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Autore: Light_e_Xamia    18/12/2013    3 recensioni
Sette giovani, un destino comune imposto loro dal fato... Avevano sempre saputo di essere speciali, di avere dei poteri che non li rendevano semplici umani ma qualcosa di più. Dopo un'adolescenza permeata da questa coscienza, costretti sotto lo stesso tetto avevano imparato a conoscere le loro debolezze attraverso i litigi causati dalla coabitazione forzata, l'amore nascosto e quello rivelato, la competizione e la profonda amicizia. In quel momento erano soltanto dei ragazzi privi di conoscenza sul loro passato e sulla loro condizione attuale, costretti in una casa con uno Spirito Guida restio a dare loro qualsiasi informazione, in balia di tre Sovrani furiosi per i loro Regni resi schiavi e preoccupati per una Terra in procinto di esplodere a causa di terremoti e maremoti. Inoltre c'era lui: il Male, una figura, un'ombra, un nemico deciso a renderli polvere.
In tutto questo ciò che non sapevano era che un domani proprio loro, così all'oscuro di troppe cose, avrebbero calcato palcoscenici importanti, battendosi per un Bene Supremo e per svelare cosa fosse quel qualcosa che li aveva da sempre resi più che semplici umani...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: quest'opera è coperta da copyright - ©2010 Tutti i diritti sono riservati
 




PROLOGO
 
 
 
Affreschi di sanguinose battaglie decoravano le vaste pareti dello sfarzoso salone ovale, una scintillante armatura risplendeva vicino all’enorme finestra d’oro, spade e scudi di ogni epoca circondavano la stanza su antichi sostegni di bronzo. Tuttavia, niente di tutto ciò era importante ai suoi occhi come le tre grandi sfere luminose che si libravano in aria. Stava così, seduto sul suo imponente scranno, con la mano destra protettivamente adagiata sulla superficie liscia del Catalizzatore, che come sempre teneva gelosamente accanto a sé.
La sua attenzione era del tutto assorbita dalle immagini cruente e meravigliose che si susseguivano convulsamente in ognuna delle tre sfere. Un’enorme soddisfazione scintillava nei suoi occhi gialli, aumentando di intensità a ognuno dei colpi che il suo esercito abbatteva su un Regno nemico. L’euforia si insinuava in lui, in un crescendo turbinante, mano a mano che ognuno degli esiti delle tre battaglie si faceva più certo.
Infine, accadde: nelle tre sfere vide l’immagine dei suoi comandanti esultare per la vittoria schiacciante su dei nemici ormai piegati e completamente asserviti.
La sua risata roboante risuonò per il salone, mentre volgeva lo sguardo verso il Catalizzatore per assicurarsi che le sue fatiche erano state ripagate.
Invece non fu così.
Solo in quell’istante ebbe l’assoluta certezza dei suoi sospetti. Non si stupì né si adirò, perciò, quando ravvisò che la polvere turbinante all’interno del Catalizzatore non era diventata completamente rossa, come avrebbe dovuto dopo che i suoi ultimi tre obiettivi erano caduti.
Seppur fiochi e deboli, infatti, piccoli sbuffi blu e bianchi ancora si mescolavano al vortice scarlatto.
Questa era la conferma che loro erano sfuggiti alla cattura e al suo dominio. Loro, i quali lui aveva definito i Prescelti.
Sebbene tale certezza comportasse un impedimento alla sua sete di potere assoluto, uno scintillio di perversa soddisfazione brillò nel suo sguardo. Non avrebbe neppure dovuto cercarli, poiché era certo che si fossero rifugiati nell’unico luogo dove lui non poteva arrivare. Sapeva esattamente cosa andava fatto, e decise che se ne sarebbe occupato di persona.
Con un ultimo sguardo alle sfere, che ancora mostravano immagini della sua ultima conquista, prese l’inseparabile Catalizzatore stringendolo bramosamente a sé e, avvolgendosi nel mantello nero, si apprestò a lasciare la sua dimora. 



