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Autore: TangerGin    17/12/2013    5 recensioni
La prima volta che lo hai visto si dondolava sulla sedia, sulla faccia stampato un ghigno, non guardava mai negli occhi le persone.
L’ultima volta che lo hai visto in realtà nemmeno l’hai visto bene, era buio, ma hai sentito il suo sorriso.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che lo hai visto si dondolava sulla sedia, sulla faccia stampato un ghigno, non guardava mai negli occhi le persone.
La prima volta che ci hai parlato lui ti ha detto che stavi sbagliando e nessuno te l’aveva mai detto prima, allora magari è il caso di alzare la voce?
 
 
Quando ti alzi la mattina, e non è mai facile svegliarsi, la prima cosa che vedi è la federa del tuo cuscino e ti ricordi dei capelli neri che cozzavano contro quel turchese e allora ti chiedi se sia normale che i polmoni facciano così tanta fatica.
Che poi ti sembra quella stessa fatica che provavi a scuola, quando ti toccava camminare per i corridoi con la testa bassa, è la stessa fatica che ti portava a disegnare scarabocchi sul banco piuttosto che ascoltare la lezione di filosofia, ed è la stessa fatica alla quale lui aveva dato un sollievo.
Quando scendi dal letto, e i piedi sono freddi perché è dicembre – ma tu hai i piedi freddi tutto l’anno quindi ci sei abituata – incontri quel tappeto, e a quel punto non sono solo i polmoni a fare fatica, ma è anche il cuore.
 

«Forse è troppo grande» dice, e aggrotta le sopracciglia in quel modo che ti piace ma odi al contempo, perché le aggrotta così solo quando non è convinto, ed è sempre un rischio.
Scrolli le spalle, sorridi, e fai perno sulle punte dei tuoi piedi per raggiungere la sua guancia, resa ispida dalla barba nera, e «Ma è talmente bello» dici, e poi lasci un bacio su quella barba, e a quel punto non sai più se ti stai riferendo al tappeto o a lui.
Perché effettivamente questa è la tredicesima volta dall’inizio della giornata che ti chiedi come sia possibile avere occhi talmente profondi e delle labbra così perfette, e tu non hai mai creduto nella perfezione, eppure ce l’avevi davanti da sempre.
Quando portate a casa tua il tappeto, ed effettivamente è un po’ troppo grande e quindi ti tocca piegarlo in fondo, sotto al termosifone, lui ti fissa con quello stesso ghigno di sette anni prima, però adesso ti guarda negli occhi e «Te l’avevo detto» dice tu borbotti perché non sopporti quando ti tocca dargli ragione, mentre lui adora avere ragione.
Poi ci sono i vestiti che iniziano a cadere su quel tappeto nuovo, c’è la sua pelle scura che contrasta perfettamente con il tuo incarnato pallido, ci sono carezze e baci e sospiri e poi di nuovo carezze, e «visto che un tappeto era utile?» e questa volta sei tu a sogghignare, ma lui ti ruba quella piccola vittoria dalle labbra, nascondendola dietro un ennesimo bacio.
 

Sette anni prima avevate quattordici anni, e avevate appena iniziato il liceo e c’era un po’ di paura ma tante, forse troppe, aspettative.
Sette anni prima è settembre, tu non hai uno zaino e porti i libri in una sacca di jeans informe, e ti sei scelta il posto in ultima fila, poco vicino alla finestra, che è il posto più ambito tanto quanto il più scomodo, perché poi, quando ti tocca uscire, devi chiedere a un’intera fila di sedie di farti passare. In fondo alla trincea di sedie c’è sempre lui, che si dondola e si appoggia al muro, così che sei costretta a parlarci ogni volta che, malauguratamente, ti viene l’idea di uscire dalla classe. E non sopporti quella smorfia presupponente, non sopporti quell’accenno di acne e men che meno sopporti quella t-shirt dei Nirvana perché cosa ne saprà mai lui dei Nirvana e di Kurt.
«Mi fai passare per favore
», e quegli occhi neri si alzano beffardi, si stringe nelle spalle magroline ancora non cresciute, fa ondeggiare quella cresta di capelli ridicola e con un colpo di reni si mette in una posizione decente. Non dice nulla, nemmeno un fiato.
In realtà parla poco, in generale.
O forse parla poco con le ragazze, perché quando è circondato da Harry e Niall, i suoi compagni di banco, inizia a sentirsi la sua voce ed è ancora squillante ed infantile perché ha pur sempre ancora quattordici anni. A volte sorride anche, quando è assieme a quei due ragazzini, ma è una cosa che lì per lì non noti, te ne ricordi solo adesso. Perché sette anni prima, quando lui parlava poco e sorrideva ancor meno, a te non lui interessa, perché sei troppo occupata a pensare a John e a come far colpo su di lui, e poi, a ripensarci, perché ti piaceva John? Forse è il suo odore, ti ricordi il suo odore che ti piaceva un sacco, è vero.
 
