Libri > I Miserabili
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Autore: _Noodle    19/12/2013    2 recensioni
Hogwarts. Anno scolastico 1942-1943. La Camera dei Segreti è stata aperta: che la caccia ai mezzosangue abbia inizio. Quindici maghi e streghe legati tra di loro da solidi legami, quali l'amicizia, l'amore, l'intesa e lo scontro, ma al contempo distanti, diversi, a causa di un liquido terribile, rosso come la paura e l'imbarazzo.
I fantomatici Amis de l'Abc, da "I Miserabili" di Victor Hugo, alle prese con la magia. Ok, tutto ciò è folle.
"Lo seguirai, anche se contro il tuo sangue? Ti unirai a lui profanando ciò che c'è di più sacro a questo mondo? Sporcherai le tue origini e le tue labbra? Sta a te decidere: o il sangue o la morte" .
Coppie: EnjolrasxGrantaire, CourfeyracxJehan, JolyxBossuet (con intervento di Musichetta), BahorelxEponine (con intervento di Montparnasse), MariusxCosette.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Courfeyrac and Jehan’s Theme:
~A New Beginning; HP and the Deathly Hallows pt. 2.
 
 
 
 
Sostavano davanti alla porta della Camera dei Segreti e non dicevano nulla. Sarebbe stato bello capire che cosa pensavano quei due grandi giovani uomini, che più grande del cuore avevano solo i desideri. Courfeyrac guardava Jehan con occhi stralunati e con uno strano sorriso spento: nessuno l’aveva mai visto in quelle condizioni. Il terrore del fallimento e la paura della paura stessa lo avevano annichilito e senza che nemmeno proferisse parola, chiunque avrebbe capito che Courfeyrac, in quel momento, stava soffrendo e che un qualche appiglio gli sarebbe stato necessario. Jehan si avvicinò al moro senza staccargli gli occhi di dosso: aveva percepito il suo disagio, che forse in quell’attimo era paragonabile al suo. Prouvaire non era mai stato bravo con i gesti, ma con le parole sapeva esserlo più che mai: pensò che avrebbe potuto fare qualcosa. Magari nulla sarebbe cambiato, ma chi poteva saperlo?
Jehan era alto e guardava Courfeyrac con la testa leggermente abbassata. Il moro, in compenso, aveva alzato gli occhi al cielo di quel tanto per raggiungere lo sguardo dell’altro. Quanto poteva essere fragile e quanto poteva, allo stesso tempo, la sua fragilità rappresentare la sua immensa e smisurata forza. Lo percepiva vicino nell’anima: Jehan era quel porto dal quale nessuna nave si sarebbe mai allontanata.
<< Prima di entrare, sento di doverti dire una cosa >> incominciò il Corvonero chiudendo gli occhi, fingendo di stare bene.
In verità, lì solo con lui, non stava così male.
Il resto in confronto ai loro respiri pareva una fotografia sbiadita, un ricordo spiacevole da dimenticare, un particolare ininfluente. In quel momento erano altrove; persi, ma ritrovati.
Courfeyrac non rispose nulla a quelle parole, ma Jehan capì che l’avrebbe ascoltato dal semplice luccichio dei suoi occhi castani.
<< Sai qual è il mio ricordo più felice, il mio ricordo più intenso? Quello che mi permette di evocare un Patronus? >>
Courf lo guardò dispiaciuto, con lo stomaco che esplodeva in un’amara  e confusa fitta, mentre una lacrima feriva il volto del poeta. Sicuramente pensava a lei. Sicuramente in quel momento si era reso conto che salvare suo fratello sarebbe stata la mossa giusta per riconquistarla, per fare bella figura e non risultare invisibile. Perchè se no, dirglielo in quel momento cruciale?
<< Jehan… Ancora Eponine? Dopo tutto questo tempo? >>
Lui sorrise abbassando gli occhi.