 
 
CAPITOLO 1
 
Wing distolse lo sguardo dalle fiamme nel caminetto e fissò il centro del salone.
Lì, Teral stava camminando nervosamente e una collera luciferina gli brillava negli occhi mentre li puntava ai piani superiori, da dove sentiva giungere una furente lite tra alcuni dei loro cosiddetti salvatori. Il ragazzo rimase in ascolto per qualche secondo, poi spostò il suo sguardo irato al di là della finestra da cui non si vedeva altro che una pioggia scrosciante bagnare il vetro.
-Odio questo posto, odio questa situazione! Io sono il re di Valians, dovrei essere al fianco della mia gente invece di perdere il mio tempo con le follie di questi pazzi!-.
Wing sospirò, amareggiata nell’udire quelle parole. Osservò i tratti tesi di lui, gli occhi verdi scintillare d’ira malcelata risaltare ancora di più sulla sua pelle colore dell’ebano. In quel momento, nonostante l’aspetto scombussolato e il disordine nei suoi corti capelli scuri, vide in lui il deciso cipiglio regale che gli apparteneva. Gli si avvicinò poggiandogli dolcemente una mano sulla spalla.
-Capisco che tu sia in pensiero, lo sono anche io. Ma dobbiamo cercare di collaborare con loro, non di contrastarli. Forse dovremmo fidarci…-.
-Fidarci? Wing, la catastrofe è imminente! Cosa credi che potrebbero mai fare? Se solo avessimo trovato Parsas… Dannazione!-.
Con quelle parole, soffiate a denti serrati, Teral concluse l’argomento riportando il suo sguardo addolorato verso l’esterno della casa. Era arrivato in quella dimora circa venti giorni prima, ferito e delirante per il dolore e l’umiliazione della fuga dalla sua terra, Valians, il regno della Foresta che era stato devastato dalla battaglia contro le Iene, il nemico. Ciò che sembrava lacerarlo nel profondo dell’animo non erano le ferite ma la consapevolezza di aver dovuto abbandonare il suo popolo a causa di quel compito che solo lui poteva svolgere.
Tuttavia una flebile speranza continuava ad animarlo e quando si era ripreso, se pur con sospetto, aveva sperato di essere in presenza di colui che sapeva dai racconti degli avi essere il solo a poter liberare il suo regno.
Invece ben presto aveva inquadrato la reale situazione e gli era sembrato di essere piombato in un incubo, facendo infrangere contro un muro granitico tutte le sue illusioni. I suoi soccorritori non erano altro che ragazzi senza esperienza i quali, seppur dotati di grandi poteri, non sapevano controllarli del tutto e, di conseguenza, neppure utilizzarli al meglio. Si era sentito scoppiare, temendo di non rivedere mai più la sua gente in libertà. Come se non bastasse, ogni nuova scossa di terremoto gli rammentava che il tempo per intervenire era agli sgoccioli.
Wing sospirò di nuovo e, dopo aver raccolto i suoi lunghi e folti capelli azzurri in una coda che celò nel cappuccio della giacca, uscì in cortile dove l’oscurità era totale e il temporale scrosciava furioso.
Si ritrovò a condividere le emozioni e le perplessità di Teral.
Frustrazione, rabbia, paura e incertezza. Le sembrava essere passata un’eternità da quando i segnali d’allarme avevano risuonato per tutto Nimbias, regno dell’Aria, e dei giganteschi Falchi li avevano attaccati. Pensò con rimpianto al fatto che né la sua agilità nel movimento e nel volo, né tanto meno il potere dei suoi fulmini fossero bastati a proteggere il suo popolo: alla fine era stata costretta alla decisione più dolorosa, ovvero abbandonare il regno.
Ora, mentre la loro terra era sottomessa e gli equilibri ormai incerti, l’unica cosa che a cui avrebbe voluto aggrapparsi era colui che era venuta a cercare in quel luogo. Tuttavia la situazione era stata evidente da subito, e quello era stato il motivo per cui le loro speranze si erano miseramente infrante contro la realtà ineluttabile.
Si tolse la strana maschera che tutti chiamavano “occhiali da sole” che era obbligata a portare sulla Terra per nascondere i suoi luminosi occhi bianchi. Erano anomali laggiù, ma anche nelle tenebre più profonde le permettevano di vedere nitidamente, come in quel momento in cui la pioggia torrenziale e il vento scuotevano tutto il paesaggio circostante. Abbassò lo sguardo, pensando che Teral aveva ragione: la catastrofe era cominciata e loro erano soli. 
Improvvisamente i suoi pensieri furono interrotti da un singhiozzo sordo proveniente dall’ampia vasca situata sul lato est della casa. Sapeva già quale spettacolo si sarebbe mostrato ai suoi occhi se avesse mosso qualche passo in più. Non volle farlo e preferì rientrare, reputando di non poter sopportare la vista di altro dolore.
Ignara delle tensioni che aleggiavano all’interno delle mura, Icelyng passava l’ennesima serata nel cortile, immersa nella vasca d’acqua salata che i suoi salvatori avevano destinato a lei. Ciò le dava la possibilità di riprendere le sue sembianze da sirena, ma soprattutto di ottenere quella solitudine che le permettesse di rifugiarsi nei ricordi del suo regno e della sua famiglia. Specialmente di suo figlio Tryan, che era stata costretta ad abbandonare lasciandolo alla mercé dei loro aguzzini.
La sofferenza la straziava e il senso di fallimento le opprimeva l’anima. Non solo aveva mancato al suo ruolo di regina di Alyas, non essendo stata in grado di difendere la sua terra dagli Squali che l’avevano attaccata e poi ridotta in schiavitù, ma soprattutto non aveva saputo proteggere il suo piccolino. Si sentiva vicina a Wing e Teral, ma per lei il senso di sconfitta era molto più forte, perché in gioco c’era non solo la libertà del suo popolo e il ripristino della stabilità terrestre, ma anche la cosa che per lei aveva più valore: la vita di suo figlio.
Guizzando violentemente fuori dal pelo dell’acqua con il suo corpo filiforme e flessuoso, si lasciò scrosciare la pioggia addosso, sui lisci capelli dorati e sugli occhi blu, facendo si che le sue lacrime si confondessero tra le gocce gelide. Poi, gridò il suo canto malinconico rivolgendosi alla speranza, affinché non l’abbandonasse.
 
