Fanfic su artisti musicali > Blink-182
Ricorda la storia  |      
Autore: Layla    18/12/2013    2 recensioni
Io rido, poi sento del dolore al basso ventre e del liquido colare, inizio a sudare freddo.
“Tom!”
Gli dico con voce tremante.
“Mi si sono rotte le acqua.”
Lui impallidisce vistosamente, ma cerca di darsi un contegno alzandosi in piedi di scatto.
“Ok, vado a prendere la tua roba, le chiavi della macchina e il portafoglio.”
“Muoviti!”

Tom/Anne
Genere: Comico, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ava DeLonge (ossia il parto di Anne Hoppus).

Vivere con Tom DeLonge non è facile.
È un eterno bambino che ama vedere cartoni (anche se per adulti), andare in internet per cercare notizie sui suoi amati alieni, che ama i comicon e suonare la chitarra.
Il problema è che ha un po’ di chitarre e a volte capita di inciamparcisi in giro per la casa e non è il massimo se sei incinta.
Sono Anne Hoppus, ho aspettato e lottato per anni prima di averlo, conoscevo perfettamente i suoi difetti e li ho accettati, anche se ogni tanto vorrei ucciderlo.
Ad esempio adesso che ha lasciato una sua chitarra in giro, io non l’ho vista e ho rischiato di finire lunga e distesa all’ottavo mese di gravidanza.
Non è facile essere incinta, prima ci sono le nausee, poi ti gonfi e infine perdi il controllo sul tuo umore e su quello che vuoi mangiare. Ci sono certe voglie insopprimibili che devi soddisfare e tocca a Tom correre per soddisfarle.
Ad esempio ieri sera volevo disperatamente del cocco nel cuore della notte e Tom è dovuto correre a comprarne uno in uno dei seven-eleven sempre aperti.
Lo ha preso a martellate fino ad aprirlo – facendo un casino infernale – per fsr sì che ne mangiassi giusto un paio di fettine.
Roba da manicomio, se ripenso a come ero prima della gravidanza.
Ava – il nome che abbiamo scelto per la piccola – ci sta dando del filo da torcere già adesso, non immagino cosa farà quando sarà nata.
Tornando alle voglie, ho voglia di gelato al cioccolato bianco!
Devo chiamare subito Tom!
“Tom!”
Urlo con tutta la voce che ho in corpo, solo che invece del mio ragazzo arriva Ruby.
“Che ci fai qui?”
Le chiedo sorpresa.
“Niente, sono solo venuta a vedere come stai, come va la gravidanza e come sta mia nipote.”
“Beh, immagino ci possa dire che io stia bene, se non per le voglie, il mal di schiena e la camminata da papera. La gravidanza procede bene e tua nipote sta bene, anche se è esigente.”
“Capisco.”
“Hai visto Tom in giro?”
“Sì, l’incrociato mentre entravo. Ha detto che andava a prendere il pane, stamattina si è dimenticato.”
La solita memoria da coniglio! Prendo il cellulare e compongo il suo numero, così mi porterà a casa il gelato.
“Pronto?”
“Ciao, Tom. Sono Anne.”
“Ciao, piccola. C’è Ruby lì con te, vero?”
“Sì, c’è. Io avrei bisogno di un favore visto che sei in giro: mi porteresti a casa una confezione di gelato al cioccolato bianco?”
Lo sento sospirare dall’altro lato della linea.
“Va bene, farò del mio meglio. A dopo!”
Chiudo la telefonata e sorrido a Ruby.
“Scusa, ma dovevo fare quella telefonata.”
“Non c’è problema.”
“Di’ un po’, si esce vive dal parto?”
Lei mi guarda leggermente stupita.
“Ti sembro morta, Anne?”
“No.”
“Ecco, ti sei già risposta.”
Io sospiro, Ruby è sempre stata fatta di una pasta diversa da me e dalle skater che  conosco, è una tosta, a volte sembra di pietra e la maggior parte delle volte che ha un problema sa trovare una soluzione abbastanza alla svelta.
