista con i suoi occhi, oltre a sentirla, l’alchimia che li legava. Era proprio lì, in loro, nei piedi che battevano lo stesso tempo, nelle vibrazioni sugli strumenti, nel riverbero che echeggiava dentro ciascuno di loro alla stessa frequenza, nelle note che ciascuno di loro creava e che si intrecciavano in armonie meravigliose e così, insieme, solo insieme, erano qualcosa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Bea


Life (or Lilac Wine) on Mars?

Era terribilmente deprimente, ma non aveva voglia di mettersi a cercare altro o alzarsi e fare qualcosa, per cui si accontentò. Tirò su col naso e strinse di più le ginocchia al petto, sprofondando ancora nel divano. E dire che nemmeno gli erano mai piaciuti, i Simpsons. Fortuna che era solo a casa.
Sentì una chiave girare nella toppa.
Seriamente?
La porta d’ingresso si aprì e si richiuse, dei passi avanzarono.
«Chris? Sei tu?»
«Sono in soggiorno» mugugnò. La testa di Jonny fece capolino dalla porta, insieme ad un timido saluto, per poi sparire subito. Chris sentì un’altra porta aprirsi e chiudersi. Probabilmente Jonny era in camera sua. Tornò a guardare il film, le orecchie involontariamente tese a captare qualsiasi rumore proveniente dalla camera.
«I Simpsons?»
Voltò la testa in tempo per vedere Jonny entrare in soggiorno alzando gli occhi al cielo. 
«Sì, perché?»
Jonny ignorò il suo tono polemico e si sedette dall’altro lato del divano, senza guardare Chris.
«Non li odiavi?»
«Sì, e allora?»
Jonny abbassò lo sguardo sul televisore, senza guardarlo veramente. Sbuffò.
«Non possiamo vedere nient’altro?»
Chris strinse i pugni, pensando, piccato, che c’era venuto prima lui, su quel divano. Si rese conto di stare pensando come un bambino di cinque anni, quindi scovò il telecomando e lo tese al ragazzo, sempre senza guardarlo.
«Tieni, fa’ quello che vuoi.»
«No, io…»
«Prendi questo telecomando, cambia, fai quello che ti pare» scattò Chris, lanciandoglielo. Jonny lo afferrò al volo e lo puntò al televisore. Anch’io so comportarmi da bambino, sai, pensò, furioso, e cambiò canale. Sullo schermo si susseguirono un gioco a premi, una vecchia canzone, un telegiornale, un film, finché Jonny non decise di fermarsi.
«Mamma ho perso l’aereo? Seriamente?»
Il ragazzo si strinse nelle spalle.
«È divertente» si giustificò, ignorando l’occhiata incredula di Chris, che scosse la testa e tornò a guardare la tv. Il silenzio venne a poco a poco riempito dai colori e dal chiacchierio dei personaggi, che in quel momento discutevano su cosa avessero dimenticato prima di partire. Un sorriso riluttante iniziò a dispiegarsi sui volti dei ragazzi, prefigurandosi le scene successive.
«Ho dimenticato di chiudere il garage, ecco cos’è.»
«No, sono sicura che è qualcos’altro…»
La telecamera si avvicinò al volto della donna, che spalancò gli occhi quando capì che avevano dimenticato…
«KEVIN!» urlarono a un tempo Chris, Jonny e la mamma di Kevin. I ragazzi si sorrisero.
«Dovrebbero darle un Oscar solo per quell’urlo» disse Chris, appoggiando la testa alla mano, il gomito sul bracciolo del divano. Jonny rise, sistemandosi più comodamente. Guardarono il film in silenzio per qualche minuto.
«Tutto bene, oggi?» domandò Chris, con aria apparentemente noncurante.
«Al solito. Siamo al Bull and Gate, domani sera. Guy viene. Ci sei?»
«Uscivo con Lila domani, ma magari vengo più tardi.»
«Ok.»
«Che ora?»
«Sette e mezza.»
«Magari ce la faccio. Ci vediamo alle sette, non so se ceniamo insieme.»
«Ti ha invitato lei?»
«No, io.»
C’era una domanda che premeva tanto a Jonny, ma non riusciva a decidersi a porla. Chris lo anticipò.
«Ho una canzone» mormorò, rivolto al pavimento. Jonny non rispose, attese. Sapeva che non aveva finito di parlare.
«Ieri, sai, con Lila…»
«Ah, è vero. Non so nulla, che avete fatto? Perché mi ha chiesto di portarle la tua chitarra?»
«Mi ha rapito e portato in un parco sconosciuto fuori Londra. Un bel posto, c’era un laghetto, gli alberi. Siamo stati davvero bene. È davvero fantastica» rispose Chris, sognante.
«E…?» incalzò Jonny, riportandolo alla realtà.
«Ah, e parlavamo, e ci tenevamo per mano e… Avevo questa melodia in testa, e all’improvviso ho sentito tutte le parole che venivano una dopo l’altra, le avevo tutte lì, e sono corso a suonare. E poi l’ho scritta sul suo diario.»
«Suonala.»
Chris guardò Jonny negli occhi, inviandogli una muta domanda. Se avrebbe potuto perdonarlo, se sarebbero potuti tornare gli amici di una volta. Se davvero voleva sentire quella canzone appena nata. Jonny sbatté lentamente le palpebre, una volta.
Chris si alzò e prese la chitarra dal suo posto nell’angolo, mentre Jonny toglieva il volume alla tv.
C’era un silenzio perfetto, irreale, mentre Chris suonava e cantava; Jonny poteva sentire il borbottio della televisione del vicino, le macchine che passavano sotto la finestra, il suo cuore battere ad ogni vibrazione di quelle corde, la vita correre sulle strade di Londra.
Chris alzò gli occhi su di lui, una volta finito, chiedendogli silenziosamente cosa ne pensava. Jonny chiuse gli occhi e annuì sorridendo. Quando li riaprì, anche Chris sorrideva di un sorriso sollevato e felice, come non ne faceva da giorni.
«Grazie, Jon.»
 
