The last moments of Sasuke Uchiha in Konoha (and his last thoughts) part I
La notte quasi limpida, oscurata
solo saltuariamente da rapide e inconsistenti nuvole scure comunque trasportate
via da uno sfaticato vento. Tante stelle nel cielo che brillano con chiarezza
sulla testa di Sasuke mentre lui percorre svelto ma non impaziente la strada per
uscire da Konoha. I sensi del ragazzo, affinati dall’addestramento ninja
percepisco ogni cosa: sulla pelle il tocco leggero ma non delicato, quasi
contrariato del vento serale, sente gli odori familiari che esso trasporta,
quello pungente degli alberi che costeggiano la strada, quello tenue,
rarefatto e ormai quasi scomparso delle cene degli abitanti, infine vede gli
edifici, le vie, le botteghe della sua infanzia e del suo - fino a quel momento-
presente. Non sente malinconia per tutto ciò. Casomai prova amarezza. Quel mondo
non gli appartiene e lui non appartiene a quel mondo, per cui perché provare? E
poi, provare cosa? A vivere come normale ragazzo ninja dalle enormi potenzialità
e capacità? Crescere sviluppandole con il solo scopo di proteggere il villaggio
e i suoi abitanti fino a raggiungere con le vittorie alti ranghi, rispetto,
onori e riconoscimenti? Non ne è capace (o è troppo difficile impegnarcisi, eh
Sasi? l’autrice). Gli pare un modo essenzialmente privo di significato per
condurre la sua esistenza. Ciò però va a relazionarsi solo con la sua di vita:
infatti vedendo i vari Chunin e Genin del villaggio non riesce a considerare il
loro stile di vita, la loro missione e i loro affetti vuoti. Questo discorso
vale unicamente per lui che non è in grado di condurre una vita del genere, non
ci si sente a proprio agio e ciò lo rende costantemente isolato dagli altri. Ed
è per questo che riesce ad andare in contro a Orochimaru. Non ha paura di lui,
sa di servirgli e che perciò non gli sarà fatto del male, anzi sarà come sempre
trattato col rispetto che gli e congenito. Sa già come si relazionerà a lui:
fondamentalmente lo disprezza ma è allo stesso tempo attratto dalla conoscenza,
dalla personalità carismatica e dal terrore che la sua fama incute persino
in coloro che non lo hanno mai incontrato. Ha intenzione di stimarlo unicamente
come insegnante, mai come uomo. Ma rimane comunque magneticamente attratto dal
suo grandioso operato. Vorrebbe carpire i segreti di quel essere, di ciò che più
di una volta lo ha spinto a gesti di estrema violenza. È interessato a scoprire
i perché di quel morboso attaccamento al Villaggio della Foglia, che ha sempre
avuto intenzione di distruggere, e quel terrore ossessivo della morte e della
vecchiaia, che fugge col cambiare periodicamente corpo. Orochimaru è un pazzo,
una mente deviata, contorta e proprio per questo maledettamente
interessante.
Tuttavia, per quanto lo potrà dilettare osservare il suo futuro
maestro e studiarlo, tutto ciò sarà solo passatempo perché non scorderà mai: il
suo obiettivo è conquistare il potere necessario per superare e distruggere il
fratello.
(Chissà se gli istinti omicidi di Sasuke scaturiscono più dal
dolore per la perdita dei cari o dalla voglia di rivalsa sulla supremazia di
Hitachi che non lo considera né come fratello né, tanto meno, come ninja?
Per me è la seconda. Diciamocelo, Sasi non afferma praticamente mai di voler
vendicare i familiari, secondo me è più un fatto di rivalsa personale verso chi
non ha mai riconosciuto il suo valore, ma anzi lo ha più volte denigrato non
considerandolo, e questo come Uchiha deve bruciare da morire al povero ragazzo!
