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Autore: Eylis    15/05/2008    1 recensioni
Eccolo lì. Come tutte le notti, ululava in piedi su quella roccia. Era uno scenario surreale; la luna illuminava alcuni tratti del paesaggio rivelando che la roccia era poggiata sul crepaccio di un burrone, ed a tratti pareva che il lupo volesse gettarvicisi. Tutt'intorno, abeti a non finire, ad indicare che il luogo si trovava nel profondo di un bosco incontaminato dall'uomo. A parte lontani versi di qualche civetta, il pesante silenzio era rotto solo dall'ululato del lupo. Questo era un suono lamentoso, pervaso di una gran malinconia e un gran dolore, ed esprimeva tanto da sembrare un pianto disperato.
[...]

Lupo è un cucciolo nato in una tiepida mattina primaverile assieme ai suoi quattro fratelli. Nelle sue prime settimane di vita il lupacchiotto scopre il mondo, rimanendone sbalordito. Ma un giorno, mentre i piccoli sono a caccia con la madre, sentono un forte rumore e ben presto capiscono di essere rimasti soli... Da qui la vita di Lupo proseguirà alla ricerca del suo posto nella grande foresta.
Ho scritto questa storia anni fa e grazie anche al mio professore di biologia ho cercato di renderla il più realistica possibile, vale a dire che più o meno ciò che leggerete rispecchia ciò che un lupo potebbe vivere, al di là della storia in sé.
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Lupo

Eccolo lì. Come tutte le notti, ululava in piedi su quella roccia. Era uno scenario surreale; la luna illuminava alcuni tratti del paesaggio rivelando che la roccia era poggiata sul crepaccio di un burrone, ed a tratti pareva che il lupo volesse gettarvicisi. Tutt'intorno, abeti a non finire, ad indicare che il luogo si trovava nel profondo di un bosco incontaminato dall'uomo. A parte lontani versi di qualche civetta, il pesante silenzio era rotto solo dall'ululato del lupo. Questo era un suono lamentoso, pervaso di una gran malinconia e un gran dolore, ed esprimeva tanto da sembrare un pianto disperato.

Lupo era nato in una tiepida primavera, ai primi di marzo. Faceva parte di una cucciolata numerosa, composta da due maschi e tre femmine, ed era il più calmo e riflessivo di tutti, per quanto lo possa essere un cucciolo. Sempre fra gl'ultimi a mangiare, era rimasto magrolino. Aveva degli splendidi riflessi argentati sul morbido pelo grigio-bianco. A differenza di quelli della madre e dei fratelli, che li avevano marroni, i suoi occhi erano di un azzurro chiarissimo, pieni di vitalità e dolcezza. Una coda lunga e folta, orecchie sempre vigili, e un nasino sempre pronto a conoscere, era il più agile e sveglio fra tutti i suoi fratelli. Appena nato la madre, sebbene debole, lo leccò da capo a piedi per pulirlo. Lupo imparò così a riconoscerla, e seppe che il corpo contro cui si stava stringendo era quello di colei che l'avrebbe nutrito e protetto per sempre, o almeno finche sarebbe stato in grado di cavarsela da solo.
Pochi giorni dopo la sua nascita, si affacciò per la prima volta sulla finestra del mondo: l'entrata della tana. Per quanto non ci vedesse ancora, intuì un mite calore. Era una bella giornata, abbastanza calda, e i lupacchiotti passarono un po' di tempo a giocherellare all'imbocco del cunicolo d'entrata, mentre la madre era andata a cacciare. Quando tornò, Lupo sentì subito, grazie al suo naso fino, l'odore selvaggio della foresta e quello dolciastro del sangue. Avvertì un guizzo d'agitazione: era la prima volta che sentiva un odore così intenso. Poi però la madre cominciò ad allattare, e lui si tuffò all'attacco per poter conquistare qualche goccia di latte dimentico di tutto il resto.