♪♬
 
L’unica definizione che gli veniva in mente era assurdamente incantevole. Sembrava venuta dalla luna, o da qualche stella sconosciuta ai margini dell’universo. Si torceva le mani, i capelli sciolti intorno al viso, scarlatti contro la stoffa blu notte del vestito, e gli occhi splendenti puntati in basso, quasi che si vergognasse di essere così bella. E Chris non riusciva nemmeno a capire perché fosse così bella. In fondo, non aveva molto trucco, né abiti particolarmente elaborati, non che lui ci facesse mai caso. Eppure… Assurdamente incantevole.
Ma poi si dice assurdamente?
Deglutì e si sforzò di sorridere.
«Stai… davvero bene, stasera.»
«Oh, grazie! Anche tu stai bene. O almeno, hai dei vestiti della tua misura acquistati in tempi relativamente recenti» scherzò lei, infilandosi la giacca.
«Simpatica! Scommetto che ci hai messo trent’anni a prepararti, buttando all’aria tutta la camera e mandando ai pazzi la tua povera coinquilina.»
Delilah strabuzzò gli occhi, pregando di non arrossire, e gli diede una borsettata.
«Faresti meglio a portarmi fuori di qui in un posto incantevole prima di subito.»
Lui sorrise aprendo la porta e seguendola fuori, e mormorò:
«Non un posto troppo incantevole, perché ci sei già tu. Poi, ci sarebbe troppa incantevolosità
Lei si voltò stupita, cercando i suoi occhi, che si sollevarono dal pavimento. La luce del lampione, l’aria fredda della sera che li sferzava lì sul pianerottolo. Capodanno. E quegli occhi…
«Incantevolosità? È il tuo modo di fare un complimento, gentleman?» lo prese in giro, sorridendo. Lui rise e si allontanarono insieme. Entrambi dovettero fare ben più di un paio di respiri per calmare il battito furioso dei loro cuori.
 