Io invece sono casinista, insicura, non so quello che farò il giorno dopo, figuriamoci come si riesca a gestire una gravidanza.
Mi sembra un miracolo che io sia riuscita ad arrivare fin qui senza combinare qualche cavolata che mettesse in pericolo me e mio figlio
“Anne?”
“Sì, Ruby?”
“Non entrare nel circolo dei pensieri paranoici, pensa a me. Io che ho portato mio figlio a Londra e ho rischiato di partorire in anticipo perché avevo fatto una cosa davvero stupida.
Tu sei qui, tranquilla, con Tom. Non hai alcun bisogno di andare in paranoia.”
Io annuisco, non del tutto convinta.
È vero, io ho Tom accanto, ma c’è uno stupido tarlo nella mia testa che mi chiede per quanto rimarrà. Che cavolata, è ovvio che rimarrà o non avrebbe voluto sapere nulla di Ava dall’inizio, né sopporterebbe i miei stupidi capricci.
Che razza di zucca vuota ho.
Torno di nuovo a guardare Ruby e parliamo di parto e bambini piccoli, lei mi racconta la sua esperienza con Mickey e io la invidio, vorrei essere così calma…
Probabilmente tra qualche anno anche io sarò così, con  la pargola che mi gira per casa e Tom che mi aiuta in modo più concreto.
Dopo qualche altra chiacchiera Ruby se ne va e arriva Tom con il pane e la mia vaschetta di gelato al cioccolato bianco. Si siede accanto a me e me la porge, io la mangio come se fossi reduce dal Sahara sotto il suo sguardo divertito.
“Posso provarne almeno un pochino?”
Io annuisco, lui va in cucina e recupera un altro cucchiaino e mangiamo insieme la vaschetta di gelato, è davvero buono.
Credo piaccia anche ad Ava perché si è calmata.
Finito, io appoggio la vaschetta sul tavolino e mi stendo.
“Posso sentire la bambina?”
“Se lei vorrà perché no?”
Lui appoggia la testa sulla mia pancia e si mette in ascolto. È in questi momenti che mi sento la donna più fortunata e amata del mondo, con dolcezza gli accarezzo i capelli e lo osservo.
Ava tira un calcio e la faccia di Tom si illumina.
“Anne! Ava ha tirato un calcio!
Forse mi ha riconosciuto. Ava, sono il tuo papà, ciao!”
Un altro calcio.
“Mi ha riconosciuto!”
Mi accarezza la pancia e Ava lo ricompensa con un altro calcio che lo fa sorridere.
Adesso sì, che le mie paranoie si sono asciugate come neve al sole.

 

I giorni passano veloci e presto entro nel nono mese.
Partorirò tra pochi giorni e sono agitatissima, nonostante il corso preparto che ho frequentato con Tom. Lì sembra tutto facile e naturale: sei incinta, partorisci e devi respirare così mentre spingi.
Facile come bersi un bicchiere d’acqua, peccato che alla fine non sia così, ne sono convinta.
Ormai – sebbene debba stare seduta o sdraiata per ordine del medico – giro per la casa come un’anima in pena per il gran dispiacere di Tom che mi insegue e tenta di riportarmi al divano.
Odio quel divano, odio la tv che c’è davanti: non so quanti canali abbia e sono pieni solo di cazzate o di informazione su quanto faccia schifo questo mondo che ti fanno venire voglia di buttarti sotto un tram.
“Tom, ti prego, lasciami camminare!”
Lo supplico, lui è seduto su una poltrona davanti al divano e si massaggia la fronte.
“No, Anne. Adesso aspettami qui, da brava.”
Io annuisco sospirando.
Devi fare la brava, Anne. Hai la responsabilità di qualcun altro sulle tue spalle, adesso.
Tom arriva poco dopo con una chitarra in mano e mi guarda sorridendo.
“Adesso ti suono qualcosa, magari ti calmi e decidi che il divano può essere tuo amico.”
“Ah Ah Ah!
