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Autore: dess    19/12/2013    0 recensioni
Pam ha imboccato una strada inaspettata; i due anni successivi alla morte di sua madre l'hanno cambiata poco a poco, più di quanto lei stessa, e gli altri attorno a lei, immaginassero. Quando se ne rende conto si ritrova smarrita, incerta, tiene in mano il pennello della propria vita e non sa ancora come usarlo. Presa in contropiede dall'allontanarsi delle vecchie certezze, nonché dei vecchi amici, finisce per trovare altre persone, persone che prima, forse, non avrebbe mai avuto l'occasione di conoscere.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: all'inizio di alcuni capitoli, come di questo, ci sarà l'indicazione di una canzone che consiglio di ascoltare durante la lettura, in quanto la trovo adatta all'atmosfera del testo.


1

IN MEMORIA

Michael Andrews feat. Gary Jules – Mad World

All around me are familiar faces
Worn out places, worn out faces
Bright and early for their daily races
Going nowhere, going nowhere
Their tears are filling up their glasses
No expression, no expression
Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow, no tomorrow

 

L'autunno in ritardo. Qualcuno si è mai chiesto quante scocciature provochi l'autunno in ritardo? Di pomeriggio è troppo caldo, di sera è troppo freddo, tosse e raffreddore vanno e vengono a ripetizione. Quanto è ridicolo starsene sotto il sole con il naso tappato, mettendo e togliendo la giacca perché non si è mai vestiti adeguatamente?

Eppure a lei piacevano le mezze stagioni. Ti obbligavano a stare al passo, ad aggiornarti continuamente, e, per quanto insignificante, costituivano una sfida.

Con un sospiro, Pam chiuse la finestra, distogliendo lo sguardo dagli alberi del parco, le cui chiome iniziavano a cambiare colore. Le sarebbe tanto piaciuto andarci, al parco, in quel momento. Ma non poteva, perciò non aveva senso starsene lì a guardare fuori.

Inoltre, suo padre la aspettava. Pam si aggiustò il cardigan di cotone nero e infilò le scarpe. Aveva da sempre uno strano rapporto con i tacchi; indossarli la faceva sentire in qualche modo più potente, come se la sua presenza spiccasse sulle altre, e allo stesso tempo il loro ticchettio, che le impediva di passare inosservata, la metteva a disagio.

«Sei pronta?» Suo padre fece capolino dalla porta, con la sua versione di giacca elegante e i capelli scuri pettinati. Non aveva sentito i suoi passi in corridoio, e questo era un brutto segno.

«Arrivo» rispose, prendendo la borsa e seguendolo di sotto.

Il tragitto in taxi fino a casa di zia Linette si perse in un grumo di parole non dette. Pam poteva quasi sentire i pensieri di suo padre aggrovigliarsi su se stessi, nel tentativo di allontanare quell'unico interrogativo: perché erano lì? Quanto a lei, non pensava a nulla, tranne che quel sole sarebbe potuto sembrare un affronto al motivo per cui erano lì, considerato che una pioggia sottile e penetrante, di quelle tipicamente autunnali, sarebbe stata più indicata. Ma lei era felice di quel sole.

«Buongiorno, Albert caro. Ciao, Pamela. Venite, sono quasi tutti in salotto.» Zia Linette non dovette aggiungere il rimprovero che era implicito nelle sue parole: sarebbero dovuti arrivare prima. Il principio secondo cui il nero snellisce si applicava in modo grottesco all'anziana donna: l'abito lungo rivelava il suo corpo già secco e nodoso con una chiarezza quasi mostruosa.

I parenti riuniti in salotto formavano una massa scura e sussurrante; sussurrante, sì, perché nessuno parlava ad alta voce, quasi per timore di un'invisibile presenza. In effetti, si disse Pam, in un certo senso era così.

Zia Linette si schiarì la gola alcune volte per attirare l'attenzione, poi, con voce tremula, iniziò il discorso che doveva aver preparato accuratamente giorni prima.