♪♬
 
Uno, due, tre squilli risuonarono per tutto l’appartamento, solitari.
Quattro, cinque, e nessuno rispose. Entrò la segreteria telefonica.
«Ciao, siamo Chris e Jonny, e come avrai capito a meno che non sia un totale idiota, ora non ci siamo o non vogliamo risponderti. Lascia un messaggio che quasi sicuramente non ascolteremo e mangia cioccolato. Beep!»
«Chris, Jon, sono Will. Non posso venire stasera, ho avuto un imprevisto, sono dai miei. Magari riesco a passare per le nove, o lì intorno. Va bene? Ci vediamo, allora, ciao.»
Jonny finì di abbottonarsi la camicia con calma, accanto al ricevitore. Senza sapere bene come sentirsi, premette un bottone e cancellò il messaggio.
 
♪♬
 
Entrarono dentro quasi di corsa, bagnati e ridenti.
«Una volta che usciamo deve piovere, non è giusto!» esclamò il ragazzo, scrollandosi e passandosi una mano fra i capelli fradici.
«Colpa tua che non porti l’ombrello! Puoi portare fuori una ragazza e farla bagnare sotto la pioggia? Poi dici perché la tua vita sentimentale è più triste di quella di uno scoiattolo in letargo… sei un fallimento totale!» lo prese in giro lei, cercando di sistemarsi i capelli.
«Questo era un colpo basso» disse lui, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. «E comunque sono io quello messo peggio, ti ho coperta con la giacca…»
«Oh, sì, molto galante da parte tua…» sogghignò Delilah, togliendosi il cappotto. Chris si sfilò la giacca a sua volta e la precedette nel locale.
«Hey, ma è un pub, questo, non un ristorante…» mormorò Delilah, guardandosi intorno. «Cosa? Ma l’insegna… Mi sembrava un ristorante» mormorò il ragazzo, perplesso, guardandosi attorno. Poi si strinse nelle spalle.
«Tanto meglio. Spenderò di meno.»
Lei lo guardò divertita.
«Questo sì che è lo spirito di un vero gentleman
 
♪♬
 
Era molto indeciso. Molto, molto indeciso. Sentiva l’indecisione rodergli le viscere e creargli una voragine interiore, dove tutte le possibili varianti della sua scelta andavano a perdersi. Sentiva quasi un male fisico, laggiù nello stomaco…
«Fortuna che non avevi fame! Io dico che prendiamo un bel panino e la facciamo finita…» disse Guy, abbassando il menù. Jonny si agitò a disagio sulla sedia.
«Non voglio mangiare, aspettiamo. Ah, Will non viene, ha avuto un imprevisto. Chris ha detto che forse veniva un po’ più tardi…»
«Certo, certo. Ordiniamo, intanto, su. Scusi?»
Una cameriera si avvicinò sorridente al loro tavolo.
«Buonasera, allora… Io prendo una Tennant’s, mezza pinta, per ora. Te, Jon?»
«Oh, hem… Non so, io…» gli occhi corsero furiosamente da una riga all’altra del menù, finché non decise di affidarsi al caso. «Una Guinness, mezza pinta. Grazie.»
«Bene. Nulla da mangiare? Abbiamo delle patatine, dei crostini…»
«Sì, ok, quelli. Grazie mille» la liquidò Guy, affrettandosi a sorridere. La cameriera andò via sdegnata.
«Guinness? Ma dai, non vuoi provare niente di nuovo? Hai visto che lista di birre avevi?»
Jonny si strinse nelle spalle, borbottando qualche scusa. Guy scrollò la testa e appoggiò gli avambracci al tavolo, guardandosi intorno. C’era un palco nella parete di fondo.
«Ci suonano, qui?»
«Ci suona Tim con la sua band.»
«Stasera?» domandò Guy strabuzzando gli occhi. Jonny aggrottò le sopracciglia.
«Non mi pare. Sapevo domani…»
«Ah, ok.»
La cameriera si avvicinò con un vassoio con le loro ordinazioni, che poggiò in fretta sul tavolo, per poi andarsene subito. Guy prese la sua birra sorridendo e la alzò verso Jonny, che guardava la sua con sospetto, chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta.
«A noi due, alla faccia di quei pigroni che non sono venuti.»
Jonny sorrise e alzò a sua volta il boccale. Contemporaneamente, si portarono i boccali alle labbra e bevvero un gran sorso. Guy mise giù il suo boccale e schioccò le labbra soddisfatto. Jonny gli sorrise, avvertendo un piacevole tepore nella pancia.
«Non sarebbe proprio un bel posto dove fare un concerto?» disse, prendendo delle patatine. Guy si strinse nelle spalle.
«Se mai faremo un altro concerto.»
 