Man mano che i giorni passavano, Lupo imparava a riconoscere sempre in maggior numero gli odori. La madre insegnava ai cuccioli, senza neanche saperlo, come riconoscere i vari odori del bosco, poiché quando tornava dalla caccia "trascinava" con sé una miriade di profumi. Così, Lupo e i suoi fratelli acquisirono in fretta conoscenze che sarebbero state loro utili quando si sarebbero ritrovati soli.
Dopo circa tre settimane, per la prima volta ad occhi aperti, uscì a vedere il mondo: scoprì a quali immagini corrispondevano tutti quegli odori conosciuti precedentemente, e ne fu letteralmente sbalordito. Mai si era immaginato cose simili, sembrava quasi che la natura si fosse divertita a preparargli ogni sorta di divertimento: dal tronco per grattarsi, alla distesa d'erba per fare ruzzoloni e azzuffarsi coi fratelli, agli alberi per nascondersi. Ma la cosa che amava di più, anche se era impossibile guardarlo, era il sole: luminoso come nient'altro, lo riscaldava mentre stava accucciato a godersi il suo calore sonnecchiando. Mentre Maeli, Aelis, Ambra e Albino, i suoi fratelli, giocavano e lottavano, Lupo si metteva contro il corpo della madre e stava lì a volte anche per delle ore a dormire. Aveva però sempre un occhio aperto a vigilare in modo da trovarsi pronto nel caso avesse subito un attacco da parte dei fratelli. Questi infatti a volte si mettevano in combutta fra loro, e dopo aver confabulato accucciati dietro un tronco si avvicinavano al fratello di soppiatto e gli saltavano addosso. O meglio, tentavano di saltargli addosso, ma Lupo era sempre più veloce di loro e si scansava appena in tempo, così che i cuccioli andavano immancabilmente a sbattere contro la madre. Ma non demordevano, e qualche ora dopo riprovavano.
Qualche giorno dopo, la madre diede loro la prima lezione di caccia. I cuccioli la guardarono mentre si acquattava, balzava sulla preda e la uccideva. Poi ognuno di loro tentò di fare la stessa cosa, ma tutto quel che rimediarono fu un morso di topo, un'unghiata di donnola e una feroce zuffa fra di loro per conquistare un pezzo della preda della madre. Soltanto Lupo riuscì a tenere per qualche attimo fra le zampe un topolino, prima che questo gli sgusciasse via. Da quel giorno si esercitarono molte volte, e alla fine diventarono tutti bravi cacciatori. Lupo affinò inoltre una tecnica particolare: dopo aver trovato un posto adatto e sottovento si accucciava per terra immobile, non muoveva un muscolo finché non arrivava la preda. A volte stava fermo per delle ore, ma quando la sua pazienza era premiata tornava sempre a casa con qualche preda che soddisfava l'appetito di tutta o quasi la famiglia. Prendeva comunque anche prede più piccole, che spesso mangiava sul posto. Sua madre si compiaceva per questo, convinta che Lupo se la sarebbe cavata in qualsiasi situazione. Non grazie alla sua forza, ma alla sua astuzia e abilità.
Un giorno, mentre erano andati a cacciare tutti assieme, la madre si allontanò per inseguire una preda particolarmente veloce. Poco dopo i cuccioli sentirono un forte rumore, seguito da un lamento. Corsero dalla madre, e la trovarono accasciata su un fianco, con un rivolo di sangue che le scendeva dalla spalla. Le si attorniarono lanciando guaiti e guardandosi spaventati. Poi sentirono un crepitio di rami spezzati, e la madre disse loro di fuggire lontano, perché il cacciatore stava venendo a prenderla e se li avesse visti avrebbe ucciso anche loro. Allora Lupo, capita la situazione, le diede l'addio con una leccatina sul muso, e a morsi e zampate trascinò via i fratelli, che non volevano saperne di abbandonarla. Mentre si allontanavano sentirono un altro rumore come quello di prima, e tutti seppero che per lei non c'era più niente da fare.