Qualche tempo più tardi, mentre la furiosa lite continuava a tumultuare all’interno delle mura, Fayr comparve sul pianerottolo del primo piano, con occhi incandescenti e le mani tra i capelli. Aveva cercato di concentrarsi sul tomo che stava consultando da qualche tempo ma tutto quel frastuono non faceva altro che distrarla.
Salì un'altra rampa di scale a due a due e spalancò rabbiosamente la porta della soffitta: senza curarsi del fatto che la stanza somigliasse a un campo di battaglia fissò con ira le due persone che da oltre un’ora stavano urlando a perdifiato.
-Adesso basta! Lo acete capito o no che è arrivato il momento di fare sul serio e cooperare?! Finitela di stuzzicarvi e pensate alle cose serie!- intimò.
Un silenzio imbarazzato calò nella stanza, poi Ket rispose quasi con aria mortificata.
-Non ci posso fare niente se questo dannato demone continua a infastidirmi mentre preparo i filtri rigeneranti! Ne ho abbastanza!-
All’altro capo della camera, Kain era rimasto immobile e quasi indifferente alla stilettata della ragazza. Continuando a squadrarla con sufficienza, sibilò con sottile acidità -Non usarmi come capro espiatorio per i tuoi esperimenti fallimentari, fattucchiera da quattro soldi. Piuttosto torna a giocare con le tue ricette di pozioni, magari un giorno riuscirai ad azzeccarne una!-.
La ragazza stava per rispondergli a tono quando la voce di Fayr la bloccò.
-La situazione è già sufficientemente tesa senza che vi ci mettiate anche voi. Cercate di maturare, perché tutti noi abbiamo bisogno di concentrazione!-.
Li fissò un’ultima volta e uscì, sbattendo la porta.
Ket alzò lo sguardo sul ragazzo e sentì un vuoto allo stomaco. Non sapeva perché ogni sera ripetevano quella sceneggiata, perché continuassero a stuzzicarsi con parole pesanti e offensive. Avrebbero potuto smetterla e dare voce, invece, a ciò che li animava veramente. Purtroppo sapeva che non sarebbe mai accaduto perché ormai avevano imparto a recitare quel ruolo e fingevano col mondo intero e con loro stessi, così tornò vicino al davanzale e riprese tra le mani il tomo degli incantesimi che stava studiando.
Kain, dal canto suo, la osservò ancora per qualche secondo cercando di celare dietro uno sguardo aggressivo quello che provava veramente. Poi divenne invisibile e se ne andò, desiderando allontanarsi per qualche attimo da lei e da quell’atmosfera.
Fayr, che era rimasta in attesa fuori dall’uscio, emise un sospiro seccato e preoccupato ma sentendo che le urla si erano arrestate ritornò sui suoi passi al piano inferiore. Si fermò mentre scendeva le scale fissando irosamente un quadro appeso alla parete e, sollevando la mano destra, gli scagliò contro una palla di fuoco.
-Prima di far esplodere ogni oggetto di questa casa, ti dispiacerebbe consultarci?! Forse si poteva sistemare meglio il chiodo, senza disintegrarlo… -.
La voce di Mynd risuonò secca e autoritaria da dentro una stanza poco distante. La ragazza lo raggiunse e lo fissò con tanto d’occhi, riprendendo il suo posto su un grande cuscino e continuando a sfogliare il tomo.
Mynd capì che era inutile discutere con lei in quel momento, tanto più che il motivo della sua stizza era palesemente lontano da quello dichiarato. Lui sapeva e comprendeva, così tacque e tornò a fissare lo schermo del computer.