♪♬
 
Mentre osservava Delilah ridere, Chris dovette riconoscere che era stata una bella serata. Prima di approdare in quel locale sconosciuto, avevano gironzolato per Camden Town, si erano infilati in un minuscolo negozio di dischi e strumenti musicali e quando erano usciti erano stati colti da quell’assurda pioggia inaspettata. Avevano parlato di tutto e niente, avevano riso, scherzato, preso in giro i Backstreet Boys. Si erano divertiti, insomma.
«Mi dispiace soltanto per quella povera ragazza. Come ha fatto a sopportarti per due intere settimane, lo sa solo lei» lo prese in giro, ancora sorridente.
«È stata la mia prima ragazza, due settimane sono già un bel traguardo!» si difese lui, sorridendo. Lei scosse la testa.
«Poverina. Ha tutta la mia compassione.»
Il ragazzo rise, appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Andiamo, non sono così male!»
«Spero che sia stata anche l’ultima, per il bene delle ragazze della Gran Bretagna.»
«Piantala! E comunque diceva che baciavo bene.»
«Ah-ah, se riuscivi a portarla in un posto decente, e non ad uno spettacolo di Punch e Judy.»
«Non erano Punch e Judy!»
Lei scosse la testa con fare rassegnato, un sorriso divertito sul viso.
Stava bene, si stava divertendo, eppure non era soddisfatto. Non sapeva bene se era colpa del mezzo bicchiere di quel liquore della mamma di Jonny che aveva bevuto prima di uscire, ma si sentiva strano. Voleva di più. Si sentiva più grande, quella sera, più forte. Sentiva che avrebbe potuto fare ciò che voleva. E in quell’esatto momento, quello che voleva era avvicinarsi a quella ragazza e baciarla. Così lo fece.
 