Poi gli anni passano, girano le persone, ed inizi ad abituarti a quello sguardo beffardo e poi ci fai pure amicizia. Ed è una di quelle amicizie sincere da compagni di classe, forse un po' superficiale, ma Zayn è sempre stato un ragazzo riservato, e lo dicono tutti e te nemmeno ci fai caso.
Gli anni sono passati, ed è l'ultimo anno di liceo, e c’è Franny, e adesso te li ricordi perfettamente i suoi occhi quando la guardavano, o le sue braccia quando la abbracciavano, e a quel tempo non faceva assolutamente male. Guarda che teneri, Zayn e Franny, dicevi, e lo pensavi veramente, ché tanto tu avevi John, e ti piaceva davvero tanto l’odore di John.
Forse sarebbe stato meglio se non ti fosse piaciuto così tanto, perché poi quando quell’odore si è mischiato a quello di un’altra, e tu l’hai subito notato, ci sono state le lacrime, c’è stata la vergogna, c’è stato quel senso di morte che ti seguiva sempre, e allora camminavi a testa bassa per i corridoi, avevi il piombo nelle scarpe, e disegnavi sul banco piuttosto che ascoltare la lezione di filosofia.
Ma lui aveva Franny e te nemmeno ci pensavi, e ancora non avevi notato le varie sfumature dei suoi sorrisi, ancora non conoscevi che rumore facessero le sue dita quando le scrocchiava, e non conoscevi ancora nemmeno il piccolo osso del suo gomito.
 
Hai imparato a conoscerli solo dopo, quando ormai Franny non c’è più ma non c’è più nemmeno la vostra amicizia.
Ma no, resteremo amici, dicevate tutti assieme scherzando ed era l'ultima cena di classe, e c'era un po' di malinconia e paura, ma tu ci credevi che sareste rimasti amici. Eppure sono passati due anni e Zayn l'hai perso di vista e ogni tanto lo vedi passare sulla sua bicicletta, quella bianca, ma nemmeno ti preoccupi di chiamarlo. Non hai la forza, perchè è ancora troppa la fatica. È ancora pesante il senso di morte, e le scarpe sono ancora piene di piombo.

Poi succede che c'è una festa (o era un'inaugurazione?) e ti ritrovi su una terrazza a bere del vino bianco. Tira un po' di vento, ma non vuoi legarti i capelli nonostante ti finiscano sul viso e ti blocchino la visuale, però quegli occhi li riconosci lo stesso. Forse lo abbracci anche, quando lo rivedi, e ma quanto tempo come stai ti sei laureato? ed è assieme Stephen e quanto è piccolo il mondo. Ti sembra di sorridere un po' troppo, ma nemmeno ci fai caso.
«Sai che ho ancora dei cd tuoi a casa mia? – dice, mentre fuma, e tiene la sigaretta tra le falangi ed è estate e c'è ancora luce nonostante sia ormai sera – me li avevi prestati il primo anno di liceo, ricordi?» e tu non ricordi, e ridi per questo, e a quel punto iniziate a ricordare di quando lui si dondolava, di quando non parlavate, di quando non sorrideva, e ricordate quella musica di cui vi riempivate entrambi le orecchie e alla fine è proprio vero che le amicizie non muoiono mai e si sono fatte le tre e nemmeno ve ne siete accorti.
Le notti in cui fate le tre e non ve ne accorgete iniziano ad accavallarsi l’una sull’altra e passa un mese, e passano due mesi, e passano tre mesi, e te ad un certo punto ti rendi conto che non senti più quel senso di morte e lo capisci.
Capisci che tutta quella fatica che ti perseguitava da due anni, da quando l’odore di John si era unito a quello dell’altra, da quando avevate finito il liceo e ti eri ritrovata sola, adesso è passata. 
E allora inizi a sentire i pensieri che diventano elio leggero, e ti rendi conto che è solo grazie a Zayn se ti piace stare alzata fino a tardi e uscire di casa e fino a quattro mesi fa lo odiavi, e ti rendi conto di quanto sia cambiato, in questi due anni, e poi inizi anche ad avere paura.
Hai paura perché forse tremi troppo quando lui arriva, forse tutta quell’indifferenza che ti assale nel momento in cui lui non c’è non è normale, e probabilmente non è normale che tutto inizi ad illuminarsi nel momento in cui le sue parole sono dirette nel tuo raggio di azione - eppure è proprio ciò che vedi, vedi un mondo più luminoso.
Però ammetterlo è difficile, e ancor più difficile è trovare il coraggio e tu sei sempre stata un po’ codarda.
 