Per i cuccioli cominciò una nuova vita di stenti, perché per quanto fossero bravi a cacciare, non erano ancora in grado di catturare grosse prede senza l'aiuto della madre. Anche Lupo faceva fatica, e spesso le lunghe ore di attesa portavano solo la notte. Tante volte andavano a caccia rimediando un topolino o due, ma non era neanche lontanamente sufficiente al sostentamento di tutti loro. Un giorno Maeli s'inoltrò nel profondo del bosco, e non tornò più. I fratelli, preoccupati, cominciarono a cercarla, e quando i fratelli la trovarono, era in fin di vita per la fame. Allora Lupo prese con sé Albino, raccomandò alle sorelle di restare alla tana, e partì. Corsero per molto tempo alla ricerca di un posto senza predatori in cui trovare cibo, e il secondo giorno sentirono in lontananza vari versi animaleschi. Allora si avvicinarono alla zona di soppiatto, facendo bene attenzione a tenersi sottovento, e quando arrivarono videro che la radura era piena di fagiani selvatici. Albino stava per lanciarsi all'attacco spinto dalla fame, ma Lupo lo fermò e lo costrinse a ragionare. Dovevano avere un piano per riuscire a prendere qualcosa, erano troppo deboli per permettersi di lanciarsi strepitando sulla prima preda disponibile. Stettero via due giorni e due notti, e quando tornarono erano pieni di graffi e ferite, ma portavano tre grossi fagiani e uno scoiattolo. Arrivati alla tana scoprirono che Maeli non ce l'aveva fatta ed era morta la notte prima. Ulularono a lungo per il dolore, e poi si buttarono sulle prede. Dopo un'ora rimanevano solo poche ossa, ma i cuccioli erano sazi.
Arrivò l'estate, e i cuccioli, abbastanza cresciuti, si separarono per cercare un branco, la grande Comunità che la madre aveva descritto loro molte volte. Aelis e Ambra si allontanarono insieme, dirigendosi a sud. Albino invece si diresse a est, mentre Lupo s'incamminò verso nord. Dopo giorni e giorni di cammino Lupo arrivò ad un fiumiciattolo nel cuore della foresta, e, fermatosi ad abbeverarsi, sentì un ululato lontano. Si diresse verso il luogo dal quale proveniva quel suono, e dopo qualche ora arrivò ad una radura nella quale c'erano molti lupi. Allora, seguendo il suo istinto, si accovacciò e strisciò fino al centro della radura. Poi si girò, mettendosi con la pancia in aria e la gola scoperta. Sapeva che se non lo avessero accettato, sarebbe stato sbranato. Il capobranco, il lupo più anziano di tutti, gli si avvicinò cautamente, e cominciò ad annusarlo. Lupo non si mosse e cominciò a guaire per dimostrare ancor più la sua sottomissione e la sua debolezza nei confronti del lupo. Questi gli si approssimò ancor di più, e dopo qualche minuto gli si piazzò davanti e gli diede una leccata sul muso. Allora Lupo capì di essere stato accettato. Si rialzò e si mise ad ululare per la contentezza, seguito dagli altri lupi che avevano osservato in silenzio la scena.