♪♬
 
Guy alzò un braccio per richiamare l’attenzione della cameriera.
«No, no!» lo fermò Jonny, mettendogli una mano sul braccio, ridacchiando.
«Guarda quante ne abbiamo già bevute!» gli fece notare, senza tuttavia rimproverarlo sul serio. Guy scostò il braccio.
«Sono ancora sobrio!» protestò, sorridendo. Tornò a rivolgersi alla cameriera, che faceva finta di non notarlo. «Scusi!»
Jonny seppellì fra le mani la testa, continuando a ridacchiare. Era così divertente, no? Tutte quelle birre, e Guy che ne ordinava ancora… E si era lasciato convincere, ne aveva provate anche di diverse dalla solita Guinness… Anche quella fortissima tremenda brodaglia irlandese…
Sobbalzò e alzò la testa quando la cameriera sbatté due boccali – altri! – sul tavolo. Il sorriso di Guy si allargò mentre ne prendeva uno.
«Sicuri di non averne avuta abbastanza? Forse dovreste andarvene a casa…» tentò la ragazza, aggrottando le sopracciglia.
«Stiamo benissimo, non lo vedi? Perfettamente lucidi. Ok, forse lui no, ma io sto benissimo. Non sono un paio di birre a buttarmi giù…» si difese Guy, ostentando spavalderia. La ragazza si allontanò contrariata, mentre Jonny afferrava il suo boccale.
«A… a chi brindiamo stavolta?» chiese, alzandolo. Guy alzò il suo boccale, assottigliando gli occhi.
«Brindiamo a… Marte.»
«Marte?»
«Marte. Bel pianeta» disse, annuendo. Jonny annuì a sua volta. Marte. Perché no?
«A Marte!»
Strizzò gli occhi e deglutì. Anche questa era forte. Un po’ amara.
«Dici che David Bowie era gay?»
«Eh?»
Alzò lo sguardo su Guy, che fissava le luci soffuse sul soffitto del locale.
«Secondo me, sì. Lui e Mick Jagger. Carini.»
Jonny ridacchiò e bevve un altro sorso, scuotendo la testa. Guy lo guardò storto, estremamente serio.
«Perché ridi, scusa? Hai qualcosa contro i gay?»
«Cos-? No, io non ho niente…» balbettò. Guy si rilassò e si appoggiò allo schienale.
«Ah, ecco. Anche perché ho sempre sospettato che fra te e Chris… Però poi è arrivata Delilah, e insomma… Ma sappi che avreste il mio appoggio. Siete carini insieme.»
Jonny strabuzzò gli occhi.
«Di che diamine stai parlando? Guarda che io… Non sono mica gay, che vai a pensare?»
Ridacchiò, una spiacevole sensazione di caldo nello stomaco. La birra, ovviamente.
Guy si strinse nelle spalle.
«Mah, è che tu e Chris siete sempre stati così… uniti. Bah, lascia perdere.»
Jonny abbassò lo sguardo sulla sua birra.
«Già. O almeno, eravamo.» Ormai sentiva che l’argomento che aveva evitato per tutta la sera stava per saltare fuori, e le viscere gli si contorsero in una spiacevole morsa.
«Che schifo, eh?»
Jonny alzò gli occhi sull’altro.
«Davvero, siamo così idioti, così egoisti. Tutti quanti, eh. E guarda adesso. Dov’è Will? Dov’è Chris?»
«Will ha avuto un problema, ha chiamato prima, e Chris era con Delilah…»
«Certo, perché la sua ragazza è più importante dei suoi cosiddetti migliori amici, giusto?»
«Aveva detto che forse sarebbe venuto più tardi…»
«Sono quasi le dieci, Jonny.»
Erano duri gli occhi di Guy, e più scuri di quanto li avesse mai visti. Jonny ne era spaventato. Erano troppo veri, perforanti e onesti, quegli occhi, troppo esposti. Abbassò la testa e bevve un altro sorso.
«Ma allora, sai che c’è? Chi se ne frega. Se questa è la considerazione che loro hanno per noi, che vadano a quel paese. Non sono disposto a stare con persone del genere.»
«Dai, adesso stai esagerando…»
«No, per niente, sono serissimo.» E lo era davvero. Jonny se ne stupì. Solo lui si sentiva tutto strano?
«Penso che… Che non siamo veramente amici. Perché gli amici si fidano gli uni degli altri, noi… no. Chris no. Tu non parli mai di nulla, con nessuno. Will dà ordini e basta. Non siamo amici, non possiamo andare avanti così.»
E Jonny si rese conto che la cosa peggiore era che aveva maledettamente ragione.
 