Poi va a finire che il coraggio lo prende lui, e una sera, mentre si gira la sigaretta tra le dita affusolate e ha gli occhi piccoli perché ha chiesto aiuto a qualche birra, e siete incredibilmente soli, non c’è né Niall, né Harry né nessun altro amico attorno; il coraggio lo prende lui e «mi sa che mi piaci» e poi non aspetta nemmeno una tua risposta perché, lo sai, ha paura anche lui, allora butta tutto in tavola e quelle labbra che poco prima erano della sigaretta adesso sono tue.
Le sue sigarette e le sue labbra diventano tue sempre più spesso, ma non lo dite a nessuno, e quando salutate la sera gli altri e fingete di prendere due strade diverse, poi vi incontrate all’angolo della strada ed è notte e quei baci in piedi, sulla porta di casa, ti uccidono sempre un po’ perché pensi a Prévert ed è tutto troppo giusto e perfetto per essere successo proprio a te – che nella perfezione non ci hai mai creduto. 
Quando poi quei baci nascosti non vi bastano più, e allora ve ne fregate, e «ma dai, non ci credo, Mia e Zayn assieme?» lo sentite ripetere da tutti e rispondete con sorrisi e dita intrecciate. E con calma il cuore inizia a riempirsi, come una damigiana con l'olio più dorato, caldo e pregiato. E lo senti fluire come fosse liquido, quel sentimento, ma ancora hai paura e non vuoi dargli un nome, nonostante ti piaccia davvero tanto perderti tra le rughe naturali della texture della pelle delle sue mani, e nonostante ormai il ritmo cadenzato del suo sonno sia diventato il tuo metronomo personale.
 
Ti rendi conto di essere innamorata di lui nel momento in cui riesci a svegliarti senza tremare, e poi glielo dici anche, per la prima volta, mentre siete sulla riva del lago e non riesci a guardarlo bene negli occhi, un po’ per la paura, un po’ perché c’è troppo sole, allora ti limiti a  fissare le sue gambe magre distese davanti a te.
Lui ti sospira sulle labbra un «mi sa anche io» e ti rendi conto di essere innamorata ancora di più e che se respiri è anche grazie alle trentasette sfumature che hanno i suoi sorrisi.
Ti rendi conto di essere innamorata ancora un po’ di più in quel sabato di pioggia e ti senti scema a piangere così tanto ma odi i fallimenti e quando non passi quel colloquio ti pare che il mondo ti caschi addosso scopri che c’è quel piccolo osso, all’interno del suo gomito, che ti afferra prima del burrone, e allora inizi ad amare anche le sue ossa: ami le sue ginocchia accavallate, ami la sua mascella definita, ami le sue scapole tiepide contro le quali ti assopisci ogni notte.
Ti rendi conto di essere innamorata di ogni suo movimento imperfettamente composto, sei innamorata di come occupa lo spazio, sei innamorata della sua spina dorsale, dell'odore delle sue felpe sulle tue camicie, sei innamorata perché non ti spaventa più la parola infinito.


L’ultima volta che lo hai visto in realtà nemmeno l’hai visto bene, era buio, ma hai sentito il suo sorriso ed il suono del freno della sua bicicletta ed i clacson e poi la sirena.
L’ultima volta che ci hai parlato hai sventolato la mano e poi gli hai dato le spalle ed hai iniziato a sussurrare ti amo ti amo ti amo ma ti ha sentito solamente la brina, e poi il vapore delle parole sospirate al gelo e poi le lacrime fredde.
 
E non ce la faccio senza i tuoi sorrisi e senza l’osso del tuo gomito e questo tappeto è ancora caldo di te.



Allegriaaaaa!!!
Sì, insomma, stamani non riuscivo ad ingranare con lo studio, perché ho la testa ed il cuore troppo occupati a pensare ad altro. E il mio rimedio per pensare ad altro è sempre stato cercare di mettere questo "altro" in una qualche sorta di storia, e ne è uscita questa bella pappardella deprimente; ci sono elementi parecchio autobiografici, se così vogliamo dire. Ovviamente il dettaglio autobiografico non è Zayn AHIMÈ hahahahaha
Perdonate la tristezza della storia, però mi andava di scrivere innazitutto di Zayn (mi manca, sobs) e di qualcosa di... doloroso. Spero che come "esperimento" vi sia piaciuto, e direi che adesso posso anche ritirarmi hahah
Bacione♥
Gin~







   
 
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