«Miei cari, sono così felice che siate tutti qui, oggi. Alcuni di noi sono stati comprensibilmente dubbiosi circa questa riunione di famiglia» il suo sguardo indugiò brevemente su Pam e suo padre «ma, come mi aspettavo, alla fine hanno compreso l'importanza di ritrovarci per commemorare la nostra amata Mylah. Mia nipote era una donna tanto forte e buona, e a tutti noi manca enormemente.» Pam smise di ascoltare. Dopo alcuni minuti, zia Linette decise di porre fine al suo sentito e lacrimevole elogio. «Albert, caro, vuoi aggiungere qualcosa? Dopotutto, Mylah era devota a te sopra tutti, e sono sicura che nessuno sente la sua mancanza più di te e Pamela.» Pam rimase a guardare suo padre sforzarsi di prendere la parola, provando pena per lui; sapeva che le avrebbe risparmiato di dover fare altrettanto, ma nessuno gli avrebbe ricambiato il favore.

«Mi spiace per tutto questo, piccola» le mormorò all'orecchio la voce di zio Jacob. «Linette avrebbe dovuto lasciar perdere questa storia.» Lui era stato uno di quelli “comprensibilmente dubbiosi” sulla necessità di quella commemorazione.

«Già...» Pam si chiese se qualcuno l'avrebbe vista sgattaiolare in giardino, e si trattenne a stento dal mettere in pratica quell'idea; non poteva abbandonare suo padre e, soprattutto, qualcosa dentro di lei le diceva che sarebbe stato sbagliato andarsene, nonostante si fosse opposta per quanto possibile alla cerimonia. Detestava più che mai quella parte della sua coscienza, perché avrebbe voluto trovarsi in qualunque altro posto che non fosse lì, e per qualunque altro motivo.

Ricordava con precisione cosa aveva provato quando, tre settimane prima, suo padre le aveva comunicato l'idea di zia Linette: incredulità, una grande rabbia, e infine vuota accettazione. Il rimorso, comunque, aveva finito per prevalere su tutto.

«Pam, non sei obbligata a rimanere» mormorò suo padre quando, finalmente, nessuno pretese più niente da lui. «Non importa cosa dirà Linette.»

«No, resto ancora un po'.» Certe volte avrebbe voluto essere più egoista; si sarebbe risparmiata tanti sacrifici.

Al rinfresco, Pam si stupì di come, in occasioni simili, tante persone riuscissero a fare così poco rumore; nonostante il buffet, nonostante il sole, nonostante fosse la prima vera riunione di famiglia da anni, l'ostentata aria di lutto di zia Linette pareva avere tutti sotto controllo.

«Come ti senti, cara?» La zia in persona le si accostò improvvisamente, senza che lei potesse evitarla.

«Sto bene» rispose in tono piatto.

«Sai che puoi sfogarti con me, mia cara, non temere di essere giudicata.» Zia Linette la fissò intensamente, come per indurla a sciogliersi in lacrime seduta stante.

«Non ho bisogno di sfogarmi, zia, davvero.»

«Vedi, cara, nessuno si aspetta che tu ti mostri forte, in un giorno come questo» insisté la donna, in un tono che voleva suonare rassicurante. «Si tratta di tua madre, chi non...»

«Mia madre è morta due anni fa, zia.» Ecco, non poteva più trattenersi. Non l'aveva detto forte, eppure ognuno dei presenti parve congelarsi e posare gli occhi su di lei. Lo sguardo di suo padre le intimò di lasciar perdere, e lei l'avrebbe fatto, se le fosse stato permesso.

«Il dolore è senza fine» replicò invece zia Linette. «Dovresti essere tu stessa a desiderare di onorare la memoria di tua madre. La povera Mylah merita che almeno sua figlia...»

«Lei è morta, e non ha bisogno di cibo e parole prive di significato!» L'esclamazione infranse la coltre di doveroso silenzio come una coltellata, e di colpo Pam non riuscì più a frenarsi; voltò le spalle ai parenti e attraversò a grandi passi la casa, lasciando la sua atmosfera soffocante. Per strada si rese conto di non poter trovare un taxi a meno di non chiamarlo, dato che zia Linette viveva fuori da Cravenville, perciò si incamminò a grandi passi, veloce quanto glielo consentivano i tacchi. Tutto ciò che voleva era allontanarsi da quel posto.

  
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