♪♬
 
«Mi dispiace, io...»
«No, non è niente.»
Chiuse gli occhi, serrando i denti.
Era stata questione di secondi. Lei non lo aveva visto avvicinarsi, e quando se n’era accorta, lui era ormai a pochi centimetri da lei. E si era tirata indietro di scatto. Come uno schiaffo gelido in piena faccia.
«Lasciami parlare, io…»
«Non c’è da parlare.» Strinse i pugni sotto il tavolo e si schiarì la voce, guardando il locale. «Non avrei dovuto farlo, scusa. È solo che… Che stupido. Stavamo così bene stasera, che ho creduto veramente che… sì, che magari io ti potessi piacere, quanto sono idiota!»
Rise amaramente, appoggiando la fronte alla mano, il gomito sul tavolo.
«Ma va bene, non importa, lasciamo stare…»
«No, non va bene!» esclamò la ragazza, tremante, lasciando cadere le posate nel piatto. Lui sollevò la testa, e Delilah dovette sforzarsi per fronteggiare i suoi occhi e parlare nonostante quel groppo in gola.
«Io non… sono abbastanza per te, non posso…»
«Oh, per favore!» scoppiò lui, ridendo amaramente, lo sguardo lontano. «Non sei abbastanza. Senti, non c’è bisogno di scuse, capisco, ok. Finiamola qua. Io non… voglio più esserti amico e basta. Voglio baciarti, Lila, ma devi volerlo anche tu. Sono patetico, lo so…»
«Ma…»
«Senti, devo andare, Jonny e Guy mi aspettano al Bull and Gate. Ho incasinato le cose con te, vedrò almeno di metterle a posto con loro. Vuoi che ti porti a casa?» rispose secco, alzandosi. Lei rimase a guardarlo da sotto in su, incapace di pensare.
«No, Chris, aspetta, lasciami spiegare, per favore…»
«No, basta spiegare, non c’è nulla da spiegare» tagliò corto il ragazzo, infilandosi la giacca, gli occhi bassi. «Tu non pensi a me nello stesso modo in cui io penso a te. Pensavo di poterti rimanere amico, ma non è vero, non ci riesco. Fine. Quindi, vuoi che ti accompagni a casa? O che passi a prenderti più tardi, qualcosa?»
Lei scosse la testa, abbassando gli occhi.
«Bene. Buonanotte, allora.»
Lo guardò allontanarsi, andare al bancone, pagare e quindi uscire. Fissò il piatto davanti a sé. Per un attimo le sembrò di vederci il ghigno trionfante di Joanna. Sbatté le palpebre.
Si sentiva vuota, come se di lei fosse rimasto solo un involucro, e sentiva dolorosamente la mancanza di tutto ciò che l’aveva riempita. E quegli occhi...
Il solo pensiero di mangiare le face venire da vomitare. Prese la giacca e uscì.
Sollevò lo sguardo verso il cielo nero, la pioggia che le scioglieva quel poco trucco che si era applicata con tanta cura. Per lui.
Cosa aveva fatto? E soprattutto, perché? Perché all’improvviso si era sentita così sbagliata, così distante, perché si era ritratta, lontano dalle sue labbra dischiuse? E cos’erano quelle lacrime che la pioggia lavava via dal suo viso?
 