<< No, Courf. Il mio ricordo non è lei: il mio ricordo sei tu. Il mio è il ricordo di quella mattina in cui ti trovai in biblioteca a leggere un libro sui filtri d’amore, di quella mattina in cui scorsi per la prima volta il tuo sorriso radioso e i tuoi denti perfetti, diamine. Tu sei il mio ricordo più felice Courfeyrac, il più potente. Sei stato molto gentile con me, quando è successa…quella cosa. Nessuno l’avrebbe fatto, probabilmente chiunque si sarebbe allontanato in preda al disgusto. Ma tu no. Tu ti sei fermato. Mi hai fatto stare bene Courf. >>
Il Grifondoro inspirò affannato, con il fiato tremolante e rotto dallo stupore, senza sorridere. Vedere Jehan davanti a lui così debole ma allo stesso tempo così coraggioso gli aveva spezzato il cuore. Era vero: quando voleva riusciva ad essere intrepido. Sentiva il rimbombo dei suoi battiti cardiaci come se fossero stati tamburi, percepiva il tremore delle sue mani e della sua anima, avvertiva il bruciore dei suoi occhi e la secchezza della sua gola. Qualcuno finalmente aveva pensato a lui più intensamente e diversamente da come avevano sempre fatto tutti gli altri.
“Courfeyrac è bello”, “Courfeyrac è il campione di Quidditch”, “Courfeyrac è divertente”. Jehan era stato il primo ad avergli detto che lo aveva fatto stare bene. Finalmente qualcuno l’aveva fatto, dopo tutto quel tempo.
<< Jehan stai…stai tremando >> sospirò osservando le gambe rigide del biondo e la coscia candida e ferita.
<< Si… >> si limitò a sussurrare il poeta sorridendo, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Courf sentiva l’istinto farsi vivo in lui, sentiva di dover agire e di fare qualcosa per ringraziarlo, per fargli capire che se aveva compiuto quel gesto, quando Jehan aveva tentato il suicidio, era perchè ci teneva a lui, perchè era riuscito in poche settimane a farlo sentire diverso, a renderlo più sensibile, come non era mai stato. Si avvicinò a lui abbracciandolo, avvertendo uno strano calore pervadergli le ossa. Lo abbracciava e stava bene. Lo abbracciava e sentiva di non essere solo. Lo abbracciava e si rendeva conto che quella notte nulla avrebbe potuto fargli del male e che non avrebbe permesso a nessuno di recidere e di calpestare il suo fiore. Sì, Jehan era il suo fiore, uno di quelli puri e desiderati, che non soccombevano alla pioggia. Era così piccolo e così immenso, proprio come le stelle viste dalla terra.
Poi, avvicinò lentamente il suo viso a quello di Jehan, fissandolo per qualche istante. Avrebbe potuto nuotare in quegli occhi così trasparenti: vedeva il lavoro delle sue idee attraverso di loro. Il poeta sorrideva malinconico, come se avesse avuto paura che Courf se ne sarebbe andato così, semplicemente dopo averlo abbracciato. Sperava però che non succedesse, non poteva finire così. In quel buio, in cui loro erano l’unica luce, non poteva dissolversi tutto in un abbraccio. Jehan avrebbe lottato per l’amore. Era un poeta e i poeti lottavano per quello.
Tuttavia, Courfeyrac, pieno di imbarazzo e di orgoglio, si sporse verso le sue labbra e lo baciò, stringendogli i fianchi come per dirgli “Non ti spezzerai”.
Ecco, l’aveva fatto, senza pensarci due volte. Il contatto con il corpo di un’altra persona non era mai stato così appagante: Courfeyrac non si era mai sentito così libero di agire e così soddisfatto. Lo sentiva più vicino a sé, lo sentiva suo.
Era orgoglioso, sì, orgoglioso di amare uno come lui.
Jehan ricambiò il bacio, bagnando con le sue lacrime il volto dell’amico, che aveva impetuosamente schiuso la bocca per assaporarlo meglio. Quelle che sgorgavano dai suoi occhi di ghiaccio erano lacrime di felicità e la libertà che aveva acquistato in quel meraviglioso momento era tutto ciò che aveva sempre cercato. Finalmente l’aveva.