Comunque non nego che Sasi ce l’abbia a morte con Ichi perché questo gli ha
praticamente rovinato la vita. l’autrice)
Sapeva di doversi
allontanare per poter raggiungere la sua vendetta e non vacillava nel suo
proposito. Non avrebbe salutato nessuno, perché nessuno dei suoi compagni
avrebbe capito le sue ragioni, il suo scopo e i mezzi che avrebbe dovuto usare
per raggiungerlo. Tutti gli “amici”- come suonava strana quella parola! In bocca
sua non aveva mai fatto una grande figura; lui non ci credeva e non ci aveva mai
creduto che momentaneamente e superficialmente. Gli amici non ti posso mai
comprendere fino in fondo, non ti appartengono e non sono disposti a capirti se
ti opponi, ma senza sfidarli, ai loro ideali o principi. Gli amici ti giudicano
e si fermano poco più in là dei fatti, una volta che si sentono traditi da te
nelle loro convinzioni. - sono persone tendenzialmente felici e rese sicure dai
loro affetti, al contrario di lui possono contare su delle basi familiari. Lui
no, ne è stato privato da un suo consanguineo, da quella figura che lo
inorgogliva, che ammirava e sognava di emulare. Se non avesse perso la sua
famiglia non avrebbe dovuto bramare il potere e affiancarsi ad una figura così
negativa come Orochimaru, sicuramente la sua vita ora sarebbe stata incentrata
su pensieri meno cupi, forse sarebbe stato un ragazzo allegro, in fondo da
bambino.. .. no, quei pensieri devono essere soppressi, sono inammissibili
nel suo cammino, in più non servono a cambiare le cose per cui li ritiene solo
inutili frutti della sua immaginazione ancora troppo infantile! Ripreso il
controllo sulla sua mente si rende conto di essere quasi arrivato alla porta.
Avanza con la sua andatura decisa, svelta e silenziosa. Ha deciso fermamente e
tutto ciò che vuole ora è di non farsi scoprire da nessuno mentre lascia Konoa.
Ha deciso che quei suoi ultimi attimi nel villaggio natale lo ritrarranno solo,
fuggiasco nel buio solo come fondamentalmente si è sempre sentito dalla perdita
dei genitori. In quel momento gli viene in mente Naruto a cui si era fermamente
ripromesso di non pensare. Lascia che il flusso di coscienza lo domini e si
abbandona per un ultimo minuto alle riflessioni sul compagno di quadra e ,sì,
alla fine la persona più vicina ad un amico che ha. Anche se la sua naturale
superbia mal glielo consente capisce di dovergli almeno un pensiero, l’ultimo,
perché sa che Naruto lo può comprendere nella solitudine e nel disagio di chi
non ha un posto in cui tornare. Tuttavia persino lui ora gli è lontano. Non
possono più condividere gli stessi sentimenti perché ciò che spinge Sasuke è la
vendetta, che invece all’altro che non ha mai perso ciò che gli era più caro
rimane estranea. Malgrado il legame che li unisce non si sente in grado di
affrontare un rifiuto: sa che l’amico tenterà prima di ogni altra cosa di
redimerlo dal suo proposito, gli mostrerà ancora una volta quel mondo limpido
abitato da persone che cercano di capirti superficialmente e altrettanto alla
leggera istaurano rapporti con te, logorandoti perché non puoi, non riesci a
seguirli nelle loro emozioni; ma non lo acceterà. La sua strada si congiunge
temporaneamente ad altri incapaci come lui, per noia o inadeguatezza, a
instaurare rapporti umani durevoli e costanti. Ed è un percorso che, ha capito,
non potrà che percorrere da solo, come d’altra parte è sempre stato.
Proprio
in quel momento e più lentamente di come avrebbero dovuto indicare suoi sensi si
accorse di una figura in piedi, ferma vicino ad una panchina che lo osservava
con pietà, dolore e disperazione.
Chiedo umilmente perdono per le
interruzioni con i miei commenti, so che spaccano la narrazione e danno fastidio
ma se pur non necessarie penso che aiutino a capire il mio modo (per giusto o
sbagliato che sia) di analizzare il personaggio di Sasuke in questo momento
fondamentale.
Questa è la mia prima fic, non è neanche molto accurata,
anzi, è stata scritta piuttosto di getto alle 2 di notte di un fine settimana e
benché una parte di me lotti perché decida di non pubblicarla a freddo, penso
che mi butterò e la proporrò così, senza tante revisioni o pensieri.. (tanto,
chi la legge? Ha!)
Addio! O meglio, SEE YOU SPACE COWGIRL!
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