♪♬
 
Spinse la porta ed entrò nel locale caldo e affollato. Socchiuse gli occhi, cercando di intravedere Guy e Jonny. Aveva davvero bisogno di una bella bevuta. Li individuò in un tavolo all’angolo e si mosse faticosamente nella loro direzione. Aggrottò le sopracciglia. Sul tavolo c’erano troppi bicchieri vuoti, e il posato Guy e il timido Jonny ridevano sguaiatamente. Non era un asso in matematica, ma sapeva fare due più due.
«Avete bevuto.»
«Chris!» esclamò Jonny, accorgendosi di lui. Si alzò e lo strinse in un abbraccio soffocante.
«Oh, ci sei mancato così tanto Chris…» bofonchiò sognante, dondolando sul posto. Chris lo assecondò, a disagio.
«Veramente, a me non è che tu sia mancato così tanto. Però, posso dire che ti accetto, ti voglio bene, anche se penso che tu sia un po’ egoista. Ma è giusto dirlo, dobbiamo essere chiari e trasparenti e dire quello che pensiamo» lo accolse Guy, alzando un bicchiere nella sua direzione, per poi svuotarlo.
«Ok, ok, calmiamoci, basta bere… Dov’è Will?»
«E chi lo sa?» si strinse nelle spalle Guy. «E a chi importa? Tanto Will è bravo solo a fare il maestro bacchettone… gli mancherebbe solo un fottutissimo righello» borbottò, rivolto al boccale. Chris si liberò dell’abbraccio di Jonny e lo depositò sulla sedia. Jonny rimase così, seduto con un sorriso ebete e la testa leggera. Chris si lasciò cadere su una sedia a sua volta.
«Non è venuto, allora?»
«Nah. Aveva problemi a casa» spiegò lentamente Jonny, con aria saputa. A Chris ricordò sua nonna.
«Bene.»
Strinse i pugni fissando il bicchiere mezzo pieno di Jonny. Aveva una grande voglia di afferrarlo e scolarselo tutto d’un fiato.
«Comunque, cosa dicevamo?» disse Guy, con aria assente.
«Non lo so. Davvero non lo so» disse Jonny, smarrito, spalancando gli occhi. «Il fatto è che, noi non sappiamo veramente niente, e non sapremo mai niente. Non possiamo sapere niente.»
«Mh, hai ragione. Siamo delle stupide scimmie» assentì Guy, corrucciato. Jonny si appoggiò allo schienale.
«E secondo me, su Marte la vita c’è. Perché non potrebbe? Magari è un tipo i vita che non conosciamo e non possiamo percepire…» Chris alzò la testa stupito. Forse non era così ubriaco.
«Interessante.»
«Tipo… Ragni spaziali.»
Come non detto.
«Sì…»
«Ok, ragazzi, andiamo a casa» disse, deciso.
«Noo! Non vogliamo andare a casa!» piagnucolarono Guy e Jonny all’unisono.
«Un’ultima birra, dai, una sola…» implorò Jonny, afferrando Chris per la manica.
«Neanche per idea» rispose il ragazzo, scrollando il braccio e alzandosi. «Adesso paghiamo e ce ne torniamo a casa…»
«Uffa!»
«Certo, papino Chris, tutto quello che vuoi. Non ne bastava uno, adesso anche tu ti metti a dare ordini» sbuffò Guy, incrociando le braccia. Chris decise di ignorarlo e alzò una mano per attirare l’attenzione della cameriera. La ragazza si avvicinò tirando fuori in taccuino con aria rassegnata.
«Il conto per favore.»
«Di questi due? Fanno… 27 sterline e cinquanta.»
Chris strabuzzò gli occhi.
«Cosa… Da soli?» La ragazza si strinse nella spalle. Chris mormorò un’imprecazione, tirando fuori il portafogli, dove rimaneva solitaria solo una banconota da dieci sterline. Alzò lo sguardo preoccupato.
«Un minuto solo.»
Ignorando le proteste di Jonny e Guy, frugò febbrilmente nei loro cappotti, ma trovò soltanto cinque sterline in quello di Jonny e altri spiccioli in quello di Guy.
«Ok, tirate fuori i soldi.»
«Che cosa?» squittì Guy, in un acuto degno di una soprano. «Perché vuoi i nostri soldi, eh? Ci stai minacciando? Ma non funziona con noi, sai? No, non avrai mai quei soldi!» esclamò, infervorato, mettendo un braccio intorno ad un assonnato Jonny e tirandolo versò di sé.
«Attento…»
Jonny cadde dalla sedia, e subito scoppiò a ridere, seguito da Guy, che per le risate finì sul pavimento, tenendosi la pancia. La cameriera li fissava allibita.
«Mi dispiace, di solito non sono così, io…» tentò di scusarsi Chris, imbarazzato.
«S-sì, certo.»
«Però, io, ecco… Hem, è imbarazzante… Jon, dammi i soldi!» farfugliò Chris, iniziando a imporporarsi.
«Mai!» esclamò Jonny, alzando un pugno da sotto il tavolo.
«Io… Davvero non so che fare, mi dispiace…»
«Chris! Hey, Chris!»
Il ragazzo si voltò, incontrando il faccione preoccupato di Tim.
«Che ci fai qui, eri con loro?»
«No, ero con una ragazza… Che succede, hanno bevuto?»