Il poeta percepiva quello come il suo vero primo bacio. Amava gli uomini: qual era il problema? Era stato veramente stupido a tentare il suicidio e quel bacio, attimo dopo attimo, gli stava riconsegnando tutto il coraggio e la forza che aveva smarrito nel suo cammino. Courfeyrac gli accarezzava la schiena, mentre gli Jehan aveva preso tra le mani il volto e tastava la sua pelle morbida. Sembrò un bacio infinito, uno di quelli unici e indimenticabili che solo i migliori libri erano riusciti a descrivere. Tuttavia ora, erano loro che stavano descrivendo un nuovo momento, uno di quelli che avrebbero fatto invidia alle poesie di ogni epoca. Erano due giovani maghi estranei ad ogni tipo di odio e si amavano. Tanto.
I loro volti si allontanarono contemporaneamente e restarono fronte contro fronte. Entrambi sembravano aver esaurito le parole: erano state risucchiate dalle loro bocche; poi inaspettatamente Courfeyrac bisbigliò qualcosa.
<< Se vuoi possiamo rinchiudere anche questo bacio nella Camera dei Segreti. >>
<< Perchè mai dovrei volerlo? Era quello che desideravo e tutti lo dovranno sapere. Basta nascondersi. >>
E sprofondarono nuovamente in un bacio, questa volta più impetuoso e travolgente, e prima di addentrarsi nell’imprevedibile si godettero gli ultimi attimi di felicità che rimanevano loro.
Il bacio fu interrotto da un rumore di passi alle loro spalle. Non  fecero in tempo a voltarsi che videro dietro di loro Grantaire, affannato e spaventato, che vedendoli lì non si rese nemmeno conto che si stavano tenendo per mano e corse ad abbracciarli in preda allo sconforto.
<< Meno male che vi ho trovato! Credevo che non ne sarei uscito vivo! >> Rantolò tremando, aggrappato ai due ragazzi.
<< Tranquillo Taire! >> Cercò di tranquillizzarlo Jehan.
<< Dove siamo? >> Chiese spaesato perlustrando il luogo con gli occhi.
Courf e Jehan, dopo essersi lanciati un’occhiata complice, si voltarono verso la porta. Grantaire appena la vide ebbe i brividi di freddo e non riuscì a fare nient’altro che a sussurrare “E’ questa?”. Courf annuì.
<< Enjolras? >> Aggiunse il Serpeverde sempre più sperso. Gli altri due scossero le spalle e la testa: la felicità che si era diffusa nell’aria, improvvisamente si era tramutata in preoccupazione, ritornata come una fastidiosa e debilitante nebbia. Restarono immobili. Sapevano che cosa dovevano fare, sapevano che cosa sarebbe successo quando la porta si sarebbe spalancata. Loro sapevano e il momento era arrivato: il momento della vendetta.
“Devo farlo per Jehan, perchè devo proteggerlo” pensò Courfeyrac.
“ Devo farlo per Courfeyrac, perchè devo dimostrargli di che cosa sono capace” pensò Jehan.
“ Devo farlo per Enjolras, perchè lui sarebbe fiero di me, dovunque si trovi adesso” pensò Grantaire.
<< Taire, sai che cosa devi fare >> disse serissimo Courfeyrac, appoggiandogli una mano sulla spalla. Erano diventati molto amici durante quegli ultimi mesi e, come era prevedibile, si erano macchiati di quel peccato incancellabile chiamato complicità. Ci sarebbero sempre stati l’uno per l’altro e anche se in quel momento erano spenti e sfiniti, rimanevano in ogni caso due scariche elettriche pronte a fare scintille. Erano Courfeyrac e Grantaire, che cosa ci si poteva aspettare?
Taire alle parole dell’amico annuì e deglutì rumorosamente, poi si pose davanti alla porta, tenendo la gambe larghe e ben ancorate a terra. A quel punto, sussurrò le stesse parole con cui Cosette aveva aperto il passaggio nel lavandino e, non appena l’ebbe fatto, i due serpenti scolpiti sulla porta incominciarono a strisciare su di essa, muovendo i chiavistelli. Ci fu silenzio, ma solo per pochi attimi.
Poi la porta si spalancò e la scena che si dipinse davanti ai loro occhi fu deleteria.
 
<< Eponine! >>
Non appena si sentì chiamare, la ragazza si voltò di scatto. Quello che aveva detto il suo nome era Bahorel, che stava correndo a perdifiato in direzione del gruppo situato in bagno.
<< Bahorel, cosa è successo? >> Domandò ‘Ponine sfoderando automaticamente la bacchetta. Intanto Joly, Ferre e Cosette si erano avvicinati a lei. Bahorel raccontò che cosa avevano appena visto lui e Marius nei sotterranei e questo suscitò molto stupore.
<< Non capisco, perchè mai Montparnasse avrebbe dovuto rapire Enjolras? Lui è un purosangue! >> Esclamò Joly rosso in volto per la vergogna e per la preoccupazione.
<< Già, è vero, non ce n’è motivo! >> Confermò Eponine annuendo.
<< Non so che cosa abbia potuto spingere Riddle a farlo, ma credo che l’abbia preso. Non lo troviamo da nessuna parte, dopotutto. >>
Il gelo calò sul gruppo di ragazzi. Che cosa potevano fare per ritrovare Enjolras? Forse sarebbe stato necessario scendere tutti insieme nella Camera dei Segreti? Che fosse lì, insieme alle altre vittime? Incominciarono a discutere, ma nessuno sembrava entusiasta dell’idea di calarsi nel buio, nessuno eccetto Eponine.
<< Scendo io, non ho paura. >>
<< ‘Ponine, è rischioso, ricordi? >> Sussurrò Bahorel, supplicandola, cercando di far riaffiorare nella sua mente le parole che le aveva detto poco tempo prima.
<< Avete mandato giù Jehan e anche lui è un mezzosangue >> ribatté la ragazza gesticolando.
<< L’abbiamo lasciato andare perchè insieme a Courfeyrac era l’unico a saper riconoscere l’entrata della Camera, e poi è un uomo >> commentò Joly, appoggiando Bahorel. Nel frattempo era sopraggiunto anche Marius, che ingegnosamente aveva creato una barriera davanti alla porta del dormitorio dei Serpeverde per far sì che più nessuno potesse uscire.
Eponine, di fronte alla considerazione di Joly perse il lume della ragione e divenne paonazza. Si trasformò in quella lupa terribile che davanti ad un’insinuazione non riusciva a non mostrare le fauci.
<< Un uomo? Che razza di risposta è questa, Joly? Lui è un uomo? Beh, io sono una donna e non ho paura. Laggiù c’è mio fratello e forse adesso anche Enjolras. Sono due delle persone a cui tengo di più qua dentro e non li lascerò certo marcire a causa della vostra codardia.  Una mano in più non farebbe male, che dite? >>
I ragazzi restavano immobili, silenziosi, spaventati e dubbiosi davanti a quelle parole.
<< Certo che siete proprio dei codardi. >>
Eponine senza perdere un attimo di tempo si calò nel buio, facendosi risucchiare senza dare il tempo agli altri di fermarla. Bahorel non la riconosceva più: sembrava che una forza orripilante e oscura si fosse impossessata di lei. Insomma, la prudenza non era mai stata una delle sue virtù, ma la ragazza aveva sempre riconosciuto il pericolo quando le si presentava davanti. Le parole che aveva detto non avevano significato proprio niente per lei? Erano state solo puro suono, puro fiato, puro fumo? E quel bacio, che cos’era stato? Bahorel giunse alla conclusione che lei non aveva bisogno di lui; tutto ciò di cui aveva bisogno per essere felice era lottare; avrebbe amato restare da sola con la sua libertà. L’avrebbe lasciata andare perchè l’amava e in quel momento non voleva nemmeno pensare ad un ritorno, non riusciva. Si voltò verso gli altri, che, notato il suo sconforto, gli avevano sorriso timidamente.
La situazione stava precipitando e chissà, in quel momento, che cosa stava accadendo nella Camera dei Segreti, chissà i ragazzi che cosa erano riusciti a combinare, chissà come avrebbe agito Eponine.
Vi era un lungo corridoio, viscido, illuminato da una luce flebile e verdastra. Faceva freddo. Le pareti erano ricoperte da ragnatele e ai lati del lungo corridoio vi erano statue di serpenti dalla lingua biforcuta, dall’aria per nulla rinfrancante.
Grantaire lo vide lì, sdraiato, forse morto, senza spirito.
Il suo emblematico labbro sdegnoso, ora, non aveva più alcunché di cui sdegnarsi. Era madido di sudore e avvolto dal pallore, che quella volta non stava a significare né nobiltà né purezza: era sbiancato perchè sconfitto. Le mani, semi-chiuse e rivolte verso l’alto, sembrava che non avessero mai afferrato oggetti o battuto i pugni: accarezzavano l’aria malsana di quel lugubre posto senza muoversi; anzi, sarebbe stato meglio dire che era l’aria che le accarezzava.
Il corpo di Enjolras giaceva in fondo alla stanza, alla fine del corridoio, mentre i corpi degli altri ragazzi giacevano ai lati, tra una statua e l’altra. Il più vicino alla porta, sulla destra, era Gavroche e dopo di lui vi era Musichetta. Sul lato sinistro vi erano Bossuet e Feuilly, il primo opposto a Gavroche e il secondo a Musichetta.
Non appena Grantaire mise piede nella stanza, vedendo il corpo di Enjolras accasciato sul pavimento, ebbe un mancamento e si sentì girar la testa. Come poteva essere vero? Era stato catturato anche lui, quindi. Senza nemmeno che Courfeyrac e Jehan avessero il tempo di confortarlo in qualche modo, lui si mise a correre a perdifiato verso il fondo e si gettò per terra, scoppiando in lacrime, strappandosi i pantaloni sulle ginocchia. Gli afferrò i capelli e gli baciò la fronte, colto da pietà e da amore, colto dal desiderio di vedere i suoi occhi enormi, infiniti. Era svenuto, privo di sensi, e nemmeno le lacrime che scorrevano copiose dagli occhi di Grantaire erano riuscite a destarlo. Quanto poteva essere incredibilmente bello, anche in quello stato.
<< Enjolras, va tutto bene. Ora ti risveglierai, ti rimetterai in piedi e correremo via di qui, sta’ tranquillo. Io… io volevo chiederti scusa per tutto quello che ti ho fatto, non era mia intenzione. Enjolras, nessuno mi aveva mai fatto questo effetto. Sei stato capace di farmi credere, sei stato capace di.., beh, di farmi sentire bene, e questa è una delle cose più importanti per me. Sei forte tu, forza svegliati! Spero che se mai dovessi vedermi qui davanti a te una volta sveglio, non pensi che sia stato io a ridurti in questo stato. Enjolras, io… >>
E proprio in quel momento, quando la voce graffiante di Grantaire si sfumò con l’aria, il biondo aprì gli occhi, come se si fosse appena risvegliato da un sonno incantato, come nelle fiabe. Guardò il Serpeverde in un modo diverso dal solito: sarà stato per il torpore, sarà stato per la paura, sarà stato perchè finalmente, dopo tanto tempo, lo percepiva come se fosse la sua casa, la sua famiglia. Vederlo lì, davanti a sé, non l’aveva mai colmato di speranza in tal modo.
Deliri di cobalto nei loro occhi di cielo.
<< Grantaire… >> sussurrò rantolando, colpito da un fitta lancinante alla testa. Al moro sembrò di vederlo sorridere.
<< Non sforzarti, tranquillo, adesso vi portiamo via di qui… >>
<< CRUCIO! >>
Fu tutto un attimo. Grantaire si era voltato per richiamare l’attenzione di Jehan e Courfeyrac, ma non appena aveva distolto lo sguardo da Enjolras, una delle tre maledizioni senza perdono aveva colpito il povero Grifondoro. Grantaire balzò in piedi, urlando come un forsennato, ricolmo di ira e di sangue amaro.
<< VIENI FUORI, RIDDLE, CODARDO! >> Strillò impugnando la bacchetta, mentre anche Courf e Jehan lo raggiungevano. Si guardavano attorno, ma non vedevano nulla, solo Enjolras tremare, vittima delle convulsioni. Poi, dopo pochi istanti, dall’oscurità fece capolino la figura difforme e contorta di Riddle, subdolo e crudele, ossessionato dal dolore e bramoso di delitto.
<< Lascialo andare >> scandì fermamente Grantaire, osservando con schifo la bacchetta di Tom, puntata su Enjolras. Era arrivata anche per lui l’ora di soffrire, doveva provare quello che avevano sentito tutti loro. Riddle guardava il gruppetto di ragazzi con sufficienza e disprezzo, in particolare Grantaire, che era molto provato dal dolore e dalla disperazione.
“Lanciagli un Expelliarmus…” pensava Jehan come se si stesse rivolgendo a Grantaire, ma lui non agiva, sembrava non ci pensasse nemmeno: doveva farlo lui.
Stava per pronunciare l’incantesimo, quando la voce di Riddle assopì tutte le sue buone intenzioni.
<< Grantaire… >> sibilò  Riddle, ridacchiando, prendendosi gioco di chi, in quel momento, voleva tutt’altro che scherzare << …Lo seguirai, anche se contro il tuo sangue? Ti unirai a lui profanando ciò che c'è di più sacro a questo mondo? Si vede da come lo guardi che ti attrae. Ma è sbagliato, lo sapevi? Sporcherai le tue origini e le tue labbra? Sta a te decidere: o il sangue o la morte. Pensaci. >>
Grantaire, debilitato, morto e disintegrato nell’anima, non sapeva nemmeno dove rivolgere lo sguardo, come respirare, come pensare. Tutto ciò che riusciva a chiedersi era “Perchè?”, perchè la vita fosse così crudele e ingiusta, così sbagliata, come diceva Riddle. La sua vista offuscata dalle lacrime sfocava l’immagine di Enjolras, che nella tortura, tutto ciò che era riuscito a fare era piangere.
<< Enjolras… sei un mezzosangue? >>
La risposta che arrivò a Grantaire fu una lacrima, caduta troppo in fretta sul volto del biondo.
Era così e non l’aveva mai detto a nessuno. I suoi genitori erano morti quando lui aveva sei anni, a causa miseria. Lo avevano affidato un lontano parente che viveva a Parigi: loro, ridotti a vivere sui bordi della strada, non avevano fatto altro che sperare e deperire, giorno dopo giorno. Forse era per quello che aveva sete di giustizia, forse era per quello che non era mai stato abituato a piangere, forse era per quello che quando vedeva davanti a sé il volto di Grantaire si sentiva a casa, accolto in una famiglia. Il suo calore era lo stesso che i suoi genitori gli avevano offerto quando era più piccolo; tuttavia c’era qualcosa in più: Grantaire non aveva preferito lui alla miseria, ma aveva preferito loro due alla morte. Gli si era avvicinato, mentre ancora gemeva e tremava, e dopo averlo guardato negli occhi, Grantaire appoggiò delicatamente le proprie labbra sulle sue, rotte e sporche di sangue. Come avrebbe fatto un vampiro, assaporò il suo sangue, come avrebbe fatto un innamorato assaporò la sua bocca. Enjolras non si poté opporre quella volta. Il moro si alzò da terra, camminando sfrontato in direzione di Riddle. Il blu dei suoi occhi, in quel momento, era il blu del sangue nobile che scorreva nelle vene di Enjolras, benché non fosse puro.
<< E ora che mi fai? Lo uccidi? Uccidi me? >>
Tom non rispose lì per lì, poiché rimase esterrefatto dal gesto di Grantaire. E quell’esitazione fu quello che lo vinse.
<< EXPELLIARMUS! >> La bacchetta di Riddle cadde a terra lontano ed Enjolras si liberò dall’incantesimo. Tom spostò il suo sguardo e scoprì, con sorpresa, che ad averlo disarmato non era stato né Jehan, né Courfeyrac, ma una ragazza: Eponine.
<< Sai Riddle, pensavo che ti saresti ricordato di non impicciarti negli affari degli altri, per non pagarne le conseguenze >> lo sfidò Eponine, che aveva recuperato tutta  la forza persa dopo aver visto il fratello.
<< Sai Riddle, non ti teme nessuno. Chi mai potrebbe avere paura di uno come te? Chi mai vorrebbe parlare con uno come te? Non vali niente, non hai personalità. Io so chi sei tu Tom Riddle: mezzosangue senza un briciolo di coraggio. Vivi rispecchiandoti nelle personalità degli altri, tu una tua non ce l’hai. Vivi in un mondo di smidollati, come quello dei falliti >> aveva aggiunto Jehan, utilizzando le medesime parole che Riddle aveva pronunciato contro di lui in biblioteca. Se le ricordava tutte e in quegli attimi adrenalinici, non aveva fatto altro che ripetersele in mente, convinto che sarebbero state la sua forza, la forza degna di un poeta.
<< Ora, dicci che cosa vuoi da noi. Vuoi sterminare i mezzosangue? Vuoi torturare i tuoi nemici? Che cosa vuoi? >> Concluse Courfeyrac, glaciale come nemmeno Enjolras era mai stato.
Riddle rise terribilmente, divertito da tutte quelle parole. Nel suo subconscio però, risuonavano più taglienti del vetro, più taglienti delle forbici che avevano solcato la pelle di Jehan.
<< Stupidi bambini. Non ci siete ancora arrivati? Secondo voi perchè vi ho tenuti in vita fino a questo momento? Mi servivate, mi eravate utili. Agli altri mezzosangue ci penserà qualcun altro e forse sapete persino di cosa sto parlando. Ora sono sette quelli di cui io ho bisogno. Quattro li ho già, tre sono tra di voi. >>
Tutti compresero subito le intenzioni di Riddle ed immobilizzati dalla paura nei pensieri, iniziarono ad indietreggiare con la bacchetta alla mano. Enjolras si era alzato, ma era assente, apatico, come nessuno l’aveva mai visto. 
<< Horcrux? >> Domandò Courf biascicando, grondante di sudore freddo. In quello spostamento tentò di afferrare la mano di Jehan per farsi coraggio, ma persino l’amore era troppo distante per essere  catturato. La paura regnava sovrana.
<< Ma bravo, dieci punti ai Grifondoro! Quindi, credo sappiate che cosa devo fare per creare un Horcrux. Io ne voglio sette: ambizioso eh? Proprio come un Serpeverde dovrebbe essere. Non avete più scampo oramai. >>
Le porte dietro di loro si chiusero, facendo rumore.
Erano intrappolati.
Erano spaesati.
Erano confusi.
Tuttavia, quei ragazzi avevano due assi nella manica di cui Riddle non sarebbe mai stato in possesso: l’unione e lo spirito.

 
 
 
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Eccomi bellezze! <3
Con un giorno di ritardo, ma pubblico, i miei calcoli erano sbagliati e non sono riuscita a scriverlo in tre giorni, ma comunque eccolo qui! X”” …Che ne pensate? Personalmente è il capitolo che io adoro di più, in particolare la parte di Jehan e Courf (l’ho scritta due mesi fa in un momento di trance mistica e ci sono parecchio affezionata ahaha) ispirata bellamente alla celebre frase “Dopo tutto questo tempo?” “Sempre”, tratta da “I Doni della Morte”.  E poi nella parte dopo c’è tanta roba: ‘Ponine agguerrita, Riddle aggredito da cinque mezzosangue e poi loro, ENJ e TAIRE. Bho, sono morta scrivendolo. Ma il meglio deve ancora arrivare, perchè ancora due coppie si devono formare! <3 Non vi posso dire quando posterò il prossimo capitolo, ma spero presto, perchè siamo quasi giunti alla fine! Grazie, siete dolcissime **
_Noodle
  
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