Rispondo io, ovviamente la mia risata finta non scalfisce il suo sorrisino strafottente, ormai lo conosco.
Inizia a suonare “All the small things” e decido che in fondo il divano non è poi così male, suona per circa un’ora, poi mi addormento e quando mi sveglio c’è un buon profumino di lasagne.
Non le ha cucinate Tom, deve essere andato a prenderle in una gastronomia qui vicino.
“Tom, sei un tesoro!”
Gli urlo dal divano, ultimamente sono fine come una scaricatrice del mercato del pesce.
“Oh, ti sei svegliata!”
La sua faccia fa capolino da sopra il divano.
“Comunque, grazie. Ho notato che ultimamente prediligi molto il cibo italiano e ho pensato che ti avrebbero fatto piacere.”
Io gli sorrido grata, mi piacciono queste piccole attenzioni.
Mi alzo dal divano e preparo la tavola, penso di potermelo concedere almeno questo.
Tom porta in tavola una teglia di lasagne dall’aspetto davvero invitante, mi viene l’acquolina in bocca e sorrido come una bambina il giorno di Natale.
“Mmh! Sembrano davvero buone, Tom!”
“Le ho prese in quella gastronomia che ti piace tanto.”
Mi risponde sorridente, mentre toglie la mia porzione e poi la sua, entrambe sono abbondanti, Tom ha sempre amato il buon cibo.
Le mangiamo in silenzio, poi io faccio per alzarmi e sparecchiare e rigovernare, ma vengo spedita subito sul divano da Tom.
Io sbuffo, ma alla fine trovo una vecchia replica di “Tom e Jerry” e me la guardo, mi sento trasportata all’infanzia. Non so bene in che città fossi quando li ho visti per la prima volta, ma li ho subito adorati e tra poco questa tv sarà perennemente sintonizzata su canali per bambini.
Mi accarezzo la pancia sorridendo, forse questi cartoni piaceranno anche a lei.
Poco dopo Tom si siede vicino a me.
“Tom e Jerry, eh?
Non ti dimentichi mai di me!”
Io rido.
“Beh, non so se sia un bene, qui sei un gatto sfigato che non riesce mai a catturare il topo.”
Lui sbuffa.
“Ah, che donna terribile sei!”
Io rido, poi sento del dolore al basso ventre e del liquido colare, inizio a sudare freddo.
“Tom!”
Gli dico con voce tremante.
“Mi si sono rotte le acqua.”
Lui impallidisce vistosamente, ma cerca di darsi un contegno alzandosi in piedi di scatto.
“Ok, vado a prendere la tua roba, le chiavi della macchina e il portafoglio.”
“Muoviti!”
Lo incito io, lui corre come un fulmine in camera nostra, dove ciò che mi serve per andare in ospedale è pronto da settimane, Tom è stato previdente per fortuna.
Spero che si sbrighi perché il dolore sale a pulsazioni ritmiche.
“Anne, ce la fai a camminare?”
“No.”
Lui mi prende in braccio e insieme raggiungiamo il garage, depone me sul sedile passeggeri e lancia sui sedili posteriori lo zaino con la mia roba.
Accende la macchina e insieme partiamo in direzione dell’ospedale.
“Corri, Tom, corri!”
Urlo, lui cerca di assecondarmi superando di molto i limiti di velocità concessi e facendo qualche semaforo rosso.
“Corri!”
Lo incito ancora. Proprio in quel momento una macchina di sbirri gli fa cenno di accostare.
Merda.
Tom abbassa il finestrino.
“Patente e libretto, prego.”
Tom glieli porge, io intanto cerco di sganciarmi la cintura.
“Anne, dove vai?”
“A partorire in un ospedale! Se continuate così partorirò qui!”
Il poliziotto guarda me – spettinata e con gli occhi fuori dalle orbite – e Tom che sorride imbarazzato, come a scusarsi per il mio comportamento.
Il poliziotto sospira.
“Ok, potete andare.”
Tom riparte e cerca di guidare il più veloce possibile, le mie fitte intanto si fanno sempre più ravvicinate e comincio a piangere.