«Sì, Will non è venuto, io ero con Delilah, non so cosa hanno combinato…» raccontò Chris, sollevato. Tim aveva sicuramente dei soldi.
«Scusate, qui qualcuno mi deve dei soldi. Oppure ordinate qualcos’altro, non posso stare qui a sentire i vostri discorsi!» fece notare la cameriera, seccata.
«Oh, sì, giusto…» mormorò Tim, tirando fuori il portafogli.
«Oh, grazie mille Tim, ci hai salvati. Te li riporto domani, promesso, anzi loro te li riportano…» iniziò Chris, riconoscente, pagando finalmente la cameriera, che se ne andò indignata quando si accorse che non c’era la mancia.
«Figurati, amico, non dirlo nemmeno. Ti serve una mano per questi due?» lo rassicurò Tim, dandogli una pacca sulla spalla. Chris rifiutò il suo aiuto e lo salutò, per poi tornare a fronteggiare Guy e Jonny, ancora sul pavimento.
«Chi era quello, il tuo ragazzo?» chiese Jonny, fissando il soffitto.
«Perché, sei geloso?» lo punzecchiò Guy, ridacchiando. Chris li ignorò e li tirò in piedi, poi li aiutò a infilarsi i cappotti. Fu difficile, considerando che Jonny si reggeva a malapena in piedi e che Guy era convinto di essere James Bond. Dovette letteralmente strappargli di mano il boccale da cui cercava disperatamente di bere l’ultima goccia di birra. A fatica, li spinse e sorresse fino alla porta del locale, pregando che avesse smesso di piovere.
Come no.
«Andiamo, dai, non è molto lontano…»
«La pioggia, guardate, la pioggia!» esclamò Jonny, aprendo le braccia in fuori e gettando indietro la testa.
«I’m siiingin’ in the rain… Siingin’ in the rain…» attaccò Guy, ondeggiando mentre camminava. Chris lo afferrò per un braccio, mentre con l’altro recuperava Jonny. Una macchina sfrecciò a pochi centimetri da loro.
«Hey, niente scemenze, camminate dritti fino a casa, non è lontano, un paio di isolati…»
Una figura solitaria veniva verso di loro, ma Chris non riusciva a distinguerla bene sotto la pioggia. Si passò un braccio di Jonny intorno al collo, tenendo Guy per l’altro braccio.
«In ogni caso, penso che tua sorella sia una gran bella ragazza, Chris. Davvero, davvero bella, infatti non ti somiglia molto. O forse sì, non lo so, sono un po’ confuso…» farfugliò Jonny, mentre Guy continuava a cantare, stonando in maniera imbarazzante e appoggiando la testa sulla spalla di Chris.
La figura iniziò a correre nella loro direzione. Chris irrigidì la schiena.
«Hey, Chris, che fine ha fatto Delilah? Ti ha mollato, eh? Ho ho, povero Chris…» lo canzonò Guy, interrompendo la sua performance. Chris si sforzò di ignorarlo. Strizzò gli occhi. Non era mica…
«Willie!» esclamò Jonny, alzando i pugni al cielo e dando inavvertitamente un pugno in faccia a Guy.
«Un attentato al mio occhio!» ululò il ragazzo, portandosi le mani alla faccia.
«Che ci fate qui, siete ubriachi? Chris?» disse Will, confuso.
«Io… Erano da soli per un paio d’ore, io ero con Lila, e li ho ritrovati così.»
«Un paio d’ore senza di me e guarda che combinano…» ridacchiò Will, afferrando un Guy ululante, mentre Chris riacchiappava Jonny.
«Andiamo a casa, lover boy» disse stancamente, incamminandosi davanti a Chris.
«Lover boy un corno…» mormorò amareggiato.
«Ah, non pensarci. Capirà prima o poi» lo rassicurò Will, senza voltarsi. Percorsero qualche metro in silenzio, senza fare caso ai vaneggiamenti di Jonny. Chris tirò su col naso.
«Will…» si schiarì la gola. «Noi… Va tutto bene, insomma…»
«Non possiamo mandare all’aria tutto per un litigio, Chris. È anche ora di crescere. Nella vita c’è di peggio. Credimi.»
C’era una strana vibrazione nella sua voce, una forza che mascherava una delicata fragilità. Forse anche lui, come Chris, avrebbe voluto solo bere e non pensare a nulla.
«I ragni su Marte esistono!» esclamò Jonny, alzando un pugno al cielo.

 




***
Sono più in ritardo di quanto credessi. Pardon.
Non ho voglia di parlare, perché non so cosa dire. Grazie di aver letto, e ancora più grazie se avete seguito la storia fin qui. 
Grazie infinite alla mia Heart, perché senza di lei, questa storia sarebbe probabilmente rimasta un documento Word dimenticato nel computer (e forse sarebbe stato anche meglio...). 
David Bowie e Jeff Buckley. Canzoni stupende, seriamente.
Love ya
E.

Se ti può consolare, io ho dimenticato gli occhiali.
Ok, non c'entrava niente, ma Mamma ho perso l'aereo sarà sempre nei nostri cuori. Amen.
 
  
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