La situazione tra quelle mura stava prendendo una pessima piega a causa della fastidiosa tensione che logorava i nervi e i rapporti tra loro. Non era stato semplice per i suoi compagni e per lui accettare la verità sulla natura dei tre ragazzi che avevano salvato. Quando essi erano arrivati nella loro casa, malmessi e sotto shock, l’unica cosa che avevano notato era stata il loro abbigliamento assurdo. Come se non bastasse, nei suoi compagni era sorto il dubbio che Wing, Icelyng e Teral non si fidassero di loro. Per lui, invece, quella era una certezza e non poteva biasimarli: in fondo, pensava, lui si sarebbe sentito allo stesso modo nella loro situazione e ad aggravare tale stato di diffidenza nei loro confronti v’era il fatto che non fossero stati capaci di trovare nemmeno la più piccola traccia, né in rete né tantomeno sugli strani e variegati volumi che avevano in casa, di questo Parsas che i sovrani cercavano.
Tornò a concentrarsi sul sito Internet di breacking news che stava consultando. Le notizie erano sconcertanti e peggioravano esponenzialmente con il passare del tempo: terremoti, maremoti e uragani stavano colpendo inspiegabilmente varie parti del mondo e tutto ciò era iniziato, in un crescendo progressivo, poco dopo il salvataggio dei tre. Non c’era dubbio sul fatto che tutto fosse collegato. 
Fayr, dal suo angolo, sbuffò. Continuava a pensare che tutto quel documentarsi fosse inutile e che avrebbero dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non continuare a esitare. Sollevò lo sguardo e trovò che Mynd la stava fissando.
-Ti capisco, ma prima di passare all’azione, Fayr, dobbiamo avere conoscenza dei fatti! Il sapere è potere, ricordatelo!-.
La ragazza sospirò seccata e tornò a fissare il libro. In alcuni momenti la infastidiva il potere di lui, il fatto che leggesse nella mente. Soprassedette solo perché la maggior parte delle volte, invece, era felice che qualcuno potesse sentire le sue emozioni senza bisogno di parole, alleggerendole un carico spesso troppo gravoso. Mynd era un punto fermo per lei e gli altri, lo vedevano darsi da fare e stare vicino a ognuno di loro sempre e per qualsiasi cosa, seppur in modo discreto e non invadente.
Una vera mente.
Un vero leader.
Improvvisamente i suoi pensieri vennero interrotti dal fatto che dal nulla si materializzò Switch al centro della stanza con una tazza di caffè in mano che rapidamente le porse.
-Grazie, ma come lo sapevi che ne avevo voglia?- chiese lei basita.
Switch storse il naso e fece un gesto con la testa rivolto a Mynd che, nonostante tutto, non distolse lo sguardo dallo schermo.
-Comunque vorrei farvi notare che teleporta non è sinonimo di cameriere!- esclamò poi il nuovo arrivato, sdraiandosi sul divano.
Lei sorrise tra sé. Switch era fatto così, il suo modo di essere strampalato e buffo non permetteva di prenderlo sul serio neanche quando era contrariato come in quel momento. Le piaceva stare in sua compagnia perché riusciva sempre a metterla di buon umore in ogni situazione. Era stato così sin dalla prima volta che si erano incontrati sei mesi prima, quando si era materializzato in camera sua in piena notte in compagnia di Cronos, il suo gemello.
-Va bene, servizio in camera a parte… Che fine ha fatto quel tizio che mi assomiglia vagamente?- domandò il ragazzo, notando che nessuno aveva ribattuto alla sua precedente frase.
Mynd si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie. -Simpatico come un’eruzione cutanea come tuo solito, eh?! Anche se ti sembrerà strano non saprei dov’è, ma immagino che se ti sforzassi il minimo sindacale magari ci arriveresti da solo..-.
 