“Calma, Anne! Stiamo per arrivare.
Stiamo per arrivare!”
Io urlo, Tom accelera, finalmente vedo il grande ospedale di San Diego stagliarsi davanti ai miei occhi, Dio sia lodato.
Tom entra, arriva fino al reparto maternità e poi mi tira fuori dalla macchina e mi consegna a un’infermiera.
“Tesoro, torno subito. Parcheggio la macchina e arrivo.”
“Vaffanculoooo!”
Lui guarda spaesato l’infermiera che annuisce.
“È normale, la insulterà molto anche durante il parto.”
Tom se ne va, bianco come un cencio, io rimango con l’infermiera che  mi porta dal dottore e dall’ostetrica.
Li sento parlare tra di loro senza sentirli davvero, poi si voltano entrambi verso di me.
“Signora, è già bella dilatata. Non le ci vorrà molto per partorire.
Alcune partorienti posso attendere anche ore prima di…”
“Porco Dio, no!”
Urlo io, il medico e l’ostetrica si scambiano un’occhiata.
“Tipino tosto?”
Poi si rivolge verso di me.
“Forza, ragazza! Partorirai una meravigliosa bambina, ti lascio nelle mani di miss Donnely.”
Speriamo siano buone mani.
Miss Donnelly e l’infermiera mi portano in una stanza bianca, poco dopo mi raggiunge Tom.
“Lei è?”
“Il compagno.”
“Bene, allora prenda Anne e la faccia camminare un po’, così il travaglio sarà più breve. La sua compagna è un tipo tosto.”
“Lo so.”
Sospira lui.
Con molta gentilezza Tom mi fa alzare e mi sostiene mentre passeggio per la stanza, come una patetica tizia ottocentesca con la sua fida dama da compagnia.
“Anne, stai calma.”
“Calma una sega, sto per partorire, cazzo!”
“Lo so, ma se scleri non ti aiuti. Respira come ti hanno insegnato a fare al corso preparto.”
Per darmi il buon esempio lui si mette a respirare così e io – mio malgrado – lo imito e devo dire che sto un po’ meglio.
“Tom, mi sento stanca.”
Il mio ragazzo, con l’aiuto dell’ostetrica, mi fa di nuovo sdraiare sul lettino, mi tiene la mano e continua a respirare con me.
Io sopporto le contrazioni, sono sempre più ravvicinate, Ava sta arrivando, tempestosa come suo padre.
Sento un gemito di Tom e mi rendo conto che probabilmente sono ad un passo dallo spaccargli le dita della mano destra, ma non mi importa.
“Vaffanculo, Tom! Sei uno stronzo, ti odio!
Guarda in che casino mi hai cacciato, ti odio!
Vaffanculo!!”
“Forza, tesoro. Forza!”
“Spinga, signorina, spinga!
Ci siamo quasi!”
Io cerco di fare quello che mi dicono e spingo più che posso, intanto urlo così tanto che mi stupisce il fatto che l’ospedale sia ancora in piedi. Domani non avrò più un filo di voce probabilmente.
Spingo ancora e finalmente mi pare di sentire qualcosa che esce dal mio corpo.
“Spinga ancora, la testa è quasi del tutto fuori.”
Spingo ancora e finalmente sento Ava uscire da me e tiro un sospiro di sollievo,l’ostetrica me la appoggia sul seno e penso di non avere mai visto qualcosa di più bello di questa bambina, anche Tom è estasiato.
“Come è bella!”
“Vero, ti somiglia!”
“Sì! Ciao, piccola!
Sono Tom, il tuo papà e questa è tua mamma Anne.”
La coccoliamo ancora un po’, poi l’infermiera la porta via e io mi lascio cadere stremata sul lettino.
“Ce l’ho fatta!”
“E sei stata bravissima. Hai voglia di vedere gli altri stasera?”
“Sì, perché no?”
Lui sorride.
“Allora spargerò la notizia del tuo parto, così tuo fratello, Ruby, Erin etc, verranno.”