Qualche giorno dopo, il branco si spostò, poiché era finita la selvaggina. Durante il cammino, Lupo andava su e giù pel branco per conoscerne tutti i componenti. Infatti era entrato in confidenza solo con pochi esemplari, e il branco era composto da trentacinque lupi. Uno di essi, Zrek, non piaceva molto a Lupo, che se ne stava distante, perché era scontroso e riservato. Inoltre faceva la corte ad una lupa di nome Leilia, che a Lupo stava particolarmente simpatica. Dopo molti giorni di cammino, arrivarono ad una nuova radura, ed, ispezionatala per bene, decisero che andava bene, e ogni lupo si scelse il suo posto. Questo comportava sempre lotte da parte di alcuni lupi, e infatti, proprio Lupo e Zrek si contesero una specie di grotta, fatta da un tronco caduto appoggiato su un gran masso, il tutto ricoperto da muschio e ciuffi d'erba. Inoltre, salendoci sopra, si aveva un posto rialzato, che fungeva anche da osservatorio. Zrek pretendeva di essere arrivato primo e di aver quindi diritto ad occuparlo, ma Lupo sapeva che non era vero, e non mollò fino a quando non intervenne il capobranco. Questi fermò Zrek appena in tempo, perché stava per assalire Lupo. A causa del suo comportamento, lasciò il posto a Lupo, e Zrek se ne andò borbottando che il capobranco faceva favoritismi, e che un giorno l'avrebbe pagata. Venne l'inverno, e il cibo cominciò a scarseggiare. Lupo, che era diventato il miglior cacciatore del branco, andava spesso a cacciare anche per i lupi più vecchi e deboli. Un giorno chiese a Leilia se voleva seguirlo per aiutarlo, dato che anche lei era molto brava a cacciare. Ella acconsentì, e partirono assieme. Appena Zrek se ne accorse, andò dal capobranco e gli disse che non avrebbe dovuto permettere che Lupo se ne andasse con la “sua” femmina, ma questi gli rispose che quelle faccende doveva sbrigarsele da solo. Allora Zrek gli saltò addosso, ululando e gridando che era un buono a nulla come capobranco, e che sarebbe stato felice di sostituirlo dopo averlo ucciso. Ma il capobranco, con un agile salto, schivò l'attacco, e buttatolo a terra con una possente zampata, gli morse la gola, quasi uccidendolo. Poi lo fece rialzare e lo cacciò dal branco, intimandogli di non tornare più. Quando Lupo e Leilia tornarono, furono molto felici della notizia, dato che Zrek non piaceva a tutti e due. Da quel giorno andarono ancora a cacciare insieme sempre più spesso, finché un giorno decisero di lasciare il branco.
Passò circa un mese, durante il quale Lupo e Leilia gironzolarono per il bosco giocando come cuccioli. Poi, verso la fine di febbraio, Leilia cominciò a comportarsi stranamente. Cacciava il muso in tutti i buchi e pertugi che trovava, era sempre stanca, e spesso aveva un'espressione di serenità e dolcezza infinita. Trovò infine una tana di suo gradimento, e vi si installò rifiutandosi di muoversi di lì. Lupo le portava tutto quel che trovava, tenendo per sé pochi ossi e miseri brandelli di carne. La lupa ingrossava di giorno in giorno, finché poco tempo dopo, quando Lupo tornò dalla caccia, la trovò attorniata da tre bei lupacchiotti che gli assomigliavano: Silia, Rondi e Kapu. Quest'ultimo addirittura pareva la sua copia in miniatura. Col tempo essi crebbero, e Lupo insegnò loro a cacciare.
Un brutto giorno però, quando tornò alla tana, la vide abbandonata, e malgrado girò per tutto il bosco, non trovò la sua famiglia. Allora capì che probabilmente erano stati catturati per essere venduti ad uno zoo, quel grande parco di cui gli aveva parlato il capobranco. Esso gli aveva raccontato che lui veniva proprio da lì, ed era riuscito a fuggire assalendo guardiano che era entrato a dargli della carne lasciando inavvertitamente aperta la porta della gabbia. Lupo sapeva che non avrebbe rivisto mai più la sua famiglia, e allora si mise a correre come folle, fino ad arrivare nel più profondo del bosco. Lì si installò, salendo tutte le notti su di una roccia ad ululare il suo dolore. Ed è lì che l'abbiamo trovato all'inizio.
Arrivò l'estate, e Lupo, ormai rassegnato, se ne andò per cercarsi un nuovo branco. Lo trovò, e cominciò una nuova vita. Ma nel profondo rimase marcato per sempre da quella terribile esperienza, e ogni tanto tornava all'altura della roccia a sfogare tutta la tristezza che aveva nel cuore.




Ringrazio di cuore nenetl per aver recensito questa storia e KIba sensei, My_Dark_Soul e nenetl per averla inserita nei preferiti!!
  
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