Cronos era nell’ala est, seduto sul divano dell’anticamera mentre consultava un grosso e polveroso libro dall’aspetto antico che aveva trovato la sera precedente in soffitta.
Di fronte a lui, appoggiata al muro, sedeva Cristal. Aveva sparso sul pavimento una serie di fogli cercando di dare un senso ai racconti che Teral, Wing e Icelyng avevano fatto sull’attacco ai loro regni, ma era lì da un paio d’ore e ancora non era arrivata a nulla. Sbuffò, poi strinse le ginocchia al petto e vi nascose la faccia sopra. Era stanca e demoralizzata come non lo era da parecchio.
In quei lunghi mesi passati sotto quel tetto si era quasi persuasa che il loro destino fosse quello di vivere separati dal mondo, in quanto diversi. Qualche visita fugace al paese vicino, tanto per non perdere il contatto con la realtà ma nulla di più. Adesso, invece, stava realizzando che proprio quella diversità li aveva assegnati a un destino che probabilmente non avevano nemmeno immaginato.
Non aveva vissuto una vita piena di scossoni e già il fatto che a dieci anni al capezzale della nonna defunta ne avesse assunto improvvisamente le sembianze l’aveva traumatizzata. Era così che aveva scoperto di essere una mutaforma, e solo negli anni aveva in qualche modo imparato a gestire quel potere o, per lo meno, a capirne la portata. Di fatti, aveva scoperto che poteva assumere le sembianze di qualcun altro solo se quella persona era morta o priva di sensi. Ma ora anche quella coscienza sembrava essere inutile perché si stava profilando davanti a loro l’eventualità di essere parte di qualcosa di terribile. Cercò di rassicurarsi pensando che, in fondo, non sarebbe stata sola.
Sollevò lo sguardo e incontrò quello di Cronos che, avendo notato i suoi occhi velati di inquietudine, lentamente si era alzato dal divano e le si era avvicinato, sollevandole il mento e baciandola.
E stava per staccare la spina almeno per qualche secondo tra le sue braccia, ma in quel momento entrarono nella stanza Switch, Fayr e Mynd.
-Ho vinto! Lo sapevo che “Lingualunga” stava dandosi da fare: sgancia, sorella!- disse Switch voltandosi verso Fayr, che lo fulminò con un’occhiataccia.
Cronos si staccò dalle labbra di Cristal e guardò in malo modo il gemello.
-Se non fossimo uguali, dubiterei che fossi sangue del mio sangue!-.
Cristal si alzò e, invece di irritarsi, sorrise alla vista di Fayr e Mynd. Loro erano altri due buoni motivi per non smettere di lottare, per non arrendersi nonostante l’incertezza della loro situazione. Era strano dirlo, soprattutto per una come lei che difficilmente comunicava le sue sensazioni, ma con loro due si sentiva al sicuro. Senza dubbio erano i migliori amici che avesse mai avuto.
Mynd era una roccia, un punto fermo che, leggendole nella mente, le permetteva di sfogarsi senza dover parlare. Le stava sempre vicino, le dava quello di cui aveva bisogno, si prendeva cura di lei.
Fayr era Fayr. Insostituibile, inimitabile. Se fosse stata in pericolo, sapeva che l’amica avrebbe affrontato ogni difficoltà per aiutarla. La capiva con uno sguardo e lei faceva altrettanto.
 Loro, così diversi eppure così simili. Loro, ciò che per lei era diventata la più astrusa e bizzarra delle famiglie...



 
  
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