Io sorriso.
“Sì, amore, ma prima fammi fare un riposino, sono stanchissima.
Partorire è un gran faticaccia.”
Lui annuisce, mi lascia un bacio sulla fronte e se ne va sorridendo e fischiettando “Aliens exist”, che tesoro che è!
Non capisco come abbia fatto a insultarlo così mentre partorivo. Cullata da questo ultimo pensiero mi addormento.
Vengo svegliata da un’infermiera gentile che alle sei mi porta la cena.
“Tra mezz’ora le porteremo la bambina per l’allattamento. Come volete chiamarla?”
“Ava Elisabeth.”
Rispondo sorridendo.
“È un bel nome, complimenti!”
“Grazie mille.”
Mangio avidamente il pollo lesso, le verdure, la mela cotta e una fetta di pane con la marmellata, ho una fame terribile.
Alle sei e mezza mi portano Ava, vederla e sentirla mentre succhia il latte dal mio seno con espressione mi dà un’emozione fortissima. Sento il cuore che mi scoppia dalla gioia, adesso la mia paura di perdere Tom è sparita del tutto. Ora so che non ci lascerà mai sole, è una certezza intima che mi è scoppiata dentro.
Ho ancora la bambina tra le braccia quando arriva tutta la truppa: Tom, mio fratello, Ruby, Mickey, Erin, Matt, David, Skye, Hayley e il suo ragazzo  Jack, Lars e Avril, i miei, la famiglia di Tom e la famiglia Ferreira.
Guardo Skye e David e capisco subito che c’è qualcosa tra di loro, sono  felice perché sono entrambi delle brave persone.
“E così questa è Ava? È adorabile!”
Mi dice mia madre commossa.
“Sì, è bella, vero?”
“Ha preso tutto dal padre!”
Risponde Tom con aria di superiorità.
“Dio santo, Tom! Sei padre e sei rimasto il solito cazzone!”
Commenta divertita Ruby.
“E tu la solita strega acida!”
Lei gli fa una linguaccia, lui gliene fa a sua volta una. Io scoppio a ridere.
Piano piano, uno alla volta, si avvicinano per vedere Ava, Ruby è stata incaricata di mettere a posto i fiori e cerca di dargli un ordine che non sia troppo soffocante.
Alla fine è l’ultima a salutare la nipote.
“Che amore, Anne! È bellissima.”
Io sorrido e sto per replicare quando entra l’infermiera e dà in escandescenze quando vede tutta quella gente affollare la mia stanza. Sono costretti ad andarsene tranne Tom, lo trattengo per una manica e fulmino l’infermiera.
“È il padre, può e deve restare.”
Lei annuisce sconsolata.
“Piaciuta l’immersione nel parentado e nel gruppo?”
“Sì, molto.
Mi sono sentita amata e apprezzata e ora so che non te ne andrai mai.”
Lui mi bacia una mano.
“No, non me ne andrò mai e se qualche volta non mi vedrai al tuo fianco, sarò dietro di te e se non mi vedi nemmeno lì, basterà che mi lasci un mazzo di rose dove abito e arriverò.”
“Le rose come il richiamo di Batman.”
“Bat Tom, ti piace?”
“No, suoni come qualcosa di estremamente osceno, ma ho capito cosa vuoi dirmi.
Ti amo.”
“Ti amo anche io.”
Lui accarezza Ava e sento che la mia vita è completa, penso di non poter chiedere più nulla per i prossimi anni.
Ho una figlia adorabile e un compagno che mi ama.
Niente lucani per me, va bene tutto esattamente come è.
Un sorriso si dipinge sul mio volto, sono stata ripagata di tutta l’attesa e no posso essere più felice di così.
Ava, Tom, vi amo.

Angolo di Layla.

Questa è la prima delle tre one shot che pubblicherò con i personaggi di "Due su due", spero vi piaccia.

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione.


Una piccola sorpresa Image and video hosting by TinyPicqui
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Blink-182 / Vai alla pagina dell